Profili: GIANFRANCO LOMBARDI


Mc Lombard

di Gianfranco Civolani - da "I Cavalieri della Vu Nera. I 125 anni della SEF Virtus attraverso i suoi campioni" - Ed. Tempi Stretti, 1996

 

Raccontava al mondo intero che quella V nera gli era nata nel cuore e che il morbo gliel'aveva trasmesso il suo babbo là in riva al Tirreno.
Gianfranco Lombardi detto Dado approda alla Virtus di Tracuzzi alla fine degli anni Cinquanta. Ha diciotto anni e un talentaccio già squadernato in grande copia. Debutta in campionato e sgnacca poi una ventina di punti sulla groppa delle mitiche scarpette rosse di Milano. Subito si impone all'attenzione dei più nel '60 e a soli diciannove anni gioca la sua prima Olimpiade (quella di Roma) e a fine torneo viene incredibilmente inserito nel quintetto ideale con uccellacci del tipo di West, Lucas e Bellamy, americanini e americanoni da sogno. Ma Gianfranco detto Dado e poi anche Mc Lombard (appunto perché lui yankee del made in Italy) spopola per ogni dove con il suo superbasket tutto d'assalto e giocato alla grandissima per procurare immense piaghe alla concorrenza. Ma quel satanasso non difende un kaiser, strepitano i cerebri, e in effetti è vero sì che non difende perché è un tremendo egoista e perché sa benissimo che difendere costa fatica e sudore e magari ti abbassa anche le sacre percentuali.
Gioca una vita nella Virtus, fa impazzire un po' tutti per via di un caratteraccio molto dispari, ma è di una impagabile simpatia e - consentitemi il termine non elegantissimo - di una impareggiabile paraculaggine. Per Madama Virtus segna poco meno di cinquemila punti, ma con lui la beneamata V nera non cattura nemmeno uno straccio di uno scudetto. Perché Milano è più forte, dice lui con buonissimi argomenti. Perché lui con le sue mattane rovina tutto, strilla chi gli vuol male e magari è anche geloso e bilioso. Poi a fine carriera Gigi Porelli lo ammolla alla Fortitudo e anche qui Mc Lombard rivela il suo carattere da capitan Fracassa sparando in faccia a tutti che sì, la V nera gli era entrata nel cuore fin da fanciullo, ma parimenti anche la F blu gli galoppava dentro, non ci volete credere proprio?
Se quello farà il signor coach - diciamo un po' tutti - le sue squadre imbucheranno cento punti e ne prenderanno sempre dieci di più. E invece Dadone Lombardone si inventa allenatore e raccoglie miriadi di successi proprio partendo dalla difesa e sacramentando contro chi non difende, incredibile ma vero. Dado Mc Lombard, uno dei grandi campioni della mia giovinezza, uno dei più grandi della V nera, anche un fragoroso amico. Potrei raccontare mille episodi, ne cito qualcuno. Milano, a fine match si scatena una rissa fra due o tre del Simmenthal e lui Lombardone. Se non me li toglievano di mano, li facevo a pezzi, fa poi lui quando invece era sacrosantamente vero che solo all'ultimo momento Dadone aveva trovato una provvidenziale via di fuga. E ancora: un giorno gli dico che mi piacerebbe molto ante mortem (meam) vederlo difendere decentemente, una tantum. E lui: domenica viene Gennari, vuoi vedere che lo annullo? Viene Gennari (italo-americano sparafucile) con la sua Ignis, Lombardone ci si mette di buzzo e Gennari fa quasi zero.
Ancora e ancora: a Lubiana dopo un match che la nostra Nazionale perde ignobilmente contro la nazionale slava guidata dall'esimio professor Nikolic. Nel dopo-gara Lombardone perseguita il nostro coach, il pazientissimo professor Paratore. Prof, io le spiego perché abbiamo perso, le dico che se mi avessero dato la palla e se la loro zona eccetera. Paratore mi avvicina e mi fa: "Per favore, me lo tolga dai piedi, me lo porti via altrimenti io lo strozzo con le mie mani".
Allenatore per ogni dove e per ogni stagione allenatore sempre ben pagato, allenatore che appunto ha avuto successo e quattrini. Dadone ha sempre abitato a Bologna, ha sposato la bella signora Rubini, ha impiantato una serie di negozi di cibi naturisti, ha maltrattato a fin di bene decine e decine di giovanissimi. Qualcuno gliel'ha giurata, ma la maggioranza lo abbraccia e magari versa anche una lacrima di riconoscenza quando lo incrocia. E il personaggio non è per niente cambiato, sempre così fracassone e bugiardone e sempre pronto a regalarti una delle sua clamorose risate, personaggio che già era un po' rotondino quando mitragliava il canestro e che adesso pesa due tonnellate, a occhio. Lombardone sarebbe sicuramente un uomo e un professionista felicissimo se non gli fosse rimasto un rospo in gola, quello di non aver mai potuto allenare un grande club e massimamente Virtus e Fortitudo. Ma si sa che nessuno e profeta in patria e così Dadone si è sempre guadagnato pane imburrato laddove lo hanno ingaggiato e osannato e rimpianto. E poi non è mica vero che i grandi club lo hanno sempre snobbato. Oggi Dadone allena a Cantù, cittadina storica per il nostro basket d’antan. Ma la V nera no, ingrata e ingratissima. Ma ti giuro che non me ne può fregare di meno, mi dice ogni volta che gli ricordo il rospaccio. Bugiardone, paraculissimo, inimitabile giocatore e coach. E se non ha mai vinto uno scudetto, peccato e pazienza perché sicuramente ha poi vinto altri titoli, di simpatia e anche di scienza. Insomma laureato honoris causa, facciamo così.

Pagina precedente