8.20. LA LAVORAZIONE DELL'ARGILLA A RUFOLI DI OGLIARA

Il mondo della ceramica è legato alla vita dell’uomo. Cupole di cattedrali, pavimenti, vasi, stoviglie, urne cinerarie, sculture sono fatti di argilla, una materia povera che offre alle mani dell’uomo la possibilità dell’atto creativo e che, a contatto col fuoco, diventa ceramica. Anche nel territorio salernitano esiste una radicata tradizione nella lavorazione dell’argilla. A Rufoli di Ogliara, una frazione di Salerno, situata in un territorio caratterizzato dalla sua natura argillosa, lo sfruttamento a livello industriale di una caratteristica produzione di laterizi è evidenziato sin da epoche lontane.
Caratteristica delle fornaci di Rufoli è la loro strategica collocazione in gole di fronte al porto di Salerno per sfruttare i benefici del vento “napolitano” indispensabile per le fasi di essiccamento e di cottura dell’argilla.
Inizialmente i prodotti caratterizzanti quali tegole, mattoni e vasellame vario, erano apprezzati più per la loro robustezza ed affidabilità che per la raffinatezza estetica.

Successivamente, nel XVI secolo, gli opifici di Rufoli oltre che svilupparsi dimensionalmente, migliorano notevolmente la qualità tanto che si sentì l’esigenza di caratterizzare con i marchi di fabbrica i prodotti delle migliori produzioni.
Oggi, delle tante fabbriche funzionanti nel periodo di massimo sviluppo del settore, non restano che i ruderi delle fornaci, fatta eccezione per alcuni impianti, quelli dei fratelli De Martino, che ancora resistono e portano avanti la produzione tipica ricalcando l’antico ciclo produttivo della fornace alimentata a fascine.
Questa cottura artigianale ha il pregio di rispettare la natura e di creare un prodotto dalle ricche potenzialità espressive.
La fornace, preriscaldata per tre giorni, può ospitare fino a 18.000 riggiole per volta e il fuoco, guidato e controllato dall’uomo è libero di irrompere con tutta la sua carica vitale.
Il trapasso del caratteristico grigio dell’argilla alle varie sfumature di cotto avviene lentamente e solo dopo quattro giorni il lavoro è concluso e la riggiola fatta “cantare” con le nocche delle dita per accertarne l’integrità e la cottura perfetta.
Il cotto di Rufoli ha abbellito chiese e palazzi patrizi e tra gli altri ha decorato la Certosa di S. Lorenzo a Padula, la chiesa di S. Chiara a Napoli, la villa Doria Pamphili e l’ambasciata francese a Roma.
Il segreto di questo prodotto dal fascino inalterabile, inattaccabile dalle mode e dai cambiamenti di gusto, nasce dall’abbraccio di quattro elementi naturali: la terra, l’acqua, il fuoco e l’aria.
Grazie alla combinazione e all’integrazione di questi fattori naturali nascono mattonelle che suonano come campane.

Figura 8. 100. La "Fontana Felice" realizzata in cotto di Rufoli