John Sherman
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John Sherman: Far Green Country

 

“Far Green Country è un termine usato da Tolkien in uno dei suoi romanzi; per molti di noi invece la “verde terra lontana” rappresenta l’archetipo idealizzato dell’ambiente ancestrale di chi ha la sfortuna di vivere in esilio. Fortunatamente, per lo più nei mesi estivi, simili panorami possono essere ammirati, in Scozia e in Irlanda, a Cape Breton o nei monti Appalachi. Non è un caso se scenari così affascinanti sono anche il luogo di origine di buona parte della musica migliore al mondo. In questo disco ho fatto del mio meglio per offrirvene un po’.

 

È un dato di fatto: i dischi per strumento solista spesso non godono dei favori del pubblico. È spesso un problema di target. Il pubblico non specializzato (o che non predilige in modo particolare lo strumento in questione) tende a guardare a questi dischi come se fossero rivolti esclusivamente a musicisti e a strumentisti, e ciò contribuisce a tenere basso il livello di mercato di quest album.

Bene, Far Green Country del chitarrista americano John Sherman, presente con due track sul numero di questo mese di “Keltika”, potrebbe essere la perfetta antitesi a questa premessa: un album di Celtic guitar che non si rivolge esclusivamente a chitarristi, ma che risulterà gradevole e interessante anche a tutti gli appassionati di musica celtica. Una scelta meditata, quella di Sherman, che anche nell’intervista rilasciataci afferma di prediligere un approccio globale, da musicista (e anche da appassionato di musica celtica) più che da semplice strumentista, alla propria arte.

Sherman suona questa musica da oltre venti anni. Non è neanche “solo” un chitarrista, essendo in grado di suonare abilmente anche fiddle, bouzouki, banjo e bagpipes. L’interesse per la musica celtica è per lui arrivato verso la fine degli anni Settanta, quando il chitarrista era più propenso a occuparsi di musica tradizionale americana: la scoperta dei forti legami con la musica irlandese e scozzese lo portò ad approfondire la conoscenza di queste antiche origini.

Far Green Country è il terzo album di John Sherman: lo hanno preceduto Farewell To The Creeks nel 1987 e So Inclined nel 1996, entrambi molto apprezzati da pubblico e critica statunitense. A fianco dell’attività solistica, il chitarrista è stato tra i membri fondatori della Celtic band americana Inisheer, anch’essa con due album al proprio attivo. Anche se attualmente non fa parte a tempo pieno di una band in particolare, Sherman lavora con una certa regolarità con il cantautore Dave Hawkins e con il fiddler Peg Buchanan nel trio Celtic Core, che ha pubblicato nel 1998 un album dal vivo, Live Core.

Un forte legame collega il chitarrista americano all’Italia: Sherman ha infatti trascorso buona parte della sua infanzia a Roma, e parla ancora un buon italiano.

John, dalle sue note biografiche si evince che il suo amore nei confronti della musica celtica proviene dalla musica tradizionale americana che lei suonava sin dagli anni settanta. Cos’altro ci può dire dei percorsi musicali che l’hanno portata a diventare uno dei maestri della Celtic guitar?

“Un buon numero di brani musicali della musica tradizionale americana fanno parte, in realtà, anche del repertorio tradizionale scozzese o irlandese. Si tratta spesso di musica da ballo che si è diffusa nelle isole britanniche e in Irlanda durante il diciottesimo secolo. Questa musica arrivò in America per lo più al seguito degli emigranti scozzesi che provenivano dall’Ulster – pertanto chiamati in America Scotch-Irish, ovvero “scoto-irlandesi” –  nel corso del diciannovesimo secolo. Verso la fine degli anni settanta suonavo questa musica al violino: si trattava delle versioni americane di questi brani – in genere versioni piuttosto lineari – e rimasi affascinato dallo stile violinistico molto più ricco, e dotato di abbellimenti, di fiddler come Sean Keane dei Chieftains, Peter Knight degli Steeleye Span, Frankie Gavin e Tommy Peoples. Fu così che presi a imparare a suonare le highland bagpipes, e la conoscenza di questo strumento mi ha fatto comprendere ulteriormente la caratteristica dell’adornamento musicale, tipica di questa musica. L’ascolto di Pierre Bensusan mi ha infine spinto a suonare queste dance tune alla chitarra.”

Se le chiedessi di riassumere la situazione attuale della Celtic guitar in America?

“Probabilmente è stato superato il punto in cui essa poteva essere considerata una nuova categoria stilistica. Ritengo comunque che stia diventando abbastanza più popolare. C’è da sottolineare come esista una profonda divisione tra i chitarristi che eseguono materiale di origine celtica (rappresentati ad esempio da El McMeen, Pat Kirtley, Steve Baughman e William Coulter), che suonano essenzialmente da solisti, e buona parte dei chitarristi irlandesi, come ad esempio John Doyle e Zan McLeod, più portati per la chitarra ritmica, per l’accompagnamento. I chitarristi che amano frequentare le session appartengono per lo più a questa seconda categoria, e il numero di coloro che arrangia jig e reel per chitarra è ancora abbastanza esiguo. Così, non sono al corrente di altri chitarristi americani, a parte me, che abbiano approfondito questi aspetti della musica celtica, sebbene Joseph Sobol abbia fatto cose egregie, in questo senso, con il cittern. Anche Pat Kilbride, il compianto Tony Cuffe e Tony McManus sono famosi per la capacità di elaborare alla chitarra tune velocissime in stile fingerstyle, e sebbene non si tratti di musicisti americani, sono artisti che comunque hanno suonato spessissimo in America.”

