Antonio Carla Elena Francesco Filippo Franco Giancarlo Giovanni Grazia e Giovanni Marcello Massimiliano Patrizia Sergio |
Maria Grazia Scarpelli & Giovanni
Manco
RIFREDO
storia di una comunità dell'Alto Mugello
nel XX secolo (1)
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"Tre casettine
dai tetti aguzzi,
un verde praticello,
un esiguo ruscello"
forse Palazzeschi avrebbe potuto, oggi, ispirarsi a Rifredo!
Già, ma solo pochi anni fa Rifredo è stato scenario
di una comunità che ha vissuto una sua storia particolarissima
fatta di duro lavoro, di povertà, di privazioni, come
tutti i paesi di montagna, ma anche di dignità e cultura,
di allegria e studio, di costumi tradizionali e moderni, mugellani
e inglesi...
L'affetto per Rifredo, sia
degli autori sia di tutti i "moderni" rifredani che,
pur non abitandovi più stabilmente, non mancano di tornarci
appena possibile per ritrovarsi al "CAPANNONE", ha
realizzato questo libro dando risposte alla peculiarità
della sua storia. |
Vorremmo ora dare un piccolo
cenno del contenuto del libro; abbiamo scelto di riportare il
Sommario, la Presentazione
dell'Assessore alla Cultura del Comune di Firenzuola, dott.
Michele Geroni, e l' Introduzione degli autori stessi. |
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Sommario |
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CAP. I. RIFREDO NEL '900:
FINI DELLA RICERCA, LIMITI TEMPORALI E DI METODO
CAP. II. STRUTTURA E CARATTERI
DELL'ECONOMIA RIFREDANA
1.
SNODO VIARlO E CENTRALITÀ DELLA CHIESA: FATTORI LOCALIZZATlVI
DI
RIFREDO
2. GENESI E FATTORI LIMITATIVI
DELLO SVILUPPO DELL'AGRICOLTURA
CONTADINA
3. L'AGRICOLTURA CONTADINA
3.1.
Caratteristiche strutturali dell'agricoltura rifredana
3.2.
I coltivi: grano e foraggio
Assetto
fondiario
Destinazioni
colturali e rotazione
Sistemi
di lavorazione e concimazione
La
semina
La
falciatura
Battitura
e trebbiatura
La
resa del grano e del foraggio
3.3.
Gli orti
3.4.
L'allevamento del bestiame
Ovini,
bovini e pollame
I
prodotti del latte
Gli
animali da cortile
Il
maiale
3.5.
Il castagneto
4. IL TAGLIO DEL BOSCO: BRACE,
CARBONE E LEGNA
5. LA. CONSERVAZIONE DELL'AMBIENTE
NATURALE E LA CACCIA
6. I LAVORI D'INVERNO
La
spalatura della neve e la fornitura della strada provinciale
del Giogo
7. l MULINI
8. LA MANIFATTURA.
9. EMIGRAZIONE
CAP. III. CASA. IGIENE. ALIMENTAZIONE E MEDICINA. ACQUA E ENERGIA
ELETTRICA.
1. SVILUPPO EDILIZIO E DEMOGRAFICO
2. STRUTTURA ABITATIVA. IGIENE
DELLA CASA E DELLA PERSONA
La
cucina
Le
camere
Il
bagno, l'igiene personale
Il
bucato
Il
gabinetto
L'illuminazione
domestica
3. ALIMENTAZIONE E SALUTE
Il
pane e il forno
La
pasta, la polenta, i dolci
Il
vino
Parto,
allattamento, svezzamento
Medicina
ufficiale e popolare
4. ACQUA CORRENTE ED ENERGIA ELETTRICA
Le
fonti e l'acqua corrente L'energia elettrica
CAP. IV. BOTTEGHE ED ESERCIZI
PUBBLICI. MEZZI DI TRASPORTO
1. LE BOTTEGHE
2. L'UFFICIO POSTALE, L'UFFICIO
AEREOLOGICO E IL CENTRALINO
TELEFONICO
3. I MEZZI DI TRASPORTO
CAP. V. LA VITA SOCIALE
1. IL PARADOSSO RIFREDANO
2. LA STRUTTURA PARENTALE E LA
FAMIGLIA
La
struttura parentale
La
famiglia
L'uomo
La
donna
La
succursale dello Spedale degli Innocenti
Corteggiamento
Matrimonio,
dote e corredo
Relazione
coniugale
3. LA CHIESA, Don MEUCCI, RITI
E FESTE RELIGIOSE
L'edificio
religioso
I
parroci di Santa Maria
Profilo
eticoreligioso e eticopolitico di don Meucci
Il
profilo umano e pastorale di don Meucci animatore dello sviluppo
civile
Le
festività religiose
La
festa patronale di Santa Maria, processioni e pellegrinaggi
Comunione
e matrimonio
Il
cimitero
4. FESTE E TRADIZIONI POPOLARI
Cantar
Maggio
I
fuochi
"Fora
verde"
Coccetto
dell'ovo
5. LA SCUOLA
5.1
Gli ordinamenti
L'asilo
Le
elementari: la complementarietà tra scuola pubblica e
scuola privata
Il
diploma di sesta
La
prosecuzione degli studi
5.2.
