DIREZIONE
CENTRALE
PRESTAZIONI A SOSTEGNO
DEL REDDITO
DIREZIONE
CENTRALE
FINANZA, CONTABILITA’ E BILANCIO
DIREZIONE
CENTRALE
SISTEMI INFORMATIVI
E TELECOMUNICAZIONI
Roma, 16 luglio 2001
Circolare
n. 143
|
Art.
49, comma 8, della legge 488/99.
Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, n.
452, del 21.12.2000.
Assegno di maternità a carico dello Stato, concesso ed erogato
dall’INPS.
Istruzioni contabili. Variazioni al piano dei conti.
|
SOMMARIO:
|
Per
ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 o per ogni minore adottato o in
affidamento preadottivo dal 2 luglio 2000, alle donne residenti,
cittadine italiane o comunitarie o extracomunitarie in possesso
della carta di soggiorno, aventi determinati requisiti lavorativi
o assicurativi, eventualmente anche pregressi, è riconosciuto, a
carico dello Stato, un assegno, erogato dall’INPS, di importo
pari a lire 3.000.000, rivalutabili ogni anno a partire dal 2001.
In
alcune situazioni l’assegno è riconoscibile anche al padre o
adottante o affidatario.
|
PREMESSA
Come
comunicato con il msg. n. 742 del 27.7.2000, l’art. 49, comma 8, della
legge n. 488 del 23.12.99 ha previsto -per ogni figlio nato dal 2 luglio 2000 o per ogni minore adottato o in affidamento
preadottivo dal 2 luglio 2000- l’erogazione
alle donne residenti, cittadine italiane o comunitarie o in possesso
della carta di soggiorno, aventi
determinati requisiti lavorativi o assicurativi, eventualmente anche
pregressi (v. par. A), di un assegno ( d’ora in avanti denominato, per
la sua immediata identificazione e distinzione da altre analoghe
provvidenze, “assegno
di maternità dello Stato”) di importo intero (pari a £.
3.000.000 per il 2000 ) nel caso in cui non sia corrisposta alcuna
prestazione per la tutela previdenziale obbligatoria della maternità,
ovvero di importo pari alla quota differenziale se la prestazione
complessiva di maternità in godimento è inferiore a £. 3.000.000 (v.
par. C).
L’assegno
(intero o in quota differenziale) è posto a carico dello Stato ed è
concesso ed erogato dall’INPS anche qualora i requisiti lavorativi
siano stati conseguiti presso datori di lavoro non tenuti al versamento
dei contributi di maternità all’INPS.
Con
Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri, n. 452, del 21
dicembre 2000, (pubblicato sulla G.U. n. 81 del 6.4.2001 ed entrato in
vigore il 7 aprile) è stato emanato il regolamento di attuazione
(allegato 1) sulla base del quale, pertanto, si impartiscono le seguenti
disposizioni.
Si
precisa, comunque, che i richiami legislativi riportati nella presente
circolare con riferimento alla legge n. 1204/1971 e ad altre
disposizioni normative in materia di maternità, sono quelli contenuti
nel suddetto Decreto; gli stessi devono ora intendersi operati con
riferimento alle corrispondenti disposizioni del T.U. sulla maternità e
sulla paternità (Decreto n. 151 del 26.3.2001, pubblicato sulla G.U. n.
96 del 26.4.2001 – Suppl. ordinario n. 93).
A)
SOGGETTI RICHIEDENTI.
A seconda dei casi e dei requisiti posseduti (v. punti 1, 2, 3 e
4), l’assegno può essere richiesto da uno dei seguenti soggetti:
-
madre,
anche adottante
-
padre,
anche adottante
-
affidataria
preadottiva
-
affidatario
preadottivo
-
adottante
non coniugato
-
coniuge
della madre adottante o della
affidataria preadottiva
-
affidatario/a
(non preadottivo/a) in
caso di non riconoscibilità o non riconoscimento da parte di entrambi i
genitori.
1.
REQUISITI
GENERALI
Tutti i soggetti sopra indicati
devono risultare:
a)
residenti in Italia;
b)
cittadini italiani o di uno Stato dell’Unione Europea, ovvero
in possesso della carta di soggiorno,
se cittadini extracomunitari.
La
residenza nel territorio dello
Stato italiano deve essere posseduta al momento della nascita del
bambino o dell’ingresso in famiglia del minore adottivo o in
affidamento preadottivo (1).
La
cittadinanza italiana o di
uno Stato dell’Unione Europea, ovvero il possesso della carta di soggiorno per gli extracomunitari, devono sussistere al
momento della domanda di assegno.
