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La Medaglia d'Oro al Valor Militare

alla città di Zara 

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le polemiche:

25 ottobre2001- Il Piccolo-Trieste

L’ambasciatore croato in Italia chiede spiegazioni sul conferimento il 13 novembre a Roma dell’onorificenza al gonfalone del capoluogo dalmata
La Medaglia a Zara, nota polemica di Zagabria
«Inaccettabile rapporto con il passato». L’omaggio alla memoria al termine di una lunga procedura


ZAGABRIA - Il ministero degli Esteri di Zagabria ha accolto con «sorpresa» la decisione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi di conferire la Medaglia d’oro al valor militare al gonfalone dell’ultima amministrazione italiana della città di Zara del 1943, ovvero ai rappresentanti del Libero Comune di Zara in esilio. Lo conferma un comunicato ufficiale del ministero d’oltreconfine diffuso ieri sera. «Il ministero degli Esteri della Repubblica di Croazia - sottolinea la nota - considera inaccettabile il rapporto verso il passato che è stato manifestato con il gesto del Presidente Ciampi, e ciò dopo la sua recente visita alla Repubblica di Croazia, che si inseriva in un contesto di rapporti bilaterali sviluppati. I quali si fondano sul riconoscimento e il rispetto reciproco delle sovranità dei due Stati, confermando allo stesso tempo i principi sui quali è stata chiusa quella pagina del passato che impediva una prospettiva democratica di questi territori».
«L’orientamento europeo della Croazia - afferma ancora il ministero di Zagabria - che si è sviluppato anche sul comune atteggiamento europeo antifascista, non prevede l’apertura di questioni che consideriamo chiuse da tempo, confermate anche dai rapporti di buon vicinato nonché dai numerosi accordi siglati tra la Repubblica italiana e quella di Croazia».
Questa la presa di posizione ufficiale di Zagabria. Ma non è tutto. In mattinata, secondo l’agenzia di stampa croata Hina, anche l’ambasciatore croato a Roma Drago Kraljevic ha espresso «stupore» per la decisione di Ciampi, annunciando l’intenzione di chiedere «ulteriori informazioni» al Quirinale. L’agenzia di Zagabria afferma quindi di aver interpellato il ministero degli Esteri italiano, per avere dei chiarimenti. Ma la Farnesina, sempre secondo la Hina, avrebbe dichiarato che solo il Quirinale può dare spiegazioni.
E, mentre si profila all’orizzonte l’incidente diplomatico fra Roma e Zagabria, vediamo di precisare meglio i contorni della vicenda.
Innanzitutto: si tratta di una richiesta, quella del conferimento della Medaglia d’oro a Zara, che dura da decenni, almeno da quarant’anni secondo alcune fonti. Le onorificenze al valor militare vengono assegnate dal Capo dello Stato, dopo una lunga istruttoria condotta dal ministero della Difesa. Ed è uno studio seguito in particolare dall’Ufficio storico del dicastero, che ha valutato la fondatezza dell’assegnazione della medaglia, in particolare per la distruzione che la città ha subìto durante la guerra e il conseguente esodo della popolazione italiana. Quindi, la «pratica» è stata aperta diverso tempo fa, ed è stata avallata anche dai governi precedenti, compresi quelli di Centrosinistra.
Anche le motivazioni, con le quali si accompagna il conferimento dell’onorificenza, vengono stilate in origine dal ministero della Difesa. Quelle che riguardano Zara finora però non sono state ufficializzate.
In altre parole, l’atto che sta per compiere Ciampi il prossimo 13 novembre non è altro che un riconoscimento alla Zara del ’43, quella che venne distrutta per l’85 per cento dai bombardamenti alleati. Non quindi alla Zadar di oggi, ma al gonfalone di allora. E’ come dare una medaglia alla memoria. Tutto questo sta insomma a significare che si tratta di decisioni non negoziabili dal punto di vista diplomatico.
Diverso è il discorso sul momento politico in cui si colloca l'assegnazione della medaglia alla città martire. Qui le prese di posizione, probabilmente, saranno molteplici e, come si più già intuire, piuttosto accese. Va considerato però che mai come in questo periodo i rapporti fra Roma e Zagabria sono stati così buoni. Un clima di apertura verso la minoranza italiana, gli esuli e in generale verso l’Italia che fino a un paio di anni fa era solo fantapolitica. Da qui lo sbocco naturale della nuova era delle relazioni bilaterali: il Trattato di amicizia italo-croato che dovrebbe essere siglato in tempi brevi, entro pochi giorni secondo alcune fonti. La cornice ideale per firmare l’intesa sembra essere piuttosto il prossimo vertice dell’Ince (Iniziativa centroeuropea) che si svolgerà a Trieste a fine novembre. In quell'occasione si riuniranno in città i leader di governo di 17 Paesi dell’Europa centro-orientale. Croazia e Slovenia comprese.
E’ ancora quindi tutta da decifrare la polemica che si è innescata in queste ore sulla questione della medaglia a Zara. Ma sin d’ora appare più probabile che si tratti di un incidente di percorso, piuttosto che una battuta di arresto nei rapporti italo-croati.
Alessio Radossi
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25 ottobre2001- Il Piccolo-Trieste

Renzo de’ Vidovich dà una interpretazione conciliante del riconoscimento tributato alla città martire
Gli esuli: non è un gesto irredentista


TRIESTE - Tutto è pronto per la cerimonia del 13 novembre al Quirinale, il giorno in cui il Presidente Ciampi consegnerà la medaglia d’oro al valor militare al gonfalone dell’ultima amministrazione italiana di Zara. Anche gli ultimi dubbi, espressi ieri dai rappresentanti degli esuli su alcuni passaggi della motivazione (che non è ancora stata resa pubblica) sono stati rimossi. Lo conferma Renzo de’ Vidovich, presidente della delegazione triestina del Libero Comune di Zara in esilio. In merito poi alle possibili polemiche sul conferimento dell’onorificenza, de’ Vidovich getta acqua sul fuoco: «Non c’è nessun risvolto anti-croato - precisa - è solo un riconoscimento al martirio della città. Non c’è quindi alcuna rivendicazione irredentista». Qualche perplessità su alcune frasi del documento le aveva manifestate l’altro giorno il presidente della Federazione degli esuli Guido Brazzoduro: «Nella bozza della motivazione, sulla quale dovremo tornare per approfondimenti - aveva avvertito - abbiamo individuato, di primo acchito, qualcosa che riguarda la Resistenza che non ci trova perfettamente in linea. Diciamo che aspettiamo di conoscere meglio ciò che ha determinato il Presidente della Repubblica a adottare questa scelta - aveva aggiunto - prima di formulare giudizi definitivi». «E’ giusto - aveva concluso - che Zara possa avere questa importante onorificenza, ma le autorità competenti subito dopo dovranno continuare con le procedure per attribuire la medaglia d’oro al valor militare anche a Pola e Fiume, che hanno meriti altrettanto rilevanti».
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26 ottobre

Il Piccolo-Trieste

La Croazia vuole avere chiarimenti sul conferimento da parte del Capo dello Stato della Medaglia d’oro al valor militare alla città dalmata
Caso Zara, convocato l’ambasciatore italiano
Roma nega che sia in programma una cerimonia ufficiale. Difficoltà diplomatiche sul trattato di cooperazione


