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La Medaglia d'Oro al Valor Militare
alla città di Zara
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le polemiche:
25 ottobre2001- Il Piccolo-Trieste
L’ambasciatore
croato in Italia chiede spiegazioni sul conferimento il 13 novembre a
Roma dell’onorificenza al gonfalone del capoluogo dalmata
La Medaglia a
Zara, nota polemica di Zagabria
«Inaccettabile rapporto con il passato».
L’omaggio alla memoria al termine di una lunga procedura
ZAGABRIA - Il ministero degli Esteri di Zagabria ha accolto con
«sorpresa» la decisione del Presidente della Repubblica
Carlo Azeglio Ciampi di conferire la Medaglia d’oro al valor militare
al gonfalone dell’ultima amministrazione italiana della città
di Zara del 1943, ovvero ai rappresentanti del Libero Comune di Zara
in esilio. Lo conferma un comunicato ufficiale del ministero
d’oltreconfine diffuso ieri sera. «Il ministero degli Esteri
della Repubblica di Croazia - sottolinea la nota - considera
inaccettabile il rapporto verso il passato che è stato
manifestato con il gesto del Presidente Ciampi, e ciò dopo la
sua recente visita alla Repubblica di Croazia, che si inseriva in un
contesto di rapporti bilaterali sviluppati. I quali si fondano sul
riconoscimento e il rispetto reciproco delle sovranità dei due
Stati, confermando allo stesso tempo i principi sui quali è
stata chiusa quella pagina del passato che impediva una prospettiva
democratica di questi territori».
«L’orientamento europeo della Croazia - afferma ancora il
ministero di Zagabria - che si è sviluppato anche sul comune
atteggiamento europeo antifascista, non prevede l’apertura di
questioni che consideriamo chiuse da tempo, confermate anche dai
rapporti di buon vicinato nonché dai numerosi accordi siglati
tra la Repubblica italiana e quella di Croazia».
Questa la presa di posizione ufficiale di Zagabria. Ma non è
tutto. In mattinata, secondo l’agenzia di stampa croata Hina, anche
l’ambasciatore croato a Roma Drago Kraljevic ha espresso
«stupore» per la decisione di Ciampi, annunciando
l’intenzione di chiedere «ulteriori informazioni» al
Quirinale. L’agenzia di Zagabria afferma quindi di aver interpellato
il ministero degli Esteri italiano, per avere dei chiarimenti. Ma la
Farnesina, sempre secondo la Hina, avrebbe dichiarato che solo il
Quirinale può dare spiegazioni.
E, mentre si profila all’orizzonte l’incidente diplomatico fra Roma e
Zagabria, vediamo di precisare meglio i contorni della vicenda.
Innanzitutto: si tratta di una richiesta, quella del conferimento
della Medaglia d’oro a Zara, che dura da decenni, almeno da
quarant’anni secondo alcune fonti. Le onorificenze al valor militare
vengono assegnate dal Capo dello Stato, dopo una lunga istruttoria
condotta dal ministero della Difesa. Ed è uno studio seguito
in particolare dall’Ufficio storico del dicastero, che ha valutato la
fondatezza dell’assegnazione della medaglia, in particolare per la
distruzione che la città ha subìto durante la guerra e
il conseguente esodo della popolazione italiana. Quindi, la
«pratica» è stata aperta diverso tempo fa, ed
è stata avallata anche dai governi precedenti, compresi quelli
di Centrosinistra.
Anche le motivazioni, con le quali si accompagna il conferimento
dell’onorificenza, vengono stilate in origine dal ministero della
Difesa. Quelle che riguardano Zara finora però non sono state
ufficializzate.
In altre parole, l’atto che sta per compiere Ciampi il prossimo 13
novembre non è altro che un riconoscimento alla Zara del ’43,
quella che venne distrutta per l’85 per cento dai bombardamenti
alleati. Non quindi alla Zadar di oggi, ma al gonfalone di allora. E’
come dare una medaglia alla memoria. Tutto questo sta insomma a
significare che si tratta di decisioni non negoziabili dal punto di
vista diplomatico.
Diverso è il discorso sul momento politico in cui si colloca
l'assegnazione della medaglia alla città martire. Qui le prese
di posizione, probabilmente, saranno molteplici e, come si più
già intuire, piuttosto accese. Va considerato però che
mai come in questo periodo i rapporti fra Roma e Zagabria sono stati
così buoni. Un clima di apertura verso la minoranza italiana,
gli esuli e in generale verso l’Italia che fino a un paio di anni fa
era solo fantapolitica. Da qui lo sbocco naturale della nuova era
delle relazioni bilaterali: il Trattato di amicizia italo-croato che
dovrebbe essere siglato in tempi brevi, entro pochi giorni secondo
alcune fonti. La cornice ideale per firmare l’intesa sembra essere
piuttosto il prossimo vertice dell’Ince (Iniziativa centroeuropea)
che si svolgerà a Trieste a fine novembre. In quell'occasione
si riuniranno in città i leader di governo di 17 Paesi
dell’Europa centro-orientale. Croazia e Slovenia comprese.
E’ ancora quindi tutta da decifrare la polemica che si è
innescata in queste ore sulla questione della medaglia a Zara. Ma sin
d’ora appare più probabile che si tratti di un incidente di
percorso, piuttosto che una battuta di arresto nei rapporti
italo-croati.
Alessio Radossi
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25 ottobre2001- Il Piccolo-Trieste
Renzo de’ Vidovich
dà una interpretazione conciliante del riconoscimento
tributato alla città martire
Gli esuli: non
è un gesto irredentista
TRIESTE - Tutto è pronto per la cerimonia del 13 novembre al
Quirinale, il giorno in cui il Presidente Ciampi consegnerà la
medaglia d’oro al valor militare al gonfalone dell’ultima
amministrazione italiana di Zara. Anche gli ultimi dubbi, espressi
ieri dai rappresentanti degli esuli su alcuni passaggi della
motivazione (che non è ancora stata resa pubblica) sono stati
rimossi. Lo conferma Renzo de’ Vidovich, presidente della delegazione
triestina del Libero Comune di Zara in esilio. In merito poi alle
possibili polemiche sul conferimento dell’onorificenza, de’ Vidovich
getta acqua sul fuoco: «Non c’è nessun risvolto
anti-croato - precisa - è solo un riconoscimento al martirio
della città. Non c’è quindi alcuna rivendicazione
irredentista». Qualche perplessità su alcune frasi del
documento le aveva manifestate l’altro giorno il presidente della
Federazione degli esuli Guido Brazzoduro: «Nella bozza della
motivazione, sulla quale dovremo tornare per approfondimenti - aveva
avvertito - abbiamo individuato, di primo acchito, qualcosa che
riguarda la Resistenza che non ci trova perfettamente in linea.
Diciamo che aspettiamo di conoscere meglio ciò che ha
determinato il Presidente della Repubblica a adottare questa scelta -
aveva aggiunto - prima di formulare giudizi definitivi».
«E’ giusto - aveva concluso - che Zara possa avere questa
importante onorificenza, ma le autorità competenti subito dopo
dovranno continuare con le procedure per attribuire la medaglia d’oro
al valor militare anche a Pola e Fiume, che hanno meriti altrettanto
rilevanti».
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26 ottobre
Il Piccolo-Trieste
La Croazia vuole avere chiarimenti sul conferimento da parte
del Capo dello Stato della Medaglia d’oro al valor militare alla
città dalmata
Caso Zara, convocato l’ambasciatore
italiano
Roma nega che sia in programma una cerimonia ufficiale.
Difficoltà diplomatiche sul trattato di cooperazione
ZAGABRIA - La Croazia vuole capire. Per questo ha convocato
l’ambasciatore italiano a Zagabria, Fabio Pigliapoco. Il presidente
Stipe Mesic e il ministero degli Esteri chiedono spiegazioni sul
conferimento al gonfalone dell’ultima amministrazione italiana della
città di Zara del 1943 della Medaglia d’oro al valor militare.
Nelle more dell’incontro con il nostro rappresentante diplomatico
bocche cucite qui nella capitale croata. Mesic non commenta, il
portavoce del governo Racan rimanda al ministero degli Esteri, il
quale conferma peraltro la nota emessa mercoledì sera
sull’argomento.
Dunque per Zagabria si tratta di un atto «inaccettabile».
Intanto si chiarisce il «giallo» circa la cerimonia di
conferimento ufficiale della contestata onorificienza. Nessun atto
formale di questo tipo è nell’agenda del Quirinale. Il diploma
di conferimento è già stato firmato dal Capo dello
Stato, Carlo Azeglio Ciampi. Sulle motivazioni e l’iter della
procedura tutto viene rinviato all’ufficio storico del ministero
della Difesa. E si fa notare come le medaglie d’oro al valor militare
vengono comunque attribuite su proposta del governo e dopo un non
mariginale iter temporale.
Tutto archiviato? Niente affatto. Perché dietro la contestata
medaglia spuntano tutta una serie di dissapori e di discrepanze tra
Roma e Zagabria che stanno tenendo occupate le rispettive diplomazie.
