Andy Irvine intervista
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Andy Irvine x New Age Music (7753 caratteri, spazi compresi)

 

Andy Irvine è uno dei “grandi” della musica irlandese; si potrebbe anzi dire che è uno dei pochi artisti irlandesi che, a decenni ormai di distanza dagli esordi nel gruppo Sweeney’s Men, passando attraverso gruppi fondamentali come Planxty e Patrick Street, continua instancabilmente (ormai quasi sessantenne!) con un vorticoso, ininterrotto susseguirsi di concerti e dischi, sia da solo che in gruppo.

Andy è valente polistrumentista, oltre che cantautore di classe finissima, e gode del rispetto e della stima della totalità dei suoi colleghi: abilissimo al bouzouki, al mandolino, alla chitarra e all’armonica, Irvine è inoltre il primo artefice dell’apertura della musica irlandese nei confronti della musica balcanica. Era infatti il 1968, e le contaminazioni tra le musiche tradizionali dei vari Paesi erano ancora un fenomeno sconosciuto, quando il giovanissimo Andy si recava in Bulgaria, Romania e Yugoslavia alla scoperta di quella musica dell’est europeo che rimarrà da allora in avanti una presenza costante (e importante) nel suo repertorio, sino ai nostri giorni.

L’ultimo CD di Andy Irvine, pubblicato nella primavera del 2001, è il riuscitissimo Way Out Yonder: da esso è stato tratto il brano “On A Distant Shore”, presente sul CD di New Age Music di questo mese.

Nel breve intervallo di un tour che lo ha visto spostarsi dal Giappone all’Australia abbiamo posto a Andy alcune domande sulla sua musica e su questo ultimo suo CD:

Prendiamo in considerazione questa “triade”: Sweeney’s Men, Planxty e Patrick Street. Si tratta di tre fra i gruppi più importanti della storia della musica irlandese di questi ultimi decenni. Lei ha fatto parte di tutte e tre queste band: cosa ritiene di aver dato a questi gruppi, e cosa rimane in lei di queste esperienze?

Gli Sweeney’s Men sono stati per me importanti perché è stata la mia prima band. Era infatti la prima volta che suonavo assieme ad altri musicisti: fino ad allora ero stato praticamente un “animale solitario”! Suonare in quell’occasione con Johnny Moynihan e Joe Dolan, e in seguito con Terry Woods, è stato entusiasmante. Abbiamo condiviso le nostre idee musicali, ma anche i nostri ideali.

I Planxty sono venuti in un secondo tempo; la musica del “periodo-Planxty” che preferisco è quella degli ultimi tre dischi: eravamo ormai cresciuti insieme dal punto di vista musicale, e la cosa bella di quegli anni è stata l’ampliamento dei parametri dell’intera scena musicale irlandese conseguente anche all’esperienza dei Planxty.

Quanto ai Patrick Street, beh, suono ancora con loro, e sono entusiasta di farlo. Certo, mi piace esibirmi anche come solo artist, ma la gioia di suonare con i Patrick Street è tuttora molto grande: il prossimo CD dei Patrick Street è quasi ultimato.

Mettendo da parte il brano strumentale presente sul CD allegato a New Age Music di questo mese, personalmente l’ho sempre considerata come un grande cantastorie, in un certo senso un bardo del ventesimo, e ormai ventunesimo, secolo. Si riconosce in questa definizione?

Certo che mi ci riconosco: sì, sono uno degli ultimi “trovatori”! In realtà quando compongo una canzone mi ispiro in genere a quei personaggi coraggiosi cui i libri di storia non lasciano che qualche misera nota a piè di pagina, e che invece meriterebbero di essere ricordati in maniera più degna. Sa quand’è che mi sento realizzato come compositore? Quando, alla fine di un concerto, si avvicina qualcuno e mi dice: “Ehi, Andy, mi è veramente piaciuta quella canzone su…(e a questo punto ci può essere il nome di Raoul Wallenberg, o di Michael Davitt, o di Tom Barker…). Non sapevo nulla di questa storia! Veramente interessante!”

Lei è anche noto per la sua grande passione, e competenza, nei confronti della musica dell’Europa dell’est sin dagli anni ’60, periodo in cui il termine “world music” era ancora sconosciuto. Si ritiene in un certo senso un pioniere musicale? Sono molti oggi i musicisti irlandesi interessati alla cultura musicale di altre parti del mondo.

