Bodhran
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Il bodhrán 

Dei vari strumenti tipici della musica tradizionale irlandese, il bodhrán è probabilmente quello la cui storia è più oscura: si tratta infatti di un oggetto di origine antichissima, ma di uno strumento musicale di giovanissima età, dal momento che questo particolare tipo di tamburo esiste in Irlanda da svariati secoli, ma è stato introdotto nella musica irlandese solo negli ultimi decenni. 

Molte sono le teorie sull’origine storica del bodhrán: per alcuni esso sarebbe originario dell’Africa, e sarebbe arrivato in Irlanda attraverso la Spagna; secondo altri studiosi proverrebbe invece dall’Asia Centrale, “importato” in Irlanda dalle migrazioni di alcune popolazioni celtiche; per altri infine (Sean O Riada tra questi) il bodhrán sarebbe di origini autoctone, essendo nato nell’Isola di Smeraldo in epoca pre-cristiana. A contrastare questa teoria è però da segnalare la presenza di tamburi abbastanza simili al bodhrán in svariate regioni dell’Asia (Afghanistan) e dell’Africa (Egitto). L’unico dato certo è che per secoli il bodhrán è rimasto in Irlanda del tutto al di fuori dell’ambito musicale al cui interno esso è oggi universalmente riconosciuto.

 Le origini del bodhrán hanno comunque a che vedere con il passato remoto dell’Irlanda: qui, come del resto in molte altre parti del mondo, le misere popolazioni rurali sentivano verosimilmente innata la necessità di avere a disposizione un qualche strumento a percussione, ovviamente non per fini musicali, ma per alcune necessità per così dire “funzionali” della vita di ogni giorno, come ad esempio il chiamare a raccolta, ovvero scopi militari, e così via.

Trattandosi di popolazioni poverissime, esse dovevano necessariamente servirsi  di ciò che potevano facilmente reperire nelle loro abitazioni: le costole di un maiale potevano ad esempio essere usate anche per percuotere e produrre rumore, così come probabilmente qualcuno osservò che una certa sonorità poteva essere ottenuta battendo sulla maglia del setaccio per il granturco. Verosimilmente a qualcun altro venne l’idea di sostituire la maglia in questione con una pelle di capra, per otterere un suono più intenso… Il processo ideale appena descritto è probabilmente alla base della creazione di gran parte degli strumenti a percussione, alle più svariate latitudini della Terra. 

Tornando specificamente al bodhrán, si è accennato al suo utilizzo in ambito militare: esso per lo più veniva usato per accompagnare il fife (piffero), e più tardi le flute bands, contribuendo a spingere l’esercito alla battaglia. Incontrovertibile è anche la sua somiglianza con i setacci per il grano, largamente usati anche in Irlanda e, a ulteriore testimonianza della sua connessione con l’ambiente agricolo dell’isola, per molti irlandesi ancora oggi il bodhrán si identifica con le feste rurali legate alla mietitura, oltre che con le festività di Ognissanti (nelle Contee di Clare e Limerick) e di S. Stefano (nel sud-ovest d’Irlanda): il 26 dicembre i giovani si spostano infatti di casa in casa cantando e danzando al suono (anche) del bodhrán in cambio di qualche moneta.

Pare infine che un arnese abbastanza simile strutturalmente al bodhrán fosse usato nelle campagne per ventilare il frumento. A causa della fragile natura del legno utilizzato è comunque da considerare un fatto normale che non siano sopravvissuti sino ad oggi esemplari di bodhráns risalenti ai secoli passati. 

Il bodhrán come strumento musicale 

Se dovessimo descrivere un bodhrán a chi non conosce questo strumento, potremmo forse farlo parlando di un tamburello sovradimensionato, ma senza i sonagli che di regola sono presenti nella cornice del tamburello stesso.

Il termine bodhrán si pronuncia all’incirca “bòw-ron”, con un leggero accento sulla prima sillaba, ma esistono anche varianti dialettali che fanno pronunciare il termine “bow-ròn”, “bò-ron” e anche “bo-ràn”. La lettera d non va comunque pronunciata.

