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NOTIZIE EST #493 - CROAZIA/ITALIA
12 novembre 2001
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UN'IMBARAZZANTE DECORAZIONE AL FASCISMO

[NOTA: seguono due articoli relativi alla decisione del presidente italiano Ciampi di conferire un'onorificenza alla ex amministrazione fascista italiana della citta' croata di Zara. Il primo, della AIM di Zagabria, offre un punto di vista interno croato; il secondo, del  settimanale serbo "NIN", oltre a denunciare il fatto, critica anche le politiche del governo Racan e fornisce un breve quadro dei problemi della Croazia con i suoi vicini e con le minoranze interne - a.f.]


UN'ONORIFICENZA CONTENENTE UN MESSAGGIO
di Jelena Lovric - (AIM Zagreb, 29 ottobre 2001)

La decisione del presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi di conferire la piu' alta decorazione militare italiana alla citta' di Zara (Zadar) ha lasciato
sbalordita la Croazia e si e' trasformata in un vero e proprio scandalo diplomatico. La medaglia d'oro e' stata assegnata, per essere piu' precisi, non
all'attuale citta' di Zara, bensi' a quella di piu' di  sessanta anni fa e piu' in particolare all'amministrazione di Zara in esilio.

L'Italia ufficiale ha confermato la notizia del quotidiano "Il Piccolo" di Trieste secondo cui il presidente italiano il 13 novembre avrebbe dovuto
consegnare l'alta onorificenza "alla bandiera dell'ultima amministrazione civile italiana di Zara". Come motivazione del conferimento dell'onorificenza si citano le sofferenze di queste citta' in conseguenze dei massicci bombardamenti degli alleati nel 1943. Non si cita il fatto che Zara, anche dopo la capitolazione dell'Italia, ha continuata a sostenere l'opzione fascista.

La Croazia ufficiale ha immediatamente reagito. L'ambasciatore croato ha chiesto una spiegazione a Roma e all'ambasciatore italiano a Zagabria e' stata consegnata una nota di protesta. Il ministero degli  esteri della Croazia ha comunicato che con la decorazione alla "Zara italiana" viene espressa una posizione inaccettabile nei confronti del passato. Da Roma hanno risposto con il posponimento della cerimonia di consegna della medaglia. Ma il problema, in tal modo, non e' stato risolto, bensi' solo rimandato.

Il conferimento dell'onorificenza di Ciampi alla cosidetta "libera municipalita' di Zara in esilio" e' un atto eminentemente politico. Tale decisione contiene un messaggio politico che la Croazia non puo' ne' rimanere a vedere ne' in alcun modo accettare. Essa implica, come minimo, un atteggiamento strano nei confronti di alcuni fatti storici. Riapre nuovamente, come osservano correttamente al ministero degli esteri
croato, un capitolo storico da lungo tempo chiuso, mettendo in questione alcune posizioni diventate patrimonio comune.

Se l'onorificenza verra' consegnata alla cosidetta "municipalita' libera di Zara", si intendera' con cio' dire che quella attuale non e' libera? Se la
decorazione verra' conferita a quegli italiani di Zara che non si richiamano alla tradizione antifascista, e oltretutto verra' consegnata per le sofferenze che Zara ha subito in conseguenza dei bombardamenti alleati, vorra' dire che l'Italia ha cambiato atteggiamento riguardo alla posizione antifascista dell'Europa attuale? Roma si considera erede di quel regime che teneva Zara e che nel 1943 ha dovuto capitolare, oppure trova il suo punto d'appoggio nell'Italia postfascista? A quanto risulta, nessun altro uomo di stato europeo ha fatto una mossa come quella di Ciampi.

Forse, tuttavia, i motivi della spiacevole sorpresa proveniente da Roma non devono essere cercati nel  passato e nel desiderio di una sua riformulazione. Forse si tratta soprattutto di un tentativo di ridisegnare gli attuali rapporti tra l'Italia e la Croazia. Zagabria ritiene che questo scandalo sia strano, perche' e' venuto solo due settimane dopo la visita del presidente italiano in Croazia, svoltasi con successo. Ma gia' in quella occasione si e' potuto intuire come i rapporti reciproci non fossero cosi' idillici come sembrava a un primo sguardo.

