Primo periodo
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“A causa dell’imperfezione della sua natura, l’uomo è condannato a subire lo scorrere del tempo (…); il fenomeno della musica ci è dato al solo scopo di stabilire un ordine delle cose, che comprenda soprattutto una relazione tra l’uomo ed il tempo”

Igor Stravinsky, Chroniques de ma Vie

nche se non vi è dubbio sul ruolo del tutto particolare che la musica riveste in Irlanda, è facile constatare che i vari tentativi di un approccio storico a questo argomento hanno sempre avuto una certa colorazione di militanza ideologica. La musica tradizionale sembra avere una connotazione di carattere immutabile, eterno; ascoltando certe argomentazioni, si potrebbe pensare che i druidi danzassero le jigs, o che le ballate irlandesi risalgano all’alto Medio Evo. Inizieremo con il retroterra storico della musica irlandese, non potendosi disegnare un quadro complessivo (ammesso che esista) su di essa, a meno di risalire alle sue origini.

   

L’antichità

a società celtica, che nasce in Irlanda verso il primo secolo avanti Cristo, era divisa in tre competenze, o funzioni (sacerdotale, guerriera ed artigianale), secondo le categorie messe in evidenza da George Dumézil, e secondo un quadro applicabile al resto delle popolazioni indo-europee.

In Irlanda, come altrove, la musica trova inizialmente le sue origini nella religione. La classe sacerdotale (la più importante delle tre) comprendeva tre gruppi (druidi, file e indovini), a loro volta suddivisi in altre sotto-categorie, come i cruitire, o arpisti di corte. Grazie ad antichi manoscritti che descrivono la vita in quegli anni, si può stabilire che i primi musicisti irlandesi di cui abbiamo informazione erano i suonatori di arpa (cruitire, da cui cruit, piccola arpa nell’Irlandese moderno), musicisti di corte che accompagnavano i poemi dei files, i bardi. Fra i musicisti, solo gli arpisti erano elevati al ruolo di nobiltà, senza però raggiungere il valore di un bardo: “suonare l’arpa è un’arte musicale a cui è riconosciuta nobiltà, senza bisogno di un’altra linea di nobiltà. Al suonatore di arpa è riconosciuta la stessa nobiltà di un possessore di bestiame, il cui prezzo di onore è quattro mucche”…

  L’arpa suonata in Irlanda durante l’antichità era però molto differente da quella che conosciamo oggi come “arpa celtica”. Il termine cruit sembra più far somigliare l’arpa di quei tempi alla “lira”: la differenza consisteva nell’assenza della colonna che chiude lo strumento sul terzo lato, colonna che fu introdotta in Irlanda solo a partire dall’VIII o IX secolo. Ciò ci porta a pensare che gli arpisti suonassero all’epoca delle arpi piuttosto piccole.

  I riferimenti alla musica suonata su questa piccola arpa (“bardica”) nei testi mitologici ne attestano l’importanza. Il passaggio più interessante (ed il più citato) su questo soggetto si riferisce all’arrivo di Lug nella capitale di Tara, nella prima versione della Seconda Battaglia di Moytura:

“ - Che si suoni l’arpa - dissero i soldati. Il giovane guerriero allora suonò la prima notte un ritornello per il riposo delle truppe e del re. Egli li fece così addormentare alla stessa ora del giorno successivo. Egli poi suonò un ritornello gioioso, e tutti erano contenti e pieni di felicità. Suonò poi un ritornello triste, e così i soldati piansero lamentandosi”.

  Tre prove quindi,  suonate sull’arpa di Dagda, che faranno decidere Nuada ad intraprendere la battaglia contro Lug a Fomoire. Da un punto di vista letterario, le tre melodie suonate da Lug corrispondono alla divisione che si trova in molti manoscritti:

·        Ge(a)ntraì(ge) o musiche gioiose

·        Goltraì(ge) o lamenti

·        Suantraì(ge) o ninnananna.

Una tale classificazione sembra però non sia altro che una semplice teoria, ed allo stato delle nostre conoscenze attuali non può assumenere un valore di assoluta certezza.

Va anche ricordato che, secondo le varie origini mitologiche degli dei, una tale tripartizione potrebbe derivare il suo nome dalle tre figlie di Uaithne e Boand (la dea del fiume Boyne).

Un’altra allusione significativa all’arpa compare nello stesso manoscritto, paragrafi 162 e 163, quando Dagda arriva per far rilasciare da Fomoire il suo arpista Uaithne: riprende la sua arpa appesa al muro, arpa in cui sono contenute tutte le melodie, e suona le tre arie sopra descritte, riuscendo a fuggire da Fomoire mentre tutti dormono, grazie al ritornello-ninnananna.

