ARCHIVIO.... chiudi/close [ X ]            

MESSAGGERO VENETO

20-11-2001

La trattativa Italia-Croazia
Il governo istituisce
una commissione
sui beni degli esuli



TRIESTE – C’è la volontà del governo italiano di affrontare e finalmente risolvere le questioni legate ai diritti degli esuli istriani, fiumani e dalmati attraverso l’istituzione di una commissione composta da giuristi e aperta al contributo delle associazioni degli stessi esuli: lo hanno reso noto il presidente della provincia di Roma, Silvano Moffa, e il vicepresidente della provincia di Trieste, Massimo Greco, dopo aver partecipato al vertice svoltosi nella capitale sotto la presidenza del vice premier Gianfranco Fini. «Questa volontà – hanno affermato Moffa e Greco – è la riprova di come, sul tema delle restituzioni dei beni ai nostri connazionali, la sensibilità delle istituzioni è altissima e ben ferma la volontà di chiudere una ferita ancora dolorosa per il nostro paese». Greco ha rilevato che prima di chiudere un accordo con la Croazia «è fondamentale verificare e percorrere tutte le strade che riaffermino il diritto degli esuli alla restituzione dei beni. Ci auguriamo – ha aggiunto – che l’istituzione di questa commissione vada proprio in questa direzione, una direzione – ha aggiunto – di giustizia e di dignità nazionale».
La Federazione delle associazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati, supportata dal comune e dalla provincia di Trieste, si è sempre detta contraria a una soluzione che preveda un indennizzo monetario per la soluzione delle questioni legate ai beni abbandonati dagli esuli stessi, passati sotto la ex Jugoslavia e oggi suddivisi fra Croazia e Slovenia. «La federazione - ha spiegato Renzo de Vidovich, a Roma in rappresentanza degli esuli dalmati nella federazione – non ha mai cessato di battersi per la restituzione dei beni abbandonati nell’ex Jugoslavia. Non chiediamo certo - ha aggiunto - la restituzione di tutti i beni (decine di migliaia di case e di proprietà terriere), anche perchè non sarebbe realistico. Tra l’altro, molti esuli sono morti e tra i rimasti non tutti chiedono la restituzione. Ma una restituzione almeno parziale deve esserci – ha aggiunto – e attraverso la commissione mista con il Governo tale richiesta sarà realisticamente quantificata».
------------------------------

IL PICCOLO

20 -11-2001

Un pool di giuristi esaminerà la questione degli immobili dei profughi, individuando quali vie si possano percorrere per la loro restituzione
Gli esuli ottengono dal governo una commissione di esperti
Nuovo appuntamento il 12 dicembre nella capitale. Si farà il punto sui risultati raggiunti



