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FIUME 20 11 2001

LA VOCE DEL POPOLO

TRATTATO CON ZAGABRIA, SITUAZIONE DI STALLO DOPO IL VERTICE A ROMA
Beni, si attende un gesto di amicizia
Costituita una commissione congiunta fra esuli e Farnesina

ROMA - Le questioni legate alla restituzione dei beni degli esuli istriani, fiumani e dalmati sono state, ieri mattina alla Farnesina, al centro di un vertice, con l'occhio rivolto al trattato di amicizia e collaborazione fra Roma e Zagabria che si è arenato proprio sulla questione della non discriminazione dei cittadini italiani nel processo di denazionalizzazione in Croazia. All'incontro hanno partecipato il vicepresidente del Consiglio Gianfranco Fini, i ministri degli Esteri, Renato Ruggiero, dei rapporti con il Parlamento Carlo Giovanardi e degli Italiani nel mondo Mirko Tremaglia, il sottosegretario agli Esteri, Roberto Antonione, il deputato di AN Roberto Menia, il presidente della Provincia di Roma Silvano Moffa, il vicepresidente della Provincia di Trieste Massimo Greco, nonché sette rappresentanti delle organizzazioni degli esuli: Guido Brazzoduro, Renzo de'Vidovich, Lucio Toth, Giuseppe de Vergottini, Bernardo Giussi, Silvio Delbello e Silvio Stefani. L'incontro, a quanto si è appreso, è stato preceduto ieri l'altro da una riunione preparatoria tra Ruggiero, Giovanardi e i rappresentanti degli esuli durata fino a tarda notte.
Il vertice è servito soprattutto a chiarire le rispettive posizioni, per evitare fraintendimenti. È stata questa la principale preoccupazione del ministro Ruggiero. L'unico problema rimasto sul tappeto riguarda, infatti, l'art. 9 del trattato di amicizia e collaborazione.
La Croazia ritiene di aver fatto la sua parte, per quanto concerne la richiesta italiana di non discriminazione, già con la firma dell'accordo di stabilizzazione e associazione con l'Unione europea che prevede la graduale liberalizzazione del suo mercato immobiliare. Le barriere, in pratica, dovrebbero cadere fra alcuni anni, al massimo fra sei quando Zagabria dovrebbe aver adeguato del tutto la sua legislazione a quella europea. Gli esuli però non si accontentano, si sentono tagliati fuori, giacché nella nuova legge sulla denazionalizzazione, al vaglio del Sabor, non si fa menzione assolutamente della possibilità di restituire, laddove possibile, anche ai cittadini italiani, i loro beni. Zagabria fatica a recepire in questo ambito il principio della non discriminazione e ritiene chiuso il discorso in materia di beni. A quanto pare è stato soprattutto in seguito all'intervento deciso del vicepremier Gianfranco Fini, che ha anche presieduto il vertice di ieri alla Farnesina, che la richiesta di rispettare questo principio è tornata prepotentemente alla ribalta. La situazione, dopo l'incontro al Ministero degli esteri, svoltosi in un clima disteso, di confronto amichevole, tutto improntato alla ricerca di una soluzione che possa andare bene ad ambedue i Paesi, resta comunque di stallo. Fugati eventuali equivoci tra Farnesina ed esuli, per predisporre la nuova piattaforma comune si è ricorsi alla decisione, potremmo dire, scontata in questi casi: quella di costituire una commissione. Un gruppo di lavoro di quattro persone, tempo un mese, dovrà fissare le direttrici congiunte di marcia. Ne faranno parte per le organizzazioni degli esuli Lucio Toth (giudice di Cassazione) e il prof. Giuseppe de Vergottini, docente di diritto internazionale all'Università di Bologna e per la Farnesina il prof. Leanza capo dell'ufficio studi legali e contenziosi del MAE e un altro funzionario che dev'essere ancora nominato.