ZAGABRIA - La Croazia vuole capire. Per questo ha convocato l’ambasciatore italiano a Zagabria, Fabio Pigliapoco. Il presidente Stipe Mesic e il ministero degli Esteri chiedono spiegazioni sul conferimento al gonfalone dell’ultima amministrazione italiana della città di Zara del 1943 della Medaglia d’oro al valor militare. Nelle more dell’incontro con il nostro rappresentante diplomatico bocche cucite qui nella capitale croata. Mesic non commenta, il portavoce del governo Racan rimanda al ministero degli Esteri, il quale conferma peraltro la nota emessa mercoledì sera sull’argomento.
Dunque per Zagabria si tratta di un atto «inaccettabile». Intanto si chiarisce il «giallo» circa la cerimonia di conferimento ufficiale della contestata onorificienza. Nessun atto formale di questo tipo è nell’agenda del Quirinale. Il diploma di conferimento è già stato firmato dal Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi. Sulle motivazioni e l’iter della procedura tutto viene rinviato all’ufficio storico del ministero della Difesa. E si fa notare come le medaglie d’oro al valor militare vengono comunque attribuite su proposta del governo e dopo un non mariginale iter temporale.
Tutto archiviato? Niente affatto. Perché dietro la contestata medaglia spuntano tutta una serie di dissapori e di discrepanze tra Roma e Zagabria che stanno tenendo occupate le rispettive diplomazie. L’«oggetto del contendere» è il trattato di cooperazione che è in fase di elaborazione tra i due Paesi. Ne hanno parlato i ministri degli esteri, Ruggiero e Picula, lo scorso 9 ottobre in occasione della visita del presidente Ciampi in Croazia. E lo scoglio che ancora una volta turba i sonni delle due diplomazie è legato alla questione dei beni abbandonati dagli esuli italiani nel dopoguerra. Perché Zagabria, per ora, ha respinto al mittente (la Farnesina) l’articolo 9 del trattato in cui si parla di denazionalizzazione. Perché l’Italia, come ribadito dallo stesso Ciampi a Zagabria, ha chiesto che tale processo in Croazia non abbia carattere discriminatorio. Ovvero, laddove ne fossero interessati anche gli esuli questi non vengano esclusi solo per il fatto di essere cittadini italiani.
La vicenda resta complessa. Innanzitutto perché siamo in piena fase di elaborazione del trattato. Poi perché Italia e Croazia si sono impegnate a rispettare i trattati fin qui sottoscritti. Per cui il trattato di Osimo del 1975 e gli accordi di Roma del 1983 sono pienamente in vigore. Quindi le due diplomazie sono impegnate a vedere se un’eventuale restituzione di beni immobili debba interessare solo le aree territoriali al di fuori della ex «zona B» (quella che era sotto l’amministrazione jugoslava fino al 1975) e se possa interessare anche gli esuli che nel 1945 hanno optato per la cittadinanza italiana prendendo la strada dell’esodo.
Zagabria si sarebbe inoltre impegnata a versare la sua quota di indennizzo, pari a 43 milioni di dollari (dei rimanenti 67 milioni di dollari si è fatta carico la Slovenia sempre nell’ambito degli accordi di Roma che pattuirono con l’allora Jugoslavia una cifra complessiva pari a 110 milioni di dollari) entro il gennaio del 2002. Ma non è ancora stato chiarito se entro quella data dovrà essere versato l’intero importo o solo una rata. Insomma, ci troviamo nel bel mezzo di un’intensa attività diplomatica, dove le proposte e le contro-proposte si avvicendano. E dove sguardi indiscreti sono ovviamente malvisti.
Certo è che in ambienti diplomatici più di qualcuno fa notare come la levata di scudi della Croazia sul «caso Zara» sia anche da collegare al non facile momento della trattativa bilaterale in corso. La Farnesina, comunque, si affanna a precisare come la questione della medaglia d’oro non riguardi il ministero degli Esteri. Ma sta di fatto che l’ambasciatore, appena convocato da Zagabria, risponde alla Farnesina. Insomma un bel nodo gordiano diplomatico. Che sia Roma, sia Zagabria vogliono dipanare nel «sancta sanctorum» della trattativa bilaterale.
Chi, invece, si viene a trovare tra l’incudine e il martello è la minoranza italiana in Croazia. Anche qui bocche cucite, ma la sensazione è quella di una grossa preoccupazione, perchè c’è il rischio che a pagare le conseguenze di tutte queste frizioni sia, alla fine, l’anello debole della catena.
Mauro Manzin

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ITALIA-CROAZIA: 

Zagabria interrompe negoziati su accordo; Per onorificenza a amministrazione italiana Zara del '43

ZAGABRIA - Il governo croato ha interrotto i negoziati per l'Accordo di cooperazione ed amicizia con l'Italia. La decisione è dovuta stata presa dopo l'onorificenza della presidenza della Repubblica italiana all'amministrazione italiana di Zara del 1943. Il sottosegretario agli Esteri Cvjetkovic-Kurelec ha detto che 'la Croazia ha interrotto i negoziati che i due paesi stanno discutendo da nove anni'.(ANSA).
2001-10-26 - 16:04:00

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27 ottobre

IL PICCOLO

La Croazia rompe con l’Italia per Zara
Sospeso il negoziato sul trattato di cooperazione, sullo sfondo i beni degli esuli



ZAGABRIA «La Croazia ha interrotto i negoziati con Roma per l’accordo sul partenariato e amicizia che i due Paesi stanno discutendo da nove anni». Con questo laconico comunicato, letto nel corso del telegiornale della sera, il sottosegretario agli Esteri, signora Vesna Cvjetkovic-Kurelec ha annunciato al Paese la frattura nei rapporti bilaterali con l’Italia. La causa della «guerra fredda» in atto è il conferimento della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana della città di Zara da parte della presidenza della Repubblica italiana. Il tutto alla vigilia della firma, lunedì, da parte di Zagabria del trattato di associazione alla Ue. La Farnesina continua a tacere. La trattativa sull’accordo di cooperazione stava peraltro già segnando il passo, ancor prima del «casus belli» di Zara. Zagabria, infatti, aveva rispedito al mittente (l’Italia) l’articolo 9 del trattato che riguardava il processo di denazionalizzazione che, secondo Roma, doveva essere attuato dalla Croazia senza caratteri discriminatori. Ovvero l’Italia voleva che nel nuovo corso socio-economico venissero inclusi i diritti degli esuli italiani laddove questi potevano essere fatti valere (leggi restituzione di immobili).
A PAGINA 3
Mauro Manzin

L CASO 

27 ottobre

IL PICCOLO

Zagabria, dopo il «caso Zara», sospende le trattative con Roma per l’accordo bilaterale di cooperazione
Italia-Croazia, è guerra diplomatica
Se non ci sarà un chiarimento verrà anche richiamato l’ambasciatore


ZAGABRIA - E adesso Zagabria sbatte la porta. In faccia all’Italia e all’Europa. «La Croazia ha interrotto i negoziati con Roma per l’accordo sul partenariato e amicizia che i due Paesi stanno discutendo da nove anni». Con questo secco e laconico comunicato, letto nel corso del telegiornale della sera, quello con più «audience», il sottosegretario agli Esteri, signora Vesna Cvjetkovic-Kurelec ha annunciato al Paese la frattura nei rapporti bilaterali con l’Italia. La causa della «guerra fredda» in atto è il conferimento della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana della città di Zara da parte della presidenza della Repubblica italiana. Il tutto alla vigilia della firma da parte di Zagabria del trattato di associazione e stabilizzazione con l’Unione europea, in agenda lunedì prossimo a Lussemburgo.
E se da un lato la Croazia si lega al cordone ombelicale comunitario, dall’altro sancisce uno strappo anche con Bruxelles, perché il trattato in corso di negoziazione con l’Italia avrebbe rappresentato il vero e proprio viatico per condurre Zagabria a un allineamento euroatlantico con l’adesione all’Ue e l’ingresso nella Nato. Ma lo «schiaffo» di Zara proprio non è stato digerito. «La decisione del Presidente Ciampi - spiega il ministro degli Esteri, Tonino Picula - contrasta con i fin qui buoni rapporti bilaterali tra i nostri due Paesi». «Stupore» e «sorpresa», sono questi gli aggettivi usati dal capo della diplomazia croata per esprimere lo stato d’animo con cui Zagabria ha vissuto le decisioni del Quirinale. Stupore e sorpresa anche perché «l’Italia - precisa Picula - è il Paese che negli ultimi venti mesi ha maggiormente appoggiato le nostre ambizioni europee».
Il ministro annuncia poi che il governo croato non si accontenta del rinvio della cerimonia della consegna dell’onorificienza a Zara, inizialmente prevista per il 13 novembre al Quirinale e che chiederà ulteriori spiegazioni. «Speriamo - prosegue - in una revisione di quella decisione, dalla quale dipenderà il livello delle nostre reazioni nei confronti di Roma». Dunque, appare chiaro, che la rottura delle trattative sull’accordo bilaterale di cooperazione rappresenta, allo stato attuale delle cose, solo una prima reazione croata alla decisione del Quirinale. Se i motivi del contendere dovessero permanere Zagabria sarebbe altresì pronta a richiamare il proprio ambasciatore a Roma, anche se Picula si affretta a dichiarare di «sperare che non si arrivi a questo».
Poi il diplomatico si fa largo nel cuore politico del ministro. Picula, infatti, smorza i toni polemici per passare a una disamina più generale della questione. E si chiede, a questo punto, se si tratti di un gesto affrettato o sia piuttosto il segno di una nuova linea politica italiana. «Sarebbe un male - spiega - se i cambiamenti politici in uno o nell’altro Paese (chiara l’allusione al nuovo governo italiano di centrodestra ndr.) dovessero porre in questione la stabilità dei rapporti bilaterali». Picula comunque non teme di considerare l’intera vicenda come uno schiaffo alla Croazia, «ma anche - si affretta a precisare - a gran parte del mondo politico italiano».
Per capire l’atmosfera che si respira in queste ore qui in Croazia e quali sensibilità sono state toccate è emblematica la presa di posizione del presidente del gruppo consigliare dell’Hdz (il partito nazionalista del defunto presidente Tudjman e oggi all’opposizione a livello nazionale) al comune di Zara, Davor Arasa. «È una vergogna - si arrabbia - per la cultura europea». «Se gli italiani - prosegue - danno la medaglia a Missoni (sindaco del libero Comune in esilio di Zara ndr.) è come se il presidente jugoslavo Kostunica desse un’onorificienza a Duasan Kalapaca, ex sindaco di Zara, anche lui in esilio, per i meriti ottenuti nei bombardamenti dell’Armata federale jugoslava della città nella guerra del 1991».
La Farnesina, intanto, continua a tacere. E se qualche diplomatico parla lo fa lontano dai taccuini dei giornalisti, rimandando la «patata bollente» al Quirinale e declinando qualsivoglia responsabilità del ministero degli Esteri. Occorre però sottolineare come la trattativa sull’accordo di cooperazione stesse già segnando il passo, ancor prima del «casus belli» di Zara. Zagabria, infatti, aveva rispedito al mittente (l’Italia) l’articolo 9 del trattato che riguardava il processo di denazionalizzazione che doveva, secondo Roma, essere attuato dalla Croazia senza caratteri discriminatori. Ovvero l’Italia voleva che nell’importante processo socio-economico venissero inclusi i diritti degli esuli italiani laddove questi potevano essere fatti valere (leggi restituzione di immobili). La Farnesina però, pur non nascondendo le difficoltà, le ascriveva al normale contenzioso diplomatico che si sviluppa in questi casi tra le parti. Questo fino a ieri. Oggi la «querelle» assume dimensioni ben più rilevanti perché il «gran rifiuto» di Zagabria viene a costituire un intoppo lungo il sentiero tracciato a Nizza dai Quindici nel processo di allargamento a Est dell’Unione e questo anche se la Croazia non è certo nel primo gruppo dei Paesi candidati all’adesione.
Letta in chiave europea, dunque, la «guerra fredda» italo-croata rischia di costituire un freno a quel processo che proprio nel summit di Zagabria del 24 novembre del 2000 l’Ue decise in favore dei Balcani. La cui normalizzazione, si disse allora, passa inevitabilmente attraverso una stabilizzazione della regione mediante un suo «aggancio» all’Ue. E non a caso proprio in quell’occasione, a Zagabria, la Macedonia firmò il trattato di associazione, lo stesso che lunedì si appresta a sottoscrivere la Croazia. Croazia che viene vista a Bruxelles, soprattutto dopo la caduta del regime accadizetiano di Tudjman, una sorta di «grimaldello» con cui scardinare i giochi di potere che si sono instaurati nell’ex Jugoslavia a partire dal 1991 a oggi. L’Italia aveva teso la mano alla nuova Croazia. Ora Zagabria la rifiuta. E le lancette del tempo cominciano maledettamente a tornare indietro.