ROMA «La forma è stata salvata, ora bisogna trovare la sostanza». Silvio Delbello, presidente dell’Unione degli Istriani, è uscito rasserenato dall’incontro di ieri mattina alla Farnesina. «E’ andata bene, è stato superiore alle mie aspettative», aggiunge. Alla vigilia i presupposti che esuli e governo potessero fronteggiarsi duramente c’erano tutti: il ministro degli Esteri, Ruggiero, insisteva sulla necessità di chiudere il contenzioso con Slovenia e Croazia, i giuliano-dalmati non volevano rinunciare ai beni abbandonati. E ieri mattina nelle due ore dell’incontro, dalle 9 alle 11, un compromesso è stato trovato: sarà una commissione di giuristi a dipanare la complessa matassa della restituzione dei beni. E si sono fatti alcuni nomi, quali quelli di Giuseppe de Vergottini, ordinario di diritto costituzionale dell’università di Bologna e di Lucio Toth, ex senatore ed ex magistrato, ambedue esponenti di punta degli esuli, coadiuvati da esperti della Farnesina.
Il loro lavoro sarà esaminato in un nuovo tu per tu tra esuli e ministero degli Esteri fissato per il 12 dicembre prossimo. Fino ad allora bocce ferme, cioè niente accordo di collaborazione con la Croazia (come si può leggere nell’articolo di apertura di pagina).
Un compromesso che ha visto protagonista il vice presidente del consiglio, Gianfranco Fini, che ha aperto i lavori ribadendo la volontà del governo «di voler risolvere con giustizia questo problema». Una volontà dimostrata dalla presenza oltre a Fini, dei ministri Carlo Giovanardi, Mirko Tremaglia (che hanno esternato nei giorni scorsi a favore degli esuli), e Renato Ruggiero, e del sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione, attorniati da una ventina di funzionari. Dall’altra parte i responsabili delle associazioni: Guido Brazzoduro, presidente della Federazione, accompagnato dal segretario Silvio Stefani, il già citato Silvio Delbello, Lucio Toth, (Venezia Giulia e Dalmazia), Bernardo Gissi (Libero Comune di Pola), Renzo de’ Vidovich (Libero Comune di Zara). A dar loro manforte il presidente della Provincia di Roma, Silvano Moffa (An), il vice presidente della Provincia di Trieste, Massimo Greco (An), e il deputato triestino sempre di An, Roberto Menia.
In un’atmosfera fattasi distesa dopo le rassicurazioni di Fini, il ministro Ruggiero ha svolto una relazione eminentemente «tecnica», ripercorrendo la storia dei trattati tra Italia e Jugoslavia e quindi Slovenia e Croazia e riferendo dei contatti avuti recentemente con le diplomazie di questi ultimi due Paesi. Ruggiero ha ribadito la necessità dell’accordo di cooperazione con la Croazia e qui si è fermato lasciando la parola agli esuli. Ha parlato Brazzoduro sottolineando la necessità, appunto, di trovare una soluzione sulla questione dei beni e ha delineato alcune ipotesi. «Non si tratta di rivolere tutto, decine di migliaia di case e di proprietà terriere – ha poi spiegato de’ Vidovich – non sarebbe realistico. Tra l’altro molti esuli sono morti e tra quelli in vita non tutti chiedono la restituzione. Ma una restituzione parziale dev’esserci». E si è fatto riferimento ai beni che non ricadono sotto i trattati tra i tre Paesi. Sarebbero cinquemila «posizioni» tutte da verificare.
E’ qui la «sostanza» di cui parlava Delbello che dev’essere trovata. Per attrezzarsi i giuliano-dalmati hanno organizzato un convegno tecnico che si terrà venerdì prossimo a Trieste, a cui parteciperanno giuristi di fama, quali de Vergottini, Cesare Papa, Marco Giorello, Maurizio Maresca, oltre a Toth, Codarin, presidente dell’Anvgd di Trieste, e il sottosegretario Antonione.
Sempre venerdì i vertici delle associazioni degli esuli affronteranno a Trieste la «base», dove i malumori continuano ad essere forti.
Pierluigi Sabatti
--------------------

IL PICCOLO

20 -11-2001

Dopo una maratona notturna e l’incontro di ieri mattina alla Farnesina trovato un accordo tra il ministro Ruggiero e il vicepremier Fini
Beni abbandonati, l’Italia riapre il dossier
Si allontana la firma del Trattato di cooperazione con la Croazia. Ma Osimo non si tocca


