Deaf Shepherd
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Deaf Shepherd: Even In The Rain 

Sin dagli esordi, risalenti al 1993, i Deaf Shepherd sono stati considerati una delle migliori band di musica tradizionale scozzese, ed i loro tre album: Ae Spark O’ Nature Fire, del 1996, Synergy (1997), ed il più recente Even In The Rain, hanno nel tempo consolidato la loro reputazione di gruppo musicale solidamente radicato all’interno della tradizione, con un impatto energetico entusiasmante, soprattutto nella dimensione live.

Gli inizi del gruppo risalgono ad alcune session svoltesi a Glasgow nel ’93. Ben presto i Deaf Shepherd furono notati da Ian Green (proprietario-factotum della Greentrax Records) che si offrì di produrre il loro primo album, Ae Spark O’ Nature Fire, caratterizzato tra l’altro da una notevole presenza di brani tradizionali irlandesi (i legami familiari di molti dei membri del gruppo riconducono infatti all’Isola di Smeraldo). A distanza di un anno esce il più maturo Synergy, e dovranno passare ben quattro anni prima che i Deaf Shepherd decidano di andare per la loro strada, abbandonando la Greentrax Records per produrre l’universalmente acclamato Even In The Rain.

Il terzo album dei Deaf Shepherd è infatti autoprodotto, e mette in mostra un’eccellente raccolta di momenti sereni alternati a tiratissimi set di scatenate jig e torridi reel, moderni quanto basta per una band del ventunesimo secolo, ma rigorosamente – ed orgogliosamente – all’interno della tradizione.

Oggi i Deaf Shepherd sono formati da Malcolm Stitt (bouzouki), John Morran (voce solista, chitarra), Clare McLaughlin e Marianne Campbell (fiddle), Rory Campbell, fratello di Marianne (pipe, whistle, voce) e Mark Maguire (batteria, percussioni). Da segnalare l’ottimo sito web della band, www.deafshepherd.com, dove sono disponibili molteplici informazioni sull’attività musicale dei Deaf Shepherd.

Abbiamo avuto modo di contattare il cantante e chitarrista del gruppo, John Morran, che ci ha lungamente parlato dell’attività della band, del suo personale ruolo all’interno dei Deaf Shepherd e del suo profondo amore per l’opera poetica e musicale di Robert Burns, tra l’altro autore del brano tratto da Even In The Rain e presente sulla compilation di questo mese di Keltika.

Molti, sia all’interno che all’esterno della Scozia, considerano i Deaf Shepherd la migliore band tradizionale scozzese, ed il vostro ultimo CD sta attirando ulteriormente l’interesse di pubblico e critica nei vostri confronti. Qual è il segreto del vostro successo?

“Non sono così sicuro si possa parlare di successo…dipende da quello che si intende per successo! È vero, abbiamo avuto il plauso della critica e il nostro ultimo album ha avuto ottime recensioni, ma mi chiedo se tutto ciò sia un valido metro di misurazione del successo. Se devo essere sincero, finora i nostri sforzi non sono stati abbastanza remunerativi, quindi in ambito economico non si può proprio dire che siamo una band “di successo”. Certo, tutto ciò può sorprendere, ma è proprio così! Ovviamente le recensioni positive sono molto gradite e ci sono di aiuto nella nostra promozione. Ma in realtà il successo è un termine da inquadrare bene in senso relativo e qualitativo.

Se per “avere successo” si intende suonare una musica che ci piace suonare e avere il piacere di suonare insieme agli altri elementi della band, allora siamo una band di successo. E sono molte le ragioni che ci portano a suonare insieme: essenzialmente i Deaf Shepherd sono un gruppo di amici, (e per inciso ritengo che ciò sia il nostro punto di forza ma anche il nostro punto debole): tanto per dirne una, lo sa che a Natale, da anni, ci vediamo tutti insieme, vestiti a festa per giocare a carte e scherzare? Ognuno di noi è accompagnato dal proprio partner, ma ci sono anche altri amici con noi, in queste occasioni. Ancora, la nostra amicizia ci consente una grande flessibilità reciproca nelle nostre relazioni, e ciò è fondamentale per dei musicisti professionisti. Per altri versi siamo ipercritici nei confronti del nostro lavoro, e l’onestà reciproca è alla base del nostro rapporto, anche dal punto di vista professionale. Probabilmente in questo modo riusciamo a scremare tutto ciò che è di scarso valore artistico dalle nostre produzioni…bè almeno ci proviamo!

