Organizzazione statale in età imperiale (30 a.c.- 476 d.c.)


Il passaggio da repubblica ad impero fu una trasformazione tanto più lenta per la società del tempo quanto più rapida ai nostri occhi: il merito fu infatti della straordinaria capacità di Ottaviano, già citato nella sezione storica, di celare dietro al nome di "restaurazione della repubblica e degli antichi costumi" una vera e propria rivoluzione.

Egli infatti, dopo aver sconfitto Marco Antonio nella battaglia di Azio (31 a.C.), assunse un controllo pressoché assoluto sulla vita politica romana, sebbene già con Giulio Cesare e – se pur parzialmente – ancor prima con Silla, si era affermata una gestione di natura monarchica delle istituzioni repubblicane: nelle tormentate vicende della crisi della repubblica nel I sec. a.c., la tendenza verso un potere di tipo monarchico diventò via via più evidente e inarrestabile. Data l'avversione radicata nella mentalità romana a un potere monocratico che richiamasse l'antico regno, questa tendenza, dopo il fallito tentativo di Cesare (che costituzionalmente si espresse rinnovando l'antica magistratura della dittatura), si concretizzò nella costruzione costituzionale di Augusto, la quale con successivi apporti sostanzialmente conclusa nel 23 a.c., creò la nuova figura del princeps.

La nuova costruzione utilizzò materiali istituzionali preesistenti: il principe impiegò e cumulò i poteri delle vecchie magistrature, le quali quasi tutte rimasero in vita, ma svuotate e comunque subordinate al primato imperiale.

Restò per secoli in vita il senato, con poteri sostanzialmente limitati all'Italia e ad alcune province definitivamente romanizzate. Ma anche l'accesso al senato passò in buona misura attraverso il gradimento del principe. Il primo secolo dell'impero fu comunque segnato da tensioni e scontri tra la vecchia aristocrazia senatoria e il nuovo potere universale

Ottaviano ebbe nel 36 a.c. a vita la sacrosanctitas propria dei tribuni della plebe.

Nel 30 a.c. ebbe intera la tribunicia potestas e nel 23 a.c. essa fu resa annuale e gli venne conferita ripetutamente.

Nel 29 a.c. il senato gli decretò il praenomen di imperator permanentemente (cosa non concessa in età repubblicana): con questo titolo si evidenziava la fondamentale base militare del suo potere.

Augusto designa se stesso princeps (come avevano già fatto altri, per esempio Pompeo) nelle sue Res gestae. Con questo intendeva indicare la propria preminenza in auctoritas (autorità), ma con questo appellativo fu poi usualmente impiegato per designare l'imperatore.

Nel 23 a.c. Ottaviano divenne princeps senatus (il primo tra i senatori). Lo stesso anno o il successivo ebbe l'imperium proconsulare maius (superiore a quello esercitato dal singolo proconsole nella provincia a lui assegnata) per dieci anni, poi rinnovato: dal 23 a.c. il suo potere proconsolare ebbe vigore anche all'interno del pomerio (zona sacra delle mura cittadine).

Ancora nel gennaio del 27 a.c. il senato gli decretò il cognomen di Augustus (che significa "colui che ha l'autorità morale", colui che ha capacità superiori, per particolare favore divino, di operare e far prosperare le cose), in seguito divenuto sinonimo di imperatore. 

Nel 19 a.c. Augusto ricoprì anche la praefectura morum (sovrintendenza ai costumi), coi poteri della deceduta censura.

Nel 12 a.c., alla morte di Lepido, gli subentrò come pontifex maximus.

Nel 2 a.c. il senato gli decretò il titolo di pater patriae,"padre della patria", che la tradizione aveva fino ad allora assegnato solo a Romolo e a Marco Furio Camillo.

Dopo Augusto l'elezione a imperatore - carica che mai divenne ereditaria - si formalizzò attraverso un senatoconsulto poi confermato da un voto popolare.

Conquistato l'Egitto, che diventò proprietà personale del principe, con divieto di accedervi ai membri del senato, Augusto vi venne venerato come successore dei Faraoni e dei Tolomei, dunque come dio vivente.

Onori divini ebbe anche negli altri territori orientali secondo le tradizioni locali. In occidente non era possibile una divinizzazione diretta, ma un culto speciale fu riservato al genius (la divinità personale) dell'imperatore. Completò l'autonomia del potere dell'imperatore un suo erario (fiscus) alimentato dall'Egitto (considerato sua proprietà privata) e dalle province imperiali che il principe governò mediante propri legati.


Con il procedere dell'età imperiale l'imperatore vide accrescere la propria potenza e il senato detenne un potere sempre più nominale; in più conservò un controllo sempre più formale su Roma, sull'Italia e sulle province, escluse quelle di frontiera, in cui era necessario stanziare le legioni: tali province erano governate da legati nominati e controllati dall'imperatore stesso, cosicché egli (e non più il senato) potesse usufruire delle forze armate.