ROMA - Beni abbandonati dagli esuli: l’Italia riapre il dossier. Anzi, i dossier. Perché il problema si dipana su un duplice fronte, quello croato e quello sloveno. Il nuovo approccio allo spinoso tema attorno al quale si stanno attorcigliando da anni le politiche estere di Italia, Slovenia e Croazia offre ora contorni più chiari e delineati. Ma ci è voluto un incontro riservato, che ha occupato un’intera notte alla Farnesina, per ricompattare l’approccio italiano al problema. Approccio che è poi stato sviscerato, questa volta nell’ufficialità, al vertice svoltosi ieri tra il ministro degli Esteri, Renato Ruggiero e le associazioni degli esuli. Il risultato più immediato è che il Trattato di cooperazione e amicizia tra Italia e Croazia non sarà firmato, come sembrava solo alcuni giorni fa, a breve. Anzi. Proprio perché il governo italiano ha deciso di rileggere la questione sulla base di nuove prospettive diplomatiche. Ma procediamo con ordine.
IL PROLOGO. È quasi mezzanotte di domenica scorsa quando alla Farnesina si vedono il ministro degli Esteri, Ruggiero, il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Carlo Giovanardi e i rappresentanti degli esuli. Riunione riservatissima, ma non segreta. Ne sono a conoscenza il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi e il vice premier, Gianfranco Fini. Nessuno lo dice apertamente, ma bisognava arrivare al tavolo di concertazione di lunedì con una posizione unitaria, onde evitare pericolose frizioni tra Farnesina e governo. Ruggiero presenta la sua linea di azione. Non recede di un millimetro sul concetto del «pacta sunt servanda», ossia sulla volontà italiana di rispettare i trattati che riguardano la questione beni fin qui sottoscritti dall’Italia (leggi Osimo 1975 e Roma 1983), impegno che il titolare della Farnesina si è assunto in prima persona nei recenti incontri avuti con i «colleghi» sloveno e croato.
IL NODO. Ruggiero vuole chiudere la questione. E parla di un «dovere politico», derivante dai trattati in vigore, e di un «dovere morale» nei confronti degli esuli. Lui è propenso a incassare quei 110 milioni di dollari che spettano all’Italia in base agli Accordi di Roma del 1983. E parla di rischi cui si andrebbe incontro, a livello di Unione europea, rifiutandosi di sbloccare la situazione di stallo. Gli esuli non sono d’accordo. Non accettano l’idea che, ad esempio, agli austriaci la Slovenia stia restituendo i beni nel corso del processo di denazionalizzazione in atto, mentre negano lo stesso diritto agli italiani. Rifiutano il concetto di «optanti» (che hanno scelto, optato per l’appunto, la cittadinanza italiana nel dopoguerra) con cui vengono etichettati da Lubiana e Zagabria e, comunque, sostengono l’esistenza di posizioni di diritto che esulano dai contenuti degli accordi internazionali fin qui sottoscritti dalle parti. Insomma ci sarebbero ancora molti aspetti legali da chiarire che riguarderebbero circa 5 mila posizioni.
IL MEDIATORE. A difendere questa linea è il ministro Giovanardi. La discussione non è facile e si prolunga fino alle 3 del mattino. Si cerca una via d’uscita, un punto di compromesso. Nessuno vuole schierare l’artiglieria. Non si parla di veti all’adesione della Slovenia o all’integrazione della Croazia all’Ue. Si è però consci di trovarsi al capitolo finale di una storia lunga, complicata e dolorosa. E se si deve chiudere definitivamente, è la conclusione del defatigante round notturno, bisogna trovare un punto di compromesso che non lasci aperta alcuna ferita. Ne va dei rapporti bilaterali, nè va della politica di pacifica convivenza nella Nuova Europa che si sta allargando a Est. Ruggiero è rabbuiato, ma decide di mediare il suo pragmatismo diplomatico con i retaggi della storia italiana.
L’EPILOGO. Poche ore dopo, è la tarda mattinata di ieri, il confronto riprende. Sempre alla Farnesina. Agli interlocutori della notte però si aggiunge il vice premier Gianfranco Fini. Sì, perché i beni sono diventati una questione di governo. E, seppure a fatica, il governo non esce diviso. I trattati fin qui firmati vanno rispettati, l’Italia però non incasserà, per ora, neanche un dollaro di quei 110 milioni che le spettano e con la Croazia non si firma nulla. Prima bisognerà attendere gli esiti dei lavori dell’istituenda commissione di giuristi che visioneranno l’intera questione sotto la lente d’ingrandimento del diritto internazionale e comunitario. Il Trattato di amicizia con Zagabria torna nel limbo. È il compromesso tra la linea Ruggiero e la linea Fini.
Mauro Manzin
------------------------

