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Benefici previdenziali da esposizione ad amianto
ex lege n. 257/92 – Dimostrazione da parte del lavoratore del
superamento di determinati valori di concentrazione di fibre –
Insussistenza – Inesistenza di previsione legislativa di valori di
soglia – Attribuzione conseguente al magistrato della facoltà di
formarsi altrimenti il convincimento (per testi, in ragione della
durata dei lavori di bonifica, ecc.) sulla esposizione qualificata.
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Svolgimento del processo
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Con
ricorso depositato
il 20/4/'00 il ricorrente in epigrafe -dipendente dell'IMI presso la
sede di Via dell'Arte a Rorna- conveniva in giudizio l 'INPS chiedendo
accertarsi
il diritto all'applicazione dei benefici di cui all'art. 13 comma 8 L.
257/'92,con
il favore delle spese da distrarsi.
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Producevano
documentazione attestante il vano esperimento dell'iter amministrativo.
L'INPS non si costituiva in
giudizio.
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Espletata la prova
testimoniale,la causa,previo deposito di note difensive, veniva
decisa alla
stregua dei seguenti:
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Motivi
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L'art. 13 comna 8
della L.257/'92 come modificato dalla L.271/'93 recita:«Per i
lavoratori che
siano stati
esposti
all'amianto per
un
periodo superiore a
dieci anni,
l'intero
periodo assicurativo soggetto all'assicurazione obbligatoria contro le
malattie
professionali derivanti dall'esposizione all'amianto,gestita dall'INAIL,
è
moltiplicato ai
fini
delle prestazioni
pensionistiche per il
coefficiente
1,5
».
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Nel
caso
in esame si tratta del riconoscimento di un beneficio contributivo ai
fini del trattamento
pensionistico, onde
la
legittimazione passiva
spetta
unicamente
all’INPS,
non essendo
necessario chiamare in causa altri soggetti.
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In particolare,
per quanto concerne le circolari interne che prevedono il rilascio
di
una
dichiarazione INAIL che attesti -
previe verifiche tecniche - le mansioni, i reparti e i
periodi di esposizione all'amianto,
deve puntualizzarsi che in nessuna parte
dell'impianto normativo il
legislatore ha condizionato l'azione giudiziaria al
preventivo assolvimento di tale
procedura amministrativa e d'altra parte le
certificazioni dell'INAIL ovvero la
mancanza di esse non potrebbero vincolare
l'accertamento giudiziario: in
conclusione spetta al giudicante accertare la sussistenza dei
presupposti per il beneficio contributivo in contraddittorio con le sole
parti del rapporto assicurativo e cioè il lavoratore e l'INPS.
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Per quanto
concerne il requisito dell'assicurazione obbligatoria presso l'INAIL
contro il
rischio amianto, il giudicante è dell'opinione che dall'eventuale
mancato
assolvimento da parte dei datore di lavoro di tale obbligo assicurativo
non può
conseguire l'effetto pregiudizievole per il lavoratore di privarlo del
beneficio
previdenziale.
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Soccorre a tal
proposito il principio dell'automaticità delle prestazioni di
cui
all'art. 2116 c.c. anche in assenza
di versamento contributivo, considerando inoltre che
nella fattispecie, la prestazione (rectius
supervalutazione del periodo contributivo)
non è in stretta correlazione con
il contributo specifico - che la legge ha imposto per
altro genere di prestazioni,
onde non v'è alcuna ragione
giuridica per negare il beneficio a fronte di un inadempimento
che grava sul datore di lavoro.
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Quanto agli
ulteriori requisiti pretesi dal legislatore, è necessario riscontrare
che il
lavoratore sia rimasto
"esposto
all'amianto".
Tale
aspetto comporta indubbiamente delicati problemi interpretativi.
