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Il XX secolo: gli altri strumenti Termineremo questo giro d’orizzonte degli strumenti utilizzati oggi in Irlanda con lo studio di alcuni strumenti in genere meno associati in modo diretto alla musica tradizionale irlandese.
Il
pianoforte (ed il clavicembalo)
“…uno
sfregio, una piaga sul volto della musica irlandese, che rivela l’ignoranza di
coloro che l’hanno permesso e che l’hanno incoraggiato. E’ facile capirne
il perché:è evidente che in questo Paese soffriamo di un complesso
d’inferiorità a livello nazionale. Per sbarazzarcene abbiamo elaborato un
certo numero di processi mentali che tendono a far credere agli altri che noi
siamo migliori di quel che siamo in realtà – ma non facciamo altro che
ingannare noi stessi. Il pianoforte è uno di questi “trucchi”. E’
divenuto un simbolo di rispettabilità. La casa ove ne è presente uno diventa
“rispettabile”, anche se non c’è nessuno che lo suoni.” La violenza del resto del paragrafo è allo stesso livello del passaggio sopra citato. E’ quindi evidente che
l’interesse primitivo nei confronti del piano non è di tipo prettamente
musicale, ma bensì di tipo sociale: strumento tipicamente borghese, il piano
conferisce di per sé una certa rispettabilità alla musica e sopperisce a quel
famoso complesso d’inferiorità di cui, a detta di tutti i sociologhi,
soffrono gli irlandesi. Ad immagine dell’arpa il piano, strumento da salotto
pesante e difficilmente trasportabile, ha acquisito quel carattere aristocratico
che era venuto a mancare alla musica tradizionale irlandese in seguito alla
definitiva scomparsa degli arpisti di corte: iniziando a farne uso, i musicisti
degli inizi del XX secolo cercavano, sia pur inconsciamente, di rimpiazzare
l’arpa e ritrovare l’antico splendore, all’epoca offuscato, di una musica
plurisecolare, nelle sue origini in buona parte di natura aristocratica. Da qualche anno ha fatto la sua
comparsa un nuovo stile esecutivo, che ha accentuato caratteristiche quali
leggerezza e semplicità di accompagnamento: Charlie Lennon è al riguardo uno
dei primi esempi, sebbene egli sia in origine un eccellente fiddler, (e
ciò non è estraneo ad un rinnovamento stilistico che si mostra, in fondo,
rispettoso dello stile di esecuzione dello strumentista). Inoltre alcuni
musicisti particolarmente validi utilizzano il piano anche come strumento
solista: il più celebre fra questi è uno dei successori di Seàn O’Riada
all’Università di Cork, Mìcheàl O’ Sùilleabhàin, oggi responsabile del
Dipartimento di musica dell’Università di Limerick. Seàn O’Riada non si limitò a
deplorare l’uso del pianoforte: egli inoltre propose e preconizzò l’uso del
clavicembalo all’interno del suo gruppo, Ceoltòirì Chualann,
sostenendo che la sua sonorità metallica richiamava quella dell’arpa bardica.
A dire il vero questa innovazione non ha incontrato un grande successo, ma
O’Riada detestava tanto l’arpa con corde in budello da preferire l’uso del
clavicembalo (che sapeva suonare) in assenza dell’arpa con corde metalliche.
Questa sua decisione fu una delle più controverse, anche perché altrove egli
aveva sostenuto che non si doveva cercare di imitare il suono dell’arpa con
corde in metallo mediante l’uso del clavicembalo: “Egli utilizzava il clavicembalo in gran parte alla stregua di un pianoforte, con uso di accordi e frequente ricorso alle modulazioni (…) Il duplice aspetto dello strumento si addice perfettamente alla musica tradizionale, ma la sonorità è nuova, è un nuovo strumento tradizionale a sé stante, che non può essere realmente considerato una alternativa all’arpa.” Il ruolo di clavicembalista all’interno del suo gruppo sperimentale Ceoltòirì Chualann spettò proprio a Seàn O’Riada negli anni ’60, ed il disco “O’Riada’s Farewell” interamente suonato al clavicembalo e pubblicato poco dopo la sua morte, è la dimostrazione di uno stile musicale che avrebbe meritato di essere sviluppato. Bisognerà invece constatare che esso non è stato preso in considerazione, con l’eccezione di Triona Nì Dhomhnaill (ex Skara Brae, Bothy Band e Relativity), che però usa più esattamente un “cugino” del clavicembalo, la spinetta, oltre ad alcune tastiere elettroniche e sintetizzatori capaci di simulare questo tipo di suono “metallico”. Anche Mìcheàl O’ Sùilleabhàin ha fatto alcune ricerche in questa direzione, ma in fondo egli utilizza il clavicembalo in modo sporadico.