Il messaggio è comunque chiaro: non si mette di certo in dubbio la necessità di firmare il trattato di cooperazione con Zagabria, si auspica però, come ha rilevato il presidente della delegazione di Trieste del Libero comune di Zara in esilio, l'on. Renzo de'Vidovich, un gesto "di amicizia", un atto di buona volontà da parte della Croazia. Non si richiede l'impossibile, ha fatto capire de'Vidovich, ovvero la restituzione integrale dei beni: in fin dei conti non tutti gli esuli desiderano tornare, tanti sono morti nel frattempo. Ma non è accettabile, neppure la soluzione opposta, ovvero quella di non restituire proprio nulla. Lo spirito delle richieste, in altre parole, vuole essere costruttivo: a chi lo desidera e laddove le circostanze lo permettono, va data la possibilità di riavere gli immobili abbandonati, che magari, in certi casi potranno servire solo come casa per le vacanze, o come punto di partenza per avviare in loco un'attività imprenditoriale. Comunque sia, un segnale in questa direzione, rilevano gli esuli vi dev'essere. E l'art. 9 del trattato d'amicizia è la "sede giusta" per dare questo segnale. In questo ambito si inserisce anche il discorso dei 35 milioni di dollari a titolo di risarcimento per i beni abbandonati dell'ex zona B che Zagabria deve ancora corrispondere all'Italia. Secondo fonti governative croate la Farnesina si è impegnata a fornire le coordinate bancarie sulle quali versare il denaro. Se questi soldi venissero prelevati, sottolineano gli esuli, ciò significherebbe l'accettazione supina dell'accordo di Roma, la chiusura di ogni discorso sulla restituzione. Alla richiesta di chiarimenti degli esuli su questo punto, come ci ha dichiarato l'on. de'Vidovich gli esponenti governativi sono stati chiari: "ovviamente" i fondi non si prelevano in assenza d'un accordo preciso con Zagabria.
A questo punto i tempi per la firma del trattato di amicizia e collaborazione si fanno lunghi. La commissione, di cui ieri è stata decisa la costituzione, dovrebbe iniziare presto il suo lavoro. Ma naturalmente la situazione è fluida, lasciano intendere gli esuli: molto dipenderà dalle posizioni di Zagabria, dalla sua disponibilità o meno a riaprire il discorso di una resa parziale, magari simbolica dei beni. Stando alle ultime dichiarazioni di parte croata, non sembra però che vi siano margini di trattativa. Al vertice sarebbe trapelata anche una certa irritazione della Farnesina per le "fughe di notizie" sulla stampa, la quale, richiamandosi alla versione di ambienti zagabresi, avrebbe dato per conclusa la vicenda dell'art. 9 del trattato. Nulla, in altre parole, sarebbe stato ancora deciso. E l'assenso degli esuli rimarrebbe necessario per chiudere il contenzioso.
Al vertice alla Farnesina è rimbalzato anche il "caso Zara". È stato l'on. de'Vidovich a chiedere lumi in merito alle notizie di stampa secondo le quali il conferimento della medaglia d'oro al valor militare al gonfalone dell'ultima amministrazione italiana della città dalmata, sarebbe stato congelato. Il rinvio della consegna, è stato risposto, è dovuto a un fatto di ordine tecnico, ovvero al "brutto tempo": la cerimonia infatti dovrebbe svolgersi nel cortile d'onore del Palazzo del Quirinale. Il Ministero degli Affari esteri ha anche negato qualsiasi interferenza sulla questione dell'onorificenza a Zara con la presidenza della Repubblica.