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Va subito
osservato che l'art. 13 sembra predisporre una gradazione di tutele o
benefici in
relazione
al grado
di
esposizione
all'amianto: in particolare è da
notare che i lavoratori che
siano stati a diretto contatto con l'amianto (i lavoratori delle cave
e miniere di amianto) ovvero
coloro in cui l'intensità dell'esposizione è comprovata
dall'aver contratto malattia
professionale specifica (commi 6 e 7), godono dello stesso beneficio
della supervalutazione dell'
1,5
senza limiti
temporali.
Il comma 8 attribuisce lo stesso
beneficio a coloro che sono stati esposti all'amianto
oltre il decennio.
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La
differenziazione posta dalla legge ha il significato di distinguere tra
la gravità del rischio e di volere
attribuire un beneficio anche a coloro che non sono stati
intensamente esposti
all'amianto.
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Il punto nodale è
quello di stabilire dei criteri razionali ed accettabili per distinguere
tra esposizione
"significativa" e quella minima,
che il legislatore ha inteso non meritevole di
considerazione, partendo
dal
rilievo
non
di
poco
conto
che
lo
stesso
legislatore
ha
volutamente
omesso
di
fissare
rigidi
parametri
di
valutazione.
L'omissione, ad avviso del giudicante, ha inteso lasciare all'interprete
dì apprezzare prudentemente e caso
per caso la soglia di esposizione da tutelare,
in
ragione del
fatto che si tratta di valutare
situazioni non più attuali ma risalenti nel tempo
(vista
la progressiva
dismissione
dell'amianto)
con
l'ovvia
conseguenza
dell'impossibilità dì procedere ex
post a verifiche tecniche.
In altri termini il legislatore si
è reso conto che volere ancorare il beneficio
all'accertamento di una precisa
concentrazione di amianto dell'ambiente lavorativo,
in modo costante e per almeno dieci anni, andando a
riscontrare luoghi ormai modificati
o inesistenti, sarebbe
equivalso a rendere inapplicabile
la disposizione medesima.
Per tale motivo il giudicante - pur essendo consapevole della contraria
opinione della giurisprudenza
di legittimità (v. Cass 4913/’01), ritiene preferibile non fare
riferimento ai parametri fissati
dal DLS 277/'91 (1 o 0,2 fibra per CM3) – che sono
obbiettivamente impossibili da
verificare per tutto un arco di almeno un decennio - quanto
piuttosto ad altri elementi
presuntivi che conducono a considerare non
trascurabile la concentrazione di
amianto nell'ambiente del singolo lavoratore.
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Sono stati sentiti due testimoni che hanno
riferito sulla permanenza del ricorrente nell'edificio di Via dell'Arte
dal '70 al '91.
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E' stata acquisita
ampia documentazione comprovante che l'edificio IMI di Via
dell'Arte fu
oggetto di diffida e contravvenzione nel luglio '87, da parte della ASL
RM 12, per
la normativa e tutela degli ambienti di lavoro per la presenza di
amianto nei
locali; che furono imposti lavori straordinari di bonifica dell'edificio
(v.
provvedimento del 18/7/'87).
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Dalla deposizione testimoniale risulta che i
lavori si protrassero per tre anni.
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Pare al giudicante
che vi siano elementi
probatori certi per desumere che la
concentrazione
di
amianto fosse costantemente di entità significativa, al punto da
sollecitare
nell'
87 l'intervento - sia sanzionatorio che di imposizione della
bonifica - dell'autorità
amministrativa allora preposta a
verificare la salubrità degli ambienti
lavorativi.
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Per quanto concerne
la durata dell'esposizione, va considerato utile il periodo dal '70
al '91.
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La domanda va
pertanto accolta accordando il beneficio di cui all'art. 13 comma 8 L.
257/'92 per
il periodo predetto.
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Le spese di causa vanno compensate per la metà,
tenuto dei contrasto giurisprudenziale sulla questione trattata.
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Questi i motivi della decisione in epigrafe.
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Roma 15/7/'02 (depositata in cancelleria il
3/8/’02)