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27 ottobre

IL PICCOLO

 

«Illustre Presidente un grazie sentito a nome degli esuli»


Di seguito pubblichiamo la lettera inviata da Italo Gabrielli (*) al Presidente Carlo Azeglio Ciampi.
Illustre Signor Presidente,
a nome di questo gruppo di esuli la ringrazio di cuore per l’assegnazione della medaglia d’oro a Zara per il martirio storico di quella nostra città e dei suoi sfortunati abitanti. Di fronte alla proterva, inconsulta e inaccettabile reazione della Croazia le esprimiamo la nostra più viva e piena solidarietà, quella che avremmo preferito le venisse immediatamente e doverosamente espressa dal governo. Invece la Farnesina ci ha nuovamente deluso in quanto defilandosi ha perseverato nell’arrendevolezza recentemente mostrata a Lubiana e Zagabria, venendo anche meno al suo preciso compito di denunciare e respingere con fermezza ogni tentativo di uno Stato straniero di interferire con nostre scelte interne, tanto più quando esso pretende di ledere prerogative specifiche del Capo dello Stato.
La medaglia d’oro a Zara costituisce una significativa decisione che continua quella linea patriottica, tanto attesa ed apprezzata dagli italiani, che la distingue dai suoi predecessori. Infatti essa rinsalda la solidarietà tra tutti gli italiani ridando ad essi la coscienza del proprio comune passato, da lei coraggiosamente sottratto all’oblio e alle falsificazioni di circoli economici e politici. Questi da oltre 50 anni hanno fatto posporre a troppi governi la dignità e gli interessi permanenti della nazione al loro tornaconto. Gli uomini del Confine Orientale conoscono i loro invadenti vicini per aver subito sulla loro pelle, non meno dei loro padri, un’inesauribile violenza, dovuta all’incapacità di sloveni e croati di assimilare le regole del diritto. Pertanto a noi la reazione croata appare come la naturale conseguenza della supina accettazione da parte della diplomazia italiana della regola «Pacta sunt servanda» con l’inclusione di patti umilianti e inaccettabili in quanto ineguali e/o leonini. Tra essi è di attualità l’Accordo di Roma del 1983, che dovrebbe scadere nel gennaio 2002, la cui attuazione comporterebbe il definitivo avallo italiano degli illegali espropri jugoslavi e la conseguente perdita per gli esuli di ogni diritto alla restituzione. Effettivamente l’incapacità delle vicine repubbliche di Croazia e Slovenia a fare l’autocritica su un passato che disonora i loro popoli è del tutto evidente, come è dimostrato dal fatto che esse mantengono ai loro vertici i più fedeli allievi e successori di Tito. Malgrado ciò esse si dichiarano mature per entrare «nell’Europa dei valori condivisi». La scomposta reazione croata e il mancato suo netto rigetto da parte della Farnesina mettono ancor più in risalto l’inconsistenza dei sedicenti «modi innovativi» recentemente introdotti nella nostra politica adriatica dal coniglione Ruggiero (così definito dal Suo predecessore, il sen. Francesco Cossiga). Le vicine repubbliche non vogliono essere da meno della Jugoslavia di Tito, alla quale era stato chiesto il «nulla osta» prima di un atto anch’esso assolutamente interno, quello relativo alla dichiarazione del Monumento Nazionale della «Foiba di Basovizza». L’Italia resta nella condizione di dover chiedere agli eredi del boia il permesso per onorare i propri figli che ne furono le vittime?
La sospensione o il declassamento a livello privato della cerimonia dell’apposizione della medaglia d’oro sul glorioso labaro della città martire, già fissata per il 13 novembre prossimo, obiettivi ai quali tende l’azione di Zagabria, procurerebbe grande amarezza e umiliazione a tutti gli esuli e agli italiani di retto sentire. Non possono lamentarsi quando vengono esclusi dai vertici delle maggiori potenze europee i rappresentanti di un governo che accetta che la predetta regola «Pacta sunt servanda» gli venga imposta da due nuove repubbliche che, dopo che la Jugoslavia ha sistematicamente violati gli articoli scritti a garanzia degli italiani, pretendono di essere eredi delle ingiuste conquiste territoriali jugoslave, ma rifiutano di conoscersi corresponsabili delle violenze e falsificazioni con cui esse furono conseguite. In questo clima la preannunciata imminente sottoscrizione del patto di amicizia italo-corato, ora in riservata elaborazione, sarebbe solo una persona falsa. Confidiamo che, nell’ambito delle sue prerogative istituzionali, un fermo e autorevole richiamo ai responsabili, che stanno degradando i rapporti con le vicine repubbliche a un livello inqualificabile, possa significare per l’Italia l’inizio di un impegnativo cammino verso la restaurazione della dignità nazionale.
Italo Gabrielli
(* Presidente Gruppo Memorandum 88
di Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati)

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27 ottobre

IL PICCOLO

Dopo Tudjman la marcia verso l’Ue
Il feeling con Amato e l’ingresso nella Partnership for peace della Nato

L’Europa ha riconosciuto al Paese un ruolo chiave nella sua politica verso la difficile regione balcanica considerandolo un esempio per gli altri Stati dell’area

