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BALLATA INTORNO AD UN NATALE ..... AMERICANO 

di Giuliana Parigi

 ritorno a "Altre Notti"

 

Sarà vero che me lo ricordo? O a furia di risentire il racconto me lo sono appropriato, ingrandendolo, enfatizzandolo, magari cambiandolo a mio uso e costume?
I particolari no, ma il clima, il clima credo proprio di ricordarmelo.
Comunque sia, era il 1945, anno dell'arrivo degli americani, anno della liberazione e ci avviavamo al Natale.
"Dice" che la vita era già ripresa e si andava dall'euforia alla preoccupazione per il futuro, americani o no.
"Dice" che c'erano stati capovolgimenti epocali e istantanei in alcune famiglie, del tipo: dalle stelle alle stalle o viceversa.
"Dice" che imperava l'arte di arrangiarsi in tutti i sensi ed in tutti i campi.
"Dice" che il grammofono girava e girava; si ballava cose nuove.
"Dice" che le donne portavano le calze di seta, si tingevano le labbra di rosso e... fumavano.

 

 

Per me si avvicinava il Natale che a casa mia era la nascita del Signore. Era per Lui che si faceva gran festa. I regali li portava la Befana: piccoli regali, stipati nella calza, più che altro frutta.
Si faceva gran festa; e mio padre, con figli e figlie grandi, faceva risuonare la casa di cori celestiali provando e riprovando tutto quello che sarebbe "esploso" nella Notte Santa in chiesa. Non per nulla a mio padre spettava "l'assolo"!!!!! Come ero invidiata! E come ne ero orgogliosa!
La guerra era finita!
Ed era già cominciata , su per il fiume e ai bordi dei campi, la raccolta del muschio: un po' per casa ed un po' per il grande presepe che veniva, di nuovo, allestito nella Compagnia a fianco della Pieve...... quando circolò la voce che gli americani cercavano un bambino così e così. Serviva sveglio per la notte di Natale. Facevano i misteriosi. Nessuno ne sapeva di più.
Il problema era che di bambini se ne era perso lo stampo... a causa della guerra.
Erano già iniziate le prove per le poesie da recitare davanti al bambinello del grande presepe..... quando circolò la voce che gli americani avevano in mente una cosa grossa per la Notte Santa, spettacolare. Ma niente facevano trapelare.
Sarebbe divertente elencare le cose fantasiose che passarono di bocca in bocca fra quelle trecento anime di un paesino antico e glorioso, ma che nel 1945 finiva lì. Non si raggiungeva nessun'altra località. Pareva che anche il mondo finisse lì. Questo elenco sarebbe sicuramente opera del racconto dei grandi non certo un mio ricordo; e quindi lasciamolo immaginare. Ma sarebbe interessante perché, talvolta, anche la fantasia degli adulti rasenta l'audacia.
Per far tacere il suo gregge, per riportarlo alle sane tradizioni religiose, ci volle l'intervento diretto del Pievano dall'altare, proprio il primo giorno della novena.

Erano già uscite dallo scatolone le figure di cartone del presepe e seduta sulle ginocchia di mio padre lo osservavo mentre le piegava con delicatezza e maestria, le issava sul piedistallo a incrocio.... quando circolò la voce che gli americani avevano scelto me come bambinello... in mancanza di meglio!!!

"Dice" che i miei acconsentirono.
"Dice" che posero tante e poi tante condizioni per tutelare la "mia innocenza" neanche mi dovessero portare a Las Vegas!
"Dice" che io fui tenuta all'oscuro di tutto
"Dice" che diventai il centro dell'interesse di tutto il paese.
"Dice" che si tassarono, visto la povertà dei miei, per farmi un vestitino di velluto bleu ed un cappottino: mica si poteva far brutta figura con gli americani!?

Mi ricordo di questo clima elettrico che mi circondava e mi ero fatta l'idea che quell'anno Gesù Bambino avrebbe dormito a casa mia, nel mio lettino. Non per nulla questa era la poesia che stavo faticosamente imparando.

Gesù piccolino
Più piccolo di me
Mio biondo fratellino
Mi vuoi vicino a te?

Sulla paglia a dormire!
Né una coperta, nulla!
Ma il freddo ti farà morire!
O fratellino, mio
Vieni a dormire con me

"Dice" che la recitavo da strappare i baci.
"Dice" che parevo un angioletto di quelli che cantavano il gloria lassù sul festone della capanna.
"Dice" che parevo quasi bella e pienotta nonostante fossi un prodotto di... guerra, di genitori anziani. Uno scricciolo, come mi chiamava il babbo.