L’«oggetto del contendere» è il trattato di
cooperazione che è in fase di elaborazione tra i due Paesi. Ne
hanno parlato i ministri degli esteri, Ruggiero e Picula, lo scorso 9
ottobre in occasione della visita del presidente Ciampi in Croazia. E
lo scoglio che ancora una volta turba i sonni delle due diplomazie
è legato alla questione dei beni abbandonati dagli esuli
italiani nel dopoguerra. Perché Zagabria, per ora, ha respinto
al mittente (la Farnesina) l’articolo 9 del trattato in cui si parla
di denazionalizzazione. Perché l’Italia, come ribadito dallo
stesso Ciampi a Zagabria, ha chiesto che tale processo in Croazia non
abbia carattere discriminatorio. Ovvero, laddove ne fossero
interessati anche gli esuli questi non vengano esclusi solo per il
fatto di essere cittadini italiani.
La vicenda resta complessa. Innanzitutto perché siamo in piena
fase di elaborazione del trattato. Poi perché Italia e Croazia
si sono impegnate a rispettare i trattati fin qui sottoscritti. Per
cui il trattato di Osimo del 1975 e gli accordi di Roma del 1983 sono
pienamente in vigore. Quindi le due diplomazie sono impegnate a
vedere se un’eventuale restituzione di beni immobili debba
interessare solo le aree territoriali al di fuori della ex «zona
B» (quella che era sotto l’amministrazione jugoslava fino al
1975) e se possa interessare anche gli esuli che nel 1945 hanno
optato per la cittadinanza italiana prendendo la strada
dell’esodo.
Zagabria si sarebbe inoltre impegnata a versare la sua quota di
indennizzo, pari a 43 milioni di dollari (dei rimanenti 67 milioni di
dollari si è fatta carico la Slovenia sempre nell’ambito degli
accordi di Roma che pattuirono con l’allora Jugoslavia una cifra
complessiva pari a 110 milioni di dollari) entro il gennaio del 2002.
Ma non è ancora stato chiarito se entro quella data
dovrà essere versato l’intero importo o solo una rata.
Insomma, ci troviamo nel bel mezzo di un’intensa attività
diplomatica, dove le proposte e le contro-proposte si avvicendano. E
dove sguardi indiscreti sono ovviamente malvisti.
Certo è che in ambienti diplomatici più di qualcuno fa
notare come la levata di scudi della Croazia sul «caso
Zara» sia anche da collegare al non facile momento della
trattativa bilaterale in corso. La Farnesina, comunque, si affanna a
precisare come la questione della medaglia d’oro non riguardi il
ministero degli Esteri. Ma sta di fatto che l’ambasciatore, appena
convocato da Zagabria, risponde alla Farnesina. Insomma un bel nodo
gordiano diplomatico. Che sia Roma, sia Zagabria vogliono dipanare
nel «sancta sanctorum» della trattativa bilaterale.
Chi, invece, si viene a trovare tra l’incudine e il martello è
la minoranza italiana in Croazia. Anche qui bocche cucite, ma la
sensazione è quella di una grossa preoccupazione,
perchè c’è il rischio che a pagare le conseguenze di
tutte queste frizioni sia, alla fine, l’anello debole della
catena.
Mauro Manzin
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ITALIA-CROAZIA:
Zagabria interrompe negoziati su accordo; Per onorificenza a amministrazione italiana Zara del '43
ZAGABRIA - Il governo croato ha interrotto i negoziati per
l'Accordo di cooperazione ed amicizia con l'Italia. La decisione
è dovuta stata presa dopo l'onorificenza della presidenza
della Repubblica italiana all'amministrazione italiana di Zara del
1943. Il sottosegretario agli Esteri Cvjetkovic-Kurelec ha detto che
'la Croazia ha interrotto i negoziati che i due paesi stanno
discutendo da nove anni'.(ANSA).
2001-10-26 - 16:04:00
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27 ottobre
IL PICCOLO
La Croazia rompe
con l’Italia per Zara
Sospeso il negoziato sul trattato di cooperazione, sullo sfondo i
beni degli esuli
ZAGABRIA
«La Croazia ha interrotto i negoziati con Roma per l’accordo sul
partenariato e amicizia che i due Paesi stanno discutendo da nove
anni». Con questo laconico comunicato, letto nel corso del
telegiornale della sera, il sottosegretario agli Esteri, signora
Vesna Cvjetkovic-Kurelec ha annunciato al Paese la frattura nei
rapporti bilaterali con l’Italia. La causa della «guerra
fredda» in atto è il conferimento della Medaglia d’oro al
valor militare all’ultima amministrazione italiana della città
di Zara da parte della presidenza della Repubblica italiana. Il tutto
alla vigilia della firma, lunedì, da parte di Zagabria del
trattato di associazione alla Ue. La Farnesina continua a tacere. La
trattativa sull’accordo di cooperazione stava peraltro già
segnando il passo, ancor prima del «casus belli» di Zara.
Zagabria, infatti, aveva rispedito al mittente (l’Italia) l’articolo
9 del trattato che riguardava il processo di denazionalizzazione che,
secondo Roma, doveva essere attuato dalla Croazia senza caratteri
discriminatori. Ovvero l’Italia voleva che nel nuovo corso
socio-economico venissero inclusi i diritti degli esuli italiani
laddove questi
potevano essere
fatti valere (leggi restituzione di immobili).
A
PAGINA 3
Mauro Manzin
L CASO
27 ottobre
IL PICCOLO
Zagabria, dopo il
«caso Zara», sospende le trattative con Roma per l’accordo
bilaterale di cooperazione
Italia-Croazia, è guerra diplomatica
Se non ci
sarà un chiarimento verrà anche richiamato
l’ambasciatore
ZAGABRIA - E adesso Zagabria sbatte la porta. In faccia all’Italia e
all’Europa. «La Croazia ha interrotto i negoziati con Roma per
l’accordo sul partenariato e amicizia che i due Paesi stanno
discutendo da nove anni». Con questo secco e laconico
comunicato, letto nel corso del telegiornale della sera, quello con
più «audience», il sottosegretario agli Esteri,
signora Vesna Cvjetkovic-Kurelec ha annunciato al Paese la frattura
nei rapporti bilaterali con l’Italia. La causa della «guerra
fredda» in atto è il conferimento della Medaglia d’oro al
valor militare all’ultima amministrazione italiana della città
di Zara da parte della presidenza della Repubblica italiana. Il tutto
alla vigilia della firma da parte di Zagabria del trattato di
associazione e stabilizzazione con l’Unione europea, in agenda
lunedì prossimo a Lussemburgo.
E se da un lato la Croazia si lega al cordone ombelicale comunitario,
dall’altro sancisce uno strappo anche con Bruxelles, perché il
trattato in corso di negoziazione con l’Italia avrebbe rappresentato
il vero e proprio viatico per condurre Zagabria a un allineamento
euroatlantico con l’adesione all’Ue e l’ingresso nella Nato. Ma lo
«schiaffo» di Zara proprio non è stato digerito.
«La decisione del Presidente Ciampi - spiega il ministro degli
Esteri, Tonino Picula - contrasta con i fin qui buoni rapporti
bilaterali tra i nostri due Paesi». «Stupore» e
«sorpresa», sono questi gli aggettivi usati dal capo della
diplomazia croata per esprimere lo stato d’animo con cui Zagabria ha
vissuto le decisioni del Quirinale. Stupore e sorpresa anche
perché «l’Italia - precisa Picula - è il Paese che
negli ultimi venti mesi ha maggiormente appoggiato le nostre
ambizioni europee».
Il ministro annuncia poi che il governo croato non si accontenta del
rinvio della cerimonia della consegna dell’onorificienza a Zara,
inizialmente prevista per il 13 novembre al Quirinale e che
chiederà ulteriori spiegazioni. «Speriamo - prosegue - in
una revisione di quella decisione, dalla quale dipenderà il
livello delle nostre reazioni nei confronti di Roma». Dunque,
appare chiaro, che la rottura delle trattative sull’accordo
bilaterale di cooperazione rappresenta, allo stato attuale delle
cose, solo una prima reazione croata alla decisione del Quirinale. Se
i motivi del contendere dovessero permanere Zagabria sarebbe
altresì pronta a richiamare il proprio ambasciatore a Roma,
anche se Picula si affretta a dichiarare di «sperare che non si
arrivi a questo».
Poi il diplomatico si fa largo nel cuore politico del ministro.
Picula, infatti, smorza i toni polemici per passare a una disamina
più generale della questione. E si chiede, a questo punto, se
si tratti di un gesto affrettato o sia piuttosto il segno di una
nuova linea politica italiana. «Sarebbe un male - spiega - se i
cambiamenti politici in uno o nell’altro Paese (chiara l’allusione al
nuovo governo italiano di centrodestra ndr.) dovessero porre in
questione la stabilità dei rapporti bilaterali». Picula
comunque non teme di considerare l’intera vicenda come uno schiaffo
alla Croazia, «ma anche - si affretta a precisare - a gran parte
del mondo politico italiano».
