5.4. LA
BADIA BENEDETTINA DI CAVA DE' TIRRENI |
A Cava
dei Tirreni, sulle pendici del Monte Finestra, sorge la Badia
della SS. Trinità, fondata nel 1011 da Alferio Pappacarbone,
nobile salernitano e uomo di corte del Principe di Salerno
Guaimario III, ritiratosi dalla vita mondana sulla grotta
Arsicia per condurre vita da eremita.
Per ospitare la piccola comunità di discepoli, giunti da ogni
parte attratti dalla fama della santità del frate, fu costruito
un piccolo monastero, successivamente ampliato dall'abate Pietro
I, successore di Alferio, e consacrato nel 1092 da Papa Urbano
II.
La Badia, che ebbe il suo massimo splendore nei primi tre secoli
del millennio, costituì un centro promotore di civiltà, oltre
che di spiritualità, per le popolazioni dell'Italia
meridionale.
I monasteri e le chiese disseminati nel Mezzogiorno sotto la
giurisdizione spirituale della Badia Madre formarono l'Ordo
Cavensis.
Quando la città, nel 1513, ottenne da Papa Leone X la bolla con
la quale veniva eretta a Diocesi autonoma, iniziò il declino
della potente Badia.
Dopo l'unità d'Italia divenne monumento nazionale e continuò
ad essere sede di studio. Alla Badia, oggi, sono annessi il
Seminario dei chierici e il Convitto laicale.
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Figura 5. 25. La Badia benedettina della
SS. Trinità
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Il campanile, poco elevato e dotato di un
orologio, affianca la facciata della chiesa (che accoglie al
centro una elegante statua di S. Benedetto) costruita, su
disegno di Giovanni del Gairo nel 1772, in pietra vulcanica di
Paterno.
Un vasto atrio mostra una bella porta in bronzo, in cui sono
raffigurati i primi abati, eseguita nel 1976 dallo scultore
Enrico Monfrini.
L'interno della chiesa si caratterizza per una mescolanza
sapiente di stili (dovuta al sovrapporsi delle vicende storiche
del luogo), che dà vita ad un'atmosfera unica, più facilmente
avvertibile, a livello emotivo, che descrivibile.
Di notevole interesse sono l'ambone con mosaico del XII secolo e
con colonne tortili rette da leoni e avviluppate in una spirale
di intarsi in stile normanno; i bassorilievi rinascimentali
raffiguranti S. Matteo e S. Felicita; la cappella dei Santi
Padri con statue del XVI secolo; l'altare seicentesco in marmi
policromi della cappella del Sacramento; l'imponente organo
dotato di circa tremila canne; gli affreschi ottocenteschi di
Vincenzo Morani; preziosi reliquiari e la grotta, con affreschi
del XIV secolo, che contiene l'urna di S. Alferio.
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Figura 5. 26. Porta lignea |
Figura 5. 27. Ambone |
La sacrestia, cui si accede da un portale
rinascimentale, è arredata con stigli del Settecento; in una
cappella adiacente, quella del Crocifisso, che si incontra prima
del Chiostro, vi sono il trecentesco bassorilievo della Madonna
col Bambino tra S. Benedetto e S. Alferio dello scultore
angioino Tino da Camaino, e un paliotto dell'XI secolo
appartenente all'antica basilica.
Il piccolo e suggestivo Chiostro dei secc. XII-XIII, sormontato
da una rupe di roccia, di forma quadrangolare e con 46 colonnine
binate che sostengono archi rialzati di chiara origine araba, è
ornato da preziosi sarcofagi di epoca romana, il più pregevole
dei quali è quello che raffigura il mito di Meleagro. |
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Figura 5. 28. Chiostro |
Figura 5. 29. Chiostrino
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Dal Chiostro si discende al Cimitero
longobardo posto sotto la basilica e allo stesso Chiostro, che
presenta volte sostenute da colonne e pilastri, e un arco
trilobato trecentesco con decorazioni pittoriche e strutture
murarie altomedioevali affrescate da Andrea Sabatini.
Di notevole interesse artistico sono la Sala Capitolina del XVI
secolo con pavimento maiolicato del 1777; la vasta sala della
pinacoteca del XIII secolo, a due navate, con colonne romane e
medioevali; il convento, che conserva preziose opere di Andrea
Sabatini e di suo cognato Severo Jerace; la fornitissima
biblioteca con pregevoli miniature e preziosi corali, alcuni
provenienti dallo Scriptorium dello stesso Cenobio, e con più
di 50000 volumi, tra cui importanti edizioni cinquecentesche;
l'archivio, ricco di documenti importanti soprattutto di epoca
normanna e longobarda; il museo che raccoglie dipinti e opere
d'arte di notevole interesse tra cui spicca il dipinto, un tempo
posto sull'altare maggiore della chiesa, realizzato tra il
1514-15 da Cesare da Sesto e Girolamo Ramarino.
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Figura 5.30. Sala del Capitolo
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