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NOTIZIE EST #493 - CROAZIA/ITALIA
12 novembre 2001
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UN'IMBARAZZANTE DECORAZIONE AL FASCISMO
[NOTA: seguono due articoli relativi alla decisione del presidente
italiano Ciampi di conferire un'onorificenza alla ex amministrazione
fascista italiana della citta' croata di Zara. Il primo, della AIM di
Zagabria, offre un punto di vista interno croato; il secondo,
del settimanale serbo "NIN", oltre a denunciare il fatto,
critica anche le politiche del governo Racan e fornisce un breve
quadro dei problemi della Croazia con i suoi vicini e con le
minoranze interne - a.f.]
UN'ONORIFICENZA CONTENENTE UN MESSAGGIO
di Jelena Lovric - (AIM Zagreb, 29 ottobre 2001)
La decisione del presidente italiano Carlo Azeglio Ciampi di
conferire la piu' alta decorazione militare italiana alla citta' di
Zara (Zadar) ha lasciato
sbalordita la Croazia e si e' trasformata in un vero e proprio
scandalo diplomatico. La medaglia d'oro e' stata assegnata, per
essere piu' precisi, non
all'attuale citta' di Zara, bensi' a quella di piu' di sessanta
anni fa e piu' in particolare all'amministrazione di Zara in
esilio.
L'Italia ufficiale ha confermato la notizia del quotidiano "Il
Piccolo" di Trieste secondo cui il presidente italiano il 13 novembre
avrebbe dovuto
consegnare l'alta onorificenza "alla bandiera dell'ultima
amministrazione civile italiana di Zara". Come motivazione del
conferimento dell'onorificenza si citano le sofferenze di queste
citta' in conseguenze dei massicci bombardamenti degli alleati nel
1943. Non si cita il fatto che Zara, anche dopo la capitolazione
dell'Italia, ha continuata a sostenere l'opzione fascista.
La Croazia ufficiale ha immediatamente reagito. L'ambasciatore croato
ha chiesto una spiegazione a Roma e all'ambasciatore italiano a
Zagabria e' stata consegnata una nota di protesta. Il ministero
degli esteri della Croazia ha comunicato che con la decorazione
alla "Zara italiana" viene espressa una posizione inaccettabile nei
confronti del passato. Da Roma hanno risposto con il posponimento
della cerimonia di consegna della medaglia. Ma il problema, in tal
modo, non e' stato risolto, bensi' solo rimandato.
Il conferimento dell'onorificenza di Ciampi alla cosidetta "libera
municipalita' di Zara in esilio" e' un atto eminentemente politico.
Tale decisione contiene un messaggio politico che la Croazia non puo'
ne' rimanere a vedere ne' in alcun modo accettare. Essa implica, come
minimo, un atteggiamento strano nei confronti di alcuni fatti
storici. Riapre nuovamente, come osservano correttamente al ministero
degli esteri
croato, un capitolo storico da lungo tempo chiuso, mettendo in
questione alcune posizioni diventate patrimonio comune.
Se l'onorificenza verra' consegnata alla cosidetta "municipalita'
libera di Zara", si intendera' con cio' dire che quella attuale non
e' libera? Se la
decorazione verra' conferita a quegli italiani di Zara che non si
richiamano alla tradizione antifascista, e oltretutto verra'
consegnata per le sofferenze che Zara ha subito in conseguenza dei
bombardamenti alleati, vorra' dire che l'Italia ha cambiato
atteggiamento riguardo alla posizione antifascista dell'Europa
attuale? Roma si considera erede di quel regime che teneva Zara e che
nel 1943 ha dovuto capitolare, oppure trova il suo punto d'appoggio
nell'Italia postfascista? A quanto risulta, nessun altro uomo di
stato europeo ha fatto una mossa come quella di Ciampi.
Forse, tuttavia, i motivi della spiacevole sorpresa proveniente da
Roma non devono essere cercati nel passato e nel desiderio di
una sua riformulazione. Forse si tratta soprattutto di un tentativo
di ridisegnare gli attuali rapporti tra l'Italia e la Croazia.
Zagabria ritiene che questo scandalo sia strano, perche' e' venuto
solo due settimane dopo la visita del presidente italiano in Croazia,
svoltasi con successo. Ma gia' in quella occasione si e' potuto
intuire come i rapporti reciproci non fossero cosi' idillici come
sembrava a un primo sguardo.