Sedi, servizi e strumenti didattici
Le
sedi
La
mensa
Gli
ausili scolastici
Ambienti
e servizi
5.3.
Gli insegnanti. Ricordi dell'esperienza scolastica
La
recitazione e il canto
5.4.
La scuola durante il regime fascista
5.5.
La chiusura della scuola nel 1975
6. IL LABORATORIO DI RICAMO
7. LA MUSICA: LA BANDA E IL BALLO
8. GLI SPETTACOLI: IL TEATRO E
IL CINE
Il
teatro
Il
"cine" e il circuito del Mugello
9. IL MONDO DELL'INFANZIA E DELL'ADOLESCENZA
L'infanzia:
i giochi
Il
mondo dell'immaginario: le favole
II
mondo dei grandi come occasione di divertimento dei piccoli
L'adolescenza
Gli
sport
Conclusioni
10. L'ABBIGLIAMENTO
11. NOMI E SOPRANNOMI. L'UMORISMO
12. LA LINGUA
CAP. VI. IL FASCISMO: INFORMAZIONE
E POLITICA. LA GUERRA IN AFRICA
ORIENTALE.
I RIFREDANI NELLA SECONDA GUERRA. L'8 SETTEMBRE
CAP. VII. IL PASSAGGIO DEL
FRONTE: LA LINEA GOTICA
1. PREMESSE E NOTAZIONI GENERALI
2. L'ESPERIENZA DI DON MEUCCI
3. LA RICERCA DEL MANGIARE
4. IL PASSAGGIO DEGLI ALLEATI DA
RIFREDO. LA LIBERAZIONE
5. RIFREDO IN GERRA NEL "DIARIO"
DI MILENA
6. IL RITORNO DEI REDUCI
7. l CIMITERI MILITARI E IL RECUPERO
DEI RESIDUATI BELLICI
CAP. VIII. IL BAGNOLO
1. SIGNIFICATO DI UN EVENTO E LA
SUA FASCINAZIONE
2. LA COSTRUZIONE DELLA STAZIONE
CLIMATICA APPENNINO MUGELLESE
DEL BAGNOLO
DEL PROF. GEORGE BERTLETT BEGG
3. I BEGG
4. LA PRIMA ACCOGLIENZA
5. VILLEGGIANTI E OSPITI
6. l RIFREDANI OCCUPATI AL BAGNOLO
7. RELAZIONI SOCIALI: IL BAGNOLO
COME MODELLO CULTURALE
8. L'ENTRATA IN GUERRA
9. IL DOPOGUERRA
CAP. IX. IL SECONDO DOPOGUERRA:
L'ESODO FINO ALL'ABBANDONO.
QUALE
FUTURO?
1. L'ESODO
Le
dinamiche della fuga
Lo
scenario politico
Le
due facce della nuova condizione
I
mutamenti ambientali
2. LA RICONVERSIONE DI RIFREDO
IN STAZIONE DI VILLEGGIATURA ESTIVA
3. IL FUTURO: QUALI ALTERNATIVE?
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Presentazione |
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Ha ancora senso parlare di dimensione
locale nell'ambito dei processi di globalizzazione in atto? E
fino a che punto la scelta di una dimensione locale, come ambito
di intervento e di impegno, non si traduce in un'azione regressiva
e localistica? Memoria e identità coincidono? E la paura
di un mondo incapace di offrirci un futuro che ci spinge a la
recerche di un tempo irrimediabilmente perduto?