ZAGABRIA È il 10 dicembre del 1999. A Zagabria muore, dopo una lunghissima malattia, il presidente croato Franjo Tudjman. E di fatto viene sepellita con lui la lunga «democratura» (il termine è stato coniato dall’intellettuale croato Predrag Matvejevic) dell’Hdz.
l Nel gennaio del 2000 il Paese va alle urne per le elezioni politiche. È l’apoteosi dell’Esapartito, che da gruppo di opposizione diventa la coalizione leadership della nuova Croazia.
l Un mese più tardi Stipe Mesic (uscito nel 1992 dall’Hdz per dissapori con Tudjman per la sua politica nei confronti della Bosnia-Erzegovina) diventa il secondo Capo dello Stato della Croazia indipendente. Per Zagabria è la svolta. L’Unione europea, ancora alle prese con Milosevic e il nodo del Kosovo, capisce che la «rivoluzione democratica» croata può diventare una sorta di grimaldello per scardinare la cassaforte della tirannide jugoslava.
l Lo capisce anche la Nato che il 25 maggio del 2000 firma con Zagabria l’accordo di «Partnership for peace», sancendo di fatto lo strappo croato con i Balcani. Il 17 luglio del 2000 il preidente Stipe Mesic viene ricevuto a Bruxelles dal presidente della Commissione Romano Prodi.
l Con la Croazia l’Italia fa valere subito il proprio plusvalore derivatole dal fatto di essere il primo partner commerciale di Zagabria e, nella continuità della «Ostpolitik» varata dal governo Prodi, il presidente del Consiglio, Giuliano Amato il 29 luglio del 2000 incontra a Ragusa (Dubrovnik) il neo-premier croato Ivica Racan. È amore a prima vista.
l I due premier parlano lo stesso linguaggio che coniuga l’allineamento europeo con lo schieramento nell’Alleanza atlantica. E i primi frutti si raccolgono il 13 settembre del 2000, quando Zagabria entra ufficialmente a far parte dell’Intesa trilaterale fino a quella data costituita da Italia, Slovenia e Ungheria.
l La consacrazione della Croazia avviene però il 24 novembre del 2000 quando, a Zagabria, l’Unione europea tiene lo storico summit con i Paesi balcanici. Nell’occasione la Macedonia firma l’accordo di associazione all’Ue. Da quel momento per la Croazia la strada che conduce a un pieno allineamento euroatlantico è in discesa. Zagabria inizia il suo dialogo diretto con l’Unione europea.
l Il 27 luglio del 2001 il presidente Stipe Mesic viene ricevuto al Quirinale dal Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi. In agenda ci sono l’Unione europea, la Nato e il ruolo delle minoranze (quella italiana in Croazia è l’unico gruppo nazionale autoctono che vive oggi fuori dai nostri confini). Ma si gettano le basi anche della visita di Ciampi in Croazia e in Istria.
l L’11 settembre del 2001, data che sarà ricordata dalla storia per tutt’altri eventi, il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero si reca in visita a Zagabria. Dove riceve la notizia degli attentati negli Stati Uniti. Il titolare della Farnesina ha giusto il tempo di incontrare brevemente il suo «collega» croato Tonino Picula perché si precipita immediatamente a Roma per gestire la nuova pesantissima crisi internazionale.
l Il 9 e 10 ottobre del 2001 il Presidente Ciampi è a Zagabria e in Istria dove si incontra, accompagnato dal Capo dello Stato croato Stipe Mesic, la minoranza italiana. Una data storica che segna il definitivo disgelo tra i due Paesi.
l Il 23 ottobre 2001 il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi conferisce all’ultima amministrazione italiana della città di Zara (1943) la Medaglia d’oro al valor militare.
l Il 24 ottobre del 2001 Zagabria manifesta la propria contrarietà alla decisione del Quirinale, definendola in contraddizione con i risultati della recente visita di Ciampi in Croazia.
l Il 25 ottobre del 2001 la Croazia convoca l’ambasciatore italiano per chiarimenti, mentre il Quirinale fa sapere che non c’è in programma alcuna cerimonia ufficiale di consegna dell’onorificienza a Zara.
l Il resto è cronaca delle ultime ore con la decisione del governo croato di interrompere le trattative relative all’accordo bilaterale italo-croato di cooperazione e la velata minaccia del ministro degli Esteri di richiamare in patria l’ambasciatore.
m. manz.
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IL MATTINO di Padova e LA TRIBUNA di Treviso

27 ottobre

Zagabria «rompe» con l'Italia
Offesa per l'onorificenza di Ciampi a Fiume


ZAGABRIA. Doccia fredda sui rapporti tra Italia e Croazia: il governo di Zagabria ha interrotto i negoziati per l'accordo di cooperazione e amicizia, perchè irritato dall'onorificenza concessa da Carlo Azeglio Ciampi all'ultima amministrazione italiana di Zara del 1943. «Si tratta di una mossa infelice che ha giustamente fatto arrabbiare la Croazia - ha spiegato il ministro degli esteri croato Tonino Picula - e speriamo che l'Italia possa ripensarci». Picula ha spiegato di non essere intervenuto subito per dare all'Italia la possibilità di ripensarci. «Questo gesto è contrario a tutto ciò che Roma e Zagabria hanno finora concordato», ha insistito Picula. La notizia che Ciampi avrebbe concesso la medaglia d'oro al valor militare al gonfalone della città di Zara era trapelata in occasione della visita del presidente della Repubblica, il 10 ottobre scorso.

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LA VOCE DEL POPOLO
Fiume 27 ottobre

ZAGABRIA NON S'ACCONTENTA DEL RINVIO DELLA CONSEGNA DELL'ONORIFICENZA A ZARA
Picula: l'Italia faccia dietrofront
Quella medaglia non è in sintonia coi buoni rapporti bilaterali

ZAGABRIA - La decisione del presidente Carlo Azeglio Ciampi di conferire la medaglia d'oro al valor militare, "all'ultima amministrazione italiana della città non è in sintonia con gli attuali buoni rapporti bilaterali tra Roma e Zagabria". Lo ha dichiarato ieri il ministro degli Esteri croato Tonino Picula. "La parte croata manifesta grande sorpresa per questo procedimento che è in contrasto con lo sviluppo, finora stabile, dei rapporti bilaterali. L'Italia è il Paese limitrofo che negli ultimi venti mesi è stato il promotore delle nostre ambizioni europee", ha sottolineato Picula. Parlando a una conferenza stampa indetta a Zagabria il capo della diplomazia ha aggiunto che le autorità croate chiederanno spiegazioni per questo procedimento, non potendo assolutamente accontentarsi del rinvio della consegna di questo riconoscimento. La Croazia auspica che l'Italia riveda la decisione di conferire la medaglia e in questo contesto Zagabria "sincronizzerà" le sue reazioni nei confronti delle autorità di Roma. Alla domanda se Zagabria potrebbe richiamare il suo ambasciatore da Roma, nel caso la parte italiana non modificasse la decisione sul conferimento del riconoscimento, Picula ha risposto: "Si tratta di una domanda ipotetica: spero non si giunga fino a questo punto". Al commento di un giornalista che ha definito il caso uno "schiaffo" dell'Italia alla Croazia, per giunta dopo la recente visita del presidente italiano, il ministro ha asserito che questo può essere uno "schiaffo" anche a gran parte dell'opinione pubblica e del mondo politico italiano. È necessario appurare se si tratti di un procedimento non ben ponderato oppure se la decisione faccia parte di una nuova linea politica. "Sarebbe grave se i cambiamenti politici in uno o nell'altro Paese ponessero in forse la stabilità dei rapporti bilaterali", ha concluso Picula.
Il Governo croato, lo ricordiamo ha presentato una protesta formale all'Italia per la decisione di Ciampi di concedere un'onorificenza al gonfalone dell'ultima amministrazione della città di Zara del 1943. La città dalmata, tra la fine della prima guerra mondiale e la seconda guerra mondiale, fu un capoluogo di provincia italiano; successivamente passò Federazione jugoslava, ovvero alla Croazia.
Stando al comunicato diffuso a Zagabria il Ministero degli esteri croato ha espresso sorpresa "per la decisione del presidente Carlo Azeglio Ciampi di conferire un'onorificenza per meriti militari all'amministrazione italiana della città di Zara del 1943". Il Ministero ha sottolineato che la dizione usata nella motivazione parla di "rappresentanti del libero comune di Zara in esilio" e ha dichiarato di ritenere "inaccettabile il rapporto verso il passato manifestato da questo gesto", sottolineando che la decisione è stata presa immediatamente dopo la recente visita di Ciampi in Croazia che "aveva il carattere di rapporti bilaterali basati sulla stima reciproca e il rispetto della sovranità dei due Paesi". "La visita, ha aggiunto il Ministero degli esteri di Zagabria, doveva essere la conferma dei principi che per sempre hanno chiuso quelle pagine del passato che non permettevano la prospettiva democratica di questa regione". Secondo Zagabria, "l'orientamento europeo della Croazia che si è sviluppato anche sulle comuni posizioni europee antifasciste, non comprende l'apertura di questioni ritenute chiuse, il che era confermato anche dai rapporti di buon vicinato e da numerosi accordi firmati dalla Repubblica d'Italia e dalla Repubblica di Croazia". Il presidente croato Stipe Mesic, lo rammentiamo, non ha voluto commentare la questione finche non otterrà ulteriori chiarimenti dall'ambasciatore d'Italia. L'ambasciatore croato in Italia Drago Kraljevic ha comunicato a Zagabria di aver ottenuto l'assicurazione che sarebbe stata rinviata la cerimonia, prevista il 13 novembre durante la quale l'onorificenza sarebbe stata consegnata a Ottavio Missoni, sindaco del Libero Comune di Zara in esilio. Va rilevato, infine, che la richiesta di conferimento della medaglia d'oro a Zara, dura "da decenni", poiché questo tipo di medaglie vengono assegnate dal capo dello Stato italiano dopo una lunga istruttoria condotta dal Ministero della Difesa.
L'Ufficio stampa del Quirinale, interpellato dall'agenzia HINA, ha confermato, in questo contesto, che tutto l'iter procedurale inerente al conferimento dell'onorificenza, a cominciare dalla definizione delle motivazioni, è stato condotto dal dicastero della Difesa, come del resto avviene i tutti i casi in cui vengono assegnati riconoscimento per meriti militari. Evidenziando che non corrisponde al vero la notizia che la data, quando il presidente Ciampi avrebbe dovuto consegnare la medaglia, fosse già stata fissata, l'Ufficio stampa del Quirinale ha anche confermato pure che il capo dello Stato ha già firmato la decisione sul conferimento dell'onorificenza.

