Il mondo della ceramica è legato alla vita dell’uomo. Cupole di
cattedrali, pavimenti, vasi, stoviglie, urne cinerarie, sculture
sono fatti di argilla, una materia povera che offre alle mani
dell’uomo la possibilità dell’atto creativo e che, a contatto col
fuoco, diventa ceramica. Anche nel territorio salernitano esiste
una radicata tradizione nella lavorazione dell’argilla. A Rufoli
di Ogliara, una frazione di Salerno, situata in un territorio
caratterizzato dalla sua natura argillosa, lo sfruttamento a
livello industriale di una caratteristica produzione di laterizi è
evidenziato sin da epoche lontane.
Caratteristica delle fornaci di Rufoli è la loro strategica
collocazione in gole di fronte al porto di Salerno per sfruttare i
benefici del vento “napolitano” indispensabile per le fasi di
essiccamento e di cottura dell’argilla.
Inizialmente i prodotti caratterizzanti quali tegole, mattoni e
vasellame vario, erano apprezzati più per la loro robustezza ed
affidabilità che per la raffinatezza estetica.
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Successivamente, nel XVI secolo, gli opifici di Rufoli oltre
che svilupparsi dimensionalmente, migliorano notevolmente la
qualità tanto che si sentì l’esigenza di caratterizzare con i
marchi di fabbrica i prodotti delle migliori produzioni.
Oggi, delle tante fabbriche funzionanti nel periodo di massimo
sviluppo del settore, non restano che i ruderi delle fornaci,
fatta eccezione per alcuni impianti, quelli dei fratelli De
Martino, che ancora resistono e portano avanti la produzione
tipica ricalcando l’antico ciclo produttivo della fornace
alimentata a fascine.
Questa cottura artigianale ha il pregio di rispettare la natura
e di creare un prodotto dalle ricche potenzialità espressive.
La fornace, preriscaldata per tre giorni, può ospitare fino a
18.000 riggiole per volta e il fuoco, guidato e controllato
dall’uomo è libero di irrompere con tutta la sua carica vitale.
Il trapasso del caratteristico grigio dell’argilla alle varie
sfumature di cotto avviene lentamente e solo dopo quattro giorni
il lavoro è concluso e la riggiola fatta “cantare” con le nocche
delle dita per accertarne l’integrità e la cottura perfetta.
Il cotto di Rufoli ha abbellito chiese e palazzi patrizi e tra
gli altri ha decorato la Certosa di S. Lorenzo a Padula, la chiesa
di S. Chiara a Napoli, la villa Doria Pamphili e l’ambasciata
francese a Roma.
Il segreto di questo prodotto dal fascino inalterabile,
inattaccabile dalle mode e dai cambiamenti di gusto, nasce
dall’abbraccio di quattro elementi naturali: la terra, l’acqua, il
fuoco e l’aria.
Grazie alla combinazione e all’integrazione di questi fattori
naturali nascono mattonelle che suonano come campane. |
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