Qualcuno aveva messo un grazioso vassoio
di vetro verde con petali di rosa sulla scaffalatura. Il profumo
lieve e dolce si spandeva in tutta la camera, ma non era stato
quel profumo a svegliare nello stesso momento le due donne. Era
stato il gorgheggio, spensierato, felice, ignaro del mondo e
delle sue complicazioni del bambino.
Entrambe si chinarono sul lettino e fecero piccoli gesti e gorgoglii
anche loro, ricavandone larghi sorrisi e sbattimenti di due braccine
e due piedini grassocci.
Videro che il terzo letto era occupato. Vi giaceva completamente
avvoltolata nelle coperte una donna di mezza età con una
testa di capelli che andavano verso il grigio, lunghi e mossi.
Aveva una fronte spaziosa, un piccolo naso schiacciato con sotto
due labbra carnose e sensuali. Dormiva di fianco: un sonno pesante.
La madre prese su il bambino e si avviò alla porta. Deiva
invece andò verso il bagno e fu allora che vide un foglietto
sul tavolino accanto al suo letto. Ugual biglietto stava sul
tavolino della madre. La chiamò indietro sussurrando.
Nel bagno lessero il biglietto.
- Salve. Benvenute. Se non ci rivediamo perché ve ne andate
subito vi faccio tanti auguri. Che splendido, bambino! Buona
fortuna a tutti e tre. NORA -
Cercarono una matita per scrivere: - Grazie e buona fortuna anche
a te -. Non la trovarono e del resto non sapevano quanto sarebbero
rimaste lì.
Si diressero verso la porta in fondo.
" Come si chiama?" disse Deiva indicando con un movimento
del volto il piccolo e prendendogli una manina.
" Fabio. Veramente avrei dovuto chiamarlo Gino, ma non mi
piaceva."
" E perché?"
" Così, per tradizione. Capisci cosa dico? Sei straniera
, vero?"
" Capisco abbastanza. Mi chiamo Deiva"
" Martina" disse la madre e spostando il bambino sul
braccio sinistro le porse la mano.
A tutte due, chissà perché, vennero le lacrime
agli occhi.
" Puzza, il mio maialino, mi sa che ha fatto la grossa!!"
rise forte Martina anche per fermare la commozione.
Deiva aprì la porta. E rimase sulla soglia interdetta.
" Cavoli! E' una chiesa! Chiudi, chiudi!"
" Una chiesa? Non ne avevo mai vista una."
" Non sei cattolica?"
" Non sono niente da noi la religione è stata cancellata.
Forse la mia nonna era ortodossa"
" Che facciamo?"
" Entriamo. C'era la sorella di Salvo. E' proibito entrare?
Tu sai chi sono quelle signore vestite uguali?"
" A questo punto penso siano delle suore laiche. Fanno del
volontariato ad aiutare le disgraziate che arrivano nella notte.......
come noi."
" Ora non ho capito!"
" Non importa te lo spiego più tardi"
Fabio si mise a strillare e non ebbero bisogno di riaprire la
porta. Uscì una suora, ma non la sorella di Salvo.
E Salvo starà ancora dormendo? Deiva voleva chiederlo,
voleva salutarlo, vederlo ma...... tutto era strano e confuso.
Martina andò a cambiare il bambino e poi si ritrovò
in una grande cucina con Deiva che già preparava il caffè
e scaldava del latte.
La cucina dava sul retro. Tenuto a prato, qualche fiore ai bordi
e due alberi: una magnolia e un cipresso. C'era anche una parte
pavimentata con i fili per stendere: erano invasi da lenzuola,
asciugamani, tovaglie e tovaglioli. Poi tre stendibiancheria
da terra con biancheria personale.
Il giardino era molto ampio e c'era posto per uno scivolo, un'altalena
e un dondolo; per un gazebo in legno dipinto di verde. Accanto
alla porta finestra della cucina ce n'era un'altra: era la lavanderia.
Nessuno in vista.
Ma girando appena l'angolo trovarono due suore che curavano un
minuto e ordinatissimo orto.
Si salutarono con un 'buona sera' sommesso.
Vollero sapere i loro nomi, il nome del piccolo, al quale fecero
un'infinità di complimenti: una era Suor Anna ed una Suor
Ludovica.
Se qualcuno, alla sera, le avesse domandato come aveva passato
la giornata, Deiva non avrebbe saputo rispondere. Sapeva solo
che non si era staccata mai da Martina e Fabio e che non aveva
saputo più nulla di Salvo. Aveva incrociato Nora per la
cena prima che andasse a far la notte ad una vecchia signora.