Voglio dire che tra di noi siamo perfettamente a conoscenza dei rispettivi punti deboli, cui cerchiamo di supplire vicendevolmente. Ma la cosa fondamentale è che noi tutti abbiamo il culto della “Tradizione” con la “T” maiuscola, e la consapevolezza della bellezza della nostra musica, delle nostre canzoni e della nostra cultura”.

A proposito di tradizione, oggi molte band di musica tradizionale dell’area celtica sono attratte dall’uso dell’elettronica e dalla fusione con elementi di altre culture. Il vostro approccio si direbbe invece più “tradizionale”. È d’accordo? E più in generale si può parlare, nel vostro caso, di un approccio “moderno” alla musica tradizionale scozzese?

“Io penso che la Scozia abbia aperto la strada ai nuovi approcci alla musica tradizionale. Basti pensare agli Easy Club ed al loro uso di ritmi swinganti. Poi, le proposte di Jim Sutherland sono veramente uniche, poi ancora Simon Thoumire, Dave Milligan e Kevin MacKenzie con le loro influenze jazz, Salsa Celtica con il loro ritmi latini, e infine gli Shooglenifty, i Croft No.5 e i Peatbog Fairies, con alcuni elementi di dance music…ma in tutti questi casi a me sembra che al centro di tutto vi sia in fondo un nucleo di musica tradizionale.

Deaf Shepherd è una band tradizionale, nel senso che adottiamo lo stesso approccio di band precedenti che a loro volta, ed ai loro tempi, furono considerate assolutamente rivoluzionarie. Parlo di gruppi come i Tannahill Weavers, la Battlefield Band e i Silly Wizard. Spostandoci in Irlanda, i Planxty, la Bothy Band e i Moving Hearts hanno usato un approccio del tutto innovativo alla musica tradizionale irlandese, con l’adozione ad esempio del sassofono, o addirittura del bouzouki greco. Il loro approccio è diventato “la tradizione”. Noi semplicemente proseguiamo in quella direzione, perché riteniamo che essa riesca a far emergere in modo più completo l’aspetto tradizionale della musica. Ciascuno degli elementi dei Deaf Shepherd è un tradizionalista, nel proprio intimo.

Cosa c’è di moderno nella musica dei Deaf Shepherd…probabilmente lo stile dell’accompagnamento, che noi studiamo con la massima cura per ciascuno dei nostri brani. Sì, per quanto riguarda l’accompagnamento l’influenza degli altri generi musicali penso sia evidente, anche perché ciascuno di noi ascolta anche altri tipi di musica…a me ad esempio piacciono molto i Blue Nile, proprio per gli arrangiamenti delle loro canzoni”.

Ma in generale, qual’è lo stato della musica tradizionale in Scozia?

“Decisamente buono, direi: ci sono molti giovani musicisti di talento che suonano musica tradizionale, e molti frequentano le scuole di musica. La Scozia oggi sta vivendo un periodo di grande risveglio culturale, ed attualmente è una regione veramente eccitante, da questo punto di vista”.

Questo vostro Even In The Rain è il vostro primo CD autoprodotto. Cosa vi ha portato ad abbandonare la Greentrax e a proseguire per la vostra strada?

“La Greentrax è un’etichetta fondamentale nella diffusione della musica tradizionale scozzese. Semplicemente, essendo la nostra band composta da sei elementi, non riuscivamo a guadagnare in maniera significativa dalle vendite dei nostri dischi. La decisione di andare per la nostra strada nasce proprio da considerazioni economiche: il nostro tentativo è di poter riuscire a guadagnare abbastanza per continuare a suonare insieme con maggiore frequenza, per come vorremmo e dovremmo. Questa nostra decisione non ha minimamente minato i nostri rapporti con la Greentrax, che rimangono assolutamente ottimi”.

Per tornare all’uso del “moderno” nella tradizione, Even In The Rain, è anche uno splendido CD-extra, e fa uso di tecnologie multimediali assolutamente inconsuete nell’ambito della folk music. Come mai?

“L’idea era di usare lo stesso CD ai fini promozionali. Non c’è bisogno di spedire foto del gruppo, perché sono già sul CD. Inoltre il video presente sul CD-rom può dare agli organizzatori dei tour l’idea delle nostre performance dal vivo: è una ripresa effettuata al festival di Edinburgo del 2001. Ci si può anche collegare al nostro sito web direttamente dal CD, e in questo modo avere ancora altre informazioni sulla nostra band”.