Sono queste alcune delle domande che mi sono riaffiorate alla
mente quando Maria Grazia Scarpelli e Giovanni Manco hanno proposto
all'Amministrazione comunale la pubblicazione di una storia della
comunità di Rifredo, frutto di un lungo ed accurato lavoro
svolto, lo si capisce dalla lettura delle prime pagine, con passione
e competenza.
La pubblicazione di libri di storia e tradizioni locali fino
a qualche decennio fa era un evento abbastanza raro. Oggi il
quadro è radicalmente mutato. Anche nel nostro Comune,
in questi ultimi anni, abbiamo assistito al fiorire di numerose
pubblicazioni inerenti la storia, i personaggi ed il folklore
di quasi tutte le frazioni del Comune (Peglio, Rapezzo, Castro
San Martino, Pietramala, Traversa, Casanuova) o singoli aspetti
culturali e sociali (il Crocifisso di Camaggiore, le Mura di
Firenzuola, la Misericordia, tanto per citarne alcuni).
Questo risvegliato interesse è una prima concreta risposta
alle domande sul complesso rapporto tra "locale" e
"globale": se da una parte siamo travolti dallo smisurato
ampliamento delle forme di comunicazione e circolazione di prodotti,
uomini e culture, dall'altra abbiamo la necessità di aggrapparci
a qualche solido punto di riferimento, a cominciare dalla riscoperta
delle nostre radici e della nostra storia più recente.
Oggi ci confrontiamo con realtà nuove: l'Europa in primo
luogo, che ha già allargato i nostri orizzonti, o il fenomeno
degli immigrati da Paesi extraeuropei, sempre più presenti
nelle nostre scuole, nel commercio ambulante, nell'assistenza
ai nostri anziani. Ogni incontro, ogni relazione sono di per
sé "pericolosi" se chi li vive è privo
di identità e di autonomia. Sono una miniera di pietre
preziose per chi, forte delle sue radici, è in grado di
interagire con spirito aperto e senza pregiudi,zi.
"E proprio vero - si domandava Balducci, il profeta della
Montagna - che per essere cittadini del mondo bisogna strappare
le nostre radici dal passato? O non è vero piuttosto che
il futuro del mondo non è quello del dominio di una cultura
su tutte le altre ma è quello della convivenza fra tutte
le tribù della terra? E la convivenza questo vuoI dire:
primo recuperare il villaggio perduto con tutto il patrimonio
di umanità che esso aveva elaborato; secondo aprirlo,
senza pretese di dominio, alla solidarietà verso tutti
gli altri villaggi del mondo".
Il lavoro di Maria Grazia Scarpelli e di Giovanni Manco si colloca
in questo contesto. Essi si accostano al microcosmo di Rifredo,
un luogo popolato di figure fortemente caratterizzate eppure
universali, riscoprono e descrivono la storia di questa comunità
lungo tutto l'arco del '900: l'agricoltura, la struttura abitativa,
l'alimentazione, la vita sociale, gli anni del fascismo e il
passaggio del fronte, il secondo dopoguerra. Riportano alla luce,
con l'orgoglio di chi è ben determinato a mantenere vive
le radici della sua terra, la storia di questa porzione di umanità
che è riuscita a far convivere povertà, dignità
ed allegra vitalità. Pagine fedeli al tempo, al luogo
ed alle persone che descrivono, pagine che alternano momenti
felici a drammi, allegria a malinconia, senza mai scivolare in
un'acritica nostalgia per un idilliaco mondo contadino contro
la disumanità di quello industriale.