IL PICCOLO

20 -11-2001

E Zagabria aspetta
la «mossa» italiana


ROMA - Che il Trattato di cooperazione e amicizia tra l’Italia e la Croazia non sarebbe stato firmato a Trieste, in occasione del vertice dell’Iniziativa centroeuropea (Ince), era un dato assodato. Non era nelle intenzioni della Farnesina - come comunicato ai primi di novembre per iscritto dal ministro degli Esteri, Renato Ruggiero al presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi - non era nei desiderata croati che hanno addirittura definito il capoluogo giuliano città «storicamente inadeguata». Il testo dell’accordo, così come è stato scritto dalle delegazioni diplomatiche dei due Paesi, ha ricevuto per adesso il placet del ministero degli Esteri croato. Il documento però giace ora nell’anticamera dell’esecutivo di Zagabria che aspetta che a fare la prima mossa sia il governo italiano. C’è comunque imbarazzo nei corridoi della politica croata. Giovedì, a Trieste, arriveranno il ministro degli Esteri, Tonino Picula e il premier, Ivica Racan che incontreranno il primo ministro Berlusconi sia nell’ambito dell’«Intesa quadrangolare» (Italia, Slovenia, Croazia e Ungheria) sia nella più ampia cornice dell’Ince. La Croazia sembra non voler soffiare sulla miccia della polemica. «Le questioni bilaterali - dicono a Zagabria fonti del governo - non riguardano l’Ince», ma è chiaro che aspettano di conoscere nel dettaglio le decisioni italiane riguardo il tema dei beni abbandonati dagli esuli.
C’è poi il mistero sui contenuti del testo del Trattato di amicizia. Testo che per l’Italia assume solo il valore di bozza, soprattutto alla luce degli esiti dell’incontro di ieri alla Farnesina, mentre per la Croazia aveva assunto un valore definitivo. Mistero perché si è venuti a sapere da fonti diplomatiche riservate che comunque in esso il tanto contestato, da parte croata, articolo 9 - ove si parla esplicitamente del cosiddetto criterio di non discriminazione da applicare al processo normativo croato - non è stato rimosso, nè emendato. È cambiata solo l’interpretazione che si dà allo stesso. Se per l’Italia significa che nell’attuare la politica di denazionalizzazione Zagabria non dovrà opporre discriminazione legate alla cittadinanza degli aventi diritto, per la Croazia i suoi contenuti vengono invece inglobati e annacquati nelle più ampie ricadute previste dall’accordo di associazione sottoscritto con l’Ue.
Insomma la firma non è vicina. E sicuramente non sarà apposta in calce al Trattato dall’Italia prima che il «Sabor» croato non abbia discusso gli emendamenti che alla legge sulla privatizzazione sono stati presentati dal deputato della minoranza italiana, Furio Radin, emendamenti che tendono a coinvolgere anche gli italiani nel processo laddove dimostrassero di avere i recquisiti di legge. Nè Zagabria, nè Roma vogliono alzare il livello della battaglia diplomatica, ma è chiaro che siamo di fronte a una nuova, l’ennesima, «guerra di posizione» sul tema dei beni abbandonati.
E non esce indenne dal contenzioso neppure la Slovenia. Lubiana è in una posizione diversa da quella della Croazia, non fosse altro per il fatto che la vede già nell’anticamera dell’Ue. Ma se ci sarà un accordo tra Roma e Zagabria su questo tema è scontato che lo stesso avrà ricadute anche nei rapporti italo-sloveni. Lo sa bene il ministro Ruggiero. Lo sa bene il vice premier Fini che ne ha parlato anche ieri al vertice alla Farnesina. Ma, laddove è possibile, Slovenia e Croazia devono dare un riscontro positivo alle istanze degli esuli. Su questo Fini non ha dubbi e gli esiti dell’incontro con gli esuli ne sono la riprova.
m. manz.

 


chiudi/close [ X ]