Nel corso di tale visita Roma ha suggerito una modifica delle leggi
croate, e piu' in concreto della legge sulla denazionalizzazione, a
vantaggio degli optanti italiani, nonche' la cancellazione dei
decreti che vengono definiti come discriminatori sulla base della
nazionalita' di appartenenza. In un discorso l'ospite ha elencato una
lunga lista di citta' in Istria e in Dalmazia nelle quali, come ha
affermato, la cultura italiana ha lasciato profonde tracce e tale
dichiarazione e' suonata come riferentesi non solo al passato. Il
comportamento dell'ospite italiano e' stato, a quanto si dice, il
motivo per cui il suo collega croato nel corso della visita comune in
Istria ha deciso a un certo punto di deviare dal discorso preparato
in anticipo e di menzionare il fascismo italiano. Cosi', il
presidente Stjepan Mesic ha ricordato che l'Istria ha conosciuto "il
male del fascismo e l'oppressione del comunismo" e quindi entrambe le
parti hanno qualcosa da imparare dalla storia.
La parte italiana ha insistito sulla formulazione secondo cui la
Croazia deve eliminare dalle sue leggi la "discriminazione" delle
minoranze anche nel corso delle trattative per l'accordo di
collaborazione e partnership, che si sta preparando in tutta fretta e
che su insistenza di Roma dovrebbe essere firmato molto presto. Il
premier croato Ivica Racan era pronto a firmarlo lunedi' 29 ottobre,
insieme all'Accordo di stabilizzazione e di associazione all'Unione
Europea. Ora tutto questo e' finito in nulla, almeno fino a quando
non verra' risolto lo scandalo di Zara.
La parte italiana afferma di essere rimasta assolutamente sorpresa
della reazione di Zagabria. La ritiene l'espressione di una
sensibilita' eccessiva.
"Il Piccolo" di Trieste continua a inasprire i fatti. Dopo avere
affermato che il presidente Ciampi non ha rinunciato alla sua
decisione, ma ha solo rimandato la sua realizzazione, tale quotidiano
annuncia che oltre a Zara, potrebbero ottenere decorazioni anche
Fiume (Rijeka) e Pola (Pula). La reazione della Croazia viene
definita dal "Piccolo", letteralmente, "sfacciata, sconsiderata e
inaccettabile". Su toni analoghi sono state anche le pubblicazioni
relative allo scandalo di Zara comparse in altri media italiani. Il
"Corriere della Sera" scrive che "Zagabria blocca l'accordo con
l'Italia" e minaccia il ritiro dell'ambasciatore se il conferimento
della medeaglia a Zara non verra' cancellato immediatamente.
"Repubblica" definisce i diplomatici croati bellicosi e vede il
motivo per l'interruzione delle trattative non tanto nel caso di Zara
quanto nel contenuto di uno degli articoli dell'accordo di
partnership e collaborazione.
All'Ufficio del presidente croato Mesic ritengono, tuttavia, che il
differimento della cerimonia sia solo il primo passo. Al Pantovcak
affermano che si tratta di un problema serio nei rapporti reciproci
tra Italia e Croazia e che sara' possibile superarlo solo se la
decisione di conferire l'onorificenza alla "Zara italiana" verra'
cancellata.
I circoli diplomatici di Zagabria esprimono sorpresa, e alcuni anche
preoccupazione, per l'ultima mossa di Roma. I media americani hanno
addirittua osservato che "la Croazia e' amareggiata per la decisione
dell'Italia di conferire una decorazione all'amministrazione fascista
di Zara che aveva governato tale citta' croata nel corso della
Seconda guerra mondiale". Il gesto di Ciampi viene considerato come
un messaggio inviato non
solo alla Croazia, ma anche all'Europa. I diplomatici lo mettono
sullo stesso piano della recente dichiarazione di Berlusconi secondo
cui la cristianita'
e' superiore alla tradizione islamica. Ci si domanda soprattutto in
quale misura la decisione di premiare la "Zara italiana" sia
espressione di rapporti interni all'Italia. Ma si puo' anche parlare
dell'intenzione tacita dell'Italia di non ritenere piu' strettamente
vincolante il Trattato di Osimo - con il quale nel 1975 l'Italia e
l'allora Jugoslavia di Tito avevano definito i confini e avevano
fissato regole per risolvere le questioni relative alle minoranze. La
Croazia ha ancora dei debiti non assolti nei confronti degli optanti
italiani, Roma cerca di riuscire a ricavarne quanto piu' puo'.