Quando ho avuto l'opportunità, forse sarebbe più
giusto dire il privilegio, di leggere in anteprima le bozze di
questo libro, debbo confessare di essermi avvalso di uno dei
"diritti imprescindibili del lettore" riconosciuti
da Daniel Pennac, e cioè quello di "spizzicare"
e di "saltare le pagine". Perciò, dopo aver
letto l'introduzione, mi sono immerso nel gustoso capitolo sul
Bagnolo e sulla permanenza della famiglia Begg, una sorta di
Camera con vista su Rifredo, per poi passare direttamente
alle ultime pagine per cercare di intravedere i segni di una
possibile ripresa e di un futuro sviluppo di questa zona.
Danno speranza le affermazioni di Bruna riguardo al rinato interesse
abitativo di questi ultimi anni (se "Persino la casa di
Stoppa al Migliarino di Sotto è stata affittata ... si
può tornare a vivere anche a Rifredo!"), mi hanno,
invece, colpito e un po' amareggiato le rassegnate parole di
Enzo, quando lamenta di essere stato abbandonato dalle Istituzioni
(" c'è una graduatoria delle frazioni di Firenzuola:
Rifredo è all'ultimo posto... Ormai è tardi").
Ma avrebbe potuto un'Amministrazione comunale contrastare un
processo storico così marcato ed irreversibile come quello
dell'industrializzazione e del conseguente abbandono delle campagne?
Forse c'è di che rallegrarsi se almeno nei nostri campi
le lucciole non sono sparite del tutto (mi piace riprendere la
citazione pasoliniana che gli Autori hanno fatto più volte
nel libro) e se ancora, nelle calde serate di giugno, vediamo
bambini rincorrerle e cercare di catturarle nella speranza di
trovare, l'indomani, qualche moneta sotto il bicchiere!
Già, forse è proprio questo il ruolo e la vocazione
della nostra Montagna: mantenere e tramandare i suoi valori più
preziosi ed universali, lucciole baluginanti nelle zone d'ombra
della modernità, che in un nuovo futuro potrebbero riaccendersi
e diventare fiamma.
"Il futuro della mia Montagna - e concludo con una seconda
riflessione di Balducci - sta nella ricerca di una coniugazione,
tutta da inventare, tra le nuove possibilità liberatrici
offerte dalla tecnica e l'antica saggezza del vivere, soffrire
e gioire insieme, una saggezza che l'esperienza di innumerevoli
generazioni ha deposto nel fondo di noi. La mia impressione è
che l'improvvisa alluvione della civiltà del consumo abbia
toccato il suo limite, il suo punto di riflusso. Se questo è
vero, allora il primo modo di rispondere alle esigenze del momento
è di ricomporre con amore la memoria del passato quale
luogo di identità umana e quale repertorio di soluzioni
ai problemi che oggi ci affliggono".
Maria Grazia Scarpelli e Giovanni Manco hanno dato un contributo
importante in questa direzione. |
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Michele Geroni
Assessore alla Cultura del Comune di Firenzuola |
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Introduzione |
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Per Rifredo abbiamo scelto la
strada della storia minore, e per essa lo strumento della testimonianza
orale dei suoi protagonisti; custodi di una memoria collettiva
di cui, da una generazione all'altra, si riceveva "il testimone"
con relativa semplicità, tanto lento o scarso era il cambiamento;
calati, come si era, in una realtà economica e sociale
nella quale, per quanto paradossale oggi possa sembrare, si era
sia protagonisti che prigionieri.
Prigionieri per l'estrema difficoltà, quasi impossibilità,
di uscirne; protagonisti per la capacità di "intendere
e di volere" la gestione e il controllo, quasi totale, del
piccolo mondo in cui si viveva e in cui si era chiusi; con un
grado di consapevolezza, non disgiunta da rassegnazione, certo
maggiore di quella con cui oggi viviamo il nuovo ordine globale.
La testimonianza, orale e diaristica, come fonte quasi unica
della ricostruzione storica da noi tentata, pur con il limitato
numero degli intervistati rispetto a quello ancor oggi possibile,
non ci ha impedito, lo speriamo, di cogliere, nel più
generale e ampio scenario della storia, la trama e l'ordito della
tessitura economica, di quella sociale e culturale, e delle dinamiche
del loro divenire; né, per contro, mai ci ha "invischiato"
nella pania di un'aneddotica fine a se stessa, che, al carattere
minore dei fatti e circostanze narrate, si limitasse ad accompagnare
il semplice ed ineliminabile dato emotivo e nostalgico.