Nel corso di tale visita Roma ha suggerito una modifica delle leggi croate, e piu' in concreto della legge sulla denazionalizzazione, a vantaggio degli optanti italiani, nonche' la cancellazione dei decreti che vengono definiti come discriminatori sulla base della nazionalita' di appartenenza. In un discorso l'ospite ha elencato una lunga lista di citta' in Istria e in Dalmazia nelle quali, come ha affermato, la cultura italiana ha lasciato profonde tracce e tale dichiarazione e' suonata come riferentesi non solo al passato. Il comportamento dell'ospite italiano e' stato, a quanto si dice, il motivo per cui il suo collega croato nel corso della visita comune in Istria ha deciso a un certo punto di deviare dal discorso preparato in anticipo e di menzionare il fascismo italiano. Cosi', il presidente Stjepan Mesic ha ricordato che l'Istria ha conosciuto "il male del fascismo e l'oppressione del comunismo" e quindi entrambe le parti hanno qualcosa da imparare dalla storia.

La parte italiana ha insistito sulla formulazione secondo cui la Croazia deve eliminare dalle sue leggi la "discriminazione" delle minoranze anche nel corso delle trattative per l'accordo di collaborazione e partnership, che si sta preparando in tutta fretta e che su insistenza di Roma dovrebbe essere firmato molto presto. Il premier croato Ivica Racan era pronto a firmarlo lunedi' 29 ottobre, insieme all'Accordo di stabilizzazione e di associazione all'Unione Europea. Ora tutto questo e' finito in nulla, almeno fino a quando non verra' risolto lo scandalo di Zara.

La parte italiana afferma di essere rimasta assolutamente sorpresa della reazione di Zagabria. La ritiene l'espressione di una sensibilita' eccessiva.
"Il Piccolo" di Trieste continua a inasprire i fatti. Dopo avere affermato che il presidente Ciampi non ha rinunciato alla sua decisione, ma ha solo rimandato la sua realizzazione, tale quotidiano annuncia che oltre a Zara, potrebbero ottenere decorazioni anche Fiume (Rijeka) e Pola (Pula). La reazione della Croazia viene definita dal "Piccolo", letteralmente, "sfacciata, sconsiderata e inaccettabile". Su toni analoghi sono state anche le pubblicazioni relative allo scandalo di Zara comparse in altri media italiani. Il "Corriere della Sera" scrive che "Zagabria blocca l'accordo con
l'Italia" e minaccia il ritiro dell'ambasciatore se il conferimento della medeaglia a Zara non verra' cancellato immediatamente. "Repubblica" definisce i diplomatici croati bellicosi e vede il motivo per l'interruzione delle trattative non tanto nel caso di Zara quanto nel contenuto di uno degli articoli dell'accordo di partnership e collaborazione.

All'Ufficio del presidente croato Mesic ritengono, tuttavia, che il differimento della cerimonia sia solo il primo passo. Al Pantovcak affermano che si tratta di un problema serio nei rapporti reciproci tra Italia e Croazia e che sara' possibile superarlo solo se la decisione di conferire l'onorificenza alla "Zara italiana" verra' cancellata.

I circoli diplomatici di Zagabria esprimono sorpresa, e alcuni anche preoccupazione, per l'ultima mossa di Roma. I media americani hanno addirittua osservato che "la Croazia e' amareggiata per la decisione dell'Italia di conferire una decorazione all'amministrazione fascista di Zara che aveva governato tale citta' croata nel corso della Seconda guerra mondiale". Il gesto di Ciampi viene considerato come un messaggio inviato non
solo alla Croazia, ma anche all'Europa. I diplomatici lo mettono sullo stesso piano della recente dichiarazione di Berlusconi secondo cui la cristianita'
e' superiore alla tradizione islamica. Ci si domanda soprattutto in quale misura la decisione di premiare la "Zara italiana" sia espressione di rapporti interni all'Italia. Ma si puo' anche parlare dell'intenzione tacita dell'Italia di non ritenere piu' strettamente vincolante il Trattato di Osimo - con il quale nel 1975 l'Italia e l'allora Jugoslavia di Tito avevano definito i confini e avevano fissato regole per risolvere le questioni relative alle minoranze. La Croazia ha ancora dei debiti non assolti nei confronti degli optanti italiani, Roma cerca di riuscire a ricavarne quanto piu' puo'.