Per capire l’atmosfera che si respira in queste ore qui in Croazia e
quali sensibilità sono state toccate è emblematica la
presa di posizione del presidente del gruppo consigliare dell’Hdz (il
partito nazionalista del defunto presidente Tudjman e oggi
all’opposizione a livello nazionale) al comune di Zara, Davor Arasa.
«È una vergogna - si arrabbia - per la cultura
europea». «Se gli italiani - prosegue - danno la medaglia a
Missoni (sindaco del libero Comune in esilio di Zara ndr.) è
come se il presidente jugoslavo Kostunica desse un’onorificienza a
Duasan Kalapaca, ex sindaco di Zara, anche lui in esilio, per i
meriti ottenuti nei bombardamenti dell’Armata federale jugoslava
della città nella guerra del 1991».
La Farnesina, intanto, continua a tacere. E se qualche diplomatico
parla lo fa lontano dai taccuini dei giornalisti, rimandando la
«patata bollente» al Quirinale e declinando qualsivoglia
responsabilità del ministero degli Esteri. Occorre però
sottolineare come la trattativa sull’accordo di cooperazione stesse
già segnando il passo, ancor prima del «casus belli»
di Zara. Zagabria, infatti, aveva rispedito al mittente (l’Italia)
l’articolo 9 del trattato che riguardava il processo di
denazionalizzazione che doveva, secondo Roma, essere attuato dalla
Croazia senza caratteri discriminatori. Ovvero l’Italia voleva che
nell’importante processo socio-economico venissero inclusi i diritti
degli esuli italiani laddove questi potevano essere fatti valere
(leggi restituzione di immobili). La Farnesina però, pur non
nascondendo le difficoltà, le ascriveva al normale contenzioso
diplomatico che si sviluppa in questi casi tra le parti. Questo fino
a ieri. Oggi la «querelle» assume dimensioni ben più
rilevanti perché il «gran rifiuto» di Zagabria viene
a costituire un intoppo lungo il sentiero tracciato a Nizza dai
Quindici nel processo di allargamento a Est dell’Unione e questo
anche se la Croazia non è certo nel primo gruppo dei Paesi
candidati all’adesione.
Letta in chiave europea, dunque, la «guerra fredda»
italo-croata rischia di costituire un freno a quel processo che
proprio nel summit di Zagabria del 24 novembre del 2000 l’Ue decise
in favore dei Balcani. La cui normalizzazione, si disse allora, passa
inevitabilmente attraverso una stabilizzazione della regione mediante
un suo «aggancio» all’Ue. E non a caso proprio in
quell’occasione, a Zagabria, la Macedonia firmò il trattato di
associazione, lo stesso che lunedì si appresta a sottoscrivere
la Croazia. Croazia che viene vista a Bruxelles, soprattutto dopo la
caduta del regime accadizetiano di Tudjman, una sorta di
«grimaldello» con cui scardinare i giochi di potere che si
sono instaurati nell’ex Jugoslavia a partire dal 1991 a oggi.
L’Italia aveva teso la mano alla nuova Croazia. Ora Zagabria la
rifiuta. E le lancette del tempo cominciano maledettamente a tornare
indietro.
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27 ottobre
IL PICCOLO
«Illustre
Presidente un
grazie sentito a nome degli esuli»
Di seguito pubblichiamo la
lettera inviata da Italo Gabrielli (*) al Presidente Carlo Azeglio
Ciampi.
Illustre Signor Presidente,
a nome di questo gruppo di esuli la ringrazio di cuore per
l’assegnazione della medaglia d’oro a Zara per il martirio storico di
quella nostra città e dei suoi sfortunati abitanti. Di fronte
alla proterva, inconsulta e inaccettabile reazione della Croazia le
esprimiamo la nostra più viva e piena solidarietà,
quella che avremmo preferito le venisse immediatamente e
doverosamente espressa dal governo. Invece la Farnesina ci ha
nuovamente deluso in quanto defilandosi ha perseverato
nell’arrendevolezza recentemente mostrata a Lubiana e Zagabria,
venendo anche meno al suo preciso compito di denunciare e respingere
con fermezza ogni tentativo di uno Stato straniero di interferire con
nostre scelte interne, tanto più quando esso pretende di
ledere prerogative specifiche del Capo dello Stato.
La medaglia d’oro a Zara costituisce una significativa decisione che
continua quella linea patriottica, tanto attesa ed apprezzata dagli
italiani, che la distingue dai suoi predecessori. Infatti essa
rinsalda la solidarietà tra tutti gli italiani ridando ad essi
la coscienza del proprio comune passato, da lei coraggiosamente
sottratto all’oblio e alle falsificazioni di circoli economici e
politici. Questi da oltre 50 anni hanno fatto posporre a troppi
governi la dignità e gli interessi permanenti della nazione al
loro tornaconto. Gli uomini del Confine Orientale conoscono i loro
invadenti vicini per aver subito sulla loro pelle, non meno dei loro
padri, un’inesauribile violenza, dovuta all’incapacità di
sloveni e croati di assimilare le regole del diritto. Pertanto a noi
la reazione croata appare come la naturale conseguenza della supina
accettazione da parte della diplomazia italiana della regola
«Pacta sunt servanda» con l’inclusione di patti umilianti e
inaccettabili in quanto ineguali e/o leonini. Tra essi è di
attualità l’Accordo di Roma del 1983, che dovrebbe scadere nel
gennaio 2002, la cui attuazione comporterebbe il definitivo avallo
italiano degli illegali espropri jugoslavi e la conseguente perdita
per gli esuli di ogni diritto alla restituzione. Effettivamente
l’incapacità delle vicine repubbliche di Croazia e Slovenia a
fare l’autocritica su un passato che disonora i loro popoli è
del tutto evidente, come è dimostrato dal fatto che esse
mantengono ai loro vertici i più fedeli allievi e successori
di Tito. Malgrado ciò esse si dichiarano mature per entrare
«nell’Europa dei valori condivisi». La scomposta reazione
croata e il mancato suo netto rigetto da parte della Farnesina
mettono ancor più in risalto l’inconsistenza dei sedicenti
«modi innovativi» recentemente introdotti nella nostra
politica adriatica dal coniglione Ruggiero (così definito dal
Suo predecessore, il sen. Francesco Cossiga). Le vicine repubbliche
non vogliono essere da meno della Jugoslavia di Tito, alla quale era
stato chiesto il «nulla osta» prima di un atto anch’esso
assolutamente interno, quello relativo alla dichiarazione del
Monumento Nazionale della «Foiba di Basovizza». L’Italia
resta nella condizione di dover chiedere agli eredi del boia il
permesso per onorare i propri figli che ne furono le vittime?
La sospensione o il declassamento a livello privato della cerimonia
dell’apposizione della medaglia d’oro sul glorioso labaro della
città martire, già fissata per il 13 novembre prossimo,
obiettivi ai quali tende l’azione di Zagabria, procurerebbe grande
amarezza e umiliazione a tutti gli esuli e agli italiani di retto
sentire. Non possono lamentarsi quando vengono esclusi dai vertici
delle maggiori potenze europee i rappresentanti di un governo che
accetta che la predetta regola «Pacta sunt servanda» gli
venga imposta da due nuove repubbliche che, dopo che la Jugoslavia ha
sistematicamente violati gli articoli scritti a garanzia degli
italiani, pretendono di essere eredi delle ingiuste conquiste
territoriali jugoslave, ma rifiutano di conoscersi corresponsabili
delle violenze e falsificazioni con cui esse furono conseguite. In
questo clima la preannunciata imminente sottoscrizione del patto di
amicizia italo-corato, ora in riservata elaborazione, sarebbe solo
una persona falsa. Confidiamo che, nell’ambito delle sue prerogative
istituzionali, un fermo e autorevole richiamo ai responsabili, che
stanno degradando i rapporti con le vicine repubbliche a un livello
inqualificabile, possa significare per l’Italia l’inizio di un
impegnativo cammino verso la restaurazione della dignità
nazionale.