2.
REQUISITI ULTERIORI PER LA MADRE (anche
adottante o donna affidataria).
Se
sussistono, in aggiunta a quelli generali di cui al punto 1 (residenza
al momento della nascita o dell’adozione/affidamento e cittadinanza
italiana o comunitaria o carta di soggiorno al momento della domanda),
gli ulteriori requisiti di seguito descritti, l’assegno può essere
richiesto dalla:
2.1
Donna
lavoratrice che,
alla data del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia, ha
una qualsiasi forma di tutela
previdenziale della maternità in
corso di godimento (ovvero di diritto al godimento della prestazione
alla data suddetta) e può far valere almeno
3 mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi precedenti
il parto o l’effettivo ingresso, nella sua famiglia anagrafica,
del bambino in affidamento preadottivo o in adozione senza affidamento
La
norma si riferisce alla donna che ha un rapporto di lavoro in atto alla
data del parto o dell’ingresso del bambino in famiglia, eventi per i
quali ha diritto ad un trattamento economico, previdenziale o non (v.
successivo cpv.) per astensione obbligatoria di maternità (v. ultimo e
penultimo capoverso del presente punto 2.1).
Ai trattamenti previdenziali di maternità sono equiparati, in
virtù di quanto previsto dall’art. 13, 2° comma, della legge
1204/71, i trattamenti economici dei dipendenti dalle amministrazioni
dello Stato, dalle Regioni, dalle Province, dai Comuni e dagli altri
Enti pubblici. Sono altresì equiparati i trattamenti economici
corrisposti dai datori di lavoro non tenuti al versamento all’INPS dei
contributi di maternità.
I
3 mesi di contribuzione, da reperire tra i 18 e i 9 mesi precedenti
l’evento (parto o ingresso in famiglia), devono riferirsi ad una attività
lavorativa subordinata o parasubordinata per la quale sia stata versata
o sia dovuta la contribuzione di maternità. (Per l’attività
relativa ad A.S.U./L.P.U., v. punto 2.2, ultimo cpv.).
In
particolare, a seconda dell’attività lavorativa, tre mesi di
contribuzione corrispondono a:
-
90 giorni di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti a
giornata;
-
13 settimane di attività lavorativa per i lavoratori retribuiti
a settimana;
-
24 ore (di lavoro alla settimana), moltiplicato per 13 settimane,
per i lavoratori retribuiti ad ore (si applicano, infatti, i criteri di
calcolo vigenti per i lavoratori domestici, di cui al D.P.R.
31.12.71, n. 1403, come modificato dal D.L. n. 463/83, art. 7, 6°
comma, convertito nella legge n. 638/83, che ha elevato da 12 a 24 ore
settimanali il numero di ore lavorative valide per l’accreditamento di
un contributo settimanale);
-
3 mensilità della contribuzione dello 0,5% (prevista dall’art.
59 della legge 449/97) per le lavoratrici autonome (c.d.
“parasubordinate) iscritte
alla gestione separata, da reperire nei 12 mesi che precedono i due
anteriori alla data del parto (v. D.M. del 27.5.98 e circ. n. 47 del
1.3.1999).
Ai
3 mesi di attività lavorativa subordinata soggetta alla contribuzione
di maternità sono equiparati i periodi di attività lavorativa
subordinata svolta presso le pubbliche amministrazioni nonché di quella
svolta alle dipendenze dei datori di lavoro non tenuti al versamento
all’INPS del contributo di maternità.
Come
sopra accennato, la norma riguarda le
donne in attività di lavoro, alle quali, spetta, generalmente, un
trattamento economico di maternità, o quale prestazione previdenziale
(con qualche limite per le lavoratrici domestiche o
“parasubordinate” che, pur con un rapporto di lavoro in atto,
potrebbero non aver raggiunto, al momento dell’evento, i requisiti
contributivi previsti per la prestazione di maternità) o quale
retribuzione a carico del datore di lavoro.
Per
le donne in attività di lavoro il riconoscimento dell’assegno in
misura intera, pertanto, sembra difficilmente ipotizzabile, se non si
tratti di parti, adozioni o affidamenti
plurimi.
Più
probabile appare l’ipotesi del riconoscimento della quota
differenziale (v. par. C) quando, cioè, il trattamento economico
erogato direttamente dall’INPS o dai datori di lavoro, (compresi
quelli non tenuti al versamento dei contributi di maternità all’INPS)
risulta di importo contenuto, come, ad esempio, per le lavoratrici
parasubordinate con mensilità di contribuzione inferiori a 9 (da 9 a 12
mesi spetta infatti una indennità superiore a 3 milioni), ovvero per le
lavoratrici a tempo parziale, ecc..