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LA RIVENDICAZIONE DI ZARA
di Zorica Stanivukovic - ("NIN" [Belgrado], 1 novembre
2001)

[...] Il noto stilista Ottavio Missoni, creatore dei famosi mocassini italiani e di cravatte di lusso, e' anche presidente della "Libera municipalita' di Zara in esilio". [...] E' proprio lui che in questi giorno dovrebbe vedersi consegnare l'alta decorazione del  presidente d'Italia Carlo Azeglio Ciampi. Si tratta di una medaglia d'oro che il presidente italiano consegnera' a Zara come vittima dei massicci bombardamenti alleati nel corso della Seconda guerra mondiale. Affinche' gli estimatori del generale croato Gotovina, datosi alla macchia, i quali hanno affisso per tutta Zara le sue foto, non rimanessero confusi, Roma ha fornito subito una spiegazione. L'onorificenza non viene attribuita all'attuale sindaco di Zara, Bozidar Kalmeti, perche' non si tratta della citta' di Zara all'interno degli attuali confini della Croazia. Si tratta invece di Zara quale parte integrale del Regno d'Italia e piu' precisamente di quello dei tempi di Mussolini. L'onorificenza che dovrebbe ottenere Ottavio Missoni e' direttamente una medaglia d'oro
all'amministrazione fascista della citta' che si trova al centro della Dalmazia e da come stanno andando le cose, onorificenze simili potrebbero essere attribuite anche a Fiume e Pola in Istria. L'emigrazione di guerra a Trieste, infatti, ritiene che entrambe queste citta' dovrebbero ottenere un riconoscimento per la virtu' guerresca con la quale, sotto la bandiera di Mussolini, si sono opposte alle forze alleate e ai partigiani di Tito. Tali dichiarazioni provenienti da Roma e da Trieste hanno costernato sia Zara sia l'intera Croazia. Tanto piu' che il presidente italiano Carlo Azeglio
Ciampi solo pochi giorni prima era stato in visita ufficiale a Zagabria e aveva stretto calorosamente la mano ai vertici dello stato e della diplomazia croati.

[...] Il capo della diplomazia croata, Tonino Picula, ha scelto la via di mezzo, vale a dire che Zagabria continua a sperare che l'alto ospite italiano capisca che Zara oggi si trova in Croazia e non in Italia, nessuno dei due summenzionati paesi. Tutto quello che e' riuscito in tal modo a ottenere e' che Campi ha rimandato la cerimonia di consegna della discussa onorificenza che Ottavio Missoni avrebbe dovuto ottenere il 13 novembre nel palazzo del Quirinale a Roma. La Croazia da parte sua ha interrotto le trattative per la firma di un accordo di amicizia tra i due paesi e i croati che desiderano fare la spesa nei negozi triestini oltre confine non possono piu' passare con la sola carta d'identita' come prima. La "putovnica" e' nuovamente diventata un simbolo di orgoglio nazionale, ma coloro che la usano affondano sempre piu' nei problemi che la Croazia ha con la
maggior parte dei suoi vicini piu' prossimi e piu' lontani.