Italo Gabrielli
(* Presidente Gruppo Memorandum 88
di Esuli Istriani, Fiumani e Dalmati)
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27 ottobre
IL PICCOLO
Dopo Tudjman la
marcia verso l’Ue
Il feeling con
Amato e l’ingresso nella Partnership for peace della Nato
L’Europa ha
riconosciuto al Paese un ruolo chiave nella sua politica verso la
difficile regione balcanica considerandolo un esempio per gli altri
Stati dell’area
ZAGABRIA
È il 10 dicembre del 1999. A Zagabria muore, dopo una
lunghissima malattia, il presidente croato Franjo Tudjman. E di fatto
viene sepellita con lui la lunga «democratura» (il termine
è stato coniato dall’intellettuale croato Predrag Matvejevic)
dell’Hdz.
l Nel gennaio del 2000 il Paese va alle urne per le elezioni
politiche. È l’apoteosi dell’Esapartito, che da gruppo di
opposizione diventa la coalizione leadership della nuova Croazia.
l Un mese più tardi Stipe Mesic (uscito nel 1992 dall’Hdz per
dissapori con Tudjman per la sua politica nei confronti della
Bosnia-Erzegovina) diventa il secondo Capo dello Stato della Croazia
indipendente. Per Zagabria è la svolta. L’Unione europea,
ancora alle prese con Milosevic e il nodo del Kosovo, capisce che la
«rivoluzione democratica» croata può diventare una
sorta di grimaldello per scardinare la cassaforte della tirannide
jugoslava.
l Lo capisce anche la Nato che il 25 maggio del 2000 firma con
Zagabria l’accordo di «Partnership for peace», sancendo di
fatto lo strappo croato con i Balcani. Il 17 luglio del 2000 il
preidente Stipe Mesic viene ricevuto a Bruxelles dal presidente della
Commissione Romano Prodi.
l Con la Croazia l’Italia fa valere subito il proprio plusvalore
derivatole dal fatto di essere il primo partner commerciale di
Zagabria e, nella continuità della «Ostpolitik»
varata dal governo Prodi, il presidente del Consiglio, Giuliano Amato
il 29 luglio del 2000 incontra a Ragusa (Dubrovnik) il neo-premier
croato Ivica Racan. È amore a prima vista.
l I due premier parlano lo stesso linguaggio che coniuga
l’allineamento europeo con lo schieramento nell’Alleanza atlantica. E
i primi frutti si raccolgono il 13 settembre del 2000, quando
Zagabria entra ufficialmente a far parte dell’Intesa trilaterale fino
a quella data costituita da Italia, Slovenia e Ungheria.
l La consacrazione della Croazia avviene però il 24 novembre
del 2000 quando, a Zagabria, l’Unione europea tiene lo storico summit
con i Paesi balcanici. Nell’occasione la Macedonia firma l’accordo di
associazione all’Ue. Da quel momento per la Croazia la strada che
conduce a un pieno allineamento euroatlantico è in discesa.
Zagabria inizia il suo dialogo diretto con l’Unione europea.
l Il 27 luglio del 2001 il presidente Stipe Mesic viene ricevuto al
Quirinale dal Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi. In agenda ci
sono l’Unione europea, la Nato e il ruolo delle minoranze (quella
italiana in Croazia è l’unico gruppo nazionale autoctono che
vive oggi fuori dai nostri confini). Ma si gettano le basi anche
della visita di Ciampi in Croazia e in Istria.
l L’11 settembre del 2001, data che sarà ricordata dalla
storia per tutt’altri eventi, il ministro degli Esteri, Renato
Ruggiero si reca in visita a Zagabria. Dove riceve la notizia degli
attentati negli Stati Uniti. Il titolare della Farnesina ha giusto il
tempo di incontrare brevemente il suo «collega» croato
Tonino Picula perché si precipita immediatamente a Roma per
gestire la nuova pesantissima crisi internazionale.
l Il 9 e 10 ottobre del 2001 il Presidente Ciampi è a Zagabria
e in Istria dove si incontra, accompagnato dal Capo dello Stato
croato Stipe Mesic, la minoranza italiana. Una data storica che segna
il definitivo disgelo tra i due Paesi.
l Il 23 ottobre 2001 il Capo dello Stato, Carlo Azeglio Ciampi
conferisce all’ultima amministrazione italiana della città di
Zara (1943) la Medaglia d’oro al valor militare.
l Il 24 ottobre del 2001 Zagabria manifesta la propria
contrarietà alla decisione del Quirinale, definendola in
contraddizione con i risultati della recente visita di Ciampi in
Croazia.
l Il 25 ottobre del 2001 la Croazia convoca l’ambasciatore italiano
per chiarimenti, mentre il Quirinale fa sapere che non c’è in
programma alcuna cerimonia ufficiale di consegna dell’onorificienza a
Zara.
l Il resto è cronaca delle ultime ore con la decisione del
governo croato di interrompere le trattative relative all’accordo
bilaterale italo-croato di cooperazione e la velata minaccia del
ministro degli Esteri di richiamare in patria l’ambasciatore.
m. manz.
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IL MATTINO di Padova e LA TRIBUNA di Treviso
27 ottobre
Zagabria «rompe» con
l'Italia
Offesa per l'onorificenza di
Ciampi a Fiume
ZAGABRIA. Doccia fredda sui rapporti tra Italia e Croazia: il governo
di Zagabria ha interrotto i negoziati per l'accordo di cooperazione e
amicizia, perchè irritato dall'onorificenza concessa da Carlo
Azeglio Ciampi all'ultima amministrazione italiana di Zara del 1943.
«Si tratta di una mossa infelice che ha giustamente fatto
arrabbiare la Croazia - ha spiegato il ministro degli esteri croato
Tonino Picula - e speriamo che l'Italia possa ripensarci».
Picula ha spiegato di non essere intervenuto subito per dare
all'Italia la possibilità di ripensarci. «Questo gesto
è contrario a tutto ciò che Roma e Zagabria hanno
finora concordato», ha insistito Picula. La notizia che Ciampi
avrebbe concesso la medaglia d'oro al valor militare al gonfalone
della città di Zara era trapelata in occasione della visita
del presidente della Repubblica, il 10 ottobre scorso.
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LA VOCE DEL POPOLO
Fiume 27 ottobre
ZAGABRIA NON S'ACCONTENTA DEL RINVIO DELLA
CONSEGNA DELL'ONORIFICENZA A ZARA
Picula: l'Italia faccia
dietrofront
Quella medaglia non è in sintonia coi buoni rapporti
bilaterali
ZAGABRIA - La decisione del
presidente Carlo Azeglio Ciampi di conferire la medaglia d'oro al
valor militare, "all'ultima amministrazione italiana della
città non è in sintonia con gli attuali buoni rapporti
bilaterali tra Roma e Zagabria". Lo ha dichiarato ieri il ministro
degli Esteri croato Tonino Picula. "La parte croata manifesta grande
sorpresa per questo procedimento che è in contrasto con lo
sviluppo, finora stabile, dei rapporti bilaterali. L'Italia è
il Paese limitrofo che negli ultimi venti mesi è stato il
promotore delle nostre ambizioni europee", ha sottolineato Picula.
Parlando a una conferenza stampa indetta a Zagabria il capo della
diplomazia ha aggiunto che le autorità croate chiederanno
spiegazioni per questo procedimento, non potendo assolutamente
accontentarsi del rinvio della consegna di questo riconoscimento. La
Croazia auspica che l'Italia riveda la decisione di conferire la
medaglia e in questo contesto Zagabria "sincronizzerà" le sue
reazioni nei confronti delle autorità di Roma. Alla domanda se
Zagabria potrebbe richiamare il suo ambasciatore da Roma, nel caso la
parte italiana non modificasse la decisione sul conferimento del
riconoscimento, Picula ha risposto: "Si tratta di una domanda
ipotetica: spero non si giunga fino a questo punto". Al commento di
un giornalista che ha definito il caso uno "schiaffo" dell'Italia
alla Croazia, per giunta dopo la recente visita del presidente
italiano, il ministro ha asserito che questo può essere uno
"schiaffo" anche a gran parte dell'opinione pubblica e del mondo
politico italiano. È necessario appurare se si tratti di un
procedimento non ben ponderato oppure se la decisione faccia parte di
una nuova linea politica. "Sarebbe grave se i cambiamenti politici in
uno o nell'altro Paese ponessero in forse la stabilità dei
rapporti bilaterali", ha concluso Picula.
Il Governo croato, lo ricordiamo ha presentato una protesta formale
all'Italia per la decisione di Ciampi di concedere un'onorificenza al
gonfalone dell'ultima amministrazione della città di Zara del
1943. La città dalmata, tra la fine della prima guerra
mondiale e la seconda guerra mondiale, fu un capoluogo di provincia
italiano; successivamente passò Federazione jugoslava, ovvero
alla Croazia.
Stando al comunicato diffuso a Zagabria il Ministero degli esteri
croato ha espresso sorpresa "per la decisione del presidente Carlo
Azeglio Ciampi di conferire un'onorificenza per meriti militari
all'amministrazione italiana della città di Zara del 1943". Il
Ministero ha sottolineato che la dizione usata nella motivazione
parla di "rappresentanti del libero comune di Zara in esilio" e ha
dichiarato di ritenere "inaccettabile il rapporto verso il passato
manifestato da questo gesto", sottolineando che la decisione è
stata presa immediatamente dopo la recente visita di Ciampi in
Croazia che "aveva il carattere di rapporti bilaterali basati sulla
stima reciproca e il rispetto della sovranità dei due Paesi".
"La visita, ha aggiunto il Ministero degli esteri di Zagabria, doveva
essere la conferma dei principi che per sempre hanno chiuso quelle
pagine del passato che non permettevano la prospettiva democratica di
questa regione". Secondo Zagabria, "l'orientamento europeo della
Croazia che si è sviluppato anche sulle comuni posizioni
europee antifasciste, non comprende l'apertura di questioni ritenute
chiuse, il che era confermato anche dai rapporti di buon vicinato e
da numerosi accordi firmati dalla Repubblica d'Italia e dalla
Repubblica di Croazia". Il presidente croato Stipe Mesic, lo
rammentiamo, non ha voluto commentare la questione finche non
otterrà ulteriori chiarimenti dall'ambasciatore d'Italia.