Il mezzo utilizzato si è tradotto inevitabilmente in metodo,
poiché il basamento delle conoscenze ha proceduto al tempo
stesso in ampiezza e in profondità; talvolta anche una
sola parola ci ha fornito lo spunto per connessioni, collegamenti
tra i diversi campi tematici e disciplinari, tra aspetti economici
e quelli socio culturali, così che le precedenti congetture,
sul momento convincenti, hanno dovuto adeguarsi o correggersi
di continuo, rendendo comunque la ricerca sempre più strettamente
intersettoriale e interdisciplinare.
Per tutti basti l'esempio più significativo, quello relativo
alla condizione della donna. I limiti strutturali della piccola
proprietà fondiaria contadina, identificativa dell'economia
dell'abitato rifredano, ulteriormente evidenziati dalla monocoltura
a grano per auto-consumo con la necessaria rotazione del foraggio,
insieme ai limiti altimetrici e climatici che ulteriormente limitavano,
nell'arco dell'anno, i periodi di lavoro, compreso quello relativo
al bosco e al castagneto, costituiscono sì i fattori della
marginalità economica e del necessario ricorso, nel lungo
inverno, alle antiche forme integrative dei lavori stagionali
svolti "altrove"; ma, allo stesso tempo, hanno determinato
la precondizione di un diverso status socioculturale della donna.
Questa, infatti, favorita da una fortissima integrazione sociale
resa possibile dalla forma endogamica delle relazioni parentali,
e da una struttura residenziale o abitativa di tipo urbano, ha
potuto godere, libera dalla permanenza nei duri lavori dei campi,
di numerose occasioni di emancipazione socioculturale esistenti
nella propria piccola comunità. Con un risultato sorprendente,
tanto da assimilare
la donna rifredana a quella dei contemporanei modelli urbani;
a tutti appare evidente, da alcune foto degli anni '30, quanto
le ragazze rifredane fossero del tutto simili a "signorine
di città". Non diversamente, per l'infanzia e l'adolescenza
gli stessi fattori di arretratezza economica liberandola dal
lavoro, ne favorì in modo straordinario la crescita, la
formazione e l'istruzione.
Il carattere sistemico delle interrelazioni tra i tanti elementi
costitutivi della realtà rifredana è, dunque, emerso
grazie alla forza delle contraddizioni tra le interviste e dei
dati apparentemente estranei, sempre esistenti nello svolgersi
sorgivo e imperioso del ricordo, come nell'incontenibile e incontrollabile
vivezza della fonte orale.
Dei limiti che caratterizzano il nostro lavoro, delle loro giustificazioni
anche di comodo, per primo quello di non aver attinto alle tante
fonti scritte che avrebbero dato, grazie alla loro "scientificità",
un tono più dotto e autorevole, per quanto anch'esse lacunose
e certo settoriali, diremo più avanti; tuttavia, ora,
al suo termine, nel presentarlo, possiamo confermare quanto la
fonte orale, anche per gli storici della contemporaneità,
sia non meno ricca e preziosa. Ciò è noto a quei
cugini "minori" degli storici, gli antropologi, che
alle scienze umane danno il contributo vivo della testimonianza
diretta, quella orale e fotografica.
Inoltre, siamo consapevoli del rischio insito nel porre domande
o nel recepire risposte orali che rimandano o contengono un giudizio
soggettivo di valore, su persone o su esperienze storiche (gli
orientamenti ideologici o politici della comunità), quali
il fascismo, la lotta partigiana o il comunismo, che, per definizione,
non possono assurgere a valore generale e oggettivo. Avvalerci
di una o anche più testimonianze soggettive non legittima,
certo, di per sé un giudizio storico da proporre come
veritiero; e, tuttavia, abbiamo ritenuto di farlo, proponendola
come ipotesi ragionevolmente fondata. Con ciò abbiamo
anche preferito dare una maggiore completezza al quadro storico
della realtà, delegando ad altri il compito di effettuare
quegli approfondimenti storiografici più corretti, e non
lasciando insoddisfatte le molte domande che la realtà
stessa comunque pone al rivivere certe esperienze nella semplice
memoria.