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LA RIVENDICAZIONE DI ZARA
di Zorica Stanivukovic - ("NIN" [Belgrado], 1 novembre
2001)
[...] Il noto stilista Ottavio Missoni, creatore dei famosi mocassini
italiani e di cravatte di lusso, e' anche presidente della "Libera
municipalita' di Zara in esilio". [...] E' proprio lui che in questi
giorno dovrebbe vedersi consegnare l'alta decorazione del
presidente d'Italia Carlo Azeglio Ciampi. Si tratta di una medaglia
d'oro che il presidente italiano consegnera' a Zara come vittima dei
massicci bombardamenti alleati nel corso della Seconda guerra
mondiale. Affinche' gli estimatori del generale croato Gotovina,
datosi alla macchia, i quali hanno affisso per tutta Zara le sue
foto, non rimanessero confusi, Roma ha fornito subito una
spiegazione. L'onorificenza non viene attribuita all'attuale sindaco
di Zara, Bozidar Kalmeti, perche' non si tratta della citta' di Zara
all'interno degli attuali confini della Croazia. Si tratta invece di
Zara quale parte integrale del Regno d'Italia e piu' precisamente di
quello dei tempi di Mussolini. L'onorificenza che dovrebbe ottenere
Ottavio Missoni e' direttamente una medaglia d'oro
all'amministrazione fascista della citta' che si trova al centro
della Dalmazia e da come stanno andando le cose, onorificenze simili
potrebbero essere attribuite anche a Fiume e Pola in Istria.
L'emigrazione di guerra a Trieste, infatti, ritiene che entrambe
queste citta' dovrebbero ottenere un riconoscimento per la virtu'
guerresca con la quale, sotto la bandiera di Mussolini, si sono
opposte alle forze alleate e ai partigiani di Tito. Tali
dichiarazioni provenienti da Roma e da Trieste hanno costernato sia
Zara sia l'intera Croazia. Tanto piu' che il presidente italiano
Carlo Azeglio
Ciampi solo pochi giorni prima era stato in visita ufficiale a
Zagabria e aveva stretto calorosamente la mano ai vertici dello stato
e della diplomazia croati.
[...] Il capo della diplomazia croata, Tonino Picula, ha scelto la
via di mezzo, vale a dire che Zagabria continua a sperare che l'alto
ospite italiano capisca che Zara oggi si trova in Croazia e non in
Italia, nessuno dei due summenzionati paesi. Tutto quello che e'
riuscito in tal modo a ottenere e' che Campi ha rimandato la
cerimonia di consegna della discussa onorificenza che Ottavio Missoni
avrebbe dovuto ottenere il 13 novembre nel palazzo del Quirinale a
Roma. La Croazia da parte sua ha interrotto le trattative per la
firma di un accordo di amicizia tra i due paesi e i croati che
desiderano fare la spesa nei negozi triestini oltre confine non
possono piu' passare con la sola carta d'identita' come prima. La
"putovnica" e' nuovamente diventata un simbolo di orgoglio nazionale,
ma coloro che la usano affondano sempre piu' nei problemi che la
Croazia ha con la
maggior parte dei suoi vicini piu' prossimi e piu' lontani.