Seguendo l’esempio degli altri
strumenti, la chitarra ha di recente trovato un nuovo modo espressivo nella
musica irlandese in qualità di strumento solistico, grazie ad eccellenti
musicisti come Paul Brady e Arty McGlynn in Irlanda, Dan Ar Braz in Bretagna,
Duck Baker e David Evans negli Stati Uniti; essa rimane totalmente assente nelle
competizioni solistiche del Comhaltas Ceoltòirì Eireann, essenzialmente
a causa di una sorta di “divieto” che l’ha tenuta lontana dai circoli
“ufficiali” della musica tradizionale in Irlanda; essa invece sarà sempre
presente nelle serate tra amici e nelle altre sessions informali. Talvolta accordata come la chitarra
classica (mi-la-re-sol-si-mi), sempre più spesso si trova invece
accordata secondo un’accordatura “ereditata” dai chitarristi folk-rock
degli anni ’70: re-la-re-sol-la-re, anche detta DADGAD dai nomi
delle note in inglese. Il vantaggio di questa accordatura è essenzialmente
quello di fornire un bordone, il che si addice particolarmente alla musica
irlandese, così come del resto ad altre musiche tradizionali. Infine, se la chitarra classica (con corde in nylon) non ha trovato spazio nella musica tradizionale irlandese, è tuttavia da ricordare al riguardo l’australiano di origini irlandesi Steve Cooney, che ne fa un sensazionale uso ritmico nell’accompagnamento del fisarmonicista Phil Begley, nel loro villaggio di Dingle.
Nello spirito dei musicisti irlandesi
esiste oggi una distinzione formale molto netta tra questi due tipi di banjo: il
tenor banjo gode di maggior reputazione rispetto al banjo a cinque corde,
più utilizzato invece dai musicisti di bluegrass dopo il secondo
conflitto mondiale (sotto l’influsso di Pete Seeger) e considerato
generalmente “più americano”. Il banjo ebbe una crescita d’interesse in
Irlanda in seguito al successo negli Stati Uniti dei Clancy Brothers & Tommy
Makem nel 1961, data a partire dalla quale la vittoria di John F. Kennedy nelle
elezioni presidenziali americane aveva reso qualsiasi elemento di origine
irlandese degno di riguardo: tra gli altri, Ed Sullivan invitò nel suo celebre
show i Clancy Brothers, “nuovo fenomeno musicale irlandese”, e ciò a sua
volta ebbe - per inciso – anche la conseguenza di rilanciare nel mondo la moda
dei pullover “Aran”. L’uso del banjo era, fino ad allora, eminentemente di
tipo ritmico; si dovettero attendere ancora alcuni anni, e musicisti come Barney
MacKenna (dei Dubliners), per poter assistere allo sviluppo di uno stile
solistico e vedere il banjo associato in modo sistematico al brano “The
Mason’s Apron”, grazie al formidabile virtuosismo del barbuto MacKenna
sopra citato. Mick Moloney, oggi residente negli Stati Uniti, e più di recente
Seamus Egan e Gerry Connor, sono oggi i più importanti banjoisti della musica
tradizionale irlandese. Ancora un volta l’importanza degli Stati Uniti è evidente: le prime registrazioni che vedono il banjo associato alla musica irlandese, vedono questo strumento suonato da musicisti jazz. L’abitudine, iniziata negli anni ’60, di suonare all’interno dei pubs, ha inoltre avvantaggiato questo strumento dalla timbrica caratteristica, che riesce a farsi sentire anche all’interno del pub più rumoroso. Per concludere, i musicisti irlandesi hanno ben presto intuito che qualsiasi strumento, quali che siano le sue origini, può essere accordato in funzione del modo in cui debba essere suonato, a prescindere da qualsiasi teoria: così le quattro corde del banjo furono accordate come quelle del violino (sol-re-la-mi), dando così il via ad una procedura che si ripeterà in seguito anche con altri strumenti.