L'ambasciatore croato in Italia Drago Kraljevic ha comunicato a
Zagabria di aver ottenuto l'assicurazione che sarebbe stata rinviata
la cerimonia, prevista il 13 novembre durante la quale l'onorificenza
sarebbe stata consegnata a Ottavio Missoni, sindaco del Libero Comune
di Zara in esilio. Va rilevato, infine, che la richiesta di
conferimento della medaglia d'oro a Zara, dura "da decenni",
poiché questo tipo di medaglie vengono assegnate dal capo
dello Stato italiano dopo una lunga istruttoria condotta dal
Ministero della Difesa.
L'Ufficio stampa del Quirinale, interpellato dall'agenzia HINA, ha
confermato, in questo contesto, che tutto l'iter procedurale inerente
al conferimento dell'onorificenza, a cominciare dalla definizione
delle motivazioni, è stato condotto dal dicastero della
Difesa, come del resto avviene i tutti i casi in cui vengono
assegnati riconoscimento per meriti militari. Evidenziando che non
corrisponde al vero la notizia che la data, quando il presidente
Ciampi avrebbe dovuto consegnare la medaglia, fosse già stata
fissata, l'Ufficio stampa del Quirinale ha anche confermato pure che
il capo dello Stato ha già firmato la decisione sul
conferimento dell'onorificenza.
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Sabato 27 ottobre
IL GAZZETTINO di Venezia
DALMAZIA La Croazia: no alla medaglia alla città di Zara
La decisione di Ciampi di concedere un'onorificenza «al gonfalone della città di Zara» in memoria dei distruttivi bombardamenti alleati del 1943 è «in contrasto con lo stabile sviluppo dei rapporti tra Italia e Croazia». Lo ha detto ieri il ministro degli Esteri della Croazia, Tonino Picula. La cerimonia, che il Quirinale prevedeva il 13 novembre è stata rinviata ma la Croazia non si accontenta del rinvio e chiede «spiegazioni».
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28 ottobre
Tensione nei
rapporti
Zagabria blocca il
Trattato con l’Italia
«Se verrà data
la medaglia alla città di Zara richiameremo l’ambasciatore a
Roma»
TRIESTE - Una medaglia, un gonfalone, un contenzioso diplomatico comunicato in diretta tv. Lo strappo di Zagabria giunge con un testo letto dal sottosegretario agli Esteri Vesna Cvjetkovic nel telegiornale: «La Croazia ha interrotto i negoziati con l’Italia per l’accordo di amicizia». All’ambasciata croata di Roma manifestano analoga irritazione: «Attendiamo spiegazioni». E se la cerimonia della discordia non sarà cancellata (per ora è solo rinviata), Zagabria si dice pronta a richiamare l’ambasciatore. L’involontaria pietra dello scandalo è lo stilista Ottavio Missoni. Il 13 novembre avrebbe dovuto ricevere dal presidente Ciampi, quale sindaco del "Libero Comune di Zara in esilio", la medaglia d’oro al valor militare conferita (su istruttoria del ministero della Difesa) al gonfalone della Zara italiana del 1943. Ma oggi Zara è in Croazia, e la Croazia non ha gradito. Da qui il rinvio «per impegni sopravvenuti» della cerimonia. «Ma mi è stato garantito - dice Renzo de’ Vidovich, presidente degli esuli dalmati - che avverrà con medesima solennità fra qualche settimana». Tace la Farnesina, estranea all’iniziativa, anche per la delicatezza del momento: domani a Bruxelles sarà firmato l’accordo di associazione tra la Croazia e la Ue. L’ipotesi originaria era di firmare contestualmente l’accordo di amicizia italo-croato.
Sta qui una chiave dell’accaduto. Il governo italiano ha pur cautamente riaperto con Slovenia e Croazia il dossier dei connazionali scacciati nel dopoguerra dall’allora Jugoslavia. Nell’accordo di amicizia la Farnesina aveva proposto un articolo ad hoc, che la controparte ha respinto. Sicché, una Repubblica giovane e con l’ossessione dell’etnia ha visto quella medaglia come una provocazione.
Roberto
Morelli
CORRIERE DELLA SERA
Esteri
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LA REPUBBLICA
28 ottobre Pagina 21
Zara, lite per una medaglia
Ciampi vuole conferire
l'onorificenza all'ultima amministrazione italiana
ALESSANDRA LONGO
ROMA - L'hanno chiamato lo
schiaffo di Zara: la Croazia che litiga con l'Italia per una medaglia
d'oro al valor militare che il Quirinale intende attribuire
all'ultima amministrazione italiana della città di Zara.
Addirittura un sottosegretario agli Esteri dal nome faticoso, la
signora Vesna CvjetkovicKurelec, che si prende la briga di leggere un
comunicato nell'ora del telegiornale di massimo ascolto per dire che
i negoziati con Roma si sono interrotti, l'accordo bilaterale di
amicizia fra i due Paesi "congelato". Possibile che tutto ciò
avvenga per un'onorificenza non consegnata, per una pratica ancora da
perfezionare anche se già esibita come un trofeo dagli esuli
dalmati? Ai confini del NordEst questa vicenda tiene banco quasi
quanto la guerra afghana. Quirinale e Farnesina tacciono. Verosimile
che ci sia un certo fastidio, anche perché se c'è un
Paese che ha appoggiato la Croazia nella sua marcia di avvicinamento
all'Unione Europea, quello è l'Italia. E allora perché
prendersela proprio con lo sponsor più generoso? In
realtà i nervi tesi di Zagabria affondano più nel
presente croato che nel passato sofferto di Zara italiana.
Nel trattato bilaterale di amicizia in discussione con Roma, quel
documento che la bellicosa sottosegretario agli Esteri ha
minacciosamente congelato, c'è uno scoglio. E' l'articolo nove
che contiene un impianto di norme antidiscriminatorie. Norme che
chiuderebbero i contenziosi della storia, tutelerebbero anche la
comunità autoctona italiana, darebbero il segnale politico
della volontà croata di adeguarsi alle regole europee, prima
di entrare nel club.
E' su questo punto, non sulla medaglia all'esule Missoni, che
probabilmente si è incagliata la coalizione di governo guidata
dal socialdemocratico Ivica Racan, alle prese con turbolenze interne.
Lo si intuisce anche dai retroscena della visita di Ciampi in
Croazia, lo scorso 10 ottobre. Qualche giorno prima dell'arrivo del
presidente, l'attuale coordinatore nazionale di Forza Italia, Roberto
Antonione, si recò a sondare il terreno. L'auspicio era che
l'incontro fra Ciampi e il presidente Stipe Mesic potesse concludersi
con la sigla dell'accordo. Ma non andò così. In
compenso la visita fu cordialissima, come anche lo erano stati,
precedentemente, in una data peraltro infausta, l'11 settembre, i
colloqui fra il nostro ministro degli Esteri Ruggiero e il suo
collega croato Tonino Picula.
Strette di mano, la notizia, graditissima a Ciampi, dell'imminente
apertura di un liceo italiano a Pola, di un centro culturale ad
Umago, l'assicurazione che, addirittura prima di novembre, la Croazia
avrebbe finalmente siglato gli accordi bilaterali. Tanto che i due
presidenti si sentirono in grado di annunciare la novella. Cosa che
non piacque alla signora sottosegretario che, sulla pista
dell'aeroporto, bloccò la delegazione italiana in partenza
annunciando che lei, la firma sull'articolo nove, non ce l'avrebbe
mai messa. Il resto è storia dell'altro giorno. Il ministro
Picula parla di «schiaffo alla Croazia» per la faccenda
della medaglia a Zara e chiede «un ripensamento»
italiano.
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IL PICCOLO
28 0ttobre
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CASO ZARA La Croazia cerca di
smussare i toni della polemica e ora attende che dall’Italia giunga
un segnale di riconciliazione
Zagabria: Ciampi è in
buona fede
Dalla Farnesina arrivano commenti
increduli per l’interruzione delle trattative
ZAGABRIA - Incredulità mista a irritazione. È questo lo
stato d’animo con cui la Farnesina ha accolto la decisione croata di
interrompere il negoziato sul trattato bilaterale di cooperazione
quale «ritorsione» al conferimento della Medaglia d’oro da
parte della presidenza della Repubblica all’ultima amministrazione
italiana di Zara. Irritazione perché - dicono al nostro
ministero - l’Italia ha investito molto sull’integrazione
euroatlantica di Zagabria. Incredulità perché il
«gran rifiuto» croato viene anche ascritto a una qual
inesperienza diplomatica. «Perché - dicono fonti del
ministero degli Esteri - questo non è il modo più
razionale di comportarsi alla vigilia della firma dell’accordo di
associazione e stabilizzazione con l’Unione europea (domani a
Lussemburgo, ndr.)». Di dichiarazioni ufficiali però
neanche l’ombra. Tutto viene rimandato al Quirinale. Il quale, a sua
volta, tace.
Al silenzio italiano però fa da contraltare l’animosità
croata. Ma i toni sono più sfumati, sono maggiormente
indirizzati alla volontà di riprendere laddove si è
interrotto. Ivica Mastruko, il consigliere diplomatico del presidente
della Repubblica, Stipe Mesic, sostiene come «indubbiamente non
bisogna dimenticare che al tempo del regime fascista di Mussolini
Zara era la 94ma provincia italiana», «ma - argomenta
ancora - il conferimento insensato di questa onorificenza 50 anni
dopo quei fatti non va ascritto alla nostalgia degli esuli o a una
volontà di porre rimedio a delle colpe storiche».