Dario Saftich

LA VOCE DEL POPOLO
FIUME 23 11 2001

COLLOQUIO
Medaglia zaratini da Mesic

ZAGABRIA - Il presidente della Repubblica Stipe Mesic ha ricevuto ieri una delegazione della città di Zara con la quale ha discusso sulla decisione del Capo dello stato italiano Carlo Azeglio Ciampi di conferire la medaglia d'oro al valor militare al gonfalone dell'ultima amministrazione italiana di Zara.
Si è parlato anche della posizione della minoranza italiana nel capoluogo della Dalmazia settentrionale. Stipe Mesic ha informato la delegazione sul colloquio telefonico avuto con Ciampi nel quale il titolare del Quirinale "gli ha dichiarato di aver congelato il procedimento di conferimento dell'onorificenza all'amministrazione del Libero Comune di Zara in esilio".
Il sindaco di Zara Bozidar Kalmeta ha riferito al presidente in merito alla posizione e alla soluzione dei problemi che affliggono la minoranza italiana nella città dalmata. Kalmeta ha sostenuto che la posizione della comunità nazionale italiana di Zara è conforme al trattamento standard di cui godono le minoranze nazionali nell'Unione Europea e in Croazia. Il sindaco ha inoltre affermato che Zara mantiene ottimi rapporti con molte città in Italia.
Ricordiamo che era stata l'amministrazione municipale di Zara a chiedere nelle settimane scorse a Mesic di ricevere una delegazione della città, sostenendo che tra gli zaratini si era venuta creando un'atmosfera di incertezza e inquietudine dopo la notizia del conferimento della medaglia d'oro.