UNA VICENDA DAL SUO RETROTERRA
Il periodo della diffidenza e dell'animosita' e' cominciato, come
tradizione vuole, con la Jugoslavia. Nonostante le dichiarazioni
ottimistiche degli
imprenditori del paese e di quelli jugoslavi, i rapporti tra Zagabria
e Belgrado sono nuovamente a un punto morto. In pratica nessun
editore croato ha voluto ammettere di essere stato alla Fiera del
libro di Belgrado, mentre un cinema di Zagabria ha accettato il
rischio di programmare il film "Natasa" di Ljubisa Samardzic. Gli
sloveni non hanno ancora restituito ai risparmiatori croati i loro
patrimoni di prima della guerra depositati presso la "Ljubljanska
banka" e il golfo di Piran e' stato diviso nel giro di una notte a
favore di Ljubljana. Nemmeno Budapest si lascia sfuggire l'occasione
di ricordare che la minoranza ungherese desidererebbe godere in
Croazia di una maggiore autonomia culturale e politica, e i confini
con la Bosnia-Erzegovina, soprattutto quando sono in questione le
dispute tra Zagabria e Banjaluka, da una parte, e Zagabria e Mostar,
dall'altra, sono un vero e proprio incubo della Croazia del
dopoguerra. Le autorita' hanno cercato di trovare scampo dai problemi
regionali sotto l'ombrello dell'Unione Europea. Recenti inchieste
hanno dimostrato, tuttavia, che in tale comunita' di stati la Croazia
e' indesiderata tanto quanto la Jugoslavia. Quasi due terzi degli
abitanti degli stati membri dell'UE ritengono che i "paesi di
Daytonland" debbano rimanere ancora per un po' di tempo nel
"purgatorio del dopoguerra balcanico". A quasi tutti i cittadini
della ex Jugoslavia e dei paesi emersi dalle sue rovine e' chiaro che
questo concetto rimanda a un territorio che e' particolarmente poco
raccomandato per le grandi ambizioni di vita. Sia per quanto riguarda
la vita della gente comune sia per
quella dei politici e degli statisti locali. Il recente scandalo del
tentativo di decorare l'amministrazione fascista di Zara del 1943
rientra proprio per questo in una delle classiche vicende con un
retroterra storico.
I giornali italiani riportano dati relativi a piu' di trecento
abitanti di Zara morti, che hanno perso a quei tempi la vita
nell'uniforme fascista. I croati si
arrabbiano perche' non vengono menzionati gli abitanti di Zara che
hanno perso la vita nella lotta contro l'occupazione italiana e le
autorita' fasciste. Ci sono anche quelli che ritengono che tutta la
faccenda sia "un affare sbagliato". Molti generali dell'esercito
croato hanno affermato apertamente,
durante l'ultima guerra con i serbi, di riconoscere unicamente il
comando del "poglavnik" Ante Pavelic ed era stato proprio
quest'ultimo ad accordarsi con Mussolini per la consegna dell'Istria,
di Zara e di un gran numero di isole adriatiche all'Italia.
ALLERGIA NAZIONALE
Chi ha piu' conoscenza della storia recente della Croazia, e in
particolare di quel breve periodo di tempo che qui viene definito
pretenziosamente "era del dopo-Tudjman", vede nello spinoso incidente
con il quale lo stilista Missoni oggi minaccia Zara una reazione di
destra all'inaccettabile opportunismo politico del governo di Ivica
Racan. Poco tempo fa la coalizione di governo in Croazia e' stata
abbandonata dall'Assemblea Democratica Istriana di Ivan Jakovcic, che
ora se ne e' andato dal governo di Racan nel quale era ministro per
l'integrazione europea. Il motivo e' a prima vista banale e di natura
formale. Gli istriani hanno elaborato uno statuto particolare per la
propria zupanija, nel quale, tra le altre cose, si chiedeva uno
status eguale per la lingua e l'alfabeto croato e italiano. Se si
tiene conto della numerosa minoranza italiana in Istria, sembrava una
cosa logica e politicamente accettabile, soprattutto perche' i
politici istriani hanno spiegato che non vi e' alcun dubbio che
l'Istria sia parte integrale della Croazia, anche se allo stesso
tempo desidera entrare a fare parte di un'Europa moderna e
cosmopolita. Molti giuristi croati, ivi incluso l'ex ministro della
giustizia Stjepan Ivanisevic, hanno cercato di dimostrare che lo
"Statuto istriano" avrebbe direttamente violato la costituzione
nazionale, mentre i nazionalisti piu' duri hanno ripetuto con un
sorriso la propria prediletta tesi di guerra secondo cui in Croazia
"qualcuno sta nuovamente cercando di creare uno stato nello
stato".
I discorsi sullo stato, l'autonomia, le minoranze, le lingue e gli
alfabeti hanno avuto in questi giorni un supplemento proveniente
dall'altra estremita'
della Croazia. La maggioranza del Consiglio comunale di Vukovar,
formata perlopiu' da rappresentanti dei partiti croati di destra, ha
rifiutato di
introdurre, accanto alla lingua croata e all'alfabeto latino, anche
l'utilizzo in questa citta' e nei suoi dintorni del serbo e
dell'alfabeto cirillico. I
rappresentanti serbi del consiglio comunale di Vukovar hanno
presentato ricorso di fronte alla Corte costituzionale, poiche'
avevano basato la loro proposta sulla Legge relativa all'impiego
delle lingue e degli alfabeti delle minoranze nazionali e sulla Legge
costituzionale sui diritti delle minoranze in Croazia.