Mastruko, che è un po’ l’alter ego di Mesic per quel che
riguarda le relazioni con l’estero, non vede, dunque, nella decisione
di Ciampi una volontà revisionista o neo-irredentista
dell’Italia. Del resto proprio Mesic ha parlato di questi temi con il
nostro Capo dello Stato solo due settimane fa e, Zagabria lo sa bene,
in questo lasso di tempo Ciampi non ha certo cambiato il suo modo di
pensare. Quindi la Croazia concede l’attenuante della buona fede, ma
certo attende un preciso segnale in questo senso da Roma.
E che non si voglia giungere alle estreme conseguenze lo fa capire
anche il ministro degli Esteri, Tonino Picula. Il quale nega con
convinzione che «la decisione di conferire a Zara
quell’onorificenza sia da collegare in qualche modo al debito che la
Croazia ha nei confronti dell’Italia». Il capo della diplomazia
croata fa riferimento a quei 35 milioni di dollari che Zagabria deve
ancora versare a Roma in base agli accordi di Roma del 1983. «La
Croazia vuole onorare i suoi debiti - aggiunge subito dopo Picula -
perché questo tema venga definitivamente tolto dall’ordine del
giorno dei rapporti tra i due Paesi». Se Zagabria sbatte la
porta in faccia all’Italia è altresì vero che lascia
spalancata una finestra attraverso la quale ricominciare a parlare e
a confrontarsi.
Perchè i temi legati al trattato di cooperazione non sono di
facile soluzione. La Croazia ritiene innanzitutto inaccettabile ogni
riferimento al suo processo di denazionalizzazione. L’Italia invece
tiene duro portando in primo piano argomentazioni di carattere
europeo. Ma soprattutto sono temi che ben prima del «caso
Zara» avevano suscitato la reazione croata. Tanto che l’Italia
avrebbe gradito che il trattato venisse sottoscritto proprio a
Zagabria in occasione della visita del Presidente Ciampi. Se ne era
parlato proprio alla vigilia dell’arrivo del Capo dello Stato. Ma il
«no» della Croazia era stato categorico. Dunque,
paradossalmente, il «caso Zara» ha facilitato il compito
croato, in quanto è diventato un buon appiglio perchè
Zagabria potesse opporsi alla linea con cui Roma ha impostato
l’accordo di cooperazione. E dopo nove anni bisogna ricominciare. Ma
stavolta il campo d’azione è ben delineato. Zagabria, firmando
domani il trattato di associazione all’Ue, sa che d’ora in avanti
dovrà rigorosamente ragionare in termini comunitari.
Mauro Manzin
IL PICCOLO
28 0ttobre
CASO ZARA Il rovescio della
medaglia
L’ira dei croati di
Roma:
«Gli italiani d’Istria trattati meglio di
noi»
ROMA - Arrabbiati è dir poco: i croati che vivono a Roma sono
furenti per la decisione di conferire all’ultima amministrazione
italiana di Zara la Medaglia d’oro al valor militare. La
comunità è formata da più di 400 persone, gran
parte delle quali si è riunita sul sagrato della chiesa di San
Girolamo della capitale per discutere proprio sul «caso
Zara».
A parlare è Miljenko Dujela, zaratino e giornalista che lavora
da anni alla Rai. «Non bisogna dimenticare le sofferenze che
Zara ha patito sotto il regime fascista - sostiene Dujela - e per le
cui colpe ha subito il più pesante bombardamento mai
sopportato da un’altra città croata». «È
incredibile quello che oggi Ciampi vuole premiare. Il Presidente -
prosegue Dujela - consegna un’onorificenza a coloro i quali nei
momenti peggiori di Zara non erano in città, visto che
l’amministrazione italiana aveva lasciato Zara nel momento della
capitolazione dell’Italia, prima dei tremendi bombardamenti degli
alleati». «E dopo - aggiunge un infuriato Dujela - non
hanno dato una lira per la sua ricostruzione».
I croati che vivono a Roma si dicono poi del tutto insoddisfatti dei
più recenti accordi bilaterali sottoscritti da Italia e
Croazia, accordi, si sostiene, in cui non si ricorda e non si
valorizza appieno l’attività culturale che proprio le
associazioni dei croati d’Italia portano avanti da anni.
«Noi in Italia - conclude categorico Dujela - non abbiamo
certamente lo stesso trattamento di cui attualmente gode la minoranza
italiana in Croazia».
La diaspora croata, dunque, è arrabiata nera. La sua
sensibilità si dimostra ancora maggiore verso lo scottante
tema di Zara di quella opposta alla decisione del Quirinale dai
propri connazionali che vivono in patria. Ma si sa, le prospettive
cambiano. E le storie di vita che stanno dietro alla decisione di
vivere in Italia della minoranza croata sono di gran lunga diverse da
quelle che hanno «indotto» i nostri connazionali a restare
in Istria.
m.manz.
IL PICCOLO
29 ottobre
La crisi Italia-Croazia all’Ue
Oggi l’associazione di Zagabria
in pieno strappo diplomatico
ZAGABRIA - La nuova Croazia del dopo Tudjman non ha mai avuto dubbi.
Via dalla pazza folla dei Balcani per trovare rifugio nelle calme
acque comunitarie. Eppure oggi, giorno in cui Zagabria firmerà
a Lussemburgo il trattato di associazione con l’Ue, ci sarà
alla cerimonia un convitato di pietra: l’Italia. La decisione croata
di rompere le trattative sul trattato bilaterale di cooperazione con
Roma, a seguito del conferimento della Medaglia d’oro al valor
militare all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943) da parte
del Quirinale, ha fatto riaffiorare sul confine orientale gli scomodi
fantasmi del passato. Alle sentite rimostranze di Zagabria hanno
risposto solamente gli imbarazzati silenzi di Roma. E per Zagabria
l’approccio comunitario, senza il viatico rappresentato proprio dal
trattato di cooperazione con l’Italia, appare quanto mai
problematico. Non fosse altro per le catastrofiche condizioni del
sistema socio-economico e per l’accentuato euroscetticismo che le
battagliere opposizioni stanno fomentando. A Zagabria nessuno si fa
illusioni: senza l’appoggio dell’Italia tutto diventa più
difficile. La Croazia oggi ha bisogno di un sostegno esterno: al suo
interno la situazione sociale si sta facendo pesante.
Mauro Manzin
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IL PICCOLO
29 ottobre
Zagabria verso l’Ue, silenzio
dell’Italia
Continua a pesare nei rapporti la
medaglia d’oro del Quirinale a Zara
ZAGABRIA - Europa, Europa, fortissimamente Europa. La nuova Croazia
del dopo Tudjman non ha mai avuto dubbi. Via dalla pazza folla dei
Balcani per trovare rifugio nelle calme acque comunitarie. Eppure
oggi, giorno in cui Zagabria firmerà a Lussemburgo il trattato
di associazione e stabilizzazione con l’Ue, ci sarà in quella
cerimonia un convitato di pietra: l’Italia. Già, perché
la decisione croata di rompere le trattative sul trattato bilaterale
di cooperazione con Roma, a seguito del conferimento della Medaglia
d’oro al valor militare all’ultima amministrazione italiana di Zara
(1943) da parte del Quirinale, ha fatto riaffiorare sul confine
orientale gli scomodi fantasmi del passato.
Alle sentite rimostranze di Zagabria hanno risposto solamente gli
imbarazzati silenzi di Roma. Alla Farensina, comunque, si respira
aria di incredulità e imbarazzo. Incredulità in quanto
Roma non nega di aver investito molto sull’allineamento euroatlantico
della Croazia. Imbarazzo in quanto il «gran rifiuto» croato
mette in difficoltà la stessa Italia nei confronti degli altri
partner comunitari. Insomma, è come trovarsi di fronte a una
clamorosa baruffa tra sposo e sposa a poche ore dalle nozze.
E per Zagabria l’approccio comunitario, senza quel viatico che
sarebbe stato rappresentato proprio dal trattato di cooperazione con
l’Italia, appare quanto mai problematico. Non fosse altro per le
catastrofiche condizioni del sistema socio-economico e per
l’accentuato euroscetticismo che le battagliere opposizioni stanno
fomentando. Opposizioni che, guidate dall’Hdz, hanno già
iniziato una decisa battaglia parlamentare contro l’europeismo del
governo guidato dal socialdemocratico, Ivica Racan. Il ministro degli
Esteri, il pragmatico Tonino Picula, non si fa illusioni e ammette
che la visione dell’orizzonte politico croato sull’associazione
all’Ue è quanto meno «controversa».