La parola bodhrán deriva dal vocabolo irlandese bodhar, che significa “sordo” e “dal suono cupo”, così come il Gaelico “bodhrán ballamhan” significa sordomuto. Da notare che nella Contea di Kerry spesso il bodhrán è anche chiamato “tambourine”.   

La prima citazione del bodhrán si ha in un testo del XVII secolo, traduzione in irlandese di un’opera a carattere medico intitolata Rosa Anglica: qui il termine bodhrán è interpretato come “tabur, timpan”, in modo tuttavia abbastanza ambiguo: se è vero infatti che il termine tabor indicava all’epoca un certo tipo di tamburo, con timpan non si è mai designato uno strumento a percussione, indicando invece quest’ultimo termine quasi sempre uno strumento a corde.

A partire dal XV secolo in Europa sono presenti diverse rappresentazioni iconografiche di tamburi dalla struttura simile al bodhrán, ma in nessuno di questi esempi compare ciò che è riconosciuto come una delle peculiari caratteristiche del bodhrán, ovvero la bacchetta a doppia estremità, il cipín (da pronunziare ki-pìn) con cui lo strumento viene percosso. 

Il legno utilizzato per la cornice può variare dal salice alla sequoia al frassino. Il legno viene riscaldato per consentirne la piegatura, ed in seguito ad esso viene fissata la pelle. Quanto ad essa, da sempre sono state utilizzate le pelli di capra, di pecora e di levriere (alcuni hanno usato anche pelli di asino, renna, vitello, alce, cervo, bufalo…): le pelli in questione venivano calcinate per un periodo di due mesi, per poi essere tenute in acqua per il tempo necessario a rimuovere il pelame. Due traverse perpendicolari in legno sono spesso usate per prevenire il deformarsi del cerchio di legno che tende la pelle. Le tecniche di costruzione oggi utilizzate rendono tuttavia per lo più inutile questa accortezza. La presenza delle due barre perpendicolari facilita comunque il corretto posizionamento dello strumento.

La più significativa evoluzione tecnica di questi ultimi decenni consiste nella applicazione di viti (in numero variabile da 6 a 12) aventi per finalità l’ “accordatura” del bodhrán. Queste viti spostano un anello metallico che preme sulla pelle in misura minore o maggiore, consentendo così allo strumentista di variare la tonalità del bodhrán in funzione del grado di umidità. 

Il bodhrán viene percosso con il cipín impugnato dalla mano (la destra per i destrorsi). Agli inizi della sua storia in veste di strumento musicale veniva utilizzata la mano nuda, con l’indice che faceva le veci del cipín (termine che, tradotto dal gaelico, significa “fuscello”). L’altra mano va a posizionarsi sul retro della pelle, ed il bodhrán viene tenuto in posizione verticale, sorretto sulle ginocchia tra il torace ed il braccio sinistro.

Le dimensioni del bodhrán variano da 7,5 a 15 cm di spessore e da 40 a 60 cm di diametro. Il cipín ha una lunghezza che va dai 15 ai 25 cm. Una caratteristica fondamentale da ricercare nel cipín è la leggerezza: cipìns troppo pesanti possono infatti facilmente causare tendiniti al polso utilizzato.

Il cipín va impugnato esattamente nella stessa maniera con cui si impugna una penna o una matita. Per una corretta impostazione, il dorso del polso guarda in avanti: ruotando polso ed avambraccio avanti e indietro, il capo inferiore del cipín (per intenderci, quello corrispondente alla punta della matita) colpisce la pelle alternativamente con un colpo in giù ed uno in su.