Dopo la polemica sull'eguaglianza tra la lingua croata e quella
italiana in Istria, alcuni muri di Rovigno si sono svegliati
ricoperti di simboli fascisti,
mentre la lettera maiuscola "U" o la coccarda cetnica sono ormai da
anni un decoro normale delle macerie di Vukovar. I cauti politici
dell'"era del
dopo-Tudjman" pensano che dei due mali questo sia comunque minore. Se
avessero accettato tutte le clausole dello "Statuto Istriano", ivi
incluse, per esempio, quello delle targhe bilingui per i nomi delle
vie, i veterani di guerra di Vukovar avrebbero dovuto nuovamente
vedere i nomi delle loro strade scritti in entrambi gli alfabeti e
ancora piu' terrificante sarebbe se, sempre per fare un esempio,
dovessero abitare in via San Sava invece che in via Alojz
Stepinac.
Oppure, come si domandano i politici allergici alle altre nazioni,
culture e fedi, fino a quando in Istria ci saranno piu' Giovanni e
Jovan che Hrvoj e Ivan? Poiche' le attuali autorita' croate, che
usano per ora la matematica soprattutto per contare i propri
opponenti di destra, sono giunte alla
conclusione che i simboli fascisti lungo le citta' dell'Adriatico,
cosi' come le immagini di Pavelic e le coccarde cetniche nella
Slavonia Orientale, sono
comunque un male minore rispetto a un'inutile sfida ai suscettibili
uomini della destra croata. L'elegante diplomazia di Zagabria, del
resto, preferirebbe molto di piu' pensare a Missoni per le sue belle
creazioni di moda, piuttosto che per le imbarazzanti trattative
politiche contro le quali la Croazia rischia sempre di andare a
sbattere la testa.
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IL PICCOLO 13/11
Pesa ancora sui rapporti il nodo dei beni
abbandonati. Attesa per l’incontro fra Ruggiero e gli esuli
Italia-Croazia: Trieste
«inadatta alla firma»
ZAGABRIA - La firma del Tratto di amicizia e cooperazione tra
Italia e Croazia, che avrebbe dovuto aver luogo questo mese in
occasione del vertice Ince di Trieste, slitta ad altra data, e altro
luogoo. Ma ci sarà comunque entro l’anno. Così
assicurano a Zagabria,dove vedono ancora il capoluogo giuliano come
una città «scomoda». Anche dopo 50 anni dalla fine
della seconda guerra mondiale. a Zagabria la portavoce del governo
guidato dal socialdemocratico Ivica Racan ha comunicato che
«l’accordo non sarà firmato a fine novembre a Trieste
perché si ritiene che per opportunità storica non sia
un luogo adatto». Bocciata Trieste, la portavoce non boccia
tuttavia i contenuti del Trattato, che saranno esaminati dal governo
di Zagabria «in una riunione entro la fine del mese». Nulla
trapela sul luogo prescelto e la data in cui avverrà la
tribolata firma.
Fonti diplomatiche italiane non commentano le motivazioni addotte
dalla Croazia sull’inopportunità logistica triestina, ma
confermano quanto avevano già dichiarato alcuni giorni or
sono. «Innanzitutto — spiegano al ministero degli Esteri —
è prematuro parlare di testo definitivo». Roma infatti
attende ancora gli esiti dell’incontro che il ministro Ruggiero
avrà con le associazioni degli esuli, che sono pronte a dare
battaglia. Il nodo è semprelo stesso: quello dei beni
abbandonati.
La Croazia, come confermano fonti politiche qui nella capitale, non
vuole fare la prima mossa e vuole valutare che cosa scaturirà
dal summit tra il ministro Ruggiero e le associazioni degli esuli.
Vuole vedere soprattutto se e quali eventuali modifiche potebbero
essere proposte da Roma al testo licenziato la scorsa settimana dalle
due delegazioni diplomatiche alla Farnesina. Il tema dei beni
abbandonati è troppo delicato e la Croazia non vuole fare
passi falsi. D’ora in avanti anche una virgola può risultare
determinante.