Come rimediare? La ricetta di Picula è estremamente semplice e
unifrome. «Dialogare - dice il ministro - in modo chiaro e
trasparente per fara capire agli euroscettici che non c’è
altro futuro per la Croazia se non in Europa». «Per noi -
precisa ancora Picula - è poi estremamente importante
l’articolo 3 dell’accordo di associazione con l’Ue in cui si esprime
chiaramente che i progressi della Croazia per quanto concerne gli
adeguamenti agli standard comunitari saranno valutati da un punto di
vista strettamente individuale». Zagabria, dunque, non viene
inserita in alcun gruppo di merito. Per l’adesione all’Ue non
esistono serie A e serie B. Vale, quello che il commissario
all’Allargamento Günther Verheugen chiama il «metodo
regata» che, tradotto in parole povere significa: chi prima
arriva meglio alloggia.
Anche se nessuno lo amette ufficialmente, qui a Zagabria nessuno si
fa illusioni: senza l’appoggio dell’Italia tutto diventa più
difficile. Perché l’Italia fa parte dell’Intesa quadrangolare
con la Croazia, per l’appunto, ma anche con l’Ungheria e la Slovenia.
Perché l’Italia ha storicamente un ruolo leader
nell’Iniziativa centroeuropea e, sia la prima come la seconda, sono
istituzioni che per i Paesi dell’Est costituiscono una sorta di
incubatrice che prelude all’ingresso vero e proprio nell’Ue. Ne sa
qualcosa l’Ungheria, ne sa qualcosa la Slovenia.
Ma soprattutto oggi la Croazia ha bisogno di un sostegno esterno, in
quanto al suo interno la situazione sociale si sta facendo pesante.
Sono passati solo pochi giorni dalle manifestazioni di protesta
contro il governo Racan che hanno infiammato la capitale croata. Gli
ex «valvassori» del potentato accadizetiano si sono messi
alla testa della folla. Che non ne può più della
disoccupazione, che non ne può più della crisi
economica, che non ne può più di promesse non
mantenute. «Fratelli in armi - ha gridato in piazza ban Jelacic
l’ex generale Ante Roso davanti a 20 mila persone inferocite - i
difensori della Patria preferiscono morire sulle loro gambe piuttosto
che vivere in ginocchio». «Questo non è l’inizio di
un colpo di Stato - gli ha fatto eco l’altro ex generale Janko
Bobetko - ma il governo sappia che dovrà fare i conti con la
nostra rabbia alle prossime elezioni».
È dunque una Croazia sull’orlo di una crisi di nervi quella
che oggi si presenta ufficialmente sul palcoscenico europeo. Un Paese
dove la gente, anche i non nazionalsiti, male digerisce la
collaborazione del governo con il Tribunale dell’Aja, dove i reduci
vivono nella fame e in miseria, dove il risentimento nei confronti di
un governo che non presenta alcuna ricetta credibile alla crisi
economica cresce di giorno in giorno. Messaggi chiari per il premier
Racan, ma messaggi chiari anchi per l’Europa che è ben conscia
del fatto che una Croazia debole rappresenta un rischio per l’intera
area balcanica.
Mauro Manzin
IL PICCOLO
30 ottobre
La crisi Italia-Croazia all’Ue
Oggi l’associazione di Zagabria
in pieno strappo diplomatico
ZAGABRIA - La nuova Croazia
del dopo Tudjman non ha mai avuto dubbi. Via dalla pazza folla dei
Balcani per trovare rifugio nelle calme acque comunitarie. Eppure
oggi, giorno in cui Zagabria firmerà a Lussemburgo il trattato
di associazione con l’Ue, ci sarà alla cerimonia un convitato
di pietra: l’Italia. La decisione croata di rompere le trattative sul
trattato bilaterale di cooperazione con Roma, a seguito del
conferimento della Medaglia d’oro al valor militare all’ultima
amministrazione italiana di Zara (1943) da parte del Quirinale, ha
fatto riaffiorare sul confine orientale gli scomodi fantasmi del
passato. Alle sentite rimostranze di Zagabria hanno risposto
solamente gli imbarazzati silenzi di Roma. E per Zagabria l’approccio
comunitario, senza il viatico rappresentato proprio dal trattato di
cooperazione con l’Italia, appare quanto mai problematico. Non fosse
altro per le catastrofiche condizioni del sistema socio-economico e
per l’accentuato euroscetticismo che le battagliere opposizioni
stanno fomentando. A Zagabria nessuno si fa illusioni: senza
l’appoggio dell’Italia tutto diventa più difficile. La Croazia
oggi ha bisogno di un sostegno esterno: al suo interno la situazione
sociale si sta facendo pesante.
Mauro Manzin
CORRIERE DELLA SERA
30ottobre
Il ministro degli Esteri a
Lussemburgo avverte che «non bisogna drammatizzare» il
dissenso con il titolare della Difesa Martino, contrario al
progetto
DAL NOSTRO INVIATO
LUSSEMBURGO - Il ministro degli Esteri Renato Ruggiero torna alla carica per difendere l’importanza dell’accordo sull’Airbus A400M, il consorzio per la produzione di un aereo militare da trasporto europeo da cui il governo avrebbe intenzione di uscire. «Sono molto soddisfatto che un dossier che si diceva ormai chiuso sia stato riaperto. Trovo che sia un segno incoraggiante e farò di tutto per difendere il mio punto di vista» ha commentato Ruggiero, ieri a Lussemburgo per una riunione dei ministri degli Esteri europei.
Il responsabile della Farnesina ha confermato che la decisione finale sulla partecipazione al consorzio Airbus sarà presa a una riunione del Consiglio dei ministri la cui data non è stata ancora decisa. Ma ha aggiunto che l’appuntamento sarà preceduto da un incontro «preparatorio» dei cinque ministri più direttamente interessati. Oltre allo stesso Ruggiero e al responsabile della Difesa, Antonio Martino, ci saranno anche quello dell’Economia, Giulio Tremonti, delle Attività produttive, Antonio Marzano, e della Ricerca scientifica, Lucio Stanca.
«Non bisogna drammatizzare il fatto che sulla questione ci siano posizioni differenti tra me e il ministro della Difesa Antonio Martino - ha detto ancora Ruggiero - è logico che ognuno vede le cose nella sua prospettiva». Tuttavia, il ministro degli Esteri è apparso molto determinato nel difendere il proprio approccio alla questione: «Io sono portatore degli interessi italiani in Europa. Credo che l’argomento di una nostra chiara e decisa partecipazione alla difesa nell’Unione sia un elemento fondamentale anche per il futuro sviluppo di una nostra industria di difesa. Partecipando al progetto A400M, acquistiamo anche titolo e merito per i futuri programmi di difesa europea che saranno un capitolo importante delle politiche comunitarie».
Il ministro degli Esteri ha invece gettato acqua sul fuoco delle recenti polemiche con la Croazia, che ieri in Lussemburgo ha firmato l’accordo di associazione con l’Unione Europea. Il progetto di conferire una medaglia al valor militare al gonfalone di Zara, che ha suscitato l’irritazione di Zagabria, «era soltanto un’idea che volevamo verificare con il governo croato. Volevamo lanciare un’iniziativa congiunta per superare i tristi ricordi della storia».
Insomma, il ministro si dice «sorpreso» per la reazione dei croati e definisce l’incidente «una bolla di sapone».
Ma la firma del trattato di amicizia tra Italia e Croazia, secondo Ruggiero, resta invece per ora bloccata per una «difficoltà» da parte italiana. «Noi siamo determinati a chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni sequestrati agli esuli ed è chiaro che siamo pronti a farci carico dell’onere del rimborso. Quello del passato, per noi è un capitolo chiuso. Abbiamo invece chiesto un gesto morale al governo di Zagabria e cioè che, conformemente alla normativa europea, adegui la propria legislazione con particolare rilievo al principio di non discriminazione».
Ma su questo punto, ha detto ancora il ministro, «da parte croata ci sono difficoltà che non comprendiamo» e che per il momento tengono in sospeso la firma del trattato bilaterale di amicizia.
A.Bo.
IL PICCOLO 30 ottobre
Italia-Croazia: riappare il
fantasma dei beni
Roma non vuole riaprire i conti
del passato, ma chiede il rispetto del principio europeo di non
discriminazione
LUSSEMBURGO - Chi pensava in
un «disgelo» europeo del dissidio in atto tra Italia e
Croazia è rimasto deluso. Perché adesso, dietro il
«caso Zara», spunta il fantasma dei beni abbandonati dagli
esuli. Il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero qui a Lussemburgo ha
dapprima apposto la sua firma, assieme a quella degli altri suoi 14
«colleghi», al trattato di associazione e di
stabilizzazione della Croazia all’Ue, poi ha rotto il lungo silenzio
con cui la Farnesina ha fin qui seguito l’evolversi degli eventi
relativi al conferimento da parte del Quirinale della Medaglia d’oro
al valor militare all’ultima amministrazione italiana di Zara (1943).
E dalle sue parole è emerso chiaramente che il contenzioso
è lungi dall’essere risolto.
Che le cose fossero in evoluzione lo si era capito dalle
dichiarazioni fatte in mattinata dal sottosegretario agli Esteri,
Roberto Antonione. Il quale ha definito la situazione «molto
delicata», resa vieppiù «difficile in quanto
è stato coinvolto il Presidente della Repubblica».