Il
bouzouki (e il cittern, il mandocello...)
Il gruppo Sweeney’s Men, che fece
il suo debutto nel 1966 per separarsi definitivamente nel 1969, era composto da
Andy Irvine, Johnny Moynihan e Terry Woods (che aveva rimpiazzato il membro
originario Joe Dolan dopo il 1967); è in questa formazione che fece per la
prima volta la sua comparsa un bouzouki, suonato da Johnny Moynihan.
L’aneddotica al riguardo narra che questo strumento (fornito di tre coppie di
corde) era in realtà il regalo di un suo amico, Tony French, di ritorno dalle
vacanze in Grecia. Sembra anche che Johnny Moynihan acquistò nel 1966 un
modello progettato e costruito nel 1963 dal liutaio londinese John Bailey, che
presentava invece quattro coppie di corde e, per la prima volta, un dorso
piatto. Ma è soprattutto Andy Irvine che, agli occhi di un gran numero di
musicisti irlandesi, garantisce la continuità dell’uso del bouzouki
nella musica irlandese sin da quando rientrò in Irlanda dopo un lungo soggiorno
nella regione dei Balcani, verso la fine degli anni ’60, per fondare i
leggendari Planxty. Membro di questo stesso gruppo, Donal Lunny ben presto iniziò
ad interessarsi a questo strumento, e sviluppò l’idea di un bouzouki
elettrico all’interno del gruppo erede dei Planxty: i Moving Hearts. Vi era
poi uno strumento del tutto simile, denominato “Blarge”, ordinato
dallo stesso Donal Lunny ai liutai dublinesi Andrew Robinson e Anthony
O’Brien: fornito di cinque coppie di corde, si trattava però questa volta di
qualcosa più vicino alla chitarra elettrica solid body inventata da Les
Paul che non ad uno strumento puramente acustico. Per completezza va infine segnalato che Alec Finn usa sin dall’inizio nel gruppo De Dannan (1973) un bouzouki greco a tre coppie di corde, sebbene egli non manchi mai di ricordare (nelle interviste) che lui aveva richiesto un liuto, ma che invece un amico gli aveva portato un bouzouki… E’ facile intuire che un tale stato
di cose abbia portato alla creazione di strumenti su misura da parte dei liutai,
e che quindi Il bouzouki appare quindi oggi uno strumento completo, e che inoltre non ha avuto sin dall’inizio l’immagine sin troppo negativa (nella musica irlandese) della chitarra. Rapidamente i migliori musicisti hanno preso a considerarlo strumento polivalente, ispiratore di nuove sonorità, e che soprattutto non soffre dei peggiori difetti tipici della chitarra: abbastanza potente da poter essere utlizzato in modo solistico in una session, esso può anche ricoprire il ruolo di strumento di accompagnamento ritmico, senza che la sua presenza copra eccessivamente lo strumento solista. La sua adozione è stata facilitata da diversi elementi: da una parte il “cuginetto” mandolino si era già aperto una strada all’interno della musica irlandese. Accordato alla stessa maniera: sol-re-la-mi, oppure sol-re-la-re (sebbene nella musica tradizionale greca sia più spesso accordato in do-fa-la-re, e più di recente in re-sol-si-mi), il bouzouki era di facile adozione da parte di musicisti che sapevano suonare già il tenor banjo o il fiddle. Inoltre i musicisti dotati di mani grosse vi trovavano uno strumento più “a loro misura” rispetto al piccolo mandolino. Vi è anche da considerare che numerosi chitarristi degli anni ’60 scoprirono nel bouzouki uno strumento d’accompagnamento la cui sonorità risultava meno invadente di quella della chitarra, sia in un contesto di palcoscenico che di registrazione, monopolizzando esso in misura minore lo spazio sonoro. Inoltre essi scoprivano nel bouzouki uno strumento privo di una qualsiasi “tradizione” prestabilita, il che consentiva a chiunque di appropriarsi di una musica senza passare per l’apprendistato lungo e fastidioso di strumenti tredizionali quali il fiddle, le uilleann pipes o l’arpa. Alcuni, beninteso, considerano