UNA VICENDA DAL SUO RETROTERRA
Il periodo della diffidenza e dell'animosita' e' cominciato, come tradizione vuole, con la Jugoslavia. Nonostante le dichiarazioni ottimistiche degli
imprenditori del paese e di quelli jugoslavi, i rapporti tra Zagabria e Belgrado sono nuovamente a un punto morto. In pratica nessun editore croato ha voluto ammettere di essere stato alla Fiera del libro di Belgrado, mentre un cinema di Zagabria ha accettato il rischio di programmare il film "Natasa" di Ljubisa Samardzic. Gli sloveni non hanno ancora restituito ai risparmiatori croati i loro patrimoni di prima della guerra depositati presso la "Ljubljanska banka" e il golfo di Piran e' stato diviso nel giro di una notte a favore di Ljubljana. Nemmeno Budapest si lascia sfuggire l'occasione di ricordare che la minoranza ungherese desidererebbe godere in Croazia di una maggiore autonomia culturale e politica, e i confini con la Bosnia-Erzegovina, soprattutto quando sono in questione le dispute tra Zagabria e Banjaluka, da una parte, e Zagabria e Mostar, dall'altra, sono un vero e proprio incubo della Croazia del dopoguerra. Le autorita' hanno cercato di trovare scampo dai problemi regionali sotto l'ombrello dell'Unione Europea. Recenti inchieste hanno dimostrato, tuttavia, che in tale comunita' di stati la Croazia e' indesiderata tanto quanto la Jugoslavia. Quasi due terzi degli abitanti degli stati membri dell'UE ritengono che i "paesi di Daytonland" debbano rimanere ancora per un po' di tempo nel "purgatorio del dopoguerra balcanico". A quasi tutti i cittadini della ex Jugoslavia e dei paesi emersi dalle sue rovine e' chiaro che questo concetto rimanda a un territorio che e' particolarmente poco raccomandato per le grandi ambizioni di vita. Sia per quanto riguarda la vita della gente comune sia per
quella dei politici e degli statisti locali. Il recente scandalo del tentativo di decorare l'amministrazione fascista di Zara del 1943 rientra proprio per questo in una delle classiche vicende con un retroterra storico. 

I giornali italiani riportano dati relativi a piu' di trecento abitanti di Zara morti, che hanno perso a quei tempi la vita nell'uniforme fascista. I croati si
arrabbiano perche' non vengono menzionati gli abitanti di Zara che hanno perso la vita nella lotta contro l'occupazione italiana e le autorita' fasciste. Ci sono anche quelli che ritengono che tutta la faccenda sia "un affare sbagliato". Molti generali dell'esercito croato hanno affermato apertamente,
durante l'ultima guerra con i serbi, di riconoscere unicamente il comando del "poglavnik" Ante Pavelic ed era stato proprio quest'ultimo ad accordarsi con Mussolini per la consegna dell'Istria, di Zara e di un gran numero di isole adriatiche all'Italia.

ALLERGIA NAZIONALE
Chi ha piu' conoscenza della storia recente della Croazia, e in particolare di quel breve periodo di tempo che qui viene definito pretenziosamente "era del dopo-Tudjman", vede nello spinoso incidente con il quale lo stilista Missoni oggi minaccia Zara una reazione di destra all'inaccettabile opportunismo politico del governo di Ivica Racan. Poco tempo fa la coalizione di governo in Croazia e' stata abbandonata dall'Assemblea Democratica Istriana di Ivan Jakovcic, che ora se ne e' andato dal governo di Racan nel quale era ministro per l'integrazione europea. Il motivo e' a prima vista banale e di natura formale. Gli istriani hanno elaborato uno statuto particolare per la propria zupanija, nel quale, tra le altre cose, si chiedeva uno status eguale per la lingua e l'alfabeto croato e italiano. Se si tiene conto della numerosa minoranza italiana in Istria, sembrava una cosa logica e politicamente accettabile, soprattutto perche' i politici istriani hanno spiegato che non vi e' alcun dubbio che l'Istria sia parte integrale della Croazia, anche se allo stesso tempo desidera entrare a fare parte di un'Europa moderna e cosmopolita. Molti giuristi croati, ivi incluso l'ex ministro della giustizia Stjepan Ivanisevic, hanno cercato di dimostrare che lo "Statuto istriano" avrebbe direttamente violato la costituzione nazionale, mentre i nazionalisti piu' duri hanno ripetuto con un sorriso la propria prediletta tesi di guerra secondo cui in Croazia "qualcuno sta nuovamente cercando di creare uno stato nello stato".
I discorsi sullo stato, l'autonomia, le minoranze, le lingue e gli alfabeti hanno avuto in questi giorni un supplemento proveniente dall'altra estremita'
della Croazia. La maggioranza del Consiglio comunale di Vukovar, formata perlopiu' da rappresentanti dei partiti croati di destra, ha rifiutato di
introdurre, accanto alla lingua croata e all'alfabeto latino, anche l'utilizzo in questa citta' e nei suoi dintorni del serbo e dell'alfabeto cirillico. I
rappresentanti serbi del consiglio comunale di Vukovar hanno presentato ricorso di fronte alla Corte costituzionale, poiche' avevano basato la loro proposta sulla Legge relativa all'impiego delle lingue e degli alfabeti delle minoranze nazionali e sulla Legge costituzionale sui diritti delle minoranze in Croazia.
Dopo la polemica sull'eguaglianza tra la lingua croata e quella italiana in Istria, alcuni muri di Rovigno si sono svegliati ricoperti di simboli fascisti,
mentre la lettera maiuscola "U" o la coccarda cetnica sono ormai da anni un decoro normale delle macerie di Vukovar. I cauti politici dell'"era del
dopo-Tudjman" pensano che dei due mali questo sia comunque minore. Se avessero accettato tutte le clausole dello "Statuto Istriano", ivi incluse, per esempio, quello delle targhe bilingui per i nomi delle vie, i veterani di guerra di Vukovar avrebbero dovuto nuovamente vedere i nomi delle loro strade scritti in entrambi gli alfabeti e ancora piu' terrificante sarebbe se, sempre per fare un esempio, dovessero abitare in via San Sava invece che in via Alojz Stepinac.
Oppure, come si domandano i politici allergici alle altre nazioni, culture e fedi, fino a quando in Istria ci saranno piu' Giovanni e Jovan che Hrvoj e Ivan? Poiche' le attuali autorita' croate, che usano per ora la matematica soprattutto per contare i propri opponenti di destra, sono giunte alla
conclusione che i simboli fascisti lungo le citta' dell'Adriatico, cosi' come le immagini di Pavelic e le coccarde cetniche nella Slavonia Orientale, sono
comunque un male minore rispetto a un'inutile sfida ai suscettibili uomini della destra croata. L'elegante diplomazia di Zagabria, del resto, preferirebbe molto di piu' pensare a Missoni per le sue belle creazioni di moda, piuttosto che per le imbarazzanti trattative politiche contro le quali la Croazia rischia sempre di andare a sbattere la testa.
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IL PICCOLO 13/11