2.2
Donna
che ha perduto il diritto a prestazioni previdenziali o assistenziali
derivanti dallo svolgimento di attività
lavorativa per almeno tre mesi, a condizione che il periodo
intercorrente tra la data della perdita del diritto a tali prestazioni e
la data del parto o dell’effettivo ingresso in famiglia del bambino
non sia superiore a quello di godimento delle suddette prestazioni e comunque
non sia superiore a nove mesi (2).
Le
prestazioni previdenziali o assistenziali il cui diritto sia stato
perduto sono state individuate nelle seguenti:
a)
prestazioni per A.S.U. o L.P.U.;
b)
indennità di mobilità;
c)
indennità di disoccupazione, compresa quella con requisiti
ridotti;
d)
indennità di cassa integrazione, ordinaria e straordinaria,
e)
indennità di malattia o di maternità.
Come
data della perdita del diritto ad una delle suddette prestazioni va
considerata in linea di massima quella corrispondente all’ultimo
giorno di percezione della prestazione.
Nel
caso in cui la data in questione non sia individuabile, si deve fare
riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello in cui cade
l’evento che ha dato diritto alla prestazione (come ad es. per le
prestazioni “non erogate a giornata”, quali l’assegno di parto o
di aborto alle lavoratrici parasubordinate) (3).
Analogamente
si deve fare riferimento al 1° gennaio dell’anno successivo a quello
per il quale è dovuta la prestazione, se questa, pur corrisposta “a
giornata”, non è suscettibile, nel suo insieme, di una esatta
collocazione temporale (come, ad es. per la indennità di disoccupazione
con requisiti ridotti) (4).
Si
sottolinea che per avere diritto all’assegno di maternità non è
sufficiente il pregresso diritto ad una delle sopraelencate prestazioni
previdenziali o assistenziali, ma è necessario, come accennato, che
l’attività lavorativa che ne ha costituito il presupposto sia stata svolta per almeno 3 mesi, calcolati come da punto 2.1.
Nei 3 mesi di attività va calcolato anche il lavoro prestato nelle
attività socialmente utili (A.S.U.) o nei lavori di pubblica utilità (L.P.U.)
(lavori per i quali non è prevista la contribuzione), anche qualora sia
stata l’unica attività lavorativa svolta.
2.3
Donna che durante il periodo di gravidanza ha cessato di lavorare
per recesso, anche volontario, dal rapporto di lavoro, a condizione
che possa far valere tre mesi di contribuzione nel periodo che va dai 18 ai 9 mesi antecedenti al parto.
Per
il calcolo dei 3 mesi di contribuzione sono applicabili i criteri di cui
al punto 2.1.
Con
l’occasione, mentre si rammenta (v. circ. n. 128 del 5.7.2000) che le dimissioni
volontarie, intervenute durante il periodo previsto per il divieto
di licenziamento dall’art. 2 della legge 1204/71, possono dare titolo,
ai sensi dell’art. 12 della stessa legge, alla indennità di
disoccupazione, si fa presente che l’art. 55 del T.U. sulla maternità
(articolo sostitutivo del suddetto art. 12 della legge 1204) stabilisce
che la stessa disposizione si applica anche nel caso di adozione e
affidamento, entro un anno dall’ingresso del minore in famiglia. Ne
consegue che anche le dimissioni volontarie intervenute entro un anno
dall’ingresso del minore nella famiglia adottante o affidataria
possono dare titolo alla indennità di disoccupazione. Pertanto, se
all’inizio dell’astensione obbligatoria o del periodo di astensione
fruibile nei primi tre mesi dall’ingresso del bambino in famiglia, la
lavoratrice è in godimento, anche teorico, della indennità di
disoccupazione, la stessa ha diritto alla prestazione di maternità in
luogo di quella di disoccupazione (ovviamente il problema non si pone se
l’astensione inizia entro i 60 giorni corrispondenti al periodo di
“protezione assicurativa”). Se l’importo della prestazione di
maternità è inferiore all’importo intero dell’assegno dello Stato,
può essere richiesto il pagamento della quota differenziale.
3.
REQUISITI ULTERIORI PER IL PADRE (anche adottante, ovvero
affidatario o coniuge della donna deceduta).
