Tempus Edax Rerum
"Il tempo che divora ogni cosa"
IL TERRITORIO Fabio Senardi |
Tutta l'area del Lisert rientra all'interno di un vasto e complesso sistema geologico strutturale, condizionato dalla grande flessura tettonica che delimita il Carso Triestino verso sud ovest, e cioè verso il mare, dove gli strati calcarei tendono repentinamente a immergersi ricoperti dai sedimenti sciolti quaternari ivi presenti. |
Le rocce carbonatiche
risultano fittamente fratturate per lo stretto intersecarsi di
due sistemi di faglie, l'una con direzione dinarica, orientata NW
- SE, e l'altra alpina, con direzione NE - SW.
Questi sistemi di fratturazione profonda sono stati messi in
evidenza da rilievi sismici effettuati dall'Osservatorio
Geofisico Sperimentale di Trieste, attraverso una campagna di
studi condotti nel 1970 e finalizzati all'analisi del
geotermalismo presente nell'area (Relazione 70420)
Del resto per tale motivo l'area era già stata oggetto di
precedenti studi: nel 1962 B. Martinis, attraverso uno studio
geologico su ampia scala, ipotizzava la presenza di una
discontinuità tettonica con direzione dinarica, ricollegabile
alla manifestazione termale di Monfalcone e individuabile lungo
il fianco nord del Monte S. Antonio; quest'ultimo venne demolito
per far posto ad una vasta spianata da adibire ad area
industriale.
La faglia individuata risulta parallela a quelle più importanti
del Colle Nero, di Doberdò e di Pietrarossa: queste ultime due
avrebbero generato delle depressioni intravallive, intervallate a
dorsali carbonatiche subparallele di modesta entità
successivamente peneplanizzate. Ciò portava all'accumulo
progressivo di depositi sciolti impermeabili provenienti dal
degrado dei rilievi circostanti, creando condizioni favorevoli
per l'instaurarsi degli omonimi laghi, alimentati oltre che da
acque meteoriche anche da acque di provenienza ipogea.
Questo complesso sistema geostrutturale - secondo l'autore -
andrebbe successivamente ricollegato ad un sistema di più ampia
scala, che i geologi tedeschi definiscono Graben.
Tutta questa situazione strutturale sarebbe il risultato di
spinte orogenetiche, manifestatesi con una certa continuità
durante l'Eocene (circa 40.000.000 anni da oggi) e
successivamente nell'Oligocene; il fenomeno sarebbe poi ripreso
con maggiore intensità nel Miocene e più precisamente nel
Pontico.
Lo stesso studio geologico ha rilevato poi nell'area un forte
alluvionamento attribuibile alla fine del Pleistocene, e più
precisamente alla fine dell'ultima glaciazione würmiana: durante
quest'ultima, contemporaneamente ai grandi disgeli, i corsi
d'acqua apportavano notevoli quantità di sedimenti sciolti;
parallelamente si innalzava anche il livello marino.
Questi depositi, costituiti nell'area da alternanze di ghiaie -
sabbie - limi, hanno in parte ricoperto il solco paleofluviale
del Lisert, che corrisponderebbe alla prosecuzione NW dell'antico
PaleoTimavo epigeo: il fiume l'avrebbe inciso nel Miocene e nel
Pliocene.
Il rinvenimento recente dei resti di alcuni edifici in via delle
Mandrie e via Colombo a Monfalcone, con strutture collegate
all'allevamento e pesca del pesce, assieme alla presenza di
sedimenti fluviali (ghiaie e sabbie), hanno indotto gli
archeologi di comune accordo con i geologi a confermare
l'individuazione di un ramo secondario del F. Isonzo: dopo aver
percorso il tratto a monte tra rilievi di varia natura
litologica, dal corso principale del fiume si distaccava -
favorito dalla tettonica dell'area e aiutato da probabili
interventi di sbarramento artificiale - un ramo che andava a
lambire la fascia di rilievi degradanti, prima di sboccare nella
piana del Lisert all'interno del lago costiero separato dal mare
aperto dalle Insulae Clarae.
Tempus Edax Rerum
"Il tempo che divora ogni cosa"
TERMALISMO DELL'AREA
Fabio Senardi
Sin dall'epoca romana l'area è stata oggetto di sfruttamento per i benefici terapeutici che comportava l'immergersi nelle acque termali. Con la distruzione di Aquileia, avvenuta nel 452 d.C., anche le terme andarono in rovina e dopo quasi sette secoli di attività cessarono di esistere. |
Solo nel 1433 vennero rimesse
in luce, al di sotto di una coltre di sedimenti paludosi,
eseguendo uno scavo in base a degli indizi, ad opera del podestà
di Monfalcone Francesco Nanni.
Successivamente le terme vennero nuovamente distrutte dalle
invasioni turche nel 1470 e 1499 e solo nel 1590 l'edificio fu
ricostruito e ampliato.
Dopo varie vicissitudini di ricostruzioni, ampliamenti e
distruzioni, si giunse agli inizi del 1900: il nuovo
proprietario, principe Alessandro di Torre Tasso, le fece
riattivare analizzandole e notando anche che il livello era
influenzato dalle maree.
Con la prima guerra mondiale lo stabilimento fu nuovamente
distrutto, ma ricostruito nel 1939 sempre dai Torre e Tasso.
La seconda guerra mondiale pose definitivamente la parola fine
sullo sfruttamento delle terme come utilizzo pubblico delle
stesse, anche se esse tuttora vengono occasionalmente
frequentate.
Ricerche recenti sulle acque termali monfalconesi è stato
condotta dall'Istituto di Mineralogia dell'Università degli
Studi di Trieste, allo scopo di raccogliere una serie di dati
geochimici per inquadrare le caratteristiche chimico fisiche di
tali acque e risalire così ai benefici che le stesse comportano
in certe patologie.
Si sono raccolti dati di T°, pH, potenziali redox e misurazioni
di radioattività dall'acqua prelevata nella vasca interna
seminterrata.
Le temperature rilevate nei mesi invernali si aggiravano sugli
11-12°, lasciando supporre un'interruzione del ciclo di
alimentazione delle sorgenti; esse però salirono con
l'avvicinarsi dell'estate sino a 30°, arrivando a un tetto max
di 36° - valore rilevato dal Doro nel 1939: egli però si
avvalse per i suoi rilievi dell'utilizzo di una pompa della
portata di 65 l m/s, con tale sistema individuò nove sorgenti di
varia portata che fuoriuscivano da varie fratture presenti nella
roccia calcarea, dove vennero effettuate le misurazioni;
l'abbassamento repentino della temperatura è stato imputato a
eventi piovosi di una certa intensità, che influenzano il forte
afflusso di acque carsiche superficiali e quindi più fredde, che
vanno a mescolarsi con quelle termali.
I valori di pH oscillano tra 7,10 e 7,12.