Pesa ancora sui rapporti il nodo dei beni abbandonati. Attesa per l’incontro fra Ruggiero e gli esuli
Italia-Croazia: Trieste
«inadatta alla firma»



ZAGABRIA - La firma del Tratto di amicizia e cooperazione tra Italia e Croazia, che avrebbe dovuto aver luogo questo mese in occasione del vertice Ince di Trieste, slitta ad altra data, e altro luogoo. Ma ci sarà comunque entro l’anno. Così assicurano a Zagabria,dove vedono ancora il capoluogo giuliano come una città «scomoda». Anche dopo 50 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. a Zagabria la portavoce del governo guidato dal socialdemocratico Ivica Racan ha comunicato che «l’accordo non sarà firmato a fine novembre a Trieste perché si ritiene che per opportunità storica non sia un luogo adatto». Bocciata Trieste, la portavoce non boccia tuttavia i contenuti del Trattato, che saranno esaminati dal governo di Zagabria «in una riunione entro la fine del mese». Nulla trapela sul luogo prescelto e la data in cui avverrà la tribolata firma.
Fonti diplomatiche italiane non commentano le motivazioni addotte dalla Croazia sull’inopportunità logistica triestina, ma confermano quanto avevano già dichiarato alcuni giorni or sono. «Innanzitutto — spiegano al ministero degli Esteri — è prematuro parlare di testo definitivo». Roma infatti attende ancora gli esiti dell’incontro che il ministro Ruggiero avrà con le associazioni degli esuli, che sono pronte a dare battaglia. Il nodo è semprelo stesso: quello dei beni abbandonati.
La Croazia, come confermano fonti politiche qui nella capitale, non vuole fare la prima mossa e vuole valutare che cosa scaturirà dal summit tra il ministro Ruggiero e le associazioni degli esuli. Vuole vedere soprattutto se e quali eventuali modifiche potebbero essere proposte da Roma al testo licenziato la scorsa settimana dalle due delegazioni diplomatiche alla Farnesina. Il tema dei beni abbandonati è troppo delicato e la Croazia non vuole fare passi falsi. D’ora in avanti anche una virgola può risultare determinante.
M. Manzin e P. Sabatti

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IL PICCOLO 13/11

IL CASO ITALIA-CROAZIA Infuria sui mass media la polemica sulla decisione del Presidente Ciampi
Medaglia a Zara: omaggio o gaffe?