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Sabato 27 ottobre

IL GAZZETTINO di Venezia

DALMAZIA  La Croazia: no alla medaglia alla città di Zara

La decisione di Ciampi di concedere un'onorificenza «al gonfalone della città di Zara» in memoria dei distruttivi bombardamenti alleati del 1943 è «in contrasto con lo stabile sviluppo dei rapporti tra Italia e Croazia». Lo ha detto ieri il ministro degli Esteri della Croazia, Tonino Picula. La cerimonia, che il Quirinale prevedeva il 13 novembre è stata rinviata ma la Croazia non si accontenta del rinvio e chiede «spiegazioni».

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28 ottobre 

Tensione nei rapporti

Zagabria blocca il Trattato con l’Italia

«Se verrà data la medaglia alla città di Zara richiameremo l’ambasciatore a Roma»

TRIESTE - Una medaglia, un gonfalone, un contenzioso diplomatico comunicato in diretta tv. Lo strappo di Zagabria giunge con un testo letto dal sottosegretario agli Esteri Vesna Cvjetkovic nel telegiornale: «La Croazia ha interrotto i negoziati con l’Italia per l’accordo di amicizia». All’ambasciata croata di Roma manifestano analoga irritazione: «Attendiamo spiegazioni». E se la cerimonia della discordia non sarà cancellata (per ora è solo rinviata), Zagabria si dice pronta a richiamare l’ambasciatore. L’involontaria pietra dello scandalo è lo stilista Ottavio Missoni. Il 13 novembre avrebbe dovuto ricevere dal presidente Ciampi, quale sindaco del "Libero Comune di Zara in esilio", la medaglia d’oro al valor militare conferita (su istruttoria del ministero della Difesa) al gonfalone della Zara italiana del 1943. Ma oggi Zara è in Croazia, e la Croazia non ha gradito. Da qui il rinvio «per impegni sopravvenuti» della cerimonia. «Ma mi è stato garantito - dice Renzo de’ Vidovich, presidente degli esuli dalmati - che avverrà con medesima solennità fra qualche settimana». Tace la Farnesina, estranea all’iniziativa, anche per la delicatezza del momento: domani a Bruxelles sarà firmato l’accordo di associazione tra la Croazia e la Ue. L’ipotesi originaria era di firmare contestualmente l’accordo di amicizia italo-croato.
Sta qui una chiave dell’accaduto. Il governo italiano ha pur cautamente riaperto con Slovenia e Croazia il dossier dei connazionali scacciati nel dopoguerra dall’allora Jugoslavia. Nell’accordo di amicizia la Farnesina aveva proposto un articolo ad hoc, che la controparte ha respinto. Sicché, una Repubblica giovane e con l’ossessione dell’etnia ha visto quella medaglia come una provocazione.

Roberto Morelli
CORRIERE DELLA SERA

Esteri

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LA REPUBBLICA

28 ottobre Pagina 21

Zara, lite per una medaglia

Ciampi vuole conferire l'onorificenza all'ultima amministrazione italiana

ALESSANDRA LONGO

 

ROMA - L'hanno chiamato lo schiaffo di Zara: la Croazia che litiga con l'Italia per una medaglia d'oro al valor militare che il Quirinale intende attribuire all'ultima amministrazione italiana della città di Zara. Addirittura un sottosegretario agli Esteri dal nome faticoso, la signora Vesna CvjetkovicKurelec, che si prende la briga di leggere un comunicato nell'ora del telegiornale di massimo ascolto per dire che i negoziati con Roma si sono interrotti, l'accordo bilaterale di amicizia fra i due Paesi "congelato". Possibile che tutto ciò avvenga per un'onorificenza non consegnata, per una pratica ancora da perfezionare anche se già esibita come un trofeo dagli esuli dalmati? Ai confini del NordEst questa vicenda tiene banco quasi quanto la guerra afghana. Quirinale e Farnesina tacciono. Verosimile che ci sia un certo fastidio, anche perché se c'è un Paese che ha appoggiato la Croazia nella sua marcia di avvicinamento all'Unione Europea, quello è l'Italia. E allora perché prendersela proprio con lo sponsor più generoso? In realtà i nervi tesi di Zagabria affondano più nel presente croato che nel passato sofferto di Zara italiana.
Nel trattato bilaterale di amicizia in discussione con Roma, quel documento che la bellicosa sottosegretario agli Esteri ha minacciosamente congelato, c'è uno scoglio. E' l'articolo nove che contiene un impianto di norme antidiscriminatorie. Norme che chiuderebbero i contenziosi della storia, tutelerebbero anche la comunità autoctona italiana, darebbero il segnale politico della volontà croata di adeguarsi alle regole europee, prima di entrare nel club.
E' su questo punto, non sulla medaglia all'esule Missoni, che probabilmente si è incagliata la coalizione di governo guidata dal socialdemocratico Ivica Racan, alle prese con turbolenze interne. Lo si intuisce anche dai retroscena della visita di Ciampi in Croazia, lo scorso 10 ottobre. Qualche giorno prima dell'arrivo del presidente, l'attuale coordinatore nazionale di Forza Italia, Roberto Antonione, si recò a sondare il terreno. L'auspicio era che l'incontro fra Ciampi e il presidente Stipe Mesic potesse concludersi con la sigla dell'accordo. Ma non andò così. In compenso la visita fu cordialissima, come anche lo erano stati, precedentemente, in una data peraltro infausta, l'11 settembre, i colloqui fra il nostro ministro degli Esteri Ruggiero e il suo collega croato Tonino Picula.
Strette di mano, la notizia, graditissima a Ciampi, dell'imminente apertura di un liceo italiano a Pola, di un centro culturale ad Umago, l'assicurazione che, addirittura prima di novembre, la Croazia avrebbe finalmente siglato gli accordi bilaterali. Tanto che i due presidenti si sentirono in grado di annunciare la novella. Cosa che non piacque alla signora sottosegretario che, sulla pista dell'aeroporto, bloccò la delegazione italiana in partenza annunciando che lei, la firma sull'articolo nove, non ce l'avrebbe mai messa. Il resto è storia dell'altro giorno. Il ministro Picula parla di «schiaffo alla Croazia» per la faccenda della medaglia a Zara e chiede «un ripensamento» italiano.


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IL PICCOLO
28 0ttobre

 

CASO ZARA La Croazia cerca di smussare i toni della polemica e ora attende che dall’Italia giunga un segnale di riconciliazione
Zagabria: Ciampi è in buona fede
Dalla Farnesina arrivano commenti increduli per l’interruzione delle trattative