IL MANIFESTO 

24 11 2001

Lo scoglio Croazia
INCE Pronto per il trattato con l'Italia, ma Zagabria respinge la clausola (cara ad An) "restituzione dei beni"
GIACOMO SCOTTI - ZAGABRIA
No, a Trieste no, è per noi una città ostile. Così giustificò cinque giorni addietro il ministro degli esteri croato Tonino Picula l'ennesimo rinvio della firma del patto di amicizia e collaborazione fra Italia e
Croazia, in gestazione da nove anni. Subito dopo è stata l'Italia a rinviare, chiedendo l'inserimento nel trattato di una clausola sulla parziale restituzione dei beni degli esuli in Istria, a Fiume e Dalmazia. Nelle ultime ore il governo croato fa sapere che il documento potrà essere firmato entro la fine di quest'anno, ma dovrà esserlo a Zagabria.
Ieri nella "ostile" Trieste è arrivato il premier croato Racan unendosi al suo ministro degli esteri arrivato prima e incontrandosi con diversi leader dei 17 paesi dell'Ince, compreso Berlusconi, ma i rapporti italo-croati restano gelidamente cordiali. I mass media croati hanno calato il tono della campagna anti-italiana, è vero, ma non sono mancati segnali allarmanti. Ieri, il generale Ante Gotovina, alla macchia da tre mesi, ricercato dall'Interpol e dal Tribunale dell'Aja per crimini di guerra, è stato proclamato "eroe della guerra patriottica" e cittadino onorario della città di Zara (amministrata dalla destra Hdz). Nessuno in seno al Consiglio comunale si è opposto, nemmeno i consiglieri dei partiti al governo. Si è così voluto esaltare un personaggio imputato di stragi per controbilanciare la medaglia d'oro concessa da Roma all'ultima amministrazione di Zara italiana e fascista del 1943. Zara croata ha così ora due cittadini onorari: il defunto "supremo" Franjo Tudjman e questo "generale". Da una parte incombono le antiche ombre del littorio italiano che ha lasciato orribili e indimenticabili ricordi, dall'altra si moltiplicano le ombre del neo-ustascismo.
In concomitanza con il vertice Ince a Trieste i massimi esponenti del governo croato sono tornati sul "caso" dei rapporti con l'Italia, usando toni più morbidi ma restringendo qualsiasi possibilità di revisione del documento "già siglato e in gran parte confermato" come si espresse Picula prima di partire per il capoluogo giuliano. Ha quindi "rinnovato l'invito" al collega italiano Ruggiero a venire a Zagabria "per consumare (
sic) finalmente l'incontro bilaterale che non poté realizzarsi l'11 novembre" per tragici eventi di New York e Washington. Comunque, poiché il governo italiano, cedendo alle pressioni di alcuni suoi ministeri e dei vertici delle associazioni degli esuli istro-dalmati ha riaperto il dossier delle lamentele, affidando l'esame del caso a una commissione che dovrà riferire entro il 12 dicembre, si può essere sicuri - affermano qui a Zagabria - che il trattato di amicizia e collaborazione aspetterà l'alba del 2002. E non è detto che sarà un'alba radiosa.
I rinvii non dispiacciono alle forze politiche croate, comprese alcune del pentapartito al governo che, per pochi chilometri quadrati di terra e di mare lungo i confini con la Slovenia, sono riuscite a rinviare sine die un trattato con Lubiana. Tonino Picula dice: "L'Italia è un nostro partner veramente importante, ed ha sostenuto durante tutto l'anno trascorso le nostre iniziative di politica estera. Non vedo perché questa collaborazione non debba continuare, ma dobbiamo essere consapevoli che in passato sono successe cose che hanno diviso i popoli croato e italiano". Parole buone, col veleno in coda. E con l'aggiunta: "Siamo dunque pronti a firmare l'accordo di amicizia, il quale però implica che il partner italiano rinunci a riaprire il dossier degli optanti istriani".
Dicevamo che sono in molti in
Croazia, a gettare acqua gelata sulle relazioni con l'Italia e gli stessi socialdemocratici che guidano il governo gareggiano in "patriottismo" ribadendo gli irremovibili "no" a revisioni dei vecchi accordi del 1975 e del 1988. Anche perché il "centrosinistra" verrebbe a trovarsi in un mare di guai se dovesse cedere. Qui il nazionalismo negli ultimi mesi è nuovamente divampato, anche certe forze di governo attizzano il fuoco. In tal modo i gravi problemi interni vengono a riflettersi sulla politica estera. Eccone alcuni. Tra il governo e la chiesa cattolica è in corso un'incandescente polemica in seguito alla posizione ostile assunta dalla Conferenza episcopale contro la leadership socialdemocratica; all'interno del governo alcuni partiti di centro hanno sposato le posizioni di estrema destra della chiesa. Al tempo stesso la coalizione governativa, posta di fronte alle critiche dell'Osce per gli ostacoli che ancora vengono frapposti da Zagabria al rientro in Croazia dei profughi serbi (il governo si rifiuta di restituire a questi profughi circa 50.000 abitazioni da essi abbandonate nelle grandi città e da Tudjman assegnate ai "patrioti" croati) e soprattutto di fronte alla disoccupazione crescente ed altre difficoltà economiche del paese, va sempre più disarticolandosi con baruffe fra i ministri. Come se non bastasse, le elezioni amministrative suppletive svoltasi nelle ultime settimane in una ventina di Comuni, soprattutto in Dalmazia, hanno determinato il ritorno trionfale al potere locale del Blocco croato (Hdz ed estrema destra) che ha conquistato, tra l'altro, Spalato, Zara e Dubrovnik/Ragusa.

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IL PICCOLO 26-11-2001

Cittadino onorario di Zara il generale latitante
E i cittadini di Pakostane si sono mobilitati per costruire il tetto della villa dell’ex ufficiale