Se
sussistono, in aggiunta a quelli generali, di cui al punto 1 (residenza
al momento della nascita o dell’adozione/affidamento e cittadinanza
italiana o comunitaria o carta di soggiorno al momento della domanda)
gli ulteriori requisiti di seguito descritti, l’assegno può essere
richiesto dal:
3.1
Padre, in caso di abbandono
del figlio da parte della madre, o di affidamento
esclusivo del figlio al padre (risultante da provvedimento del
giudice) (5), sempre che il padre sia in possesso, al momento
dell’abbandono o dell’affidamento esclusivo, dei requisiti del punto
2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto
2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni
previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3
mesi di attività di lavoro), e sempre che sussistano congiuntamente
le seguenti condizioni:
a)
al momento della nascita anche la madre sia regolarmente
soggiornante e residente in Italia;
b)
il figlio, al momento della domanda, sia stato riconosciuto dal
padre;
c)
il figlio, al
momento della domanda, si trovi presso la famiglia anagrafica del padre,
sia soggetto alla sua potestà e non sia in affidamento presso
terzi.
In
presenza delle suddette condizioni l’assegno spetta “in via
esclusiva” al padre e ciò anche qualora la madre abbia a suo tempo beneficiato
dell’assegno o di altra prestazione di maternità (6).
3.2
Affidatario preadottivo, nell’ipotesi di separazione dei coniugi
intervenuta nel corso della procedura di affidamento preadottivo secondo
quanto previsto dall’art. 25, 5° comma, della legge n. 184/83, sempre
che l’affidatario sia in possesso, al momento dell’affidamento, dei
requisiti del 2.1 (3 mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti)
o del punto 2.2 (perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a
prestazioni previdenziali o assistenziali derivanti dallo svolgimento di
almeno 3 mesi di attività di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente
le seguenti condizioni:
a)
il minore si trovi, al momento della domanda, presso la famiglia
anagrafica dell’affidatario;
b)
la moglie (ora separata) affidataria non abbia a suo tempo già
usufruito dell’assegno.
3.3
Adottante
in caso di adozione
senza affidamento (v. art. 44, lett. c), della legge n. 184/83), quando
intervenga la separazione dei coniugi ai sensi dell’art. 25, 5°
comma, della legge 184/83, sempre che l’adottante sia in possesso, al
momento dell’adozione, dei requisiti del punto 2.1 (3 mesi di
contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2 (perdita del
diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali o
assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività
di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente le seguenti condizioni:
a)
il minore si trovi, al momento della domanda, nella famiglia
anagrafica dell’adottante;
b)
la moglie (ora separata) adottante non abbia a suo tempo già
usufruito dell’assegno.
3.4
Adottante
non coniugato in
caso di adozione pronunciata solo
nei suoi confronti ai sensi dell’art. 44, 3° comma, della legge
184/83 (l’adozione è consentita anche a chi non è coniugato, se
parente entro il 6° grado del bambino, in caso di perdita, da parte del
bambino stesso, dei genitori o in caso di constatata impossibilità di
suo affidamento preadottivo), sempre che l’adottante non coniugato sia
in possesso, al momento dell’adozione, dei requisiti del punto 2.1 (3
mesi di contributi fra i 18 e i 9 mesi precedenti) o del punto 2.2
(perdita del diritto, da non più di 9 mesi, a prestazioni previdenziali
o assistenziali derivanti dallo svolgimento di almeno 3 mesi di attività
di lavoro) e sempre che sussistano congiuntamente le
seguenti condizioni:
a)
il minore, al momento della domanda, si trovi nella famiglia
anagrafica dell’adottante non coniugato;
b)
il minore, al momento della domanda, sia soggetto alla potestà
dell’adottante non coniugato e non sia in affidamento presso terzi.
3.5
Padre
che ha riconosciuto il neonato o coniuge della
donna adottante o affidataria preadottiva,
in caso di decesso, rispettivamente, della madre o della donna che ha avuto il minore in adozione o in
affidamento preadottivo, sempre che sussistano congiuntamente,
al momento della domanda, le seguenti condizioni:
a)
regolare soggiorno (compresa anche la carta di soggiorno per gli
extracomunitari) e residenza in Italia del padre o coniuge della
deceduta;
b)
il minore si trovi presso la sua famiglia anagrafica;
c)
il minore sia soggetto alla sua potestà;
d)
il minore non sia in
affidamento presso terzi.
e)
la donna deceduta non abbia a suo tempo già usufruito
dell’assegno.
B)
OGGETTO DELLA TUTELA (SOGGETTI PER I QUALI SI CHIEDE
L’ASSEGNO).