  All’interno di queste considerazioni, non vi è alcun dubbio che la musica interpretata dal cruitire, oltre ad un valore magico attestato dai testi medievali, stabilisce un collegamento fondamentale tra l’uomo e le divinità. Le tracce lasciate nell’inconscio collettivo irlandese da questa tradizione aristocratica fondata sull’arpa sono considerevoli. Essa infatti diviene l’emblema della Nazione e l’immagine sulle sue monete, oltre a diventare il logo, simbolo di qualità, della sua principale (e conosciuta in tutto il mondo) fabbrica di birra scura. Una tale tradizione (nel senso moderno e più ampio del termine) deve la sua forza al persistere dell’Ordine Gaelico, in cui gli arpisti ricoprirono lo stesso ruolo di musicisti di corte, fino al diciassettesimo secolo. 

Al contrario dell’arpa, la cornamusa ha ricoperto invece esclusivamente ruoli bellici o di intrattenimento popolare, per cui non ha mai potuto aspirare a raggiungere una tale  caratteristica aristocratica, divenuta mitica nel corso dei secoli.

Su un piano più strettamente musicologico, la questione della appartenenza della musica irlandese al corpus più ampio della musica europea rimane aperta. Se da un lato Breandàn Breathnach afferma in un articolo pbblicato nel 1968 che “la musica popolare irlandese è essenzialmente un filone della musica europea”, il compositore Seàn O’ Riada sosteneva l’esatto contrario in una trasmissione radiofonica del 1962, il cui testo fu pubblicato nel 1982, vale a dire 11 anni dopo la sua morte: “La prima cosa da notare, naturalmente, è che la musica irlandese non è di origine europea”

I principali esperti contemporanei non sono tra loro concordi al riguardo: il dibattito rimane aperto, e la ricerca su questo argomento è ben lontana dall’essere esaurita.   

Il Medio Evo

partire dal Medio Evo le informazioni si fanno più numerose, in particolare sulla base dei racconti dei vari viaggiatori e narratori non irlandesi; ciò facilita così le ricerche, non tanto sulle melodie o sulle caratteristiche musicali, quanto invece sugli strumenti musicali adoperati. Sembra che già nel Medio Evo la musica ed i musicisti irlandesi si fossero guadagnati una reputazione per così dire “internazionale”, e si può trovare un certo numero di testi che ne attestano l’ammirazione da parte di commentatori dell’Europa continentale.

Il più famoso di questi testi è ad opera di Giraldus de Barri, più conosciuto con il nome di Giraldus Cambrensis (o Giraud de Cambrie), un ecclesiastico gallese, la cui famiglia ebbe parte attiva nella conquista dell’Irlanda alla fine del XII secolo, e che vi andò per due volte, nel 1183 e nel 1185. Nonostante l’Irlanda fosse agli occhi di questo monaco, che aveva studiato ed era stato educato a Parigi,  niente altro che un Paese popolato da barbari, il paragrafo riguardante la musica, ed in particolare l’arpa, faceva eccezione. 

Anche se è difficile avere un’idea chiara e precisa delle abitudini e delle usanze connesse alla musica, sembra tuttavia più semplice definire gli strumenti musicali adoperati nel Medio Evo. Le opinioni però variano in rapporto alle traduzioni dei termini ed alla natura stessa degli strumenti. 

Sulla base delle ricerche di Eugen O’Curry, William Henry Grattan Flood considerava all’inizio del XX secolo che gli strumenti usati prima dell’arrivo degli Anglo-Normanni potevano essere classificati in nove categorie: 

·        L’arpa (cruit e clàirseach)

·        Altri strumenti a corda (salterio, nabla, timpan, kinnor, trigonon, ocht-tedach)

·        L’oboe o flauto (buinne)

·        Due tipi di corni (bennbuabhal e corn da un lato, guthbuinne dall’altro)

·        Due tipi di cornamuse (cuislenna e pipaì)

·        Il flauto o fifre (feadan)

·        Le trombe (stoc e sturgan)

·        L’antenato del violino (fidil)

·        Alcune percussioni: le nacchere (cnamha), il cymbalum (craebh ciuil e crann ciuil), quest’ultimo termine da intendere genericamente come un sinonimo di timpano.

  Rimane tutt’ora estremamente difficile definire con certezza le differenze tra questi strumenti, essendo la confusione notevole e le traduzioni spesso approssimative.

Breandàn Breathnach ritiene che il numero di strumenti la cui esistenza è accertata è di molto inferiore. Il timpàn non avrebbe alcun rapporto con il tamburino, chiamato timpano latino da Giraud de Cambrie: ritiene invece trattarsi di uno strumento a corda, antenato della famiglia della rebecca e del violino, basandosi su una descrizione poetica della Fiera di Carman dal Book of Leinster, manoscritto risalente probabilmente al XII secolo. Egli inoltre cita buinne e corn tra gli strumenti a fiato, una specie di trombe da guerra; cuiseach e feadàn sarebbero forse gli antenati del flauto, ed infine cuisle cheoil e piopaì sarebbero le prime cornamuse di origine indigena. Alcuni esempi di questi strumenti possono osservarsi incisi sulle croci del X secolo, come quella conosciuta “delle Scritture”, conservata all’interno del monastero di Clonmacnoise. In essa si può osservare un musicista che suona la cornamusa ed un altro che suona una specie di lira arrotondata, (come quelle riprodotte su altre croci, a Killarney, Kinitty o su quella di Kells) le cui prime tracce risalgono ai manoscritti anglo-sassoni dell’VIII secolo. 