ZARA - Animati dalla patriottica smania di rendersi utili, sabato scorso una settantina di uomini hanno edificato il tetto del costruendo edificio del generale croato Ante Gotovina, latitante da mesi dopo essere stato colpito da mandato di cattura emesso dal Tribunale dell’Aia che lo accusa di crimini di guerra. L’abitazione del generale «desaparecido» si trova a Pakostane, centro costiero a metà strada tra Zara e Sebenico e noto per ospitare un Club Mediterranée. Le maestranze si sono messe volontariamente al lavoro già al mattino, spronate da un’iniziativa partita dal sindaco di Pakostane, Milivoj Kurtov, nonché dal chirurgo fiumano ma nativo di questa località dalmata, dottor Sime Vuckov, noto esponente Accadizeta nel capoluogo del Quarnero. Alla presenza della moglie dell’alto ufficiale, Dunja Zloic Gotovina, i circa 70 abitanti di Pakostane e dintorni hanno costruito il tetto, i cui lavori si erano giocoforza bloccati dopo che l’alto ufficiale aveva deciso di far perdere le proprie tracce perché evidentemente spaventato dall’idea di dover presentarsi al cospetto dei magistrati internazionali. Ricordiamo che la sua abitazione, situata in una zona stupenda e a poca distanza dal mare, era stata al centro di un caso di cronaca nera: infatti, mesi addietro un giornalista e un fotoreporter del settimanale Feral Tribune sono stati aggrediti mentre cercavano di fare un servizio sulla casa di Gotovina, che sorgerebbe sul demanio marittimo. Protagonisti dell’episodio squadristico, il fratello del generale, Boro Gotovina, e alcuni suoi compari, scagliatisi sui due giornalisti. Il fotoreporter Rino Belan era stato colpito a calci e pugni e aveva dovuto consegnare il rullino. Il giornalista Damir Pilic era stato «solo» minacciato e fatto segno di sputi. Del caso si era occupato anche il governo del premier Racan.
Tornando al «lavoro volontario», da rilevare che l’azione si è tenuta quasi in concomitanza con la proclamazione di Ante Gotovina a cittadino onorario di Zara, decisione presa dal Consiglio cittadino e precisamente dai tredici consiglieri dell’Accadizeta (il parlamentino conta 25 membri). Astenuti o assenti i consiglieri del centrosinistra. La delibera è stata biasimata dall’Esecutivo statale, che ha parlato di mossa inopportuna in quanto si tratta di un personaggio accusato di crimini di guerra e la cui latitanza ha procurato non pochi guai a Zagabria da parte della comunità internazionale.
a.m.

Ante Gotovina Cittadino onorario di Zara il generale latitante
Commander of the Split military district

Ante Gotovina is accused of crimes against humanity and violations of the law or customs of war.

Ante Gotovina was born 12 October 1955 on the island of Pasman, in Croatia.

Charges

From 4 August 1995 to 15 November 1995, Croatia launched a military offensive known as Storm, with the objective of re-taking the Krajina region, which had been held by Krajina Serbs since 1991.

According to the indicment, Ante Gotovina was overall operations Commander of that part of Operation Storm which took place in United Nations protected area sector south. Gotovina exercised de jure and de facto command and control over all Croatian forces during the period.

CNN

Ante Gotovina Cittadino onorario di Zara il generale latitante

Gotovina, ex soldato della Legione straniera francese, è considerato uno degli eroi della guerra di indipendenza della Croazia, durata dal 1991 al 1995. Fu proprio il generale Gotovina a guidare l'Operazione Tuono, cioè l'offensiva militare con la quale nel 1995 la Croazia riconquistò i territori della Krajina serba. Il mandato d'arresto significa che, in assenza di una sua consegna spontanea, il generale Gotovina verrà arrestato dalle forze dell'ordine croate. Ma Gotovina ha più volte dichiarato nei giorni scorsi di considerare il tribunale dell'Aja illegale di non avere intenzione di consegnarsi.