All’incirca il 90% dei colpi è dato proprio con il capo inferiore del cipín, cui tra l’altro spettano tutte le battute ritmicamente accentate. Il capo superiore viene adoperato solo con funzioni di “riempimento” tra due battute del capo inferiore (il “colpo” di mezzo delle terzine). Per riuscire ad ottenere ciò, il colpo in giù del capo inferiore viene prolungato sino a far colpire la pelle con il capo superiore del cipín. In seguito ritorna in gioco il capo inferiore con un colpo in su. Queste ultime tecniche sono comunque abbastanza complesse, e richiedono un notevole allenamento sullo strumento. 

Ciò che può rendere magico questo particolare tipo di percussione è la sua possibilità di suonare in varie tonalità: il vero suonatore di bodhrán si riconosce proprio dall’abilità di riuscire ad estrinsecare questa caratteristica dello strumento. La musica irlandese è infatti strettamente connessa alla lingua ed alla poesia, con tutte le inflessioni ed i sentimenti che contribuiscono a comporla: strumenti quali l’arpa, il fiddle ed il flauto sono in questo senso particolarmente adatti allo scopo. Il suonatore di bodhrán, conscio dei limiti tonali del suo strumento, deve invece stare particolarmente attento a non sovrastare il contenuto emozionale della musica: da questo punto di vista la mano sinistra (poggiata sul retro della pelle) svolge un ruolo fondamentale, controllando il timbro e l’intonazione dello strumento. Applicando infatti una pressione variabile a varie zone della pelle, il bodhránist può ottenere un’ampia gamma timbrica: in genere quanto più vicina è la mano al bordo in legno, tanto più bassa è la tonalità risultante.

Ovviamente non tutta la musica irlandese si presta all’uso di questa percussione. In grandi linee questa musica può essere distinta in due grandi categorie di brani, le airs ed i brani di musica da ballo (jigs, reels): le airs, spesso lente e struggenti e dalla struttura più vicina alla canzone, non sono adatte alla presenza musicale del bodhrán, a differenza di jigs e reels, che costituiscono il principale campo d’azione del bodhránist: la dinamica intrinseca di queste forme musicali si presta infatti in modo particolare alla creazione di complesse linee ritmiche ricche di elementi sincopati: in questo quadro il bodhrán può addirittura ricoprire un importante ruolo di elemento di contrappunto all’interno del gruppo, molto più quindi di un semplice strumento ritmico. Va precisato che non esistono a tutt’oggi partiture per bodhrán in notazione musicale classica. 

Imparare a suonare il bodhrán può risultare difficile, al di là delle (relative) difficoltà tecniche dello strumento in questione, anche per la scarsità di manuali, scuole ed insegnanti (anche in Irlanda…). A tal fine la cosa migliore è senz’altro l’ascolto (diretto e su disco) della musica in questione, oltre naturalmente alla pratica ed all’allenamento.

Ecco comunque alcuni titoli di manuali per chi volesse intraprendere lo studio del bodhrán:

 

bulletConor Long: “Absolute Beginner’s Bodhrán Tutor” (con musicassette allegata), Waltons
bulletMicheal O Suilleabhain: “The Bodhrán”, Waltons
bulletSteàfan Hannigan: “Bodhrán Basics” (con musicassette allegata), Ossian
bulletVideotape (VHS) “The Bodhrán Video”, pure ad opera di Steàfan Hannigan, Ossian
bulletVideotape (VHS) Tommy Hayes: “Bodhrán. Bones and Spoons”, Waltons.

 La storia recente 

Coloro che hanno visto il film “Titanic” ricorderanno senz’altro (specie se appassionati di musica irlandese…)  la scena del ballo nelle sale di terza classe, ballo la cui musica è accompagnata da un energico suonatore di bodhrán: ebbene, possiamo tranquillamente sostenere che si tratta di un falso storico, così come impropria è la presenza di questo strumento nel film “Ballando a Lughnasa”: il motivo di queste drastiche affermazioni sta nel fatto che tali livelli di virtuosismo percussionistico sono stati raggiunti solo a partire dagli anni ’60, epoca in cui Sean O Riada, che a ragion veduta può essere definito il padre del rinascimento musicale irlandese del XX secolo, introdusse l’uso del bodhrán (suonato inizialmente da Ronnie McShane ed in seguito da Peadar Mercier) nel suo gruppo Ceoltoiri Chualann, in un certo senso i predecessori dei Chieftains.