Comunque, ha concluso Antonione - che della questione ha investito
anche il vicepremier Gianfranco Fini - «la Farnesina sta
lavorando». Detto e fatto. Non ha dubbi, infatti, il capo della
diplomazia italiana che in serata esterna sul contenzioso in atto. Il
caso Zara? «È solo una bolla di sapone», risponde
secco il ministro Ruggiero. Il quale poi si dice «sorpreso della
reazione di Zagabria». Quella della medaglia d’oro «era
un’idea - precisa - che volevamo verificare con il governo croato,
perché volevamo lanciare un’iniziativa congiunta per superare
i tristi ricordi della storia». Il ministro non lo dice, ma la
Farnesina è rimasta incredula al fatto che la Croazia abbia
reagito così seccamente a quella che è stata
un’anticipazione di stampa (fatta da «Il Piccolo» ndr.) che
comunque «andava verificata - dice Ruggiero - a livello
bilaterale». «Si tratta comunque - ripete il ministro - di
un’iniziativa che l’Italia voleva portare avanti assieme al governo
di Zagabria come simbolo di rappacificazione e non per fomentare
nuovi revanscismi».
Caso chiuso, dunque? Neanche per idea. Perché al di là
della medaglia ecco rispuntare il problema dei beni abbandonati dagli
esuli italiani nel dopoguerra. E qui Ruggiero vuole che non sorgano
equivoci di sorta. Così circa la volontà croata di non
negoziare più il trattato bilaterale di cooperazione e
amicizia il ministro ci tiene a precisare che piuttosto è
l’Italia «ad avere difficoltà» a firmare. «Noi
siamo determinati - spiega chiaramente il responsabile della
Farnesina - a chiudere il contenzioso sulla restituzione dei beni
sequestrati agli esuli ed è chiaro che l’Italia deve assumersi
l’onere del rimborso. Quello è un capitolo chiuso, ”pacta sunt
servanda”. Abbiamo chiesto però - aggiunge subito dopo
Ruggiero - come gesto morale a favore degli esuli che ci sia un
impegno della Croazia per un adeguamento della sua legislazione
interna a quella comunitaria, con particolare rilievo al principio di
non discriminazione. Pare che su questo ci siano difficoltà da
parte dei croati, difficoltà che noi non
comprendiamo».
Roma, insomma, non vuole che nella legge di denazionalizzazione in
gestazione al «sabor» croato vi sia una preclusione a
godere dei diritti da questa sanciti in base alla nazionalità.
Laddove anche un esule italiano ricadesse nei termini di legge,
dunque, dovrebbe a rigor di logica del ministro Ruggiero e dell’Ue,
essere trattato alla stregua di qualsiasi altro cittadino croato.
Il ragionamento italiano si sposta così sul versante europeo.
Il ministro degli Esteri sottolinea, infatti, come proprio in base
all’accordo di associazione e stabilizzazione firmato ieri qui a
Lussemburgo con l’Unione europea la Croazia è tenuta «ad
accettare il principio di non discriminazione». «Bisogna
dunque - spiega ancora Ruggiero - chiarire questo punto, che non
è una rivendicazione materiale e non riguarda il passato, ma
il futuro. A noi questo sembrava un atto dovuto. Non è una
concessione quella che chiediamo. Pensavamo che ci fosse già
stato un accordo durante la visita del Presidente Ciampi a Zagabria,
ma ora è stato rimesso in gioco». Alla fine Ruggiero non
chiude la porta in faccia alla Croazia. «Non ritengo - conclude
il ministro - che si debba drammatizzare, perché il nostro
spirito è quello di chiudere con il passato, tenendo conto
però - puntualizza - del debito morale con i nostri
esuli».
Roma, dunque, non fa distinzioni. La stessa formula presentata a
Lubiana è stata proposta a Zagabria. Ma sia Slovenia che
Croazia non hanno dimostrato di voler inghiottire un boccone che
resta, per la sensibilità dei rispettivi popoli, ancora troppo
amaro per essere ingoiato. E il contenzioso continua.
Mauro Manzin
Il piccolo 30
ott
Spadaro (Ds): «Il gesto di
Ciampi è una sfida al senso comune di chi, sia esso croato,
sloveno o italiano, ragiona ancora su basi
nazionaliste»
TRIESTE - Il segretario
provinciale dei Ds, Stelio Spadaro afferma che «la presa di
posizione della Croazia sull’atto simbolico del Presidente Ciampi
(conferimento della medaglia a Zara ndr.) è di per sè
eloquente e rivelatore non solo di una linea politica, ma soprattutto
di una mentalità». È se «è vero -
prosegue - che il gesto di Ciampi è una sfida al senso comune
di chi ragiona ancora con categorie nazionalistiche, da questo punto
di vista è una sfida sì ai nazionalisti croati, ma
anche a quelli sloveni e italiani». Ma Ciampi - conclude Spadaro
- dimostra come ora «l’Europa rende possibile ciò che
pochi anni fa sarebbe stato incomprensibile».
IL PICCOLO 30 ottobre SEGNALAZIONI
Il presidente della Società
dalmata di storia patria interviene sulla reazione del ministro degli
esteri croato
«Medaglia in ricordo di Zara
italiana»
Abbonato al suo giornale, ricevo sabato 27 ottobre il numero di
giovedì scorso con la notizia della reazione del ministro
degli esteri croato al «motu proprio» del Presidente Ciampi
che assegna al gonfalone dell’ultima amministrazione italiana di Zara
la medaglia d’oro in memoria dei distruttivi bombardamenti alleati
che rasero al suolo oltre 85% della cittadina nel 1943. Il ministro
considererebbe «inaccettabile il rapporto verso il passato»
del Presidente, non essendo prevista «l’apertura di questioni
che (noi croati) consideriamo chiuse da tempo».
Da sempre si è discusso sulle misteriose ragioni di siffatti
bombardamenti, che causarono la morte di 4000 zaratini in gran parte
rimasti insepolti sotto le macerie.
Se quanto sopra corrisponde al vero, lo stigmatizzare da parte croata
un riconoscimento alle vittime di tali attacchi terroristici ci
riconduce alla ben nota affermazione del grande poeta croato,
Vladimir Nazor, che auspicava la distruzione della Zara italiana:
«Al posto della Zara distrutta sorgerà una nuova Zadar
che sarà la nostra vedetta nell’Adriatico».
L’intervento del ministro degli esteri croato conferma ora
ufficialmente che i bombardamenti e i cittadini vittime degli stessi
sono stati effettuati su istigazione croata, che Zagabria vuole
tutelare.
È da condividere quanto afferma il ministro, che i rapporti
tra Stati «si fondano sul riconoscimento e il rispetto reciproco
delle sovranità». Se ciò è vero, come
è vero, della Zara italiana l’Italia ha il diritto di tutelare
ed apprezzare la memoria come meglio crede il nostro Presidente. Di
Zadar si occupino tranquillamente i croati.
Come l’Italia non si occupa di Vukovar, se non sul piano umanitario:
cosa che la Croazia non fece per Zara, salva la visione del
Nazor.
La sovranità italiana viene messa in dubbio, a meno che
l’Italia – nella visione – non sia uno Stato indipendente, mancipio
del non dimenticato Stato Indipendente Croato Ndh.
Nicolò Luzardo
De Franchi
presidente
della Società dalmata
di storia patria
IL PICCOLO 30 ottobre
A Lussemburgo il primo passo di
Zagabria verso l’integrazione europea. Ma resta il gelo nei rapporti
con Roma
La Croazia firma l’associazione
all’Ue
Ruggiero: «Dietro allo strappo i beni degli esuli».
Antonione: «Situazione delicata»
LUSSEMBURGO - Ieri c’è
stata la firma di associazione della Croazia all’Ue, primo passo
verso l’integrazione europea. Erano presenti i rappresentanti di
Zagabria e quelli dei Quindici, compreso il nostro ministro degli
Esteri Ruggiero. Ma resta il gelo tra Italia e Croazia. E dietro il
«caso Zara» spunta il fantasma dei beni abbandonati dagli
esuli. Ruggiero ha rotto il silenzio della Farnesina sullo
«strappo» croato, dopo il conferimento da parte del
Quirinale della Medaglia d’oro all’ultima amministrazione italiana di
Zara (1943). Per Ruggiero il caso Zara è solo «una bolla
di sapone»: il vero punto è il problema dei beni
abbandonati. E sulla volontà croata di non negoziare
più il trattato bilaterale di cooperazione il ministro precisa
che piuttosto è l’Italia «ad avere
difficoltà» a firmare: «Vogliamo chiudere il
contenzioso sulla restituzione dei beni. Abbiamo chiesto però
un impegno alla Croazia per un adeguamento della sua legislazione a
quella comunitaria, in particolare al principio di non
discriminazione. Pare che su questo ci siano difficoltà che
noi non comprendiamo». In mattinata il sottosegretario agli
Esteri Roberto Antonione aveva definito la situazione «molto
delicata», resa vieppiù «difficile in quanto
è stato coinvolto il Presidente della Repubblica». Ma,
aveva concluso Antonione, «la Farnesina sta lavorando» per
ricucire lo strappo.
Mauro Manzin