TRIESTE «Una gaffe diplomatica». «Un atto di rispetto ai fascisti di Mussolini». Un attestato alla popolazione italiana che ha sofferto». Fa ancora discutere la medaglia d’oro a Zara, decisa dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi. Un riconoscimento che ha provocato l’irrigidimento della Croazia, dopo gli abbracci tra Mesic e Ciampi in visita a Zagabria e in Istria, e l’interruzione della trattativa sull’accordo di amicizia tra i due Paesi. Trattativa ripresa e conclusa (almeno secondo i croati). Quindi a livello diplomatico la tempesta sembra essersi acquietata, ma la polemica rimane aperta sui mass media, croati e italiani.
La Slobodna Dalmacija, quotidiano spalatino, intervista il professor Valentino Urani, definito «un esperto che ha pubblicato numerose ricerche e libri su Zara». Urani afferma che con l’8 settembre del 1943 «aveva cessato di esistere l’autorità legale italiana e le autorità cittadine erano leali a Mussolini e ai nazisti». E inoltre che «l’autorità fascista a Zara fu consolidata nel novembre ’43 con l’avvento del prefetto Vincenzo Sorentino (in realtà il cognome era Serrentino, n.d.r.) e di membri del Partito fascista Repubblicano» e che «l’ufficio del Prefetto pagava ai tedeschi cinque milioni di lire al mese come contrbuto alle spese di protezione militare». E conclude che «si può facilemente capire come questo sia un atto di rispetto ai fascisti di Mussolini».
Su «Famiglia Cristiana» del 4 novembre appare una «cornice» dal titolo «Quella medaglia d’oro a Zara fascista» in cui si dà notizia della vicenda affermando che «la medaglia riconosce il gonfalone fascista del ’43».
Di questi giorni la presa di posizione di Franco Juri, ex sottosegretario di Stato agli Esteri della Slovenia, che definisce la decisione «un’imperdonabile gaffe diplomatica». E spiega: «E’ possibile che a nessuno sia passato per la mente che un’amministrazione italiana a quei tempi era inevitabilmente e inesorabilmente fascista? E che il ricordo del fascismo presso Croati e Sloveni, a cui nel ventennio era persino proibito di parlare la propria lingua, diventa ancor più doloroso se riabilitato da un’Italia democratica ed europea?».
«Macchè omaggio alla Zara fascista – replica Renzo de’ Vidovich della delegazione triestina del Libero Comune di Zara in Esilio – si tratta soltanto di un doveroso riconoscimento all’attaccamento degli zaratini alla Patria e alle sofferenze di una città che volle fino all’ultimo essere italiana. Che poi Zara fosse fascista – aggiunge – non è da discutere. Lo era come Milano e altre città italiane a quell’epoca». Per de’ Vidovich una polemica sbagliata perchè, anzi, la medaglia a Zara voleva essere un atto di riparazione verso gli esuli da inserire, per superare i torti del passato, proprio nel trattato di amicizia tra Italia e Croazia.
Pierluigi Sabatti

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ILPICCOLO 13/11

IL CASO ITALIA-CROAZIA Il governo Racan boccia il capoluogo giuliano quale sede in cui si sarebbe dovuto sottoscrivere, in margine al vertice Ince, l’Accordo bilaterale di cooperazione
Zagabria: «inopportuno» firmare il Trattato a Trieste
Città «storicamente» inadeguata. La Farnesina: «Manca l’avallo del nostro governo al testo»