ZAGABRIA - Incredulità mista a irritazione. È questo lo stato d’animo con cui la Farnesina ha accolto la decisione croata di interrompere il negoziato sul trattato bilaterale di cooperazione quale «ritorsione» al conferimento della Medaglia d’oro da parte della presidenza della Repubblica all’ultima amministrazione italiana di Zara. Irritazione perché - dicono al nostro ministero - l’Italia ha investito molto sull’integrazione euroatlantica di Zagabria. Incredulità perché il «gran rifiuto» croato viene anche ascritto a una qual inesperienza diplomatica. «Perché - dicono fonti del ministero degli Esteri - questo non è il modo più razionale di comportarsi alla vigilia della firma dell’accordo di associazione e stabilizzazione con l’Unione europea (domani a Lussemburgo, ndr.)». Di dichiarazioni ufficiali però neanche l’ombra. Tutto viene rimandato al Quirinale. Il quale, a sua volta, tace.
Al silenzio italiano però fa da contraltare l’animosità croata. Ma i toni sono più sfumati, sono maggiormente indirizzati alla volontà di riprendere laddove si è interrotto. Ivica Mastruko, il consigliere diplomatico del presidente della Repubblica, Stipe Mesic, sostiene come «indubbiamente non bisogna dimenticare che al tempo del regime fascista di Mussolini Zara era la 94ma provincia italiana», «ma - argomenta ancora - il conferimento insensato di questa onorificenza 50 anni dopo quei fatti non va ascritto alla nostalgia degli esuli o a una volontà di porre rimedio a delle colpe storiche». Mastruko, che è un po’ l’alter ego di Mesic per quel che riguarda le relazioni con l’estero, non vede, dunque, nella decisione di Ciampi una volontà revisionista o neo-irredentista dell’Italia. Del resto proprio Mesic ha parlato di questi temi con il nostro Capo dello Stato solo due settimane fa e, Zagabria lo sa bene, in questo lasso di tempo Ciampi non ha certo cambiato il suo modo di pensare. Quindi la Croazia concede l’attenuante della buona fede, ma certo attende un preciso segnale in questo senso da Roma.
E che non si voglia giungere alle estreme conseguenze lo fa capire anche il ministro degli Esteri, Tonino Picula. Il quale nega con convinzione che «la decisione di conferire a Zara quell’onorificenza sia da collegare in qualche modo al debito che la Croazia ha nei confronti dell’Italia». Il capo della diplomazia croata fa riferimento a quei 35 milioni di dollari che Zagabria deve ancora versare a Roma in base agli accordi di Roma del 1983. «La Croazia vuole onorare i suoi debiti - aggiunge subito dopo Picula - perché questo tema venga definitivamente tolto dall’ordine del giorno dei rapporti tra i due Paesi». Se Zagabria sbatte la porta in faccia all’Italia è altresì vero che lascia spalancata una finestra attraverso la quale ricominciare a parlare e a confrontarsi.
Perchè i temi legati al trattato di cooperazione non sono di facile soluzione. La Croazia ritiene innanzitutto inaccettabile ogni riferimento al suo processo di denazionalizzazione. L’Italia invece tiene duro portando in primo piano argomentazioni di carattere europeo. Ma soprattutto sono temi che ben prima del «caso Zara» avevano suscitato la reazione croata. Tanto che l’Italia avrebbe gradito che il trattato venisse sottoscritto proprio a Zagabria in occasione della visita del Presidente Ciampi. Se ne era parlato proprio alla vigilia dell’arrivo del Capo dello Stato. Ma il «no» della Croazia era stato categorico. Dunque, paradossalmente, il «caso Zara» ha facilitato il compito croato, in quanto è diventato un buon appiglio perchè Zagabria potesse opporsi alla linea con cui Roma ha impostato l’accordo di cooperazione. E dopo nove anni bisogna ricominciare. Ma stavolta il campo d’azione è ben delineato. Zagabria, firmando domani il trattato di associazione all’Ue, sa che d’ora in avanti dovrà rigorosamente ragionare in termini comunitari.
Mauro Manzin

IL PICCOLO
28 0ttobre

CASO ZARA Il rovescio della medaglia
L’ira dei croati di Roma: «Gli italiani d’Istria trattati meglio di noi»



ROMA - Arrabbiati è dir poco: i croati che vivono a Roma sono furenti per la decisione di conferire all’ultima amministrazione italiana di Zara la Medaglia d’oro al valor militare. La comunità è formata da più di 400 persone, gran parte delle quali si è riunita sul sagrato della chiesa di San Girolamo della capitale per discutere proprio sul «caso Zara».
A parlare è Miljenko Dujela, zaratino e giornalista che lavora da anni alla Rai. «Non bisogna dimenticare le sofferenze che Zara ha patito sotto il regime fascista - sostiene Dujela - e per le cui colpe ha subito il più pesante bombardamento mai sopportato da un’altra città croata». «È incredibile quello che oggi Ciampi vuole premiare. Il Presidente - prosegue Dujela - consegna un’onorificenza a coloro i quali nei momenti peggiori di Zara non erano in città, visto che l’amministrazione italiana aveva lasciato Zara nel momento della capitolazione dell’Italia, prima dei tremendi bombardamenti degli alleati». «E dopo - aggiunge un infuriato Dujela - non hanno dato una lira per la sua ricostruzione».
I croati che vivono a Roma si dicono poi del tutto insoddisfatti dei più recenti accordi bilaterali sottoscritti da Italia e Croazia, accordi, si sostiene, in cui non si ricorda e non si valorizza appieno l’attività culturale che proprio le associazioni dei croati d’Italia portano avanti da anni.
«Noi in Italia - conclude categorico Dujela - non abbiamo certamente lo stesso trattamento di cui attualmente gode la minoranza italiana in Croazia».
La diaspora croata, dunque, è arrabiata nera. La sua sensibilità si dimostra ancora maggiore verso lo scottante tema di Zara di quella opposta alla decisione del Quirinale dai propri connazionali che vivono in patria. Ma si sa, le prospettive cambiano. E le storie di vita che stanno dietro alla decisione di vivere in Italia della minoranza croata sono di gran lunga diverse da quelle che hanno «indotto» i nostri connazionali a restare in Istria.
m.manz.

IL PICCOLO

29 ottobre

La crisi Italia-Croazia all’Ue
Oggi l’associazione di Zagabria in pieno strappo diplomatico


ZAGABRIA - La nuova Croazia del dopo Tudjman non ha mai avuto dubbi. Via dalla pazza folla dei Balcani per trovare rifugio nelle calme acque comunitarie. Eppure oggi, giorno in cui Zagabria firmerà a Lussemburgo il trattato di associazione con l’Ue, ci sarà alla cerimonia un convitato di pietra: l’Italia. La decisione croata di rompere le trattative sul trattato bilaterale di cooperazione con Roma, a seguito del conferimento della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943) da parte del Quirinale, ha fatto riaffiorare sul confine orientale gli scomodi fantasmi del passato. Alle sentite rimostranze di Zagabria hanno risposto solamente gli imbarazzati silenzi di Roma. E per Zagabria l’approccio comunitario, senza il viatico rappresentato proprio dal trattato di cooperazione con l’Italia, appare quanto mai problematico. Non fosse altro per le catastrofiche condizioni del sistema socio-economico e per l’accentuato euroscetticismo che le battagliere opposizioni stanno fomentando. A Zagabria nessuno si fa illusioni: senza l’appoggio dell’Italia tutto diventa più difficile. La Croazia oggi ha bisogno di un sostegno esterno: al suo interno la situazione sociale si sta facendo pesante.

Mauro Manzin

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IL PICCOLO

29 ottobre

Zagabria verso l’Ue, silenzio dell’Italia
Continua a pesare nei rapporti la medaglia d’oro del Quirinale a Zara


