Un
avvenimento veramente importante per la città fu l’istituzione
della “Fiera di Salerno”. Nei ricordi si intrecciano leggende,
storie e tradizioni che hanno caratterizzato un lungo periodo
della storia di Salerno; ancora oggi, una strada importante della
città, si richiama a questo evento: Fieravecchia.
All’inizio del sec. XIII, Salerno si presentava molto florida,
infatti il commercio, che si svolgeva nel Mediterraneo, vedeva la
città interessata da molte navi, che si fermavano per portare
mercanzie; si sentiva però l’esigenza della costruzione di un
porto più importante, che desse riparo alle navi e permettesse di
accrescere il volume degli scambi commerciali.
Fu un illustre cittadino, Giovanni da Procida, a intercedere
presso il re Manfredi e a prospettargli la necessità della
istituzione di una Fiera e della costruzione del porto. Nel 1259,
con un decreto regio, Manfredi stabilì la nascita della fiera, che
si doveva svolgere nel mese di settembre, in onore del patrono
della città.
Prima di questa data, i solenni festeggiamenti in onore di San
Matteo, si svolgevano entro le mura della città, nei pressi del
Duomo, e qui accorreva numerosa la popolazione, soprattutto uomini
di mare, per ringraziare il Santo.
Dopo il decreto, essendo diventata la Fiera una manifestazione
importante che richiamava numerosi venditori, si dovette scegliere
una località più spaziosa, che potesse accogliere le baracche
delle merci dei venditori. Fu scelto come località, il territorio
di S. Lorenzo di Strata, vicino al fiume Rafastia.
La Fiera durava, secondo le disposizioni regie, otto giorni, però,
successivamente con decreto del re Carlo, se ne aggiunsero altri
due. Questa disposizione è indicativa dell’importanza che la Fiera
in poco tempo acquistò, grazie soprattutto alla costruzione del
molo, che fu detto di Manfredi. |
Giunsero nella città mercanti da tutte le città
più importanti: Lucchesi, Fiorentini, Veneziani, Genovesi,
Catalani. Notevole fu anche la presenza degli Ebrei, che
risiedevano nei pressi della chiesa di Santa Lucia, e
parteciparonoall’economia locale non solo come commercianti, ma
soprattutto per prestare denaro ad alto interesse. Col passare del
tempo e l’aumentata importanza della Fiera si dovette nominare,
per l’organizzazione, il Mastro di Fiera, che ebbe sempre maggiore
prestigio e autorità su tutto il territorio; la carica era
ereditaria e fu prerogativa della famiglia Ruggi.
Le merci che affluivano erano svariate: manufatti tessili,
ceramiche, prodotti salati e sottaceti, utensili casalinghi,
spezie, droghe, lavorati in legno, in ferro e paglia, ricchi
vestiti. Un commercio molto importante era quello degli animali
domestici: buoi, pecore, capre, asini, muli e soprattutto cavalli.
La Fiera mantenne la sua importanza fino alla scoperta
dell’America, perché dopo tale avvenimento, il Mediterraneo perse
la sua preminenza nei commerci, che si diressero verso le nuove
terre.
La Fiera, si trasformò allora in una manifestazione a carattere
locale, che probabilmente si va ad inserire in un avvenimento
tanto caro ai Salernitani, cioè la Fiera del Crocifisso. A tal
Proposito la leggenda racconta dell’esistenza di un Crocifisso su
legno, che attualmente si trova nel Museo Diocesano, ma che un
tempo era venerato nella chiesa dei Padri Olivetani, nel Monastero
di San Benedetto. A questa croce, si attribuiva la miracolosa
conversione del mago alchimista Pietro Barliario, che si era
convertito alla fede cristiana, in seguito alla morte dei suoi
nipoti, Fortunata e Secondino che, recatisi nel suo laboratorio,
erano venuti a contatto con sostanze velenose. Per tre giorni e
tre notti, il mago pregò davanti alla croce lignea, finché vide
staccarsi la testa del Cristo con gli occhi sbarrati.
Diffusasi la notizia del miracolo una gran folla si riversò
davanti alla chiesa e continuò a farlo, nei venerdì di marzo, per
ricordare il miracolo. Naturalmente, l’afflusso di tante persone,
richiamò mercanti e venditori, che si sistemarono con le loro
baracche vicino alla chiesa. |