M. Manzin e P. Sabatti
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IL PICCOLO 13/11
IL CASO ITALIA-CROAZIA Infuria sui mass media la polemica sulla
decisione del Presidente Ciampi
Medaglia a Zara: omaggio o gaffe?
TRIESTE «Una gaffe diplomatica». «Un atto di rispetto
ai fascisti di Mussolini». Un attestato alla popolazione
italiana che ha sofferto». Fa ancora discutere la medaglia d’oro
a Zara, decisa dal presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi.
Un riconoscimento che ha provocato l’irrigidimento della Croazia,
dopo gli abbracci tra Mesic e Ciampi in visita a Zagabria e in
Istria, e l’interruzione della trattativa sull’accordo di amicizia
tra i due Paesi. Trattativa ripresa e conclusa (almeno secondo i
croati). Quindi a livello diplomatico la tempesta sembra essersi
acquietata, ma la polemica rimane aperta sui mass media, croati e
italiani.
La Slobodna Dalmacija, quotidiano spalatino, intervista il professor
Valentino Urani, definito «un esperto che ha pubblicato numerose
ricerche e libri su Zara». Urani afferma che con l’8 settembre
del 1943 «aveva cessato di esistere l’autorità legale
italiana e le autorità cittadine erano leali a Mussolini e ai
nazisti». E inoltre che «l’autorità fascista a Zara
fu consolidata nel novembre ’43 con l’avvento del prefetto Vincenzo
Sorentino (in realtà il cognome era Serrentino, n.d.r.) e di
membri del Partito fascista Repubblicano» e che «l’ufficio
del Prefetto pagava ai tedeschi cinque milioni di lire al mese come
contrbuto alle spese di protezione militare». E conclude che
«si può facilemente capire come questo sia un atto di
rispetto ai fascisti di Mussolini».
Su «Famiglia Cristiana» del 4 novembre appare una
«cornice» dal titolo «Quella medaglia d’oro a Zara
fascista» in cui si dà notizia della vicenda affermando
che «la medaglia riconosce il gonfalone fascista del
’43».
Di questi giorni la presa di posizione di Franco Juri, ex
sottosegretario di Stato agli Esteri della Slovenia, che definisce la
decisione «un’imperdonabile gaffe diplomatica». E spiega:
«E’ possibile che a nessuno sia passato per la mente che
un’amministrazione italiana a quei tempi era inevitabilmente e
inesorabilmente fascista? E che il ricordo del fascismo presso Croati
e Sloveni, a cui nel ventennio era persino proibito di parlare la
propria lingua, diventa ancor più doloroso se riabilitato da
un’Italia democratica ed europea?».
«Macchè omaggio alla Zara fascista – replica Renzo de’
Vidovich della delegazione triestina del Libero Comune di Zara in
Esilio – si tratta soltanto di un doveroso riconoscimento
all’attaccamento degli zaratini alla Patria e alle sofferenze di una
città che volle fino all’ultimo essere italiana. Che poi Zara
fosse fascista – aggiunge – non è da discutere. Lo era come
Milano e altre città italiane a quell’epoca». Per de’
Vidovich una polemica sbagliata perchè, anzi, la medaglia a
Zara voleva essere un atto di riparazione verso gli esuli da
inserire, per superare i torti del passato, proprio nel trattato di
amicizia tra Italia e Croazia.
Pierluigi Sabatti
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ILPICCOLO 13/11
IL CASO ITALIA-CROAZIA Il governo Racan boccia
il capoluogo giuliano quale sede in cui si sarebbe dovuto
sottoscrivere, in margine al vertice Ince, l’Accordo bilaterale di
cooperazione
Zagabria: «inopportuno» firmare il
Trattato a Trieste
Città «storicamente»
inadeguata. La Farnesina: «Manca l’avallo del nostro governo al
testo»
ZAGABRIA - Trieste città «scomoda». Anche
dopo 50 anni dalla fine della seconda guerra mondiale. E così
la tanto publicizzata firma del Trattato di cooperazione e amicizia
tra Italia e Croazia, che avrebbe dovuto essere sottoscritto nel
capoluogo giuliano a margine del vertice dell’Iniziativa
centroeuropea (Ince), è rinviata a data e luogo da destinarsi.