Noi, più modestamente, abbiamo fatto la scelta di privilegiare,
nei limiti del possibile, il testo quasi stenografico delle interviste,
senza poter giungere ad integrarlo con una diretta registrazione
fonetica o cinematografica. Ad integrazione siamo ricorsi al
corredo di fotografie, attinte dalla amorevole raccolta di Stefano
Scarpelli, soprattutto di persone, cui allora erano riservate;
consci con ciò di trascurare i non meno preziosi aspetti
della vita materiale, documento storico insostituibile per la
descrizione dei tanti particolari relativi alla realtà
d'ambiente; e tuttavia potendo trarre dalle fotografie decisivi
elementi relativi alla condizione fisica, all'acconciatura, all'abbigliamento,
od altro, a quanto fa della persona la più "evidente"
delle testimonianze.
La fonte orale ha il merito di mantenere intatta la vivacità
del racconto, certo superiore alla più fredda razionalità
del nostro lavoro; quello con cui abbiamo ricondotto i tanti
e diversi frammenti di "esperienza" al quadro di una
ricostruzione storica del passato rifredano, non disgiunto da
una prima, conclusiva e problematica prospettazione del suo futuro.
Registrazione che abbiamo cercato di rispettare, al massimo possibile,
nella sua immediatezza espressiva ed interezza; virgolettandolo
e indicando a margine il nome; e in premessa anche l'anno di
nascita per meglio collocare il periodo di riferimento della
propria testimonianza. Ciò anche per conservare quella
ricchezza linguistica, di vocabolario, che, per quanto "toscanissimo"
e ormai fiorentinizzato, è uno dei patrimoni culturali
immateriali più soggetto ad essere dimenticato.
Non c'è stata discordanza sulle testimonianze relative
alla situazione economica e socioculturale, sia pure entro margini
di oscillazione, tra persone, che certo esistevano; quanto su
alcuni dettagli che il tempo inevitabilmente confonde, e soprattutto
sulla interpretazione della situazione stessa sia per età,
per cultura e sensibilità, che per condizione economica
familiare; secondo i casi sottolineando e valutando positivamente
la sfera dei valori piuttosto degli aspetti materiali, o nel
confronto tra epoche in relazione alla propria percezione della
vita e delle esperienze personali. Una ripetitività apparente
del testo che crediamo si traduca più in un pregio che
in un difetto.
Quantità e qualità delle fonti orali che lascia
certo insoddisfatti quanti non sono stati da noi avvicinati per
le non poche difficoltà di effettuare tutte le interviste
che avremmo voluto e dovuto fare; e per le tante ragioni che
anche nel passato sono state di ostacolo, colposamente ritardando
non tanto questo lavoro più o meno sistematico, quanto
la preliminare salvaguardia della sua conoscenza. A tutti questi
chiediamo scusa.
Né, in definitiva, c'è discordanza con quanto la
storiografia ufficiale e colta ha scritto su realtà simili
a quella da noi considerata in piccolo. La condizione di vita
rifredana pare seguire le costanti generali, ma in concreto finisce
per rivelarci, ben al di là della deformazione che la
memoria può in vario modo produrre, un esempio non solo
di economia contadina povera, e niente affatto miserevole, sicuramente
dignitosa, ma soprattutto di una "cultura" il cui grado
di sviluppo non trova facilmente riscontri con realtà
e situazioni ad essa comparabili. Ciò nonostante si sia
consapevoli che, poiché mancano testimonianze dirette
sui primi anni del secolo e per contro sono prevalenti quelle
a partire dalla fine degli anni '20, si rischi di fornire una
ricostruzione storica, soprattutto delle condizioni della vita
sociale più che dell'economia abbastanza statica, sostanzialmente
miope, cronologicamente "sfuocata" se non deformata
rispetto a quelle di cui mancano le testimonianze.
