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CORTE DI CASSAZIONE

 

Condannata moglie che lascia il marito Sentenza 9440
Multe - Autovelox Sentenza 10107
Non va licenziato chi reagisce Sentenza 11706
Pensioni rivalutate dalla data del diritto Sentenza 12386


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Sentenza 

9440           

Il reato di abbandono del tetto coniugale sarà pure stato soppresso, ma nel Codice penale resiste l'obbligo di assistenza familiare. A ricordarlo è la sesta sezione penale della Cassazione che, con la sentenza 9440, ha respinto il ricordo di una donna condannata in primo e secondo grado per violazione dell'articolo 570 del Codice penale. La donna aveva abbandonato il marito per un collega, presso la casa del quale si era trasferita. Un comportamento "egoistico" - ha ravvisato la Cassazione - che non era dovuto ad altri motivi, se non al desiderio della donna di vivere liberamente la sua storia. Da qui la conferma della condanna, che la Suprema corte ha così spiegato: "Nel caso in esame, il contestato abbandono del  domicilio coniugale non risulta in alcun modo giustificato, non è invero risultato che il marito abbia tenuto un qualsiasi comportamento contrario ai suoi obblighi coniugali, o alla corretta conduzione della vita familiare; neppure sono emersi rapporti interpersonali tanto deteriorati da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza".

Condannata moglie che lascia  il marito

 

(2000)

Sentenza 

11706

Se il capufficio offende, il dipendente può rispondergli per le rime senza correre il rischio di essere licenziato. E' il principio contenuto nella sentenza 11706 della sezione lavoro della Cassazione che ha respinto il ricorso presentato da una società di Napoli che aveva licenziato in tronco un dipendente "reo" di aver preso a male parole il suo superiore che "lo aveva provocato con atteggiamento derisorio e sarcastico". Una reazione che aveva mandato su tutte le furie il dirigente, tanto da indurlo a licenziare su due piedi il lavoratore. Già il Pretore e il Tribunale di Napoli avevano dato ragione al dipendente, intimandone la riassunzione. E ora anche la Cassazione, bocciando il ricordo ha giudicato illegittimo il licenziamento, facendo sua la sentenza di secondo grado.

Non va licenziato chi reagisce

 

(2000)

Sentenza 

10107

La Cassazione precisa l'orientamento per cui le multe per eccesso di velocità rilevate dall'Autovelox devono essere contestate subito dagli agenti, pena la nullità della sanzione. E la Corte (con la sentenza 10107) sottolinea che se la pattuglia che eleva la contravvenzione è proprio impossibilitata all'inseguimento del pilota in flagrante (per contestargli subito il verbale) che almeno si metta in contatto - via radio - con i colleghi appostati più avanti e li incarichi dell'incombenza. Altrimenti niente da fare: quella multa sarà invalidata. A meno che, e qui la Cassazione circoscrive l'inefficacia, quando sarà consegnata al destinatario, non contenga l'esposizione dei motivi per i quali non è stato possibile notificarla quando si è verificata l'infrazione al codice della strada. In particolare, la Cassazione ha respinto il ricorso della Prefettura di Agrigento che non voleva rassegnarsi alla nullità della multa - non immediatamente contestata - recapitata ad una donna che nel '98, aveva infranto i limiti di velocità.

Multe - Autovelox

 

(2000)

Sentenza 

12386

In Cassazione nuovo round in favore dei pensionati a scapito dell'Inps. Chi ha ricevuto in ritardo la pensione o la rivalutazione monetaria del rateo pensionistico può pretenderne la rivalutazione dal momento in cui il suo diritto è maturato: lo ha stabilito le sentenza 12386.

La Corte ha accolto la tesi dei pensionati, dando invece torto all?Istituto di previdenza secondo il quale la rivalutazione decorre a partire dalla data di richiesta di pagamento presentata dal pensionato creditore. La Suprema corte non ha però condiviso questa impostazione, che talvolta ha trovato ascolto nei giudizi di merito. In particolare, è stato accolto il ricorso di tre pensionati milanesi che avevano ricevuto con notevole ritardo la pensione. La Corte di Cassazione ha ribadito la decisione del pretore e del tribunale di Milano, secondo i quali il diritto dei pensionati a ottenere la rivalutazione (l'indicizzazione Istat) scatta solo a partire dalla data della domanda di aggiornamento. In Cassazione questo indirizzo non è stato convalidato; la rivalutazione, per i giudici della Suprema corte, deve scattare dal momento in cui il pensionato ne ha diritto, non da quando la sua domanda è stata presentata.

Pensioni rivalutate dalla data del diritto

 

(2000)