1)
Ogni figlio nato dal
2 luglio 2000 in poi, che sia
regolarmente soggiornante e residente in Italia al
momento della domanda di assegno.
Se
il genitore richiedente è in possesso della carta di soggiorno, anche
il figlio convivente deve essere in possesso della carta
di soggiorno, qualora non sia nato in Italia o non sia cittadino di uno
Stato dell’Unione Europea.
2)
Ogni minore in affidamento preadottivo o
in adozione senza affidamento
che sia entrato nella famiglia anagrafica del richiedente dal 2 luglio 2000 in poi e che abbia un’età non superiore a
quella prevista dalla vigente legislazione per la fruizione, da parte
dell’adottante o affidatario, del congedo di maternità (e della
relativa indennità pari all’80% per 3 mesi) vale a dire, non
superiore a 6 anni per i minori italiani e non superiore a 18 anni per i
minori di nazionalità straniera.
Dalla
tutela, peraltro, è escluso
il minore di cui all’art. 44, 1° comma, lett. b), della legge 184/83,
e cioè il minore adottato dal coniuge quando è figlio, anche adottivo,
dell’altro coniuge.
C)
IMPORTO
Per
ogni figlio nato o minore adottato o in affidamento preadottivo dal 2
luglio 2000 al 31 dicembre 2000 (per gli anni successivi v. in
appresso), l’importo intero dell’assegno è di £. 3.000.000
(€1548,58).
Come
sopra accennato (v. punto 2.1), l’assegno spetta in misura intera se
non è stato corrisposto alcun altro trattamento economico di maternità,
oppure in misura ridotta (quota differenziale) se l’importo del
trattamento economico (previdenziale e non) di maternità è inferiore a
quello dell’assegno (ipotesi, quest’ultima, che comprende, come
detto, le situazioni di parto plurimo: il trattamento economico di
maternità, infatti, potrebbe essere inferiore, in quanto, a differenza
dell’assegno, non tiene conto del numero di gemelli, di adottati o
affidati contemporaneamente).
Si
potrebbe verificare, peraltro, che all’atto della concessione
dell’assegno (intero) non risulti richiesto o erogato per lo stesso
evento nessun altro trattamento economico di maternità, ma che ciò
risulti in un momento successivo.
In
tal caso, l’assegno dovrà essere recuperato, ovviamente con
provvedimento debitamente motivato, per l’importo intero se
l’indennità e/o retribuzione è superiore, ovvero per la sola somma
eccedente la quota differenziale se l’indennità e/o retribuzione è
inferiore.
Precisato
quanto sopra, si riportano i seguenti criteri di calcolo della quota
differenziale.
In
tutti i casi, compresi quelli in cui ne può beneficiare il padre o
affidatario o adottante anche non coniugato, la quota differenziale è
determinata sottraendo dall’importo intero dell’assegno moltiplicato
per il numero dei figli nati o in affidamento/adozione, il trattamento
retributivo o previdenziale di maternità (indennità + trattamento
retributivo integrativo dell’indennità) erogato per il periodo di
astensione obbligatoria
(precedente e posteriore al parto, inclusi gli eventuali periodi di
prolungamento dell’interdizione anticipata e/o prorogata disposti
dalla Direzione provinciale del lavoro), ovvero l’importo del
trattamento previdenziale e/o retributivo erogato per adozione o
affidamento.
Quando
la quota differenziale spetta al coniuge della donna affidataria o
adottante deceduta si ha riguardo sia al trattamento di maternità
spettante o percepito dalla donna, sia a quello eventualmente percepito
(ovviamente in parte) anche dall’uomo richiedente a seguito del
decesso della donna. In altri termini dall’importo dell’assegno
intero si sottrae la somma dei due trattamenti di maternità. Lo stesso
criterio si applica alle adozioni di cui all’art. 44, 3° comma, della
legge 184/83 pronunciate nei confronti di più adottanti.
Dalla
quota differenziale si detrae
anche l’assegno di maternità eventualmente già concesso dal Comune
ai sensi dell’art. 66 della legge 448/98 (v. par. D): tanto significa
anche che è inutile presentare domanda al Comune per l’assegno di sua
pertinenza quando si è acquisita certezza circa il diritto
all’assegno di pertinenza dell’INPS. Al contrario, la domanda di
assegno respinta dall’INPS per mancanza dei requisiti, sarà trasmessa
d’ufficio al Comune competente che la considererà quale richiesta di
assegno ex art. 66 della legge 448/98, con data di presentazione uguale
a quella della domanda inoltrata all’INPS (v. anche par F).
