REPUBBLICA     ITALIANA

IN  NOME  DEL  POPOLO ITALIANO

 

IL TRIBUNALE Di CASSINO ‑ SEZIONE LAVORO

riunito in camera di consiglio nelle persone   dei Sigg. Magistrati:                                                                                                                                                 OGGETTO:   

1) dott. BIAGIO MAGLIOCCA                Presidente                                                                                           appello

2) dott. MASSIMO CAPURSO                 Giudice  rel.

3) dott. CLAUDIO DI RUZZA                  Giudice

all'udienza di discussione dell'8‑5.1998 ha emesso la seguente

                    S E N T E N Z A

nella ‑ causa civile in grado di appello iscritta al N. 1079/94 R.G‑A.C. e vertente

                           TRA

FERROVIE DELLO STATO S. P. A. (già ENTE FERROVIE DELLO STATO),in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Frosinone alla Via Adige n. 41 presso lo studio dell'avv.

Italico Perlini, che la rappresenta e difende unitamente all'avv. prof. Renato Scognamiglio, giusta procura a margine dell'atto di appello.

                                        APPELLANTE

                      E

LANNI CRESCENZO, elettivamente domiciliato in Cassino alla Via G. D'Annunzio n. 35 presso lo studio dell'avv. Antonio Valente che

lo rappresenta e difende giusta procura in calce alla memoria di costituzione.

                                          APPELLATO

Avente ad oggetto: riconoscimento della dipendenza  di infermità da causa di servizio.

CONCLUSIONI

Per l'appellante: in totale riforma della sentenza impugnata, rigettarsi la domanda proposta dal ricorrente in primo grado; con vittoria delle spese del doppio grado di giudizio.

Per     l'appellato:  respingersi  l'appello;   con vittoria delle spese del giudizio.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato"il 2.5.1994 la S.p.A. FERROVIE DELLO STATO, subentrata nell'anno 1992 all'ENTE FERROVIE DELLO STATO, proponeva appello avverso la sentenza emessa dal Pretore di Cassino il 29.3.1993 con la quale era stata accertata la dipendenza da causa di servizio della malattia “adenocarcínoma gelatinoso del colon sinistro" da cui era risultato affetto il capotreno Lanni Crescenzo, con conseguente condanna del predetto Ente alla corresponsione del relativo equo indennizzo e della pensione privilegiata ai sensi di legge.

Nei motivi dell'appello veniva evidenziata la infondatezza delle argomentazioni del consulente tecnico nominato dal Pretore sotto il profilo del nesso di causalità  o anche di sola concausalità tra  l'attività   lavorativa  svolta  dal Lanni e  la malattia cancerogena al colon diagnosticata allo stesso. In    particolare, si contestava  che, allo stato delle attuali conoscenze mediche, fosse possibile affermare come aveva, invece, superficialmente  fatto   il c.t.u. -che,    in sostanza, il solo stress psico‑fisico, cui secondo l'ausiliario sarebbe     stato esposto il capotreno Lanni a causa delle mansioni svolte con continui turni di lavoro distribuiti in orari diversi, avesse svolto  “un ruolo concausale efficiente   e determinante" nella evoluzione della malattia     de qua. Laddove era, invece, noto     che più fattori predisponenti ‑ quali l'ereditarietà, la poliposi intestinale, la rettocolite ulcerosa, un'alimentazione   ricca di carne e   grassi animali nonché uno scarso apporto di fibre, oltre lo stesso stress psico‑fisico ‑ erano ritenuti dalla scienza medica entrare in gioco nelle neoplasie del colon, alla stregua dei casi clinici studiati. Peraltro, nessuna prova era stata acquisita circa il carattere particolarmente stressante dell'attività espletata in concreto dal   capotreno Lanni; in relazione alla quale, comunque, non era sufficiente al fine di ritenere l'esistenza della causa di servizio  un giudizio di non esclusione della su potenzialitá dannosa, richiedendosi invece un giudizio positivo di adeguata causalità e/o rilevante probabilità circa _la derivazione del morbo dall'attività lavorativa medesima.

   L'appellante chiedeva, pertanto, che ‑ previo eventuale rinnovo della consulenza medico‑legale venisse rigettata la domanda del Lanni.

Fissata  l'udienza di discussione, quest'ultimo si costituiva ritualmente in giudizio, invocando il rigetto dell'appello ed opponendosi, quindi, al rinnovo della c.t.u. .Espletata nuova consulenza tecnica d'ufficio, all'odierna udienza di discussione, la causa è stata decisa come da dispositivo in atti, di cui è stata data pubblica lettura.