Anche se le rappresentazioni degli strumenti sono sopravvissute in numero abbastanza ampio, gli strumenti risalenti al Medio Evo sono estremamente rari, ed oggetto di grande attenzione, che arriva talvolta al livello di una vera e propria venerazione. Ad esempio, l’arpa conosciuta come la Brian Boru’s harp, conservata al Trinity College di Dublino deve il suo nome all’unico ard-ri, o re, della storia di Irlanda, vittorioso sui Vichinghi a Clontarf a prezzo della propria vita (1014); secondo le ultime stime però la Brian Boru’s harp risalirebbe al XIV secolo, anche se alcuni testi, come quello di Grattan Flood, la datano agli inizi del XIII secolo.

   

Il Rinascimento

universalmente riconosciuto che il Rinascimento ebbe in Irlanda conseguenze culturali di secondaria importanza, ma sembra ugualmente importante sottolineare questo periodo che, andando dal XV al XVI secolo, vide i principali cambiamenti all’interno della società irlandese, il che ebbe di conseguenza variazioni anche nella musica irlandese; tali cambiamenti si ebbero inizialmente solo all’interno del mondo aristocratico, ma influenzarono profondamente tutto il complesso della musica tradizionale irlandese. 

L’iconografia del XVI secolo ci offre illustrazioni di quella che era la vita in Irlanda all’interno dell’ “Ordine Gaelico”, allora in auge: tra le più famose, “The image of Ireland”, di John Derrick, pensata nel 1578 e pubblicata nel 1581. La musica di questo periodo rimane ancora una musica di corte, ed i due strumenti privilegiati sono sempre l’arpa, per il piacere delle orecchie e per l’accompagnamento dei bardi; e la grande cornamusa, per il combattimento: si ritrova quindi lo stesso quadro già descritto nei manoscritti medievali, quadro (e stile di vita) che in alcune aree dell’Irlanda perdurerà immutato sino al XVII secolo. 

Tuttavia un cambiamento significativo all’interno della società irlandese avvenne gradualmente, con la scomparsa dei clan e dei loro capi. Questi, in veste di rappresentanti di una comunità, cedettero gradualmente il posto ai piccoli proprietari: in seguito all’invasione normanna, quando i capi clan irlandesi riuscivano a riconquistare le proprie terre prese dai normanni e dai loro discendenti, si consideravano non più capi tribù, ma bensì proprietari terrieri. 

I capi locali ed i protettori dei musicisti di corte divennero così proprietari terrieri che accoglievano i musicisti itineranti. E’ in quest’epoca che si assiste ad una numerosa emissione di leggi che tendevano a combattere (tra gli altri) i musicisti di corte, non in quanto musicisti, ma in qualità di rappresentanti di un mondo di cui la corona di Inghilterra evidentemente voleva sbarazzarsi definitivamente. Lo Statuto di Kikenny del 1366 comprendeva già, oltre a norme che vietavano agli “inglesi degenerati” di portare i capelli lunghi, il divieto di portare un nome gaelico, o di vestire abbigliamenti gaelici, cercando così di eliminare i musicisti dalla corte. Malgrado la scarsa incidenza di tali editti sul mondo gaelico, essi furono reiterati alla fine del XV secolo e poi nel XVI secolo, segnando l’inizio del declino della figura del musicista di corte.

E’ quindi sotto il regno dei Tudor (1495-1603) e più precisamente durante il regno della regina Elisabetta I, che fu pubblicata, nel 1564, una legge che proibiva la figura del musicista itinerante, con la motivazione che essi visitavano i loro padroni più con lo scopo di fomentare la ribellione, che non di suonare. Come si è detto, questa volontà di eliminare i musicisti non aveva alcun intento di colpire la musica, tanto è vero che è noto che la stessa regina Elisabetta mantenne a corte un suonatore di arpa, chiamato Cormac MacDermott, tra il 1590 e l’anno della propria morte (1603), e che in seguito l’arpista in questione passò al servizio del sovrano successivo, Giacomo I. E’ anche questa l’epoca in cui le prime melodie irlandesi vengono incluse nelle raccolte di musica inglese, così come pure compare la prima raccolta di arie arrangiate per arpa irlandese.

Tuttavia per effetto di un decreto del 1654, durante il periodo che vide Cromwell regnare sull’Irlanda, i musicisti furono obbligati ad ottenere un’autorizzazione a circolare, specificando la loro religione. Le leggi che seguirono a partire dal 1695 non fecero alcunchè per facilitare la vita di  questi musicisti, un tempo venerati strumentisti dell’ordine Bardico, da ora in poi ridotti al rango di semplici musicisti itineranti.

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