L’importo
dell’assegno in misura intera e l’importo della quota differenziale
sono determinati con riferimento
alla data del parto o dell’ingresso del minore nella famiglia
anagrafica del richiedente e sono
rivalutati al 1° gennaio di ogni anno sulla base della variazione
dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e
impiegati, calcolato dall’ISTAT.
Per
le nascite o ingressi in famiglia intervenuti dal 1° gennaio al 31
dicembre 2001, pertanto, l’importo intero è pari a £. 3.078.000 (€
1589,65), tenuto conto che l’incremento ISTAT per il 2001 è risultato
pari a 2,6%.
D)
ASSEGNO DI
MATERNITA’ DELLO STATO E ALTRE PROVVIDENZE DI MATERNITA’.
L’assegno
di maternità dello Stato, come detto, non
è cumulabile con l’assegno concesso dai Comuni ed erogato
dall’INPS ai sensi dell’art. 66 della legge 448/98. Qualora
quest’ultimo risulti essere già stato concesso o erogato, l’assegno
di maternità dello Stato potrà essere concesso limitatamente alla
quota differenziale, sempre che sussistano i necessari requisiti
contributivi e lavorativi.
L’assegno
di maternità dello Stato è cumulabile, invece, con analoghe
provvidenze di maternità erogate dalle regioni e dagli enti locali e
non costituisce reddito ai fini fiscali e previdenziali.
E)
DOMANDA
E DOCUMENTAZIONE
La
domanda per la concessione dell’assegno, per la quale va compilato
l’apposito modulo (MOD.ASS. MAT./Stato) (all. 2), deve essere
presentata alla Sede INPS del territorio di residenza del soggetto che
chiede la prestazione (con la eccezione prevista in caso di decesso
della donna e di domanda autonoma dell’uomo: v. punto 3.5) nel termine perentorio di 6 mesi, i quali, a seconda del soggetto
richiedente, decorrono come di seguito indicato:
a)
per la madre
legittima o naturale che ha riconosciuto il figlio: dalla data di
nascita del bambino;
b)
per la donna che ha
avuto un minore in affidamento preadottivo o in adozione senza
affidamento: dalla data di ingresso del minore nella sua famiglia
anagrafica;
c)
per l’adottante non coniugato: dalla data di ingresso del
minore nella sua famiglia anagrafica;
d)
per il padre che si trova nelle condizioni del punto 3.1 o del
punto 3.5, per l’affidatario preadottivo e per l’adottante che si
trovano, rispettivamente, nelle condizioni del punto 3.2 e del punto
3.3, per il coniuge della donna adottante o affidataria che si trova
nelle condizioni del punto 3.5, per l’affidatario/a non preadottivo/a
che si trova nelle condizioni del punto 4: dalla scadenza del termine
concesso alla madre o alla donna adottante o affidataria.
Peraltro,
il padre che si trova nelle condizioni del punto 3.1 o del punto 3.5 può
presentare la domanda anche durante il termine concesso alla madre
qualora risulti che l’assegno spetta a lui in via esclusiva, ovvero
sia documentato il decesso della madre. Analoga possibilità è prevista
per il coniuge che si trova nelle condizioni del punto 3.5, qualora sia
documentato il decesso della donna adottante o affidataria.
In
sede di prima attuazione, la
domanda di assegno per gli eventi avvenuti dal 2.7.2000 al 6.4.2001 può
essere presentata entro
6 mesi dalla data di entrata in vigore del regolamento, cioè entro il 7
ottobre 2001.
Il
richiedente è tenuto a fornire le dichiarazioni contenute nel modulo di
domanda e ad allegare le ulteriori dichiarazioni/autocertificazioni
indicate al quadro 6 del modulo stesso, per le domande riguardanti
minori in affidamento o in adozione e per quelle relative a casi di
abbandono da parte della madre nonché per quelle relative a cittadini
extracomunitari (7).
Nell’ipotesi
di incapacità di agire del genitore, la domanda e le relative
dichiarazioni sono presentate dal legale rappresentante dell’incapace.
F) ADEMPIMENTI DELLE SEDI
La
Sede INPS che ha concesso l’assegno è tenuta ad erogarlo entro 120
giorni dalla data di presentazione di una regolare domanda corredata
della necessaria documentazione. Il termine è sospeso in caso di
documentazione insufficiente o inidonea.
