Cava
dei Tirreni, già cittadina fiorente nel medioevo, protetta dal
Papa, temuta dai vicini e privilegiata dai re, è l’unica città
meridionale ad avere, ancora intatto, il borgo medioevale con i
suoi caratteristici portici.
In questo scenario, tra l’ultimo fine settimana di giugno e la
prima decade di luglio, si celebra una tradizionale sagra d’armi,
“La Disfida dei Pistonieri”, legata a due episodi storici del XV e
del XVII secolo che ricordano la fedeltà alle istituzioni e la
fede religiosa del popolo cavese.
Il primo episodio rievoca una memorabile battaglia, sostenuta
nella notte del 6 luglio 1460 nella piana del Sarno, da circa 500
volontari cavesi guidati da Giosuè e Marino Longo, accorsi in
aiuto al giovane re Ferdinando I d’Aragona, attaccato di sorpresa
dalle truppe mercenarie di Giovanni d’Angiò. |
Per questo eroico atto, il 4 settembre 1460 il
re Ferdinando consegnò al sindaco di Cava Onofrio Scannapieco,
recatosi a corte, una pergamena in bianco con la firma del re e il
sigillo reale, ancora oggi gelosamente conservata presso
l‘archivio comunale, affinché l’Università Cavese potesse
iscrivervi qualsiasi concessione sovrana. I cavesi, in segno di
deferenza al Sovrano, ritennero di non compilare la pergamena, pur
tuttavia il re volle concedere alla città onori e privilegi
straordinari.
Cava fu nominata “città fedelissima”, ebbe la
facoltà di fregiarsi dello stemma delle armi aragonesi, ottenne in
tutto il regno l’esenzione da ogni peso di dogana e gabella, le fu
concessa la separazione della dogana di Vietri da quella di
Salerno, il Foro dei Cavesi in tutte le cause, e la giurisdizione
del Capitano.
Il secondo episodio, risalente al 1656, è riferibile alla
tradizione, iniziata dai parroci dell’Annunziata che, dopo la
funesta pestilenza del 1556 che arrecò tantissimi lutti al Regno
di Napoli, decisero di portare il SS. Sacramento in corteo sul
monte Castello per benedire la città sottostante e scongiurare il
ritorno del terribile flagello.
In ricordo di quell’avvenimento, nell’ottava del
Corpus Domini, ogni anno una processione sale in segno di giubilo,
come allora, sulle cime del monte tra fuochi pirotecnici, sfilate
in costume d’epoca e gli spari dei pistonieri.
Gli eroi di questi avvenimenti furono e sono i Pistonieri o
Trombonieri di Cava dei Tirreni che, nella tradizionale
rievocazione storica della battaglia del Sarno, hanno dato vita
dal 1974 ad una vera e propria “Disfida” per aggiudicarsi la
Pergamena Bianca.
I Pistonieri, perfettamente addestrati e divisi in contrade e
casati, gareggiano sulla padronanza nell’uso di armi vere e
proprie, i cosiddetti “pistoni”, gli antichi archibugi del peso di
circa 20 chilogrammi, in uso a Cava fin dalla prima metà del
Cinquecento, tramandati gelosamente da padre in figlio e caricati
a salve. E’ una gara che dura un anno, una preparazione che
impegna un’intera contrada: si preparano le polveri da sparo, si
lucidano le canne delle armi, si riparano i costumi, si lavora per
la coreografia.
Al corteo storico in costume rinascimentale, partecipano le
varie contrade ognuna con il proprio stemma e e il proprio
gonfalone. Ciascun gruppo rappresentante la contrada è costituito
da Regi Capitani, Portavessilli, suonatori di chiarine, tamburini,
timpani imperiali, rullanti e da circa 50 pistonieri.
Al corteo partecipano anche i celebri e spettacolari
Sbandieratori Cavesi eredi degli alfieri quattrocenteschi
dell’Università Cavese. |
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