questa soluzione di comodo una delle cause dell’attuale decadimento della musica tradizionale irlandese, ma si potrebbe ugualmente rispondere che dopo tutto le soluzioni di comodo costituiscono uno dei principali motori del progresso, dall’auto al frigorifero al computer. Il generale entusiasmo degli anni ’70 in tema di musica tradizionale irlandese è riuscito a fare molto per l’accettazione del bouzouki da parte degli spiriti più pessimisti. L’adozione di questo strumento non ha infatti comportato uno stile di esecuzione “greco”, ed al contrario uno stile “irlandese” si è sviluppato molto rapidamente, al punto che in alcuni casi il termine “bouzouki irlandese” fa riferimento più alla tecnica di suono che allo strumento vero e proprio: al riguardo va anche aggiunto che oggi esistono cassette e libri aventi per titolo “The Irish Bouzouki”. Segnaliamo infine che il bouzouki non è transitato per il resto d’Europa prima di arrivare in Irlanda: questa introduzione è un classico esempio positivo degli scambi culturali diretti tra diversi Paesi e regioni del mondo. E’ anche facile constatare, a seguito di questi scambi musicali, una netta propensione dei musicisti irlandesi per la musica bulgara e macedone, al cui apice possiamo mettere l’album del 1992 “East Wind”, di Andy Irvine e Davy Spillane. L’introduzione del bouzouki in Irlanda, come pure il suo adattamento, sembrano una delle prove più evidenti della vitalità odierna di questa musica. Il suo arrivo coincide inoltre, come fanno notare molti musicisti, con il rinnovamento della musica tradizionane in Irlanda e la sua scalata al rango di prodotto commerciale degno di interesse su scala planetaria. Termineremo questo paragrafo con il termine inglese di mandocello, che sembra sia stato utilizzato per la prima volta dalla ditta Gibson, ad indicare i grandi mandolini da essa fabbricati negli anni ’20 per le orchestre di mandolini. La sua accordatura è Do-sol-re-la (un’ottava sotto quella della viola), ma può essere accordato anche in Sol-do-la-mi. A dire il vero il mandocello è uno strumento solo di rado presente nelle sessions, ma se ne incontra talvolta la menzione sulle copertine di qualche disco.
Per caso, o per motivi difficilmente comprensibili, si direbbe che il low whistle sia suonato per lo più da suonatori di uilleann pipes di stile legato (vedi pagina sulle uilleann pipes) come Davy Spillane, Paddy Keenan e Finbar Furey: in effetti è difficile immaginare Liam O’Flynn (un “Gentleman Piper”) che suona il low whistle.
Le foto di questa
pagina: courtesy of Art Edelstein. La chitarra è stata costruita da Craig
Anderson, Burlington, VT, USA (craigandersonguitars.bigheavyworld.com);
il mandolino è un Gibson A3, 1920 circa. Infine il bouzouki è stato costruito
da Joe Foley, 7 Loreto Row Rathfarnham, Dublin, Ireland
E’ anche del tutto naturale considerare “irlandesi” strumenti quali il fiddle, il tin whistle ed il flauto traverso in legno. Ad essi aggiungiamo la fisarmonica (di provenienza europea), il banjo e la chitarra (entrambi di provenienza americana) e il piano (di influenza d’interesse sociale più che geografico). L’arrivo infine del bouzouki, durante gli anni ’70, mostra che la musica tradizionale irlandese è ancora in grado di adottare (ed adattare) strumenti provenienti da orizzonti diversi. Tutti questi segnali puntano nettamente verso una “tradizione nel segno dell’adattamento”, che potremmo essere tentati di definire come una “tradizione non stagnante”, o anche una “tradizione dinamica”. In definitiva questi elementi sono comunque spesso il frutto di elaborazioni non-irlandesi: più che gli strumenti quindi, è la musica e le melodie in cui essi vengono utilizzati che ci potranno illuminare sul vero significato della musica tradizionale irlandese. |