Stando al racconto di uno dei primi bodhránists, Eamon de Buiteàr, il bodhrán era inizialmente suonato solo in alcune zone della Contea di Kerry, ed in seguito al suo utilizzo nel contesto di un’opera teatrale di John B. Keane (“Sive”), che venne rappresentata nell’Abbey Theatre di Dublino, un esiguo numero di appassionati iniziò ad intraprendere lo studio di questo strumento. 

L’arrivo ufficiale del bodhrán nell’ambito della musica tradizionale irlandese è comunque da datare alla fine degli anni ’50. Negli anni precedenti il tamburello era discretamente popolare, ma il suo uso era col tempo progressivamente andato scemando. In rare incisioni degli anni ’20 sono citati tra gli esecutori al tamburello i nomi di Seamus Tansey (in realtà soprattutto flautista di Sligo) e di John Reynolds (in incisioni del flautista Tom Morrison). In queste registrazioni è impossibile ascoltare i sonagli, probabilmente perché questi erano stati fasciati o asportati: l’unica cosa certa è che il suono ricorda abbastanza quello del bodhrán.

In altre registrazioni effettuate nella New York della fine degli anni ’20 un certo Neal Smith, che suonava le bones nel gruppo Melody Boys del fiddler Packie Dolan, può essere ascoltato anche al bodhrán ed al tamburello.

Alcune foto opera di Kevin Danaher, riprese a Limerick nel 1946, mostrano infine alcuni saltimbanchi che tengono uno strumento simile al bodhrán in una mano ed una bacchetta nell’altra.

Fino agli anni ’50 l’elemento ritmico presente nelle incisioni di musica irlandese era assicurato (oltre al tamburello) anche dagli spoons e dalle bones (rispettivamente “cucchiai” ed “ossa” lasciate oscillare sbattendo ritmicamente tra le dita della mano); parti della moderna batteria quali il rullante e la grancassa a pedale erano invece elementi costanti all’interno delle ceili bands.

Quando Paddy Moloney intraprese, nel 1962, la registrazione del primo disco dei Chieftains, si rivolse a Davy Fallon per le parti di bodhrán. Fallon, un agricoltore di Castletown, nella Contea di Westmeath, era all’epoca ultrasettantenne, ed usava un bodhrán con pelle di capra e sonagli suonato a mano nuda, in modo abbastanza anonimo. Fu proprio Paddy Moloney a convincerlo a fasciare i sonagli, in modo che si sentisse solo il suono del tamburo. A Fallon subentrò successivamente Peadar Mercier, il cui posto fu poi ereditato da Kevin Conneff.

Conneff può a ragione essere definito come una delle figure più importanti per la diffusione del bodhrán nella musica tradizionale irlandese degli anni successivi: fu infatti lui a suonare il bodhrán nel famoso disco di Christy Moore “Prosperous” (1972). Questo album portò alla formazione del gruppo dei Planxty, una delle pietre miliari della Irish music di questi ultimi decenni: all’interno del gruppo lo stesso Christy Moore divenne il bodhrán player (suonandolo sempre ed esclusivamente a mano nuda), contribuendo così in maniera definitiva alla consacrazione di questo strumento quale elemento integrante della musica irlandese. 

Non ha probabilmente molto senso parlare di discografia a proposito del bodhrán: basti considerare che a partire dagli anni ’70 la sua presenza è diventata pressochè ubiquitaria nei dischi di musica irlandese, e tra i bodhránists più famosi possono essere citati Johnny “Ringo” McDonagh dei De Danann ed in seguito degli Arcady, Robbie Morton dei Boys of The Lough e Tommy Hayes degli Stockton’s Wing. Altri percussionisti particolarmente validi, oltre ai nomi già citati, sono Frank Torpey (Nomos), John Joe Kelly (Flook) e Steafan Hannigan (Sine E).