Se ho capito bene, lei non si ritiene di origini irlandesi o scozzesi, e comunque è stato spesso fatto notare che alcuni tra i massimi esperti della Celtic guitar non hanno minimamente radici “celtiche”. Non la ritiene una situazione un po’ strana? E comunque c’è qualcosa che rende questa musica veramente universale, non trova?

“Beh…sì e no! Come per la maggior parte degli americani, le mie origini sono verosimilmente un mix di inglese e scoto-irlandese, magari con una certa parte di Galles e di Scozia, ma tutto ciò è arrivato sulle coste americane secoli fa, tra il 1600 e il 1700! Certo, è vero che la Celtic guitar è un’entità di tipo internazionale, ma è stato così sin dai suoi primi giorni di vita…e comunque parliamo di un’epoca molto recente! D’altra parte ormai nessuno trova niente di strano nel fatto che uno spagnolo, Segovia, abbia arrangiato per chitarra le suite di Bach, tra l’altro elevando la chitarra a livello di strumento non più “da taverna”. E dire che, all’epoca, i suoi genitori erano scandalizzati: volevano che studiasse il violoncello! Voglio dire che anche in quel caso si trattò del matrimonio di uno strumento versatile e lirico con una musica che era riuscita a superare la prova del tempo. La tradizione musicale irlandese e scozzese non faceva uso della chitarra, è vero, finchè i musicisti folk non iniziarono a scoprire le tune tradizionali, un fenomeno che iniziò negli anni sessanta ma che prese piede solo con l’avvento di band come la Bothy Band, i Tannahill Weavers e i Silly Wizard. Quanto all’universalità di questa musica, beh, dipende unicamente dal fatto che è buona musica!”

In questo suo ultimo album, Far Green Country, si direbbe che lei prediliga un approccio “globale” alla musica: certo, ci sono brani per chitarra solista, ma non mancano altri strumenti, la bella voce di Sue Mogan-Mattison…

“Ritengo che sia importante che un album non debba contenere solo un tipo di musica, per quanto bene questa possa essere eseguita: al contrario, deve presentare un materiale vario e attraente, in modo da poter mantenere viva, nel tempo, l’attenzione di chi ascolta, oltre a risultare divertente. Cinquanta minuti di delicate slow air suonate esclusivamente da una chitarra alla lunga annoierebbero anche me, anche se fossero suonate in modo splendido!”

Il suo interesse non è focalizzato solo sulla musica irlandese: in Far Green Country troviamo anche musica di ispirazione scozzese, galiziana…

“Mah, non è che vada volutamente alla ricerca dei brani più sconosciuti…semplicemente mi diverto a esplorare quelli che mi sembrano più interessanti e che risultano gradevoli se suonati alla chitarra. Ritengo di essere “esposto” a un mix costante di musica irlandese e scozzese, due generi musicali del resto molto correlati tra loro. Quanto al brano “galiziano” “Caraçena”, esso in realtà è stato scritto dall’irlandese Bill Whelan.”

Quali sono le sue principali influenze?

“Tony McManus sostiene di non essere influenzato dal lavoro di altri chitarristi, ma piuttosto dalla musica che ascolta eseguita dagli strumenti tradizionali: pipes, fiddle, flauti, whistle e voce. Ecco, posso dire che anche io sottoscrivo questa affermazione. Naturalmente Pierre Bensusan ha avuto per me una certa importanza perché ci ha mostrato le possibilità di arrangiamento di questi brani alla chitarra, e anche Michael O’Domhnaill e Daithi Sproule, per l’accompagnamento in DADGAD.”

Lei ha vissuto alcuni anni della sua infanzia a Roma. Cosa ricorda di quel periodo? Desiderio di tornare in Italia?

“Un’infinità di ricordi…ovviamente lo splendore di posti come la Cappella Sistina, gli scavi di Pompei ed Ercolano, Firenze, Pisa, Siena e Venezia, per non parlare della bellezza di Roma antica…andare al mare a Fregene o a Castelfusano…provare a sciare sul Terminillo, ma senza riuscirci…pagare trenta lire per un giro in giostra nel parco di Villa Borghese…certo, che mi piacerebbe ritornare!”

Per finire, alcune parole sui due brani di Far Green Country che ha deciso di regalare ai lettori di Keltika…

“  “The Gooseberry Bush/The Rascally Rabbit/The Blackbird Reel” è un set composto da tre brani: il primo risale al periodo in cui suonavo con il piper Todd Denman e il fiddler Theo Paige. Il brano intermedio l’ho scritto io, mentre l’ultimo reel è un brano irlandese molto popolare, registrato da molti musicisti. Questa versione l’ho imparata da un disco della Bothy Band. “Éamonn Án Chnoic” è invece un brano sean-nos cantato in gaelico da Sue Mogan-Mattison. Parla del frettoloso addio di un soldato alla sua bella, prima di partire per la guerra.”

Far Green Country è uno di quei dischi che non ti stanchi mai di ascoltare, forse proprio per la grande varietà del materiale che ci riesce a offrire: non un disco di sola chitarra, ma un album ricco di voci e strumenti, in cui la sei corde di Sherman costituisce l’elemento di raccordo. Questo naturalmente non vuol dire che l’appassionato di chitarra rimarrà deluso dalle 14 tracce del disco: oltre alle doti di compositore e arrangiatore, Sherman si conferma in Far Green Country chitarrista eccellente e pulito, intrigante e sciolto, sicuro e ricco d’inventiva.

Far Green Country può essere ordinato direttamente presso l’autore, all’indirizzo email JohnS16545@aol.com , mentre per ulteriori informazioni sull’attività di John Sherman è possibile consultare il suo sito web: http://hometown.aol.com/JohnS16545/sherman1.htm .

 

                                                                                  Intervista di Alfredo De Pietra

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