Era venuta a salutarle una certa Stefania che se ne andava e
piangeva e non si capiva se di gioia o di disperazione. Avevano
visto altre due donne: una era incinta.
Una strana vita. Come era una strana vita quella che aveva fatto
fin ora in Italia.
Si sentiva testa, cuore, pancia... tutto vuoto. Appesa ad un
invisibile filo... in mano di altri....
Nessuno parlava né del presente, né del passato
e tanto meno del futuro. Si parlava, poco, delle cose contingenti.
Martina aveva tentato di spiegarle quella storia del volontariato.
Ma poi avevano lasciato cadere l'argomento. Lei faceva fatica
a capire e Martina sembrava che quell'essere aiutata da sconosciute
le pesasse anzi la irritasse.
Avevano un'alternativa, una via d'uscita? Si fece buio ed andarono
a letto.
Deiva continuava a non capire
perché nessuno le chiedesse nulla, ma nello stesso tempo
non le pareva il vero: non aveva voglia di raccontarsi. Decise
che si sarebbe presa una pausa. Che non avrebbe mosso un dito,
un pensiero di sua spontanea volontà.... seguiva l'onda...
si lasciava trasportare... stava a pelo d'acqua facendo il morto...
già il morto... a che punto saranno state le indagini?
Il mare.....
E andò in cucina ad aiutare a mettere nei vasetti delle
verdure sott'olio.
Da lì vedeva Martina che faceva le coccole al piccolo
disteso su una coperta nel verde del prato.
Teneva in mano un fiore che sembrava una nuvola... ci soffiò
sopra e un minuscolo petalo prese la via del cielo.
Ridevano tutti e due.
Sembrava che nessuna sciagura avrebbe potuto toccarli.
Ma Salvo dov'era?
La sera del terzo giorno mentre erano tutte riunite intorno al
tavolo, intente a piccole cose, apparve Salvo.
La scena si animò di colpo. Quell'unico maschio sconvolse
l'universo femminile. Suor Teresa, la sorella, gli andò
incontro ad abbracciarlo; qualcuna gli porse una sedia, un'altra
già preparava il caffè. Chi chiedeva, chi guardava,
chi faceva posto, chi sorrideva e Deiva era arrossita... anche
perché Salvo in mano aveva un sacchetto trasparente con
due lunghi lacci di corda. Dentro si vedevano i suoi sandali
e la sua borsetta: brillavano! Erano stati fatti e comprati per
questo... per brillare! Ma lì in quel posto, in mano a
lui ... Si sentì a disagio. Pensò di uscire. Ma
Salvo fu attirato dal bambino; gettò il sacchetto per
terra e sollevò dal seggiolino il piccolo. Con la sua
mole occupava tutta la porta. Non aveva via d'uscita.
Poi cominciò a volteggiare, a cantare a girare in tondo
a strapazzare quel corpicino che sembrava essere ancora più
piccolo nelle braccia di quel ragazzone. Fabio rideva e rideva
e tutte dietro chi a battere le mani, chi a cantare le canzoni
intonate da Salvo. La donna incinta si moveva dondolandosi e
accarezzandosi la pancia che ancora non era un pancione, ma si
faceva notare sotto ad una maglia color violetto che la fasciava
tutta.
Deiva approfittò furtiva per prendere il sacchetto e nasconderlo
in camera.
Ovviamente Martina appariva orgogliosa; era leggermente accaldata
e cercava di tenere il volto abbassato per via delle botte. Ma
i suoi capelli tagliati corti, corti le lasciavano scoperta la
giovane nuca con l'impronta lividosa di quattro dita.
Quando Salvo, finita la sarabanda, strillò:
" A chi lo do questo splendore?"
Deiva sentì una stretta al cuore e poiché Martina,
vergognosa, non si faceva avanti andò lei verso Salvo.
" Ciao. Ti ho portato le scarpe e la borsa con tutto il
contenuto" disse girando lo sguardo intorno alla ricerca
del sacchetto e tenendosi ben stretto il bambino.
" Li ho già presi. Grazie" La voce di Deiva
era un sussurro e le sue braccia protese verso il piccolo immobili nell'aria.
Martina approfittò di quel momento per prendere il figlio
e Salvo le andò dietro chiedendole il nome, l'età,
il peso......... e arruffandogli i riccioli neri.
Pareva che nessuno avesse notato il sacchetto e Deiva, come del
resto quasi tutte, riprese il suo posto.
Entrò Suor Teresa:
" Deiva vieni di là, ci sono notizie per te."
Nella stanza sedeva Salvo con in mano dei fogli. La guardò
con un largo sorriso e lei arrossì di nuovo e fece dondolare
i suoi capelli setosi.
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