MOTIVI  DELLA DECISIONE

L'appello è infondato e deve, pertanto, essere respinto.

Anche dalla consulenza tecnica d'ufficio espletata in questo  grado del giudizio è infatti, rimasto accertato che il Lanni, a causa del   lavoro svolto, ha contratto la malattia in questione, cioè l'”adenocarcinoma del colon", che ha determinato la necessità di un intervento chirurgico di resezione del colon stesso: più precisamente, il Lanni è risultato affetto da “ adenocarcinoma del colon trattato chirurgicamente con emicolectomia ed anastomosi colo-colica laterale”, oltre che da “ulcera duodenale".

Invero, secondo il nuovo c.t.u., il dott. Renato Marotta specialista in medicina del lavoro e  oncologia clinica, si può affermare l'esistenza del nesso eziologico tra le patologie riscontrate e l'esposizione al rischio dovuto all’attività di ferroviere svolta per circa vent’anni dal Lanni- prima quale manovale addetto alla pulizia delle vetture e dei locomotori, poi come conduttore e, infine, come capotreno ‑ e che ha verosimilmente costituito una “concausa preponderante e necessaria di servizio”. E ciò perché, da un lato, quanto alla malattia “ulcera duodenale”, l’instaurazione della stessa può essere stata chiaramente sollecitata dal tipo di lavoro svolto dal Lanni, "all'aperto ed in condizioni disagiate per turni diurni e notturni e con un'alimentazione inidonea per cibi freddi, asciutti ed inadeguati, nelle mansioni di, “manovale", di "manovratore", di "capotreno" e quindi anche con responsabilità direttive stressanti per oltre 22 anni". Mentre, dall'altro, per ciò che riguarda la più grave affezione cancerosa, cioè l"adenocarcinoma del colon”. la stessa può essere ‑ "con sicura certezza" ‑riconosciuta "espressione di malattia contratta per esposizione a polveri d'amianto che rappresentano la concausa necessaria e preponderante nel determinismo della detta malattia". posto che l'esame dell'espettorato fatto eseguire al Lanni è risultato "positivo per fibre di amianto".

Nella    disamina dell'anzidetta patologia cancerosa     e delle probabili cause genetiche    della stessa, lo   specialista nominato dal   Tribunale, citando la letteratura medica e rifacendosi ai più aggiornati    studi    scientifici in materia, ha

esaurientemente esposto, innanzitutto, la problematica in    materia  di amianto e connesso rischio neoplastico: dalla definizione dei vari tipi di “asbestosi", come vengono denominate tutte le malattie derivanti dall'esposizione all'amianto, e delle connesse patologie      oncologiche, "universalmente riconosciute dipendenti da esposizione a vapori o polveri d'amianto"; all'approfondimento specifico delle asbestosi gastriche e delle malattie neoplastiche a livello gastro‑enterico ritenute ad esse correlate.

In ordine a queste ultime, in particolare, il dott. Marotta ha riferito che l’”asbestosi del colon comporta l'instaurarsi, dopo diversi anni dell`”adenocarcinoma del colon‑retto” che negli ultimi tempi si è triplicato nel suo verificarsi rispetto al passato".

Il c.t.u. ha, quindi, affrontato la problematica dei rapporti tra le patologie indotte dall'amianto a livello polmonare e a livello gastro‑enterico, distinguendo tra azione dell'amianto "diretta, di tipo fisico, a livello pleuro‑polmonare" e indiretta, di tipo chimico, a carico dell'apparato digerente  dove "le fibre di amianto subiscono un processo chimico di dissoluzione dovuto all'ambiente acido dello stomaco sino alla liberazione di sottoprodotti solubili o solubilizzabili che  possono  più facilmente attraversare la mucosa gastro‑enterica, diventando responsabili delle modificazioni neoplastiche" (prove di laboratorio su cavie hanno dimostrato l’aumento dei livelli di nichel nel succo gastrico causato dall'amianto).