ZAGABRIA - Europa, Europa, fortissimamente Europa. La nuova Croazia del dopo Tudjman non ha mai avuto dubbi. Via dalla pazza folla dei Balcani per trovare rifugio nelle calme acque comunitarie. Eppure oggi, giorno in cui Zagabria firmerà a Lussemburgo il trattato di associazione e stabilizzazione con l’Ue, ci sarà in quella cerimonia un convitato di pietra: l’Italia. Già, perché la decisione croata di rompere le trattative sul trattato bilaterale di cooperazione con Roma, a seguito del conferimento della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943) da parte del Quirinale, ha fatto riaffiorare sul confine orientale gli scomodi fantasmi del passato.
Alle sentite rimostranze di Zagabria hanno risposto solamente gli imbarazzati silenzi di Roma. Alla Farensina, comunque, si respira aria di incredulità e imbarazzo. Incredulità in quanto Roma non nega di aver investito molto sull’allineamento euroatlantico della Croazia. Imbarazzo in quanto il «gran rifiuto» croato mette in difficoltà la stessa Italia nei confronti degli altri partner comunitari. Insomma, è come trovarsi di fronte a una clamorosa baruffa tra sposo e sposa a poche ore dalle nozze.
E per Zagabria l’approccio comunitario, senza quel viatico che sarebbe stato rappresentato proprio dal trattato di cooperazione con l’Italia, appare quanto mai problematico. Non fosse altro per le catastrofiche condizioni del sistema socio-economico e per l’accentuato euroscetticismo che le battagliere opposizioni stanno fomentando. Opposizioni che, guidate dall’Hdz, hanno già iniziato una decisa battaglia parlamentare contro l’europeismo del governo guidato dal socialdemocratico, Ivica Racan. Il ministro degli Esteri, il pragmatico Tonino Picula, non si fa illusioni e ammette che la visione dell’orizzonte politico croato sull’associazione all’Ue è quanto meno «controversa».
Come rimediare? La ricetta di Picula è estremamente semplice e unifrome. «Dialogare - dice il ministro - in modo chiaro e trasparente per fara capire agli euroscettici che non c’è altro futuro per la Croazia se non in Europa». «Per noi - precisa ancora Picula - è poi estremamente importante l’articolo 3 dell’accordo di associazione con l’Ue in cui si esprime chiaramente che i progressi della Croazia per quanto concerne gli adeguamenti agli standard comunitari saranno valutati da un punto di vista strettamente individuale». Zagabria, dunque, non viene inserita in alcun gruppo di merito. Per l’adesione all’Ue non esistono serie A e serie B. Vale, quello che il commissario all’Allargamento Günther Verheugen chiama il «metodo regata» che, tradotto in parole povere significa: chi prima arriva meglio alloggia.
Anche se nessuno lo amette ufficialmente, qui a Zagabria nessuno si fa illusioni: senza l’appoggio dell’Italia tutto diventa più difficile. Perché l’Italia fa parte dell’Intesa quadrangolare con la Croazia, per l’appunto, ma anche con l’Ungheria e la Slovenia. Perché l’Italia ha storicamente un ruolo leader nell’Iniziativa centroeuropea e, sia la prima come la seconda, sono istituzioni che per i Paesi dell’Est costituiscono una sorta di incubatrice che prelude all’ingresso vero e proprio nell’Ue. Ne sa qualcosa l’Ungheria, ne sa qualcosa la Slovenia.
Ma soprattutto oggi la Croazia ha bisogno di un sostegno esterno, in quanto al suo interno la situazione sociale si sta facendo pesante. Sono passati solo pochi giorni dalle manifestazioni di protesta contro il governo Racan che hanno infiammato la capitale croata. Gli ex «valvassori» del potentato accadizetiano si sono messi alla testa della folla. Che non ne può più della disoccupazione, che non ne può più della crisi economica, che non ne può più di promesse non mantenute. «Fratelli in armi - ha gridato in piazza ban Jelacic l’ex generale Ante Roso davanti a 20 mila persone inferocite - i difensori della Patria preferiscono morire sulle loro gambe piuttosto che vivere in ginocchio». «Questo non è l’inizio di un colpo di Stato - gli ha fatto eco l’altro ex generale Janko Bobetko - ma il governo sappia che dovrà fare i conti con la nostra rabbia alle prossime elezioni».
È dunque una Croazia sull’orlo di una crisi di nervi quella che oggi si presenta ufficialmente sul palcoscenico europeo. Un Paese dove la gente, anche i non nazionalsiti, male digerisce la collaborazione del governo con il Tribunale dell’Aja, dove i reduci vivono nella fame e in miseria, dove il risentimento nei confronti di un governo che non presenta alcuna ricetta credibile alla crisi economica cresce di giorno in giorno. Messaggi chiari per il premier Racan, ma messaggi chiari anchi per l’Europa che è ben conscia del fatto che una Croazia debole rappresenta un rischio per l’intera area balcanica.
Mauro Manzin

IL PICCOLO
30 ottobre

La crisi Italia-Croazia all’Ue
Oggi l’associazione di Zagabria in pieno strappo diplomatico


ZAGABRIA - La nuova Croazia del dopo Tudjman non ha mai avuto dubbi. Via dalla pazza folla dei Balcani per trovare rifugio nelle calme acque comunitarie. Eppure oggi, giorno in cui Zagabria firmerà a Lussemburgo il trattato di associazione con l’Ue, ci sarà alla cerimonia un convitato di pietra: l’Italia. La decisione croata di rompere le trattative sul trattato bilaterale di cooperazione con Roma, a seguito del conferimento della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943) da parte del Quirinale, ha fatto riaffiorare sul confine orientale gli scomodi fantasmi del passato. Alle sentite rimostranze di Zagabria hanno risposto solamente gli imbarazzati silenzi di Roma. E per Zagabria l’approccio comunitario, senza il viatico rappresentato proprio dal trattato di cooperazione con l’Italia, appare quanto mai problematico. Non fosse altro per le catastrofiche condizioni del sistema socio-economico e per l’accentuato euroscetticismo che le battagliere opposizioni stanno fomentando. A Zagabria nessuno si fa illusioni: senza l’appoggio dell’Italia tutto diventa più difficile. La Croazia oggi ha bisogno di un sostegno esterno: al suo interno la situazione sociale si sta facendo pesante.

Mauro Manzin

CORRIERE DELLA SERA

30ottobre

 

Il ministro degli Esteri a Lussemburgo avverte che «non bisogna drammatizzare» il dissenso con il titolare della Difesa Martino, contrario al progetto

DAL NOSTRO INVIATO
LUSSEMBURGO - Il ministro degli Esteri Renato Ruggiero torna alla carica per difendere l’importanza dell’accordo sull’Airbus A400M, il consorzio per la produzione di un aereo militare da trasporto europeo da cui il governo avrebbe intenzione di uscire. «Sono molto soddisfatto che un dossier che si diceva ormai chiuso sia stato riaperto. Trovo che sia un segno incoraggiante e farò di tutto per difendere il mio punto di vista» ha commentato Ruggiero, ieri a Lussemburgo per una riunione dei ministri degli Esteri europei.
Il responsabile della Farnesina ha confermato che la decisione finale sulla partecipazione al consorzio Airbus sarà presa a una riunione del Consiglio dei ministri la cui data non è stata ancora decisa. Ma ha aggiunto che l’appuntamento sarà preceduto da un incontro «preparatorio» dei cinque ministri più direttamente interessati. Oltre allo stesso Ruggiero e al responsabile della Difesa, Antonio Martino, ci saranno anche quello dell’Economia, Giulio Tremonti, delle Attività produttive, Antonio Marzano, e della Ricerca scientifica, Lucio Stanca.
«Non bisogna drammatizzare il fatto che sulla questione ci siano posizioni differenti tra me e il ministro della Difesa Antonio Martino - ha detto ancora Ruggiero - è logico che ognuno vede le cose nella sua prospettiva». Tuttavia, il ministro degli Esteri è apparso molto determinato nel difendere il proprio approccio alla questione: «Io sono portatore degli interessi italiani in Europa. Credo che l’argomento di una nostra chiara e decisa partecipazione alla difesa nell’Unione sia un elemento fondamentale anche per il futuro sviluppo di una nostra industria di difesa. Partecipando al progetto A400M, acquistiamo anche titolo e merito per i futuri programmi di difesa europea che saranno un capitolo importante delle politiche comunitarie».
Il ministro degli Esteri ha invece gettato acqua sul fuoco delle recenti polemiche con la Croazia, che ieri in Lussemburgo ha firmato l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Il progetto di conferire una medaglia al valor militare al gonfalone di Zara, che ha suscitato l’irritazione di Zagabria, «era soltanto un’idea che volevamo verificare con il governo croato. Volevamo lanciare un’iniziativa congiunta per superare i tristi ricordi della storia».
Insomma, il ministro si dice «sorpreso» per la reazione dei croati e definisce l’incidente «una bolla di sapone».
Ma la firma del trattato di amicizia tra Italia e Croazia, secondo Ruggiero, resta invece per ora bloccata per una «difficoltà» da parte italiana. «Noi siamo determinati a chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni sequestrati agli esuli ed è chiaro che siamo pronti a farci carico dell’onere del rimborso. Quello del passato, per noi è un capitolo chiuso. Abbiamo invece chiesto un gesto morale al governo di Zagabria e cioè che, conformemente alla normativa europea, adegui la propria legislazione con particolare rilievo al principio di non discriminazione».
Ma su questo punto, ha detto ancora il ministro, «da parte croata ci sono difficoltà che non comprendiamo» e che per il momento tengono in sospeso la firma del trattato bilaterale di amicizia.

A.Bo.