Ai
fini della concessione e della erogazione, le Sedi dovranno accertare
preliminarmente che per lo stesso evento non sia già stato richiesto,
concesso o erogato l’assegno dello Stato o altro trattamento economico
(indennità e/o retribuzione) di maternità; in caso di assegno
indebitamente erogato provvederanno alla revoca del beneficio ed al
recupero della corrispondente somma. Dovranno inoltre verificare, con
controlli anche a campione, la veridicità delle situazioni dichiarate,
in particolare quella familiare, e la sussistenza degli altri requisiti
previsti.
Nel
caso in cui la domanda venga respinta dalla Sede INPS per mancanza dei
requisiti previsti, la stessa Sede provvederà a trasmetterla d’ufficio
al Comune di residenza del richiedente perché il Comune prenda a
riferimento la relativa data di presentazione (e non quella in cui la
domanda è stata respinta dall’INPS) quale data di richiesta di
assegno ex art. 66 della legge 448/98.
Le
Sedi dell’INPS, inoltre, sono tenute a fornire ai Comuni, unitamente
ad un sufficiente quantitativo di moduli ASS. MAT./Stato, la scheda
informativa (all. 3) che i Comuni provvederanno a consegnare agli
interessati all’atto della iscrizione anagrafica dei minori
(conseguente alla nascita o all’adozione o all’affidamento
preadottivo).
L’approntamento
tipografico del modulo di domanda, ASS. MAT./Stato, compresa la pagina
con le “ricevuta/avvertenze”, sarà curato dalle Sedi. Dovrà essere
utilizzato il formato A3 (cm. 29,7 x 42), in modo che il foglio con le
prime 4 pagine, ripiegato, assuma le dimensioni del formato A4 (cm. 21 x
29,7). In sostanza, sulla facciata anteriore (da ripiegare) dovranno
essere stampate, a sinistra la pag. 4 e a destra la pag. 1, e sulla
facciata posteriore a sinistra la pag. 2 e a destra la pag. 3. A parte
sarà stampato il foglio (formatoA4) contenente la ricevuta e le
avvertenze.
Come
può rilevarsi dall’esemplare consultabile nel sito INTERNET/INTRANET,
i riquadri sono variamente colorati. Ovviamente il modulo può essere
stampato da P.C., per singola pagina, in formato A4, utilizzando il
“file” scaricabile dal predetto sito INTERNET/INTRANET.
G)
MODALITA’
PROCEDURALI DI PAGAMENTO
Nelle
more dell’integrazione della procedura di pagamento diretto delle
prestazioni di malattia e maternità, gli assegni dovranno essere pagati
con la procedura dei “Pagamenti Vari” che dovrà essere utilizzata
osservando le seguenti regole:
-
creare una collezione con il nome “ASSMATINPSnn” dove
“nn” è un elemento variabile a disposizione dell’operatore che può
impostare, ad esempio, con il codice della struttura operativa che deve
liquidare gli assegni;
-
inizializzare la collezione impostando la causale con la dicitura
“Assegno di maternità concesso dall’INPS (L. 488/99)”. I campi
“Nomi/Conti” possono essere definiti a piacere;
-
acquisire le posizioni e l’importo dell’assegno
lasciando il campo “agg.to archivio fiscale (S/N)” impostato ad
“N”.
H)
ISTRUZIONI CONTABILI
Ai
fini della rilevazione contabile dell'assegno per maternità di che
trattasi è stato istituito il conto GAT 30/50 il quale sarà assistito,
nell’ambito della procedura dei flussi di cassa, dalla causale di mod.
FL02: 21608 “MATERNITA’ ART. 49 C.8 L.488/99”.
Eventuali
recuperi della suddetta prestazione dovranno essere imputati al conto
GAT 24/41, di nuova istituzione.
A
tal fine la procedura "recupero crediti per prestazioni" sarà
aggiornata con il codice di bilancio "86" in corrispondenza
del predetto conto GAT 24/41.
Gli
importi relativi alle partite in questione, che alla fine
dell’esercizio risultino ancora da definire, verranno imputati,
mediante ripartizione del saldo del conto GPA 00/32 eseguita dalla
suddetta procedura, al
conto di credito esistente GAT 00/30.
Il
codice di bilancio di cui sopra è cenno dovrà essere utilizzato,
ovviamente, anche per evidenziare, nell’ambito del partitario del
conto GPA 00/69 e con la denominazione di seguito riportata, i crediti
per prestazioni divenuti inesigibili:
86
- Assegno per maternità art. 49, c.8, L.488/99
Inoltre,
per quanto riguarda le modalità di evidenziazione nell'ambito del
partitario del conto GPA 10/31 di eventuali somme non riscosse dai
beneficiari, è stato istituito il nuovo codice di bilancio 66
“Somme non riscosse dai beneficiari – Maternità art. 49,
c.8, L.488/99” con il quale le stesse dovranno essere contraddistinte.