Sulla scorta delle anzidette precisazioni tecnico‑scientifiche, il dott. Marotta, nelle successive e convincenti "considerazioni medico- legali" svolte nella nuova consulenza, ha trattato l'aspetto valutativo della natura lavorativa delle neoplasie, elencandone la metodologia ed i relativi criteri fondamentali, e cioè: a) effettiva presenza della neoplasia; b) evidenza dell'azione oncogenetica della sostanza presente nell'ambiente di lavoro e sospettata di essere la causa della neoplasia correlata; c) consistenza e durata dell'esposizione al rischio; d) congruo periodo di latenza; e) conferma, epidemiologica/statistica dell'incidenza della neoplasia nei lavoratori soggetti a rischio sostanza.

quindi, riscontrato, la corrispondenza a quei criteri della situazione rilevata nel caso particolare sottoposto al suo esame, evidenziando:

aa) l'esistenza di malattia neoplastica del colon;

bb) la presenza di fibre di amianto nell'apparato respiratorio del paziente confermato dall'esame dell'espettorato e l'azione oncogenetica che all'amianto viene attribuita dalla letteratura scientifica;

cc,) le mansioni lavorative del Lanni consistite nel controllo, pulizia e manutenzione sistematici delle vetture e dei locomotori con relativa esposizione e contatto ‑ per un periodo di tempo significativa ‑ con polveri di amianto e materiali derivati, utili all'isolamento o coibentazione delle fiancate, tetti e soffitti delle vetture e delle motrici;

dd) l’esistenza di un congruo periodo di latenza reso evidente dal confronto della durata complessiva dell'attività lavorativa de qua (oltre 22 anni dal 1968) e l'epoca della diagnosi della neoplasia del colon (1989);

ee)      la    conferma    epidemiologica/statistica dell'incidenza    della neoplasia nei       lavoratori soggetti a rischio‑sostanza (asbesto o amianto), proveniente   da diversi fattori scientifici,   quali l'accertamento della diretta correlazione tra esposizione all'asbesto e azione cancerogena a livello gastro‑intestinale, nonchè le   segnalazioni di un aumento dell'incidenza del cancro del colon in lavoratori esposti all'asbesto e del         rischio aumentato di tre volte per tumori dell'apparato gastrointestinale in operai di cantieri navali esposti a crocidolite (minerale simile all'asbesto e detto anche, per il colore delle sue fibre, “amianto azzurro"). A tal ultimo proposito il C.t.u. ha citato anche, recentissimi studi sui rapporti tra asbesto e cancro effettuati in vari paesi, diversi dall'Italia, dai quali emerge la previsione di una significativa riduzione dei casi di neoplasie da amianto che nel prossimo decennio si verificherà per merito delle leggi promosse in quei paesi a protezione dei lavoratori a rischio (per l'Italia sono in corso ricerche utili a guidare future decisioni legislative in materia) nonché un “report" di 130 casi di neoplasia da asbesto in lavoratori delle F.S..

Il C.T.U. ha ritenuto dimostrato, in conclusione, che l"adenocarcinoma del colon trattato chirurgicamente" da cui è affetto il Lanni può essere fatta risalire all'esposizione del predetto lavoratore al rischio dell'agente patogeno in questione ‑ polveri e fumi d'amianto scaturiti dalla manutenzione delle carrozze coibentate con pannelli d'amianto ‑ il quale ha determinato la malattia medesima.

Le conclusioni cui è pervenuto   il   secondo c.t.u., non dissimilmente dal primo (sia pure con più specifiche ed approfondite argomentazioni), risultano coerenti con quanto emerso dagli esami anamnestici ed obiettivo, mentre le considerazioni medico‑legali appiano condivisibili e corrette sotto il profilo tecnico, in quanto ispirate dall'applicazione di corretti criteri medico-­legali, alla luce delle più attuali e recenti conoscenze scientifiche in materia: per cui risultano, in definitiva, sufficientemente convincenti.

Al rigetto dell'appello ritiene      il Tribunale, tenuto conto della   particolare  natura della questione medico ‑ scientifica trattata. di   poter comunque fare conseguire la compensazione integrale tra le parti delle, spese processuali del grado, ad eccezione di quelle della seconda c.t.u., che dovranno essere poste a carico della società appellante, nella misura che sarà liquidata con separata ordinanza.

p. Q.M.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull'appello proposto dalle FERROVIE DELLO STATO S.p.A. con atto del 2.5.1994 avverso la sentenza del Pretore di Cassino emessa il 29.3.1993, uditi i procuratori delle parti, così provvede:

a) rigetta l'appello;

 

b) compensa interamente tra le parti le spese del

 

grado.

 

Cassino, 8.5.1998.

 

IL PRESIDENTE

IL PRESIDENTE DI SEZIONE

 

                                                                                                                                                                             Dott Biagio Magliocca

 

 

IL GIUDICE EST.

 

 IL FUNZIONARIO  Di  CANCELLERIA

       Dott. Domenico Cerro

 

Depositato nella Cancelleria Civile del

 

 Tribunale di Cassino il  5 GIU 1998