IL PICCOLO 30 ottobre

Italia-Croazia: riappare il fantasma dei beni
Roma non vuole riaprire i conti del passato, ma chiede il rispetto del principio europeo di non discriminazione


LUSSEMBURGO - Chi pensava in un «disgelo» europeo del dissidio in atto tra Italia e Croazia è rimasto deluso. Perché adesso, dietro il «caso Zara», spunta il fantasma dei beni abbandonati dagli esuli. Il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero qui a Lussemburgo ha dapprima apposto la sua firma, assieme a quella degli altri suoi 14 «colleghi», al trattato di associazione e di stabilizzazione della Croazia all’Ue, poi ha rotto il lungo silenzio con cui la Farnesina ha fin qui seguito l’evolversi degli eventi relativi al conferimento da parte del Quirinale della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943). E dalle sue parole è emerso chiaramente che il contenzioso è lungi dall’essere risolto.
Che le cose fossero in evoluzione lo si era capito dalle dichiarazioni fatte in mattinata dal sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione. Il quale ha definito la situazione «molto delicata», resa vieppiù «difficile in quanto è stato coinvolto il Presidente della Repubblica». Comunque, ha concluso Antonione - che della questione ha investito anche il vicepremier Gianfranco Fini - «la Farnesina sta lavorando». Detto e fatto. Non ha dubbi, infatti, il capo della diplomazia italiana che in serata esterna sul contenzioso in atto. Il caso Zara? «È solo una bolla di sapone», risponde secco il ministro Ruggiero. Il quale poi si dice «sorpreso della reazione di Zagabria». Quella della medaglia d’oro «era un’idea - precisa - che volevamo verificare con il governo croato, perché volevamo lanciare un’iniziativa congiunta per superare i tristi ricordi della storia». Il ministro non lo dice, ma la Farnesina è rimasta incredula al fatto che la Croazia abbia reagito così seccamente a quella che è stata un’anticipazione di stampa (fatta da «Il Piccolo» ndr.) che comunque «andava verificata - dice Ruggiero - a livello bilaterale». «Si tratta comunque - ripete il ministro - di un’iniziativa che l’Italia voleva portare avanti assieme al governo di Zagabria come simbolo di rappacificazione e non per fomentare nuovi revanscismi».
Caso chiuso, dunque? Neanche per idea. Perché al di là della medaglia ecco rispuntare il problema dei beni abbandonati dagli esuli italiani nel dopoguerra. E qui Ruggiero vuole che non sorgano equivoci di sorta. Così circa la volontà croata di non negoziare più il trattato bilaterale di cooperazione e amicizia il ministro ci tiene a precisare che piuttosto è l’Italia «ad avere difficoltà» a firmare. «Noi siamo determinati - spiega chiaramente il responsabile della Farnesina - a chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni sequestrati agli esuli ed è chiaro che l’Italia deve assumersi l’onere del rimborso. Quello è un capitolo chiuso, ”pacta sunt servanda”. Abbiamo chiesto però - aggiunge subito dopo Ruggiero - come gesto morale a favore degli esuli che ci sia un impegno della Croazia per un adeguamento della sua legislazione interna a quella comunitaria, con particolare rilievo al principio di non discriminazione. Pare che su questo ci siano difficoltà da parte dei croati, difficoltà che noi non comprendiamo».
Roma, insomma, non vuole che nella legge di denazionalizzazione in gestazione al «sabor» croato vi sia una preclusione a godere dei diritti da questa sanciti in base alla nazionalità. Laddove anche un esule italiano ricadesse nei termini di legge, dunque, dovrebbe a rigor di logica del ministro Ruggiero e dell’Ue, essere trattato alla stregua di qualsiasi altro cittadino croato.
Il ragionamento italiano si sposta così sul versante europeo. Il ministro degli Esteri sottolinea, infatti, come proprio in base all’accordo di associazione e stabilizzazione firmato ieri qui a Lussemburgo con l’Unione europea la Croazia è tenuta «ad accettare il principio di non discriminazione». «Bisogna dunque - spiega ancora Ruggiero - chiarire questo punto, che non è una rivendicazione materiale e non riguarda il passato, ma il futuro. A noi questo sembrava un atto dovuto. Non è una concessione quella che chiediamo. Pensavamo che ci fosse già stato un accordo durante la visita del Presidente Ciampi a Zagabria, ma ora è stato rimesso in gioco». Alla fine Ruggiero non chiude la porta in faccia alla Croazia. «Non ritengo - conclude il ministro - che si debba drammatizzare, perché il nostro spirito è quello di chiudere con il passato, tenendo conto però - puntualizza - del debito morale con i nostri esuli».
Roma, dunque, non fa distinzioni. La stessa formula presentata a Lubiana è stata proposta a Zagabria. Ma sia Slovenia che Croazia non hanno dimostrato di voler inghiottire un boccone che resta, per la sensibilità dei rispettivi popoli, ancora troppo amaro per essere ingoiato. E il contenzioso continua.
Mauro Manzin


Il piccolo 30 ott

Spadaro (Ds): «Il gesto di Ciampi è una sfida al senso comune di chi, sia esso croato, sloveno o italiano, ragiona ancora su basi nazionaliste»


TRIESTE - Il segretario provinciale dei Ds, Stelio Spadaro afferma che «la presa di posizione della Croazia sull’atto simbolico del Presidente Ciampi (conferimento della medaglia a Zara ndr.) è di per sè eloquente e rivelatore non solo di una linea politica, ma soprattutto di una mentalità». È se «è vero - prosegue - che il gesto di Ciampi è una sfida al senso comune di chi ragiona ancora con categorie nazionalistiche, da questo punto di vista è una sfida sì ai nazionalisti croati, ma anche a quelli sloveni e italiani». Ma Ciampi - conclude Spadaro - dimostra come ora «l’Europa rende possibile ciò che pochi anni fa sarebbe stato incomprensibile».

 

IL PICCOLO 30 ottobre SEGNALAZIONI

Il presidente della Società dalmata di storia patria interviene sulla reazione del ministro degli esteri croato
«Medaglia in ricordo di Zara italiana»



Abbonato al suo giornale, ricevo sabato 27 ottobre il numero di giovedì scorso con la notizia della reazione del ministro degli esteri croato al «motu proprio» del Presidente Ciampi che assegna al gonfalone dell’ultima amministrazione italiana di Zara la medaglia d’oro in memoria dei distruttivi bombardamenti alleati che rasero al suolo oltre 85% della cittadina nel 1943. Il ministro considererebbe «inaccettabile il rapporto verso il passato» del Presidente, non essendo prevista «l’apertura di questioni che (noi croati) consideriamo chiuse da tempo».
Da sempre si è discusso sulle misteriose ragioni di siffatti bombardamenti, che causarono la morte di 4000 zaratini in gran parte rimasti insepolti sotto le macerie.
Se quanto sopra corrisponde al vero, lo stigmatizzare da parte croata un riconoscimento alle vittime di tali attacchi terroristici ci riconduce alla ben nota affermazione del grande poeta croato, Vladimir Nazor, che auspicava la distruzione della Zara italiana: «Al posto della Zara distrutta sorgerà una nuova Zadar che sarà la nostra vedetta nell’Adriatico».
L’intervento del ministro degli esteri croato conferma ora ufficialmente che i bombardamenti e i cittadini vittime degli stessi sono stati effettuati su istigazione croata, che Zagabria vuole tutelare.
È da condividere quanto afferma il ministro, che i rapporti tra Stati «si fondano sul riconoscimento e il rispetto reciproco delle sovranità». Se ciò è vero, come è vero, della Zara italiana l’Italia ha il diritto di tutelare ed apprezzare la memoria come meglio crede il nostro Presidente. Di Zadar si occupino tranquillamente i croati.
Come l’Italia non si occupa di Vukovar, se non sul piano umanitario: cosa che la Croazia non fece per Zara, salva la visione del Nazor.
La sovranità italiana viene messa in dubbio, a meno che l’Italia – nella visione – non sia uno Stato indipendente, mancipio del non dimenticato Stato Indipendente Croato Ndh.
Nicolò Luzardo
De Franchi
presidente
della Società dalmata
di storia patria

IL PICCOLO 30 ottobre

A Lussemburgo il primo passo di Zagabria verso l’integrazione europea. Ma resta il gelo nei rapporti con Roma
La Croazia firma l’associazione all’Ue
Ruggiero: «Dietro allo strappo i beni degli esuli». Antonione: «Situazione delicata»



LUSSEMBURGO - Ieri c’è stata la firma di associazione della Croazia all’Ue, primo passo verso l’integrazione europea. Erano presenti i rappresentanti di Zagabria e quelli dei Quindici, compreso il nostro ministro degli Esteri Ruggiero. Ma resta il gelo tra Italia e Croazia. E dietro il «caso Zara» spunta il fantasma dei beni abbandonati dagli esuli. Ruggiero ha rotto il silenzio della Farnesina sullo «strappo» croato, dopo il conferimento da parte del Quirinale della Medaglia d’oro all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943). Per Ruggiero il caso Zara è solo «una bolla di sapone»: il vero punto è il problema dei beni abbandonati. E sulla volontà croata di non negoziare più il trattato bilaterale di cooperazione il ministro precisa che piuttosto è l’Italia «ad avere difficoltà» a firmare: «Vogliamo chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni. Abbiamo chiesto però un impegno alla Croazia per un adeguamento della sua legislazione a quella comunitaria, in particolare al principio di non discriminazione. Pare che su questo ci siano difficoltà che noi non comprendiamo». In mattinata il sottosegretario agli Esteri Roberto Antonione aveva definito la situazione «molto delicata», resa vieppiù «difficile in quanto è stato coinvolto il Presidente della Repubblica». Ma, aveva concluso Antonione, «la Farnesina sta lavorando» per ricucire lo strappo.

Mauro Manzin

 

 

 

 

 

 

 

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