In tempi più moderni, ed in tema di contaminazioni, Jim Sutherland (ex-Easy Club) è arrivato ad usare le spazzole della batteria jazz, laddove invece un virtuoso del bodhrán come Mel Mercier dichiara invece di ispirarsi espressamente alle tecniche di esecuzione proprie dei tabla indiani. Per bodhránists come Gino Lupari (ex-Four Men and a Dog, pomposamente definito "the God of the bodhrán”) infine, il bodhrán solo è diventato parte irrinunciabile di qualsiasi concerto, alla stregua di quanto si verifica da decenni nel jazz e nel rock.

Seguono i titoli di alcuni dischi in cui il bodhrán riveste un ruolo di primo piano (il nome del bodhránist è tra parentesi):

bulletAltan, “The Red Crow”, Green Linnet (Ringo McDonagh, Donal Lunny)
bulletSeamus Creagh, “Came the Dawn”, Ossian (Paddy Mackey)
bulletFour Men and a Dog, “Shifting Gravel” e “Barking Mad”, Cross Border Media (Gino Lupari)
bulletMary Bergin, “Feadoga Stain”, Gael Linn (Ringo McDonagh)
bulletEasy Club, “Chance or Design”, Rel Records (Jim Sutherland)
bulletDonal Lunny, “Donal Lunny”, Gael Linn (Damien Quinn)
bulletPlanxty, “Words and Music”, Shanachie (Christy Moore)
bulletAntonio Breschi, “Mezulari”, Elkar S.A. (“Hopi” Hopkins)
bulletSean Ryan, “Take the Air”, Gael Linn (Ringo McDonagh)
bulletKevin Conneff, “The Week Before Easter”, Claddagh (Kevin Conneff)
bulletSeamus Tamsey, “Seamus Tamsey with Eddie Corcoran”, Leader (Seamus Tamsey e Eddie Corcoran)

Oggi il bodhrán si è guadagnato la dignità di strumento musicale “irlandese” a tutti gli effetti, ed i bodhráns sono inoltre tra i souvenirs più spesso acquistati dai turisti. Tra i bodhránists dilettanti sono da annoverare, tra gli altri, anche personalità del calibro di Bob Dylan e di…Al Gore (solo per una manciata di voti, quindi, non si è passati da un presidente sassofonista ad un bodhrán player)!

Rimane curiosamente viva in Irlanda anche un’altra tradizione, quella delle barzellette legate ai bodhránists, paragonabili per numero e “cattiveria” alle italiche barzellette sui carabinieri: in esse, per motivi riconducibili ai primi anni dello strumento, sono messi alla berlina sia la personalità dello srumentista, che il bodhrán stesso. Forse il primo responsabile storico di questa cattiva reputazione fu il piper Séamus Ennis, che sosteneva che il miglior modo per percuotere il bodhrán era con…la lama di un coltello!

Questo disprezzo derivava, negli anni ’60, dalla mancanza di un background storico di questo tamburo, considerato inoltre strumento troppo semplice, il che faceva sì quindi che chiunque potesse partecipare ad una session, facendo spesso… scempio di jigs e reels!

Ecco un paio di esempi di humor irlandese…applicato al bodhrán:

“Un suonatore di bodhrán dimentica la propria auto aperta, con il tamburo in bella vista sul sedile posteriore. Improvvisamente fa mente locale alla propria dimenticanza e si precipita a controllare se lo strumento è ancora al suo posto. Arriva all’auto e trova…altri quattro bodhráns oltre al suo!”

“Un giovane entra in pub di Belfast con una borsa nera rotonda sotto il braccio. Il proprietario del pub lo guarda sospettoso e gli chiede: “Hei, cos’hai in quella borsa?” Il giovane risponde: “Due chili di dinamite…” “Ahhhh….grazie al cielo! Temevo fosse un bodhrán!!!”

                                                                                        Testo di Alfredo De Pietra

© New Sounds 2000

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