L’annuncio viene da Zagabria, dove Aleksandra Kolaric, la portavoce
del governo guidato dal socialdemocratico Ivica Racan, ha comunicato
che «l’accordo non sarà firmato a fine novembre a Trieste
perché si ritiene che per opportunità storica non sia
un luogo adatto». Bocciata Trieste la portavoce non boccia i
contenuti del Trattato, i quali saranno esaminati dal governo di
Zagabria «in una riunione entro la fine del mese». Nulla
trapela sul luogo prescelto e la data in cui avverrà la tanto
agognata e tribolata firma. «Stabilire la data e il luogo della
firma - conclude la Kolaric - è una questione puramente
tecnica», anche se tale non è la bocciatura di
Trieste.
Le notizie che giungono dalla capitale croata non sorprendo
però la Farnesina. Fonti diplomatiche italiane non commentano
le motivazioni addotte dalla Croazia sull’inopportunità
logistica triestina, ma confermano quanto avevano già
dichiarato alcuni giorni or sono quando è trapelata la notizia
dell’avvenuta stesura del testo dell’accordo bilaterale.
«Innanzitutto - spiegano al ministero degli Esteri - è
prematuro parlare di testo definitivo». Non fosse altro, fanno
capire, perché Roma attende ancora gli esiti dell’incontro che
sullo scottante tema avrà il ministro Ruggiero con le
associazioni degli esuli. Le quali, come preannunciato nei giorni
scorsi, sono pronte a dare battaglia. È la cosiddetta
«clausola Fini», quella voluta dal vice premier - e
ribadita in una lettera inviata di recente allo stesso presidente del
Consiglio, Silvio Berlusconi - in base alla quale nulla sarà
deciso e tantomeno firmato dall’Italia con la Croazia se prima non si
saranno sentiti anche gli esuli. Perché il nodo della
questione è sempre lo stesso: quello dei beni abbandonati.
Eppure il sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione aveva
annunciato a Trieste che la firma sarebbe avvenuta addirittura
all’Onu, durante i lavori dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite
in svolgimento in queste ore a New York. Scartata però questa
occasione per palese mancanza dei tempi tecnici per redigere il
Trattato nella sua interezza e per sottoporlo alla lettura dei
rispettivi governi, le parti davano per scontata la scelta del
capoluogo giuliano quale sede per la firma. Chi è stata sempre
scettica è ancora una volta la Farnesina. Fonti riservate
avevano espresso già alcuni giorni or sono seri dubbi su
Trieste. No di certo perché, come detto dalla controparte
croata, la città fosse ritenuta inadatta per
«opportunità storica», ma per una duplice serie di
motivi. Il primo era ed è a tuttoggi tecnico-temporale: non
c’è il tempo per svolgere tutti gli adempimenti necessari. Il
secondo perché, fanno intendere alla Farnesina, non sarebbe
«diplomatically correct» sottoscrivere un atto bilaterale
nel corso di un’assise multilaterale come quella dell’Ince. E le
stesse dichiarazioni ottimiste del sottosegretario Antonione erano
valutate già alcuni giorni or sono con motivato scetticismo.
Non fosse altro - dicono al ministero degli Esteri - per il fatto che
un trattato prima di essere firmato deve avere l’avallo del
governo.
E qui a Zagabria fonti politiche annunciavano che palazzo Chigi
avrebbe dovuto interessarsi dei contenuti dell’accordo bilaterale lo
scorso 8 novembre. Ma così non è stato. Allora Zagabria
ha messo il piede sul freno. Anche perché le notizie che
giungevano nel frattempo da Roma, annunciavano il braccio di ferro in
corso tra il governo e gli esuli sui contenuti del Trattato. La
Croazia, dunque, come confermano fonti politiche qui nella capitale,
non vuole fare la prima mossa e vuole valutare che cosa
scaturirà dal summit tra il ministro Ruggiero e le
associazioni degli Esuli. Zagabria vuole vedere soprattutto se e
quali eventuali modifiche potebbero essere proposte da Roma al testo
licenziato la scorsa settimana dalle due delegazioni diplomatiche
alla Farnesina. Il tema dei beni abbandonati è troppo delicato
e la Croazia non vuole fare passi falsi. D’ora in avanti anche una
virgola può risultare determinante.
Mauro Manzin
Il ministero degli Esteri italiano attende gli esiti
dell’incontro tra Ruggiero e le associazioni degli esuli e ritiene la
questione diplomatica ancora aperta.
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