ZAGABRIA - Trieste città «scomoda». Anche dopo 50 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. E così la tanto publicizzata firma del Trattato di cooperazione e amicizia tra Italia e Croazia, che avrebbe dovuto essere sottoscritto nel capoluogo giuliano a margine del vertice dell’Iniziativa centroeuropea (Ince), è rinviata a data e luogo da destinarsi. L’annuncio viene da Zagabria, dove Aleksandra Kolaric, la portavoce del governo guidato dal socialdemocratico Ivica Racan, ha comunicato che «l’accordo non sarà firmato a fine novembre a Trieste perché si ritiene che per opportunità storica non sia un luogo adatto». Bocciata Trieste la portavoce non boccia i contenuti del Trattato, i quali saranno esaminati dal governo di Zagabria «in una riunione entro la fine del mese». Nulla trapela sul luogo prescelto e la data in cui avverrà la tanto agognata e tribolata firma. «Stabilire la data e il luogo della firma - conclude la Kolaric - è una questione puramente tecnica», anche se tale non è la bocciatura di Trieste.
Le notizie che giungono dalla capitale croata non sorprendo però la Farnesina. Fonti diplomatiche italiane non commentano le motivazioni addotte dalla Croazia sull’inopportunità logistica triestina, ma confermano quanto avevano già dichiarato alcuni giorni or sono quando è trapelata la notizia dell’avvenuta stesura del testo dell’accordo bilaterale. «Innanzitutto - spiegano al ministero degli Esteri - è prematuro parlare di testo definitivo». Non fosse altro, fanno capire, perché Roma attende ancora gli esiti dell’incontro che sullo scottante tema avrà il ministro Ruggiero con le associazioni degli esuli. Le quali, come preannunciato nei giorni scorsi, sono pronte a dare battaglia. È la cosiddetta «clausola Fini», quella voluta dal vice premier - e ribadita in una lettera inviata di recente allo stesso presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - in base alla quale nulla sarà deciso e tantomeno firmato dall’Italia con la Croazia se prima non si saranno sentiti anche gli esuli. Perché il nodo della questione è sempre lo stesso: quello dei beni abbandonati.
Eppure il sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione aveva annunciato a Trieste che la firma sarebbe avvenuta addirittura all’Onu, durante i lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite in svolgimento in queste ore a New York. Scartata però questa occasione per palese mancanza dei tempi tecnici per redigere il Trattato nella sua interezza e per sottoporlo alla lettura dei rispettivi governi, le parti davano per scontata la scelta del capoluogo giuliano quale sede per la firma. Chi è stata sempre scettica è ancora una volta la Farnesina. Fonti riservate avevano espresso già alcuni giorni or sono seri dubbi su Trieste. No di certo perché, come detto dalla controparte croata, la città fosse ritenuta inadatta per «opportunità storica», ma per una duplice serie di motivi. Il primo era ed è a tuttoggi tecnico-temporale: non c’è il tempo per svolgere tutti gli adempimenti necessari. Il secondo perché, fanno intendere alla Farnesina, non sarebbe «diplomatically correct» sottoscrivere un atto bilaterale nel corso di un’assise multilaterale come quella dell’Ince. E le stesse dichiarazioni ottimiste del sottosegretario Antonione erano valutate già alcuni giorni or sono con motivato scetticismo. Non fosse altro - dicono al ministero degli Esteri - per il fatto che un trattato prima di essere firmato deve avere l’avallo del governo.
E qui a Zagabria fonti politiche annunciavano che palazzo Chigi avrebbe dovuto interessarsi dei contenuti dell’accordo bilaterale lo scorso 8 novembre. Ma così non è stato. Allora Zagabria ha messo il piede sul freno. Anche perché le notizie che giungevano nel frattempo da Roma, annunciavano il braccio di ferro in corso tra il governo e gli esuli sui contenuti del Trattato. La Croazia, dunque, come confermano fonti politiche qui nella capitale, non vuole fare la prima mossa e vuole valutare che cosa scaturirà dal summit tra il ministro Ruggiero e le associazioni degli Esuli. Zagabria vuole vedere soprattutto se e quali eventuali modifiche potebbero essere proposte da Roma al testo licenziato la scorsa settimana dalle due delegazioni diplomatiche alla Farnesina. Il tema dei beni abbandonati è troppo delicato e la Croazia non vuole fare passi falsi. D’ora in avanti anche una virgola può risultare determinante.
Mauro Manzin

Il ministero degli Esteri italiano attende gli esiti dell’incontro tra Ruggiero e le associazioni degli esuli e ritiene la questione diplomatica ancora aperta.
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