Era già quasi completato il vestitino per il Bambinello fatto dei miei "fioretti", il mio primo vestitino...... quando circolò la voce che l'idea degli americani forse era un'eresia!! Bisognava assolutamente impedire di realizzarla.
Figuratevi i miei!!!!
Ma insomma si poteva o no sapere che cosa volevano fare questi americani? Va bene erano i liberatori, ma insomma... stavano o non stavano sul nostro patrio suolo?

"Dice" che quasi serpeggiò la rivolta.
"Dice" che il Pievano riuscisse a sapere tutto... sotto il vincolo della confessione....
"Dice" che ne parlasse, raggiungendolo fortunosamente, soltanto con il vecchio e saggio Vescovo.
"Dice" che le cose si appianarono e gli animi tornarono sereni e festanti e trepidanti..... più per la sorpresa americana che per la venuta del Signore.

Ero già con tutti i fiocchi di carta gialla in testa per far venire i boccoli dai miei lisci capelli..... quando arrivò la bomba americana finale; la chiesa era stata chiusa ed era in mano loro! Riapertura alle undici e mezzo di sera.

 

 

"Dice" che il Pievano dovette passare di casa in casa a tranquillizzare, ma che avesse un qualche dubbio dello zampino del diavolo...
"Dice" che la gente ebbe paura.
"Dice" che la gente decise di trovarsi alle undici in piazza. Ed entrare tutti insieme!
Io dormii tutto il pomeriggio con i fiocchi di carta gialla in testa ed una buona dose di camomilla sullo stomaco, perché il clima rovente aveva preso anche me, nonostante tutte le barriere dei miei.
Per caso Gesù Bambino non veniva più nel mio lettino? Ero stata cattiva? Impossibile!
Lui era uno che le promesse le mantiene sempre. Ma me l'aveva promesso?

Erano appena le dieci di sera e già lungo le strade e stradelli delle colline intorno si vedevano muovere le lanterne di chi veniva da lontano, uno spettacolo suggestivo..... quando i bene informati fecero sapere che al campo degli americani tutto era incredibilmente tranquillo e silenzioso. Cosa significava? Che ci avevano ripensato? Che fosse stato uno scherzo? Anzi uno scherno per la Notte Santa?
Al suono delle campane anche noi ci incamminammo.
Prima il babbo con la mantella grigioverde militare del 15-18; in tasca la statuetta di Gesù Bambino per il nostro presepe: unico personaggio di gesso in un presepe tutto di cartone colorato.
Io stavo al caldo, con la mia testa tutta riccioluta ed il mio abito di velluto, dentro la sua mantella.
Dietro, in ordine sparso chiassoso ed allegro, il gruppo dei fratelli e sorelle.
Ultima la mamma che, acceso un lume nella grande cucina, si gettò sulle spalle e sulla testa uno scialle nero, lasciando la porta aperta... per Maria e Giuseppe. Sulle braccia aveva una coperta fatta di pelli di coniglio.
Sarebbe stato facile fare il censimento: c'erano tutti, ma proprio tutti in quella piazza. Dopo bruschi e semplici cenni di saluto, entrarono dalla porta grande, sul cimitero, nella loro vecchia, bella e severa Pieve.

Tutto era come sempre!!!!
Passato il primo sbigottimento ognuno prese il suo posto.
Gli uomini, in fondo, in piedi. Le donne nelle panche con qualche bambino piccolo in braccio; i più grandicelli intorno. Il coro dietro l'altare; i chierichetti in sacrestia a prepararsi.
Poco prima dell'inizio della Messa, qualche soldato americano prese posto in fondo.
Non feci in tempo a sentire l'assolo di mio padre. Già dormivo in braccio alla mia mamma coperta dalle pelli di coniglio. I riccioli si acquattavano.

Era quasi finito il canto di chiusura "Tu scendi dalle stelle" ... quando la porta grande fu tutta spalancata ed entrò un albero.
Sì, un albero! Ma che albero!
Anch'io lo vidi e credevo di sognare.
Un abete altissimo, ricco di luci, colori, fili, fiocchi, pacchi e pacchetti. Mai visto niente di simile!
Un albero con frutti e fiori insieme, pareva!
Si fece un silenzio assoluto. Dalla porta aperta veniva il ghiaccio della notte e si intravedeva il nero scintillante del cielo trapunto di vivide stelle.

