La politica

In campo politico si assiste, nel Novecento, a radicali trasformazioni che hanno inizio con il crollo di quel genere di stato che era andato delineandosi nel corso dell’Ottocento.

Gli stati che nel 1914 entrano in guerra hanno tutti (ad eccezione della Russia ancora zarista) ordinamenti che si richiamano allo stato di diritto:

 ogni potere è sottomesso alla legge

 gli arbitri dispotici sono eliminati

 viene dato uno spazio più o meno consistente alla rappresentanza elettiva (tuttavia le donne rimangono in ogni caso escluse dal voto a significare che non si era ancora disconosciuta l’inferiorità civile e sociale della donna).

Lo stato liberale formatosi in Italia nell’età giolittiana è in crisi già nel 1914 e non regge all’esperienza della guerra.

Nel primo dopoguerra si delineano, dunque, due soluzioni:

 quella, prospettata dai socialisti e dai cattolici, dello sviluppo di una democrazia che desse rappresentanza politica anche alle classi che ne erano rimaste fino ad allora escluse, cioè a operai e contadini;

 quella del fascismo che finisce per prevalere.

Lo stato fascista è destinato a una vita più lunga di quello liberale, ma anch’esso non regge alla guerra e crolla definitivamente sotto i colpi della Resistenza nel 1943.

Benedetto Croce riteneva il fascismo una parentesi della storia d’Italia, "una sorta di invasione di barbari che avevano scorrazzato e devastato il paese ma che poi erano scomparsi lasciando un cumulo di rovine" 3. Ma questa lettura del ventennio è molto limitativa.

Non si può non riconoscere al fascismo una notevole portata rivoluzionaria, non si può ignorare che la società italiana del dopoguerra ha un volto ben diverso rispetto a quella prefascista.

Il regime fascista introdusse nella vita politica una nuova forza, le masse, di cui per la prima volta si comprese il ruolo fondamentale.

La politica era stata fino ad allora considerata una scienza, qualcosa di cui solo esperti tecnici si potevano occupare. I partiti ottocenteschi erano privi di una base popolare.

Nell’età giolittiana socialisti e cattolici avevano cominciato a raccogliere consenso fra alcune categorie di lavoratori.

Ma fu il fascismo che, comprendendo per la prima volta l’importanza delle masse, coinvolse invece nella politica l’intera popolazione, attribuendo grande importanza alla propaganda.

La funzione della massa durante la dittatura era, però, solo quella di appoggiare e rafforzare il regime. Tale funzione muta nella società del dopoguerra, in cui i partiti tornano a svolgere un ruolo centrale. Ma questo ruolo non è più lo stesso di un tempo.

I partiti divengono un punto di contatto fra Stato e cittadini, una guida e un saldo punto di riferimento per questi ultimi.

 

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