Profili: RENATO VILLALTA


Razza Piave

di Gianfranco Civolani - da "I Cavalieri della Vu Nera. I 125 anni della SEF Virtus attraverso i suoi campioni" - Ed. Tempi Stretti, 1996

 

Voi cosa intendete per mattonella, per esempio la piastrella di maiolica di un bel bagno? Errore, dicesi mattonella lo spazietto di un Palazzo dello Sport, lo spazietto nel quale e dal quale Renato Villalta faceva sempre paniere. Renatone Villalta contadino. Me lo dice lui non appena sbarca a Bologna da Mestre. Veniva dalla campagna trevisana, si era notevolmente affermato giocando pivot nel Duco, ne dava e ne prendeva senza fiatare e quando Dinone Meneghin gli ammollava qualche malevol issima gomitata nel costato o anche in bocca, lui Renatone cerva subito di replicare con i gesti se non proprio con quelle parole che gli restavano sempre a mezza lingua perché in campagna si usava faticare e non baccagliare. Arriva a Bologna per una barca di soldi (al Duco, voglio dire) e Little Dan Peterson è bravissimo a inserirlo gradualmente senza che gli altri (massimamente Gigione Serafini) si incupiscano più di tanto. E lui gironzola per la città con una moglie giovanissima e carinissima che "sta cercando di civilizzarmi" , confida lui senza giri di parole. Renatone Villalta poco a poco cambia pelle. Mi spiego: in campo non può più di tanto tener botta contro chi misura duedieci e rotti. E allora si sposta e così prende ugualmente i rimbalzi e mette a frutto un tiro che non è neanche un tiro perché è una schioppettata che fa tanto male agli altri. Dicono di lui: sì, tanto bravo, ma non corre e non salta mica. E lui: salto poco, ma bene. E non è vero che non corro. Corro tantissimo, ma molto piano e però corro sempre, fateci caso. Il carattere? Razza Piave, scriviamo tutti per comodità dialettica. Ma anche qui andiamo un po' più a fondo. Renatone ha una sensibilità spiccatissima e quando il suo primo matrimonio va a rotoli, cori infami lo solcano e direi che lo fortificano. Lui non batte ciglio, sopporta spartanamente anche quando potrebbe prendere per gli stracci gli imbecilli e una sera mi fa: "se quelli che mi urlavano certe robe sapessero quante volte le loro fidanzate e mogli con me, beh, mi hai capito...". Vero, le donne se lo mangiano e lui pian piano si toglie quella patina di pecoreccio (nel senso migliore dell'espressione, si badi) che si era portato dietro a Bologna. Renatone invecchia stupendamente, comincia a coltivare le amicizie giuste e a lavorare proficuamente anche fuori dal parquet. E si accendono discussioni sul miglior uomo del basket Virtus di sempre. Lui Renatone o sennò chi? Gioca fino a trentacinque anni sforacchiando il canestro preferibilmente - lo dicevo sopra - dalla sua sacra e inviolabile mattonella. Sì, i rimbalzi e la difesa, ma dategli palla e lui fa sempre ciuff. E intanto si fa vindice dei cosiddetti oppressi diventando anche presidente dell'Associazione Giocatori e in spogliatoio comincia a fungere da collante, lui che aveva come norma di vita il vivi e lascia vivere. Oggi Renatone è fuori. Una bandiera che è stata ammainata in Virtus anche perchè a Villalta è venuta l'idea di intentare una causa legale per via - dice lui - di quattrini pregressi. E così lui è fuori, si diletta a volteggiare con i vecchietti della Sklero, fa insomma con qualche voluttà i tornei delle vecchie glorie e a quarant' anni ha una sua azienda e una nuova moglie che gli ha reso ancor più felice questa gaudiosa seconda vita. Io non so se Renatone abbia fatto bene o male a mettersi contro i sacri colori, fatti suoi e figuriamoci se mi intrometto. Ma il giocatore fu di enorme spessore, forse il più grande di tutti, facciamo un ex- aequo fra Marinelli, Lombardi, Brunamonti e Renatone, può andare? Non so se poteva e doveva essere più dolce con i sacri colori, davvero mi dispiace che in Virtus non gli abbiano riservato nemmeno un cantuccio dorato. Lui continua a venire alla partita, lui è un eroe del parquet, pardon, della divina mattonella. Quel che lui ha fatto per la Virtus e per l'Italia non si cancellerà mai. Oggi ha i capelli grigi e si è tolto la zazzerona che infrangeva tanti cuori più o meno solitari. Dicesi mattonella quel metro quadro dal quale Renatone faceva mille volte paniere, va bene così?

 

Pagina precedente