Sì, per quanto riguarda la musica balcanica in effetti sono stato un pioniere. E devo ammettere che guardo con molto interesse, e con grande piacere, all’attenzione dei musicisti tradizionali miei conterranei nei confronti dei ritmi balcanici. È un fenomeno di sempre maggiore attualità.

Andiamo a questo CD, e al brano presente sulla compilation di New Age Music: “On a Distant Shore” ha a che fare con la Nuova Zelanda, e più in generale si direbbe che un po’ tutto il CD si confronta con storie ispirate al continente oceanico.

In generale sono molto interessato alla storia sociale, a prescindere dai luoghi ove i fatti avvengono. Per quanto riguarda il CD Way Out Yonder, in effetti è capitato di scrivere qualcosa che avesse a che vedere con la Nuova Zelanda e con l’Australia: ho composto “On a Distant Shore” trascorrendo due giorni su una spiaggia deserta dell’Isola Nord della Nuova Zelanda, chiamata Wahua. Le onde marine che si ascoltano all’inizio del brano le ho registrate lì. Gran parte di questo disco mi è stata ispirata dai panorami che ho potuto ammirare guidando su e giù per l’Australia, così mi è sembrato giusto rendere omaggio alla storia sociale di questa nazione. Sono comunque molto soddisfatto di questo CD, anche per quel che riguarda la partecipazione di tanti splendidi musicisti.

Sempre in questo CD vi è una splendida versione del poema di Alfred Nobles “The Highwayman”.

“The Highwayman” dura oltre nove minuti, ma ogni volta che la eseguo dal vivo, mi accorgo che tutti ascoltano attentamente questa canzone dall’inizio alla fine. È una bella storia, e per giunta molto facile da seguire: romantica, tragica e con il pregio di colpire l’immaginazione. Per la musica ho scelto la versione di Loreena McKennitt: quando la cantante canadese ha registrato questo brano, mi aveva invitato a partecipare, cosa che purtroppo non mi era stata possibile per concomitanti impegni di lavoro. La versione di Loreena mi è comunque subito piaciuta molto, e così mi è parso naturale renderle omaggio adottandola durante i miei concerti. Visto il successo che “The Highwayman” otteneva presso il pubblico, ho deciso di metterla su disco.

Quali sono i suoi progetti futuri? C’è qualche possibilità di averla in Italia, prossimamente?

A marzo suonerò in Australia con una nuova formazione. Si chiama Mozaik, una lieve deformazione del nome della mia vecchia band del 1985, i Mosaic. Il gruppo comprenderà, oltre me, Donal Lunny, Nikola Parov, Rens van der Zalm e Bruce Molsky. Suoneremo musica irlandese, musica dei Balcani e “old time music” americana. Se la musica dei Mozaik sarà all’altezza dei singoli musicisti che compongono il gruppo, sarà una bella esperienza.

Come le ho detto in precedenza, il prossimo CD dei Patrick Street dovrebbe essere pronto fra pochissimo tempo: è quasi completo. Inoltre quest’estate dovrei iniziare a registrare un nuovo CD solistico. Infine continuerò a esibirmi in concerto: andrò in tour con il cantante e violinista inglese Chris Wood ad aprile in Irlanda, mentre a maggio mi esibirò in America con  Rens van der Zalm. Quanto all’Italia, forse quest’estate, almeno spero…

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La delicata On A Distant Shore , presente sul CD allegato a questo numero di New Age Music, vede all’opera Andy al bouzouki, Declan Masterson al low whistle e alle uillean pipe, Rens van der Zalm al fiddle e alla chitarra, Lindsey Horner al contrabbasso e Steve Cooney alla chitarra classica.

Ad onta dell’età (Andy Irvine ha oggi 58 anni), questo musicista mostra di avere ancora un’energia e una creatività inesauribili. A tal proposito si può simpaticamente concludere citando il musicista irlandese Garry O’Briain: “In qualsiasi parte del mondo io vada, Andy Irvine è appena passato da lì, è attualmente lì o vi arriverà la prossima settimana!”

 

                                                                                              Intervista di Alfredo De Pietra

Andy Irvine – Way Out Yonder – Appleseed Recordings APR CD1049

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