Il
bodhràn
ra
gli strumenti della musica tradizionale irlandese, il bodhràn è forse
quello la
cui storia è tra le meno chiare. Le percussioni sono state utilizzate nel mondo
intero, ed è evidente che il loro impiego non è limitato all’Irlanda. Molte
sono le spiegazioni disponibili per quel che riguarda le sue origini: la sua
forma, molto vicina a quella di un setaccio, spinge alcuni musicologi a ritenere
che l’idea stessa di tendere una pelle su una cornice arrotondata derivi da
questo strumento agricolo. E’ in effetti vero che in origine i bodhràns
erano sprovvisti delle due sbarre centrali incrociate, utilizzate oggi
per rinforzare la cornice, oltre che per trattenere lo strumento vicino al
corpo.
La sua associazione con le festività
collegate alla mietitura, in alcune regioni dell’est, resta difficile da
spiegare, sebbene alcuni ritengano che esso fosse utilizzato per ventilare il
frumento. Associato anche nelle contee di Clare e di Limerick alla festività di
Ognissanti (in Irlanda Samhain), per la maggior parte degli irlandesi il bodhràn
è collegato ai Wren Boys ed al giorno di S. Stefano (il 26 dicembre), in
special modo in tutto il sud-ovest dell’Irlanda.
Sebbene inizialmente fosse percosso
con la mano, così come del resto la maggior parte
degli strumenti a percussione in tutto il mondo, la successiva abitudine di
usare un bastoncino risale ad un’epoca ancora incerta, e costituisce una delle
particolarità tipicamente irlandesi di questo strumento. Mantenuto diritto
sulle ginocchia, il musicista destrorso tiene il bastoncino nella mano destra
come se fosse una penna, colpendo la pelle alternativamente con le due estremità,
unicamente con i movimenti del polso. Se si riesce a far colpire di rimbalzo la
pelle con l’estremità “alta” del bastoncino si possono ottenere ritmi
particolarmente complicati, mentre con l’altra mano (la sinistra) si possono
ottenere varie sfumature e tonalità di suono premendo la pelle dal di dietro
(il tutto sempre per i destrorsi). Questa non doveva essere però la situazione
all’epoca in cui il grande uillean piper Séamus Ennis affermava che il
miglior modo di suonarlo era “con un coltello”. La quasi totale
scomparsa del bodhràn intorno al 1950 potrebbe forse essere ricollegata
al termine stesso di bodhràn, che in gaelico moderno significa
“persona sorda” o “assordante”, il che la dice lunga sulla sua
reputazione…
Nel 1961 Seàn O’ Riada, cercando
una percussione che potesse integrarsi nel gruppo sperimentale Ceoltòirì
Chualann, ebbe l’idea di riportare in auge lo strumento, e chiese a David
Fallon di unirsi a quell’esperienza; il gruppo (divenuto in seguito “The
Chieftains”) ebbe in seguito come suonatore di bodhràn Peadar
Mercier fino al 1979, ed in seguito
Kevin
Conneff. Il bodhràn, strumento più complesso di quanto non sembri a
prima vista, ha il suo massimo virtuoso in Johnny “Ringo” McDonagh (ex-De
Dannan, ex-Arcady); è anche lo strumento principale di Tommy Hayes, oltre ad
essere uno degli strumenti più usati dal cantautore Christy Moore, che continua
a suonarlo esclusivamente percosso con la mano. La dimostrazione della vitalità
di questo strumento si può dedurre dalle varie modalità con cui esso è
suonato nell’Irlanda di oggi. Alcuni musicisti preferiscono accompagnare le
melodie nella maniera più semplice e sobria possibile. Altri, più estroversi,
cercano quasi (con alterno successo) di imitare i batteristi jazz o rock,
servendosi anche degli spigoli e dei bordi dello strumento, che arrivano a
percuotere con qualsiasi tipo di oggetto, dai più semplici (le spazzole della
batteria jazz) ai più insoliti (una spazzola per capelli…). Semplice in
apparenza, il bodhràn attira un numero sempre più grande di musicisti
desiderosi di integrarsi nelle sessions dei pubs senza imbarcarsi
in tentativi di apprendimento lunghi e fastidiosi; vi è inoltre un numero
sempre crescente di batteristi rock che aggiungono al proprio repertorio questo
strumento. Si potrebbe considerare questa nuova tendenza come una prova
supplementare del forte vento di rinnovamento che soffia sulla musica
tradizionale irlandese sin dagli anni ’70, oltre che una cartina al tornasole
del rapporto sempre più stretto tra musica rock e musiche tradizionali.


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