"Dice" che era issato su un carro armato trasformato.
"Dice" che era semplicemente su un carro agricolo requisito.
"Dice" che avevano adagiato l'albero su un affusto di cannone.
"Dice" che era su una jeep, una di quelle strane automobili.
"Dice" che uomini forzuti lo trascinavano.
Quando l'albero fu ai piedi dell'altare, si alzò un canto straniero: gli americani, tutti gli americani, si misero sugli attenti.
Le donne piangevano guardando a quei giovani lontano da casa per il Natale. Poveri ragazzi, anche loro erano figli di mamma.

Non so se fu il pianto delle donne, se fu l'essere strappata dalle braccia della mamma e depositata in quelle di un giovanottone rosso di capelli, occhi verdi e faccia tutta a puntini o forse la tanta camomilla bevuta, il fatto è che ..... me la feci addosso! Là ai piedi dell'albero, che stava ai piedi dell'altare del Crocifisso, vicino alla porta del campanile.

"Dice" che mentre con la mia sorella grande andavo, rossa di vergogna, a casa a cambiarmi, gli americani cantarono e cantarono.
"Dice" che il clima era caldo proprio come dev'essere a Natale.
"Dice" che le luci brillavano cento volte di più, perché tutti avevano acceso le lanterne.
"Dice" che si cantava in lingue diverse... era una babele o eravamo arrivati sul monte di Isaia.... pensava il buon Pievano.

Di nuovo fra le braccia del giovanottone, lui ed io salimmo su, su, su, su per una scala fino a raggiungere la vetta del grande abete. Com'era alto!
Era arrivato il mio momento!
Mi fu dato fra le mani uno strano abete fatto di carta velina verde, tutto piegato a nido d'ape, con a fianco un vecchio, barba e capelli bianchissimi, abito rosso strano, stivaloni e cinturone. Dovevo appoggiarlo sulla vetta dell'albero. E così feci.
Avevo appena esaurito il "mio compito" che si levò alto nelle tre navate della chiesa un BUON NATALE con uno strano accento straniero...,mentre il soldato mi sollevava in alto, ancora più in alto: per un momento mi parve di toccare il soffitto o forse il cielo!
In mano a molti soldati americani apparve una macchinetta: clic, clic, clic ed ancora clic...
In molti album di foto di là dall'oceano, se ne vedrà una con un albero dentro una chiesa romanica antica: lassù in alto un puntino si confonderà con i decori, i fiocchi, le palle ed i pacchetti. Qualcuno ricorderà che quel puntino sono io tutta spaurita?
"Dice" che tutti si commossero.
"Dice" che tutti furono felici.
"Dice" che tutti esultarono e si sentirono tanto buoni e fratelli.
Senz'altro tutti furono riempiti di doni, pacchi e pacchettini, che in vita loro non avevano mai visto.
Molti tornarono più volte a prendere i doni, mai sazi.

Io me ne ero tornata sotto le pelle di coniglio fra le braccia della mamma con una stecca di cioccolato ed una scatolina di latta con caramelle dure, dure dai colori tenui e da un profumo particolare. Per molti anni lo chiamai "profumo americano".
Passato il momento di "vertigine" quando ero lassù al di sopra di tutti, quasi nel cielo.... mi sentivo delusa. Delusissima, anzi! E mi rincantucciavo sotto le familiari pelli di coniglio. I riccioli si acquattavano sempre di più.
Aspettavo il Bambino Gesù, il Re dei re... e mi ero ritrovata tra le mani un vecchio vestito ridicolmente di rosso! Di cartone!
Ma chi era?

A casa il lume lasciato dalla mamma era agli sgoccioli; c'eravamo trattenuti più a lungo del previsto; prontamente fu sostituito.
Il babbo ci passò da baciare il Bambinello di gesso e lo depositò nella mangiatoia.
Finalmente dissi la poesia. Mi era passato il sonno.
Fui applaudita, baciata e coccolata da tutta la famiglia al gran completo.
Poi mentre ci incamminavamo verso le camere, la mamma iniziò con il dire e tutti la seguirono:
"Gesù Bambino, Amor Divino, Verbo Incarnato, ricordatevi di me che mi avete creato".
Fino all'Epifania lo avremmo ripetuto tutte le sere.