11 SETTEMBRE: PARLA IL MINISTRO TEDESCO.


 

11 settembre 2001 - Parla von Bülow

(Tratto da «11 settembre: colpo di stato in USA» di Maurizio Blondet.)

Il 13 gennaio 2002 il giornale berlinese «Der tagesspiegel» pubblica con rilievo la seguente intervista ad Andreas von Bülow, già ministro tedesco della tecnologia.
«Dopo gli orrendi attentati dell’11 settembre», attacca von Bülow senza esitare, «constato che l’intera opinione pubblica viene forzata a credere a una versione che credo sbagliata.»
E segnala: «Ci sono in USA ventisei agenzie di controspionaggio che costano trenta miliardi di dollari l’anno: più dell’intero bilancio tedesco per la Difesa. E non sono state capaci di prevenire gli attacchi (…) Non un sospetto, prima. E per sessanta decisivi minuti, le agenzie militari e di intelligence hanno lasciato a terra i caccia; però quarantotto ore dopo l’FBI presenta una completa lista dei dirottatori suicidi. Ma dieci giorni dopo risulta che sette di loro sono ancora vivi. E perché i capi dell’FBI non spiegano queste contraddizioni? Da dove veniva la lista, e perché era falsa? Se fossi nei panni del responsabile dell’indagine, io terrei informato regolarmente il pubblico».

Il che non è avvenuto e non avviene in USA, sottolinea l’ex ministro tedesco.
Poi torna sullo strano profilo dei «suicidi».
«Si lasciano dietro tracce come una carica di elefanti. Fanno pagamenti con le loro carte di credito, danno i loro veri nomi agli istruttori di volo. Si lasciano dietro auto noleggiate con manuali di volo in arabo abbandonati sui sedili. Si dimenticano copie del Corano dopo essersi ubriacati in uno strip bar (e dire che essendo musulmani, per giunta estremisti, non dovrebbero bere alcool né frequentare posti come gli strip bar). Portano con sé, nel loro viaggio verso il suicidio, ultime volontà e lettere d’addio, che cadono nelle mani dell’FBI perché le hanno messe nel posto sbagliato, con indirizzi sbagliati. Andiamo! Sono segnali lasciati sul percorso come in una caccia al tesoro per bambini».

Von Bülow non esita a parlare di «lavaggio di cervello collettivo» a cui «le democrazie di massa vengono sottoposte».
«L’immagine del nemico come comunista non funziona più; deve essere sostituita con l’Islam. Non è un’idea mia. Essa viene da Zbigniew Brzezinski e Samuel Huntington, due strateghi che formano l’intelligence e la politica estera americana.
«Già a metà degli anni ’90, Huntington (uno dei fondatori del CFR: Council on Foreign Relations) diceva: “la gente in USA e in Europa ha bisogno di un nuovo nemico da odiare, ciò rafforzerà la loro identificazione con la propria società. Brzezinski, il cane matto, già consigliere di Jimmy Carter, teorizza il diritto esclusivo degli Stati Uniti a impossessarsi delle materie prime del mondo, anzitutto greggio e gas. E questo coincide perfettamente con i desideri dell’industria degli armamenti, delle agenzie d’intelligence, del cosiddetto “complesso militare-industriale”.
«(…) Posso affermare questo: la progettazione dell’attacco è stato un capolavoro dal punto di vista tecnico e organizzativo. Dirottare quattro grossi aerei di linea in pochi minuti e lanciarli sui bersagli entro un’ora con complicate manovre di pilotaggio!
Questo è impensabile, senza l’appoggio, e per anni, di apparati segreti dello Stato e dell’industria».

"Ma queste sono le cose che dicono i teorizzatori di complotti!", esclama l’intervistatore.
Von Bülow replica: «Ah sì, sì: in questo modo coloro che preferiscono seguire la versione ufficiale e politicamente corretta ridicolizzano chi pone certe questioni. Chiunque dubita delle versione ufficiale, non ha le rotelle a posto»

Eppure von Bülow non è un complottista paranoide. Nel 1993, è stato relatore per la SPD (il Partito Socialdemocratico tedesco) nella commissione parlamentare d’inchiesta sulla Stasi, la polizia segreta della Germani Orientale. E’ in quella veste che l’ex ministro s’è fatto un’idea precisa dei «servizi» occidentali: «Né dal BND (il servizio segreto tedesco-occidentale) né dalla CIA abbiamo avuto altro che ostacoli. Nessuna informazione, nessuna collaborazione. Niente.»

 

 

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