EMIL M.CIORAN

Il problema del male sconcerta veramente solo qualche delicato, qualche scettico, indignato dal modo in cui il cristiano vi si adatta o lo elude. A costoro dunque si rivolgono in primo luogo le teodicee, tentativi di umanizzare Dio, acrobazie disperate che falliscono e si compromettono sul campo, smentite come sono a ogni istante dall'esperienza. Esse hanno un bel adoperarsi a persuaderli che la Provvidenza è giusta, non ci riescono; costoro la dichiarano sospetta, la incriminano e le chiedono spiegazioni, in nome di un'evidenza: quella del male, evidenza che un Maistre cercherà di negare. «Tutto è male» ci insegnava; tuttavia il male, si affretta ad aggiungere, si riconduce a una forza «puramente negativa» che nulla ha «in comune con l'esistenza», a uno «scisma dell'essere», a un accidente. Altri invece penseranno che, altrettanto costitutivo dell'essere quanto il bene e altrettanto reale, esso è natura, ingrediente essenziale dell'esistenza e per nulla affatto fenomeno accessorio, e che i problemi che solleva divengono insolubili dal momento in cui ci si rifiuta di introdurlo, di situarlo nella composizione della sostanza divina. Come la malattia non è un'assenza di salute, ma una realtà positiva e durevole quanto la salute, così il male vale il bene, anzi lo supera in indistruttibilità e pienezza. Un principio buono e un principio cattivo coesistono e si mescolano in Dio, come coesistono e si mescolano nel mondo. L'idea della colpevolezza di D'o non è un'idea gratuita,, ma necessaria e perfettamente compatibile con quella della sua onnipotenza: essa sola conferisce una certa intelligibilità allo svolgimento storico, a tutto ciò che esso contiene di mostruoso, di insensato e di derisorio. Attribuire all'autore del divenire la purezza e la bontà significa rinunciare a comprendere la maggior parte degli eventi e in particolare il più importante: la Creazione. Dio non poteva sottrarsi all'influenza del male, molla degli atti, agente indispensabile a chiunque, stanco di riposare in sé, aspiri a uscire da se stesso per espandersi e avvilirsi nel tempo. Se il male, segreto del nostro dinamismo, si ritirasse dalla nostra vita, vegeteremmo in quella perfezione monotona del bene che, a giudicare dalla Genesi, esasperava l'Essere stesso. Lo scontro fra i due princìpi, buono e cattivo, si disputa a tutti i livelli dell'esistenza, eternità compresa. Siamo immersi nell'avventura della Creazione, avvenimento dei più temibili, senza «fini morali» e forse senza significato; e, benché l'idea e l'iniziativa risalgano a Dio, non potremmo volergliene, tanto è grande ai nostri occhi il suo prestigio di primo colpevole. Facendo di noi i suoi complici, ci associò a quell'immenso movimento di solidarietà nel male, che sostiene e rinsalda la confusione universale.

da : Joseph de Maistre

- Saggio sul pensiero reazionario -

in Esercizi di ammirazione