Croazia: l'Aja al centro del dibattito politico

Ante Gotovina Cittadino onorario di Zara il generale latitante

(13.09.2001) Come per tutta l'estate appena trascorsa, l'attenzione principale in Croazia è sempre centrata sulla questione dei criminali di guerra e sugli arresti eccellenti che si susseguono. Cosa che ha non solo una ricaduta sulla lettura storica del recente passato tudjmaniano del paese, ma anche influssi diretti sulla stabilità del governo e sulle dinamiche politiche odierne nel paese. Il 5 settembre sono stati arrestati a Sebenico ed in altre città dalmate quattro ex-ufficiali o semplici militari croati colpevoli di una serie di omicidi nelle località di Varivode e Gosici, presso Knin. In particolare, secondo Slobodna Bosna (7.9) sarebbero accusati per l'omicidio di tre civili e un prigioniero di guerra, tutti croati di nazionalità serba, commessi nell'autunno del 1995 . Altri sei accusati si trovano già nel carcere giudiziario a Sebenico.

I processi continuano

Nel frattempo prosegue a Fiume un altro importante processo molto discusso, quello contro l'ex-generale Mirko Norac, contro Tihomir Oreskovic ed altri imputati. L'accusa è in questo caso quella massima, ossia di genocidio per le stragi avvenute a Gospic nell'autunno del 1991. La prossima udienza del processo - scrive Novi List (4.9) - si terrà il 17 settembre.
Il Procuratore della Repubblica croato Radovan Ortynski ha riassunto l'insieme dei procedimenti penali attualmente in corso per crimini di guerra commessi da croati, presentando un apposito rapporto al governo. Finora sono state incriminate 26 persone, e 13 sono state condannate; i processi però hanno riguardato solo casi di omicidi, stupri o incendi, mentre nessuno è stato ancora condannato per genocidio o crimini contro l'umanità. Come spiega Silvana Perica su Vecernji list (6.9), il problema giuridico è se sia possibile qualificare dei crimini commessi dopo gli eventi bellici veri e propri come crimini di guerra.
La lista dei possibili incriminati non è comunque certamente chiusa. E' di pochi giorni fa la notizia che il governo australiano ha negato il visto d'ingresso ad Andrija Hebrang, ex-ministro della sanità e della difesa nell'era Tudjman, perché possibile imputato davanti al Tribunale dell'Aja. Hebrang, che ora è funzionario del HDZ oltre che leader dell'organizzazione nongovernativa Identita' e prosperita' croata - HIP, ha dichiarato che questo rifiuto corrisponde ad una criminalizzazione dell'intero governo croato del periodo bellico.

Le pressioni di Carla Del Ponte

Sempre la settimana scorsa è rientrato dalla sua visita a L'Aja il vicepresidente del Consiglio Goran Granic, che in Olanda ha incontrato la procuratrice del Tribunale Penale Internazionale Carla Del Ponte. Secondo fonti anonime citate da Slobodna Dalmacija (2.9), la Del Ponte insiste per l'arresto dell'ex-generale croato Ante Gotovina, tuttora latitante. In caso contrario, la Croazia potrebbe essere accusata davanti al Consiglio di sicurezza dell'ONU per mancanza di cooperazione con il Tribunale. Granic ha poi avuto un incontro con i difensori dello stesso Gotovina, che chiedono di essere informati sui documenti relativi all'operazione Tempesta  consegnati al Tribunale dal governo croato. Secondo uno degli avvocati, Ante Vukorepa, non si sarebbe invece parlato della possibile consegna spontanea alle autorità giudiziarie di Gotovina, del quale i difensori dichiarano di ignorare l'attuale rifugio. Ma il governo ha dichiarato di non essere disposto ad accetare la richiesta dei difensori di Gotovina, perché ciò potrebbe significare che la Croazia collabora con un imputato latitante. Dal 21 agosto inoltre è in vigore nei confronti di Gotovina un mandato di cattura internazionale emesso dalle stesse autorità croate, sulla base di una richiesta del Tribunale de L'Aja. Sicuramente però la vicenda Gotovina, e in generale la questione dei criminali di guerra, continuerà ad animare il dibattito politico interno al paese ancora per molto tempo.


Da Zagabria, Lino Veljak - Osservatorio sui Balcani (Con la collaborazione di Mauro Cereghini)

Ante Gotovina Cittadino onorario di Zara il generale latitante

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