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Commento alla Sentenza del prof. Michele Miscione

(Professore Ordinario di Diritto del lavoro  nell’Università di Trieste )

 

 
 

Si ringrazia il prof. Miscioni

Con sentenza n. 127 del 22 aprile 2002 la Corte Costituzionale ha riconosciuto i benefici dell’amianto della legge 257/1992 anche ai dipendenti pubblici, con tutela previdenziale fornita da Istituti diversi dall’Inps e dall’Inail. La sentenza è di eccezionale importanza ed evita che si crei una clamorosa e odiosa discriminazione tra quanti hanno lavorato nel privato o nel pubblico, pur essendo stati esposti allo stesso modo all’amianto fino alla sua eliminazione definitiva con la L. 257/1992.

La Corte Costituzionale ha emanato una sentenza c.d. interpretativa di rigetto e cioè ha formalmente respinto la domanda, ma solo in quanto ha ritenuto che in base alla legge attuale i dipendenti pubblici hanno già diritto ai benefici dell’amianto, senza necessità di una sentenza estensiva del diritto e quindi in un modo o nell’altro creativa. In astratto, dunque, i singoli giudici potrebbero ancora dire che la legge va interpretata in modo diverso, in quanto le interpretazioni della Corte Costituzionale non sono di per sé vincolanti: ma credo che i giudici eviteranno cavillismi esasperati e si adegueranno alla sentenza della Corte.

      Tutto è nato da un equivoco davvero piccolo per la legge n. 257/1992, che nel prevedere i benefici per chi è stato esposto all’amianto ha citato l’Inps e l’Inail, che sono gli istituti previdenziali del privato, facendo così dedurre da qualcuno che il legislatore avesse voluto escludere i dipendenti pubblici. Ma sarebbe stata una beffa, perché storicamente i benefici dell’amianto della legge n. 257/1992 erano stati pensati proprio per i dipendenti pubblici e in particolare per i quelli delle Ferrovie dello Stato. Un equivoco davvero piccolo, che la Corte Costituzionale n. 127/2002 ha superato con facilità, in quanto l’aver nominato l’Inps e l’Inail non vuol dir nulla e non esclude nessuno.

     La Corte Costituzionale ha anche accentuato lo spirito della legge n. 257/1992, nel riconoscere indistintamente a tutti gli esposti un beneficio che vale per far fronte a un rischio che purtroppo è ancora presente. In altre parole, dice la Corte Costituzionale, non si può distinguere tra gli esposti all’amianto semplicemente perché uno era dipendente pubblico o privato o per altri motivi del genere.

     La sentenza è dunque importante anche in prospettiva, perché fa prevedere il riconoscimento dei benefici dell’amianto anche alle persone ugualmente esposte ma che al momento dell’entrata in vigore della legge n. 257/1992 erano già in pensione: per questo caso finora la Cassazione si è espressa in modo contrario, considerando ma in modo sbagliato che i benefici servissero per allontanare dall'amianto. Chi è stato esposto, dice ora la Corte Costituzionale, ha diritto a quei pochi benefici, senza distinguere fra i vari Istituti erogatori e presumibilmente senza distinguere i tempi della pensione.

Vale ricordare, anche se si tratta di un momento brutto, che i benefici dell’amianto sono stati previsti non per pietosa beneficenza né tanto meno per allontanare dall’amianto (che non dovrebbe esistere mai più dal 1992), ma solo per pagare in anticipo pensioni che presumibilmente cesseranno prima delle altre, perché gli esposti all’amianto anche se apparentemente stanno bene statisticamente muoiono prima degli altri. Lo Stato, quindi, non è ammalato di buonismo, come si dice ora, ma fornisce solamente una prestazione equa, considerando statisticamente l’età media di vita degli esposti all’amianto, che è più bassa degli altri.

Spero che, con questa sentenza della Corte Costituzionale, vengano riconosciuti i diritti previsti dalla legge ma anche un po’ più di dignità e si smetta di considerare questi esposti all'amianto come super-privilegiati o addirittura come una specie di parassiti della società. Spero, con la dignità, che venga riconosciuto che l’esercizio del diritto è giusto o se vogliamo è anche bello e si smetta con sterili moralismi di dire che è meglio rinunciare a questi diritti, che per qualcuno sarebbero “troppo” buoni. I diritti sono diritti senza altre qualificazioni, ma forse quelli dell’amianto hanno una carica sociale e anche morale più alta di altri.

Voglio osservare che, con la sentenza n. 127 del 2002, la Corte Costituzionale ha evitato un comportamento pilatesco in attesa di un nuovo intervento della legge, di cui si dice da tanto e da troppo tempo. La Corte ha deciso subito, affermando in modo chiaro che il principio di uguaglianza va rispettato sempre, evitando distinzioni fra lavoro privato e pubblico che non possono avere valore, tanto meno sui problemi della salute. In tal modo è dato un segnale preciso proprio al futuro legislatore, se mai riuscirà a intervenire sulla materia.

La Corte non ha nemmeno nominato problemi di finanziamento, considerando forse elegantemente che la legge era già interpretabile nel modo più corretto e cioè senza distinzioni personali. Chiudo allora con la speranza che si smetta con gli allarmismi, per cui riconoscere i benefici dell'amianto comporterebbe finanziamenti spaventosi: questi allarmismi sono voluti solo per dare un'interpretazione negativa del diritto, ma comunque non sono veri, perché in effetti i costi sono modesti e tollerabili. Ma, dice ora la Corte, i diritti di uguaglianza non possono essere condizionati dai finanziamenti.