Oltre alle testimonianze orali abbiamo attinto a due fonti scritte:
i chronicon dei parroci di Santa Maria. Documenti ufficiali
che i parroci erano tenuti a compilare per registrarvi i fatti
salienti della vita parrocchiale e che, con grande merito, sono
stati trascritti su CD da Daniele Donatini insieme a foto ed
altri documenti storici. Quello di don Niccoli, del successore
don Donatini e infine quello di don Meucci, parroco per più
di 50 anni che, oltre ad essere autorevole e puntuale testimone
dei principali eventi in così ampio arco di tempo, di
fatto quello oggetto del nostro lavoro, è stato anche
animatore e protagonista della vita del paese e del suo sviluppo
civile. Infine, abbiamo attinto, con ampi stralci, al diario
di Milena Scarpelli, che, nel registrare la propria esperienza
di vita, ha saputo coniugare storia e vicende personali, sempre
esprimendo, anche nella descrizione degli eventi e delle situazioni
più drammatiche e tragiche, come quelle della guerra,
straordinaria e semplice ricchezza emotiva, comica e lirica.
Un documento, il suo "diario", che per la sua freschezza
narrativa e linguistica meriterebbe, a nostro giudizio, un giusto
riconoscimento anche letterario.
Quanto raccolto, e con ciò salvato, è certo una
parte minima di quello che avremmo dovuto recuperare; e, tuttavia,
è sufficiente a descrivere la vita vera di un paese e
del suo Popolo, mai edulcorata dalla nostalgia o dalla lente
deformante della memoria lontana, tessera preziosa per la ricostruzione
e la comprensione di un pezzetto di storia, a noi così
cara, come del resto è sempre per chi "ricostruisce"
la storia, specie quella minore.
Per coloro che da testimoni sono divenuti "fonti di conoscenza
storica" possiamo attestare quanto, in loro, questo recupero
della memoria collettiva sia stata occasione, non di pedante,
noiosa registrazione, né di imbarazzo o di sofferenza
anche quando si sono portati alla luce dolorosi ricordi ormai
sopiti; ma di gioia, persino di orgoglioso compiacimento della
propria testimonianza, elevata a dignità culturale e insegnamento
per tutti. Insegnamento sì, poiché ne è
venuta fuori una ingenuità felice, un sentimento incorrotto
della natura; "l'addio alle lucciole" era il canto
funebre per l'Italia rurale, per la campagna, per il paese ormai
scomparsi, ma che deve far riflettere, specie i giovani, sul
futuro, almeno quello di Rifredo.
E' emerso dalle interviste l'uso ricorrente oltre al nome, spesso
in modo insopprimibile al soprannome, alla qualifica parentale,
nonno-a e zio-a, a conferma del sistema "parentale"
quale carattere unificante dell'intero Popolo rifredano, anche
tra quanti, estranei, entrati nella comunità per affinità
coniugale, sul momento tale non appariva. Carattere che, oltre
al valore di una profonda affettività, è, come
vedremo, non meno peculiare e portante del sistema economico
e socio culturale in cui era radicato.
La gioia nostra di andare a scavare, è stata pari a quella
degli altri da noi intervistati di raccontare, di testimoniare;
ad essi un vivo e sincero ringraziamento.
Infine, una doverosa
avvertenza per il capitolo dedicato al Bagnolo. La sua storia
ha inizio ai primi del secolo e termina con lo scoppio della
seconda guerra; accompagna, dunque, quasi per intero l'altra
storia, quella principale che abbiamo dedicato al paese di Rifredo,
di cui il Bagnolo, per quanto appartato, ne è stato appendice.
Una storia sì riferibile a protagonisti in parte diversi,
la famiglia inglese dei Begg, ma intrecciata costantemente, come
ovvio, con tutto il paese; e, allo stesso tempo straordinario
"controcanto", quasi finzione narrativa, frutto di
una fantasia letteraria, anch'essa della più stretta tradizione
ottocentesca inglese, il ricco e il povero, il nobile e lo sfortunato!
Un capitolo che non poteva essere scorporato secondo le cadenze
temporali seguite per il racconto principale; ce ne scusiamo
sperando di averlo ugualmente preservato alla memoria. |
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gli autori |
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(1)
Pubblicazione
realizzata con il contributo di:
COMUNE DI FIRENZUOLA
BANCA DEL MUGELLO
COMUNITA' MONTANA MUGELLO
AgriAmbienteMugello
colf - COOPERATIVA OBIETTIVO LAVORO FIRENZUOLA
da:
A&G Photo Edizioni di Gabriele Angelini
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