Andando a lei, alcuni critici hanno sottolineato in senso positivo una sua maggiore presenza sia come cantante che come chitarrista in questo ultimo disco dei Deaf Shepherd…

“Non le nego che per me è stato veramente piacevole leggere queste critiche, anche perché in precedenza qualche altro critico sosteneva a gran voce che i Deaf Shepherd dovessero cambiare cantante! A parte questo, non saprei cos’altro dire al riguardo: ho sempre contribuito in buona misura alla realizzazione dei dischi della band. Diciamo che un buon 50% degli arrangiamenti dei pezzi strumentali è opera mia, come del resto miei sono la scelta e l’arrangiamento dei brani strumentali. So perfettamente quale sia il mio ruolo all’interno della band. Forse, vista la bravura degli altri elementi dei Deaf Shepherd, qualcuno dava per scontato che il mio “peso” artistico fosse di livello inferiore…

In realtà qualcosa è cambiato nel tempo, per quanto mi riguarda, ed è una maggiore conoscenza delle tecniche di registrazione e delle tecniche necessarie a raggiungere la timbrica giusta per la mia voce e per la mia chitarra. E sono anche molto più consapevole delle mie qualità musicali!”.

I Deaf Shepherd e Robert Burns…

“Ecco, come le dicevo, sono io a scegliere le canzoni per la band quindi, la domanda dovrebbe essere invece “John Morran e Robert Burns”! Scherzi a parte, ho suonato per lungo tempo con Fred Freeman, Marc Duff (ex-Capercaille) e Wendy Weatherby (Calluna). Fred è il produttore della raccolta delle canzoni di Robert Burns per l’etichetta Linn Records (quando sarà completata, alla fine di quest’anno, consterà di ben 12 album). Fred è quindi un esperto dell’opera artistica di Burns, e ho imparato tanto da lui. È stato splendido lavorare con Fred, Marc e Wendy.

Robert Burns era un grande collezionista di brani tradizionali, oltre che un eccellente scrittore di canzoni e brani musicali. Se si canta musica tradizionale scozzese è quasi impossibile non cantare le sue canzoni. Ho visto recensioni e commenti al limite dell’insofferenza, che lamentavano “ancora una volta un brano di Robert Burns!” su questo o quell’album. Ebbene, questo significa che questi critici non comprendono l’enorme importanza dell’opera di Burns nell’ambito della musica tradizionale scozzese: oltre quattrocento brani musicali! Era un vero genio, un grande esperto del ritmo, oltre che un eccezionale poeta. Ecco quindi che sto tuttora studiando l’opera di Burns: questo vuol dire in pratica che vi dovete aspettare ancora tanto Burns sui prossimi dischi dei Deaf Shepherd!

Per restare in tema, abbiamo scelto proprio un brano di Robert Burns tratto da Even In The Rain a presentare questo mese il vostro ultimo album ai lettori di Keltika…

“Sta parlando di “I Coft A Stane O Haslock Woo” seguita dal tradizionale “Ben Wyviss”. Bene, Burns era un profondo conoscitore delle varie scansioni ritmiche della musica tradizionale scozzese, e componeva spesso adoperando jig, reel e strathspey, cui adattava i propri testi. Era questo il suo modus operandi, prima la musica (sia composta da lui stesso che quella che ascoltava, di tradizione popolare) e poi il testo. Quando sceglieva le parole, Burns stava attento al fatto che esse si adattassero al ritmo della canzone, più che al valore poetico delle stesse: in altri termini era l’autore di una forma particolarmente evoluta di “mouth music”, e “I Coft A Stane O Haslock Woo” è un tipico esempio di questa modalità compositiva: specialmente nel chorus si possono quasi avvertire gli ingranaggi del filatoio meccanico. A questa canzone abbiamo accodato il tradizionale “Ben Wyviss”, proprio perché ci è sembrato potesse mantenere lo stesso andamento del brano precedente. Nel lavoro di arrangiamento e nell’accompagnamento abbiamo cercato di mantenere una cadenza per così dire “meccanica”, che ricordasse il processo della filatura. Quanto al testo, è abbastanza divertente: una vecchia donna racconta dell’invecchiamento del marito, ma ricorda di quando il suo sposo era the pride o aw the parishon, ovvero “l’orgoglio della comunità, della parrocchia”. È un testo che ricorda un altro brano di Burns, “John Anderson My Jo”, in cui lo stesso argomento è però trattato con una vena maggiormente poetica. Burns era decisamente geniale, e ha scritto alcune pagine veramente stupende: basti pensare a composizioni come “Yestreen”, “Ae Fond Kiss”, “My Love Is Like A Red, Red, Rose”…”.

E dopo questo acclamato Even In The Rain?

“Per ora niente di definito: solo continuare a suonare, concerti un po’ ovunque in Europa, Italia compresa, e stare a vedere come va questo nostro ultimo CD…”.

 

                                                                                               Intervista di Alfredo De Pietra

Deaf Shepherd: Even In The Rain Deaf Shepherd 1

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