Le
partite in argomento che al termine dell'esercizio risultino ancora da
definire dovranno essere imputate al conto di nuova istituzione GAT
10/38.
Nell'allegato
n. 4 si riportano i sopra citati conti GAT 10/38, GAT 24/41 e GAT 30/50.
|
IL
DIRETTORE GENERALE
TRIZZINO
|
|
(1)
Alla data di ingresso del minore nella famiglia anagrafica della
persona affidataria è equiparata la data di inizio della coabitazione,
quale risulta dagli atti relativi alla procedura di affidamento
preadottivo. Ciò è riferito, peraltro, solo ai casi eccezionali in cui
il minore non può essere iscritto nella famiglia anagrafica dell’affidatario
per particolari misure di tutela stabilite dalla autorità competente.
(2)
Esempio: una lavoratrice agricola a tempo determinato, non
iscritta negli elenchi agricoli del 2000, ha fruito della prestazione di
maternità relativa al parto del 15.1.2000, in quanto iscritta negli
elenchi del 1999, con un numero di giornate di iscrizione pari a 90 (se
fosse stato inferiore a 90 la norma del presente punto 2.2 non sarebbe
applicabile).
I
periodi di godimento della prestazione sono stati i seguenti:
dal
15.10.99 al 15.3.2000 per astensione obbligatoria;
dal
1.7.2000 al 31.12.2000 per astensione facoltativa.
La
data della perdita del diritto alla prestazione di maternità, quindi,
è il 1.1.2001.
Il
periodo totale di godimento della prestazione di maternità nell’anno
2000 è pari a 8 mesi più 15 gg..
La
data entro la quale può essere esercitato il diritto all’assegno
dello Stato (intero o parziale) è il 15.9.2001. Pertanto, la
lavoratrice in questione ne avrebbe diritto qualora un nuovo parto (o
ingresso del bambino in famiglia) avvenisse entro il 15.9.2001.
(3)
Es.: la data del parto di una lavoratrice parasubordinata è il
16 luglio 2000; la data di perdita del diritto al relativo assegno di
parto è il 1.1.2001; il diritto alla percezione dell’assegno dello
Stato (intero o parziale) può essere esercitato per un (altro) figlio
nato o entrato in famiglia entro il 30 settembre 2001.
(4)
Es.: una lavoratrice si trova in stato di disoccupazione nel
corso del 2000; ha diritto alla indennità di disoccupazione con
requisiti ridotti, da liquidare, quindi, nel 2001, (indipendentemente,
cioè, dall’ultimo giorno di lavoro effettuato nel 2000); la data di
perdita del diritto alla indennità di disoccupazione con requisiti
ridotti è il 1°
gennaio 2001; il diritto all’assegno dello Stato è esercitabile per i
figli nati (o entrati in famiglia) entro il 30 settembre 2001.
(5)
La situazione di abbandono (diversa da quella di “non
riconoscimento”) del figlio da parte della madre e l’affidamento
esclusivo possono essere dichiarati ai sensi dell’art. 47 del D.P.R.
445/2000 (dichiarazione sostitutiva dell’atto di notorietà): la
dichiarazione, da allegare alla domanda, deve contenere tutti i dati e
le notizie essenziali per le possibili verifiche dell’INPS.
(6)
Considerata la formulazione della norma e tenuto conto che la
condizione di non fruizione dell’assegno, da parte della madre, è
stata espressamente prevista soltanto per le situazioni sub 3.2 e 3.3,
si ritiene che in caso di abbandono del figlio o di affidamento
esclusivo del figlio al padre, quest’ultimo abbia comunque diritto
all’assegno anche qualora la madre ne abbia fruito in precedenza. Si
ritiene, invece, che alla madre non possa essere riconosciuto
l’assegno dopo che ha abbandonato il figlio o che il figlio sia stato
affidato esclusivamente al padre.
(7)
La carta di soggiorno
è redatta sul mod. 207 bis - P.S.
ed è contraddistinta da apposita
numerazione, preceduta dalla lettera I.; sulla “carta” stessa è
prevista anche la trascrizione del codice fiscale.
Il permesso di soggiorno è redatto invece sul
mod. 207 e presenta un tracciato simile all’altro; lo stesso è
però privo di numerazione e di codice fiscale.
Pertanto
la numerazione della “carta” dovrà essere riportata nella
“dichiarazione” da allegare alla domanda di assegno. |