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Non
ricordo mio padre come persona viva.
La sua immagine mi deriva dalle fotografie che tengo in un cassetto:
un gruppo familiare in cui sono anch'io, in posa davanti al fotografo,
una delle prime foto a colori in cui lui, in canottiera e col
cappello che ombreggia il viso, guarda nell'obiettivo di un turista
tedesco di passaggio a casa nostra e una fotocopia
di un gruppo di suonatori della Banda di Gonzaga, in cui suonava
uno strumento a fiato.
Avevo 12 anni quando una malattia che allora era incurabile se
lo porto' via in un paio di mesi. Allora e per molti anni ancora
non ho pensato che la sua mancanza avesse influito tanto sulla
mia vita, ma ora so che crescere senza padre lascia nella vita
un vuoto che produce guasti senza rimedio.
La sua presenza è legata al mio più antico ricordo;
una piccola cioccolata che esce da una tasca: è avvolta
in carta gialla e sopra c'è un trenino marrone, con tante
ruote. Il calore del corpo l'ha resa un po' molle e deformata;
io la vedo davanti a me e so che me l'ha portata papà
ma non lo vedo come persona.
Adesso che ci penso i suoi ricordi sono legati ai piccoli doni
che allora un padre contadino poteva fare: dei pezzi di legno
di varie forme ricavati dalla legna da ardere che mi servivano
per costruire delle casette, delle pecorelle fatte con il tutolo
delle pannocchie, nelle caldissime estati in cui si sfogliava
il granoturco.
Poi i giorni della malattia, i viaggi in treno fino ad un Ospedale
lontano a trovare un uomo che non si era mai allontanato dalla
sua casa, sperduto nei corridoi di questo luogo tanto triste
e anonimo.
E poi l'ultimo ricordo: vedo in una mattina di fine inverno,
nell'aria nebbiosa del mattino,
una figura grigia seduta su un albero tagliato, con la testa
tra le mani.
Era tornato per passare gli ultimi giorni nella sua casa.
Ed ora il ricordo più importante, il più vivo e
significativo, che sempre ho avuto chiaro nella memoria, come
la scena di un film. Qui mio padre è vivo, lo vedo camminare
sulla strada che dalla mia casa porta su fino alla strada principale,
una strada che da tempo immemorabile porta su al Nord.
La strada è alta, perché oltre ci sono i terreni
che fanno parte da sempre della golena del Po, e poi c'è
il fiume.
Mia madre sulla riva della strada si dispera verso di lui che
fermamente prosegue a piedi; c'è con lui una persona sconosciuta,
un soldato tedesco in fuga verso il suo paese. La guerra sta
per finire e anche questo padre forse vuol tornare dai suoi figli,
dopo la follia
che ha travolto il mondo intero, ma i ponti sono distrutti, bisogna
trovare un battello che lo aiuti a passare il grande fiume.
Questo è un ricordo che mi ha gratificato molto nella
mia giovinezza.
Ero già avanti negli anni quando un giorno mi sono resa
conto che questo ricordo è falso, un fantasma della mente:
io sono nata due anni dopo la fine della guerra.
Il racconto che mia madre deve avermi fatto tante volte ha sbagliato
collocazione: invece di entrare nella zona delle informazioni
è entrato felicemente nella zona dei ricordi. |