La
festa di Santa Maria Assunta di Materdomini, una frazione di
Nocera Superiore, che si celebra il 15 agosto, richiamava fino a
pochi anni fa moltissimi salernitani.
La storia narra che, a seguito di numerose visioni ricevute da una
donna di nome Calamari, nell’anno 1060, si rinvenne un’immagine
dipinta su tavoletta in noce, raffigurante una Madonna dal volto
scuro di arte bizantina. La leggenda popolare dice, invece, che un
agnello era penetrato in un tronco cavo di una quercia secolare, e
che i proprietari nel recuperarlo trovarono l’immagine.
Su una chiesetta sorta sul posto del ritrovamento, fu eretto poi
il santuario che oggi si conosce con il nome di Madonna di
Materdomini.
I pellegrini vi giungevano dai più lontani centri del Nolano, del
Torrese, del Napoletano, del Salernitano e dell’Avellinese, a
piedi nudi o su carretti, carrozze ed altri mezzi di locomozione;
gli animali e i veicoli venivano riccamente addobbati con fiori di
carta, pennacchi, nastri, fiocchi ed un quadro dell’immagine della
Madonna. A Materdomini i pellegrini, che percorrevano la strada
scalzi e le donne portanti sul capo ex voto costituito da pesanti
ceri poggiati su un drappo, giungevano alle prime ore della sera
del 14 agosto e per tutta la notte, cantavano inni sacri popolari
e recitavano numerosi rosari. Appena giunti si entrava nel
santuario per un saluto a Maria riverente e commosso; non erano
poche le donne che dall’ingresso della chiesa, giungevano fino
all’altare con la lingua per terra; altre camminavano sulle
ginocchia; altre, strisciando distese per terra, invocavano
l’intervento di Maria. All’altare, deposti i ceri e un’offerta in
danaro, sostavano lungamente in preghiera.
Il mattino dopo, all’albeggiare, cominciavano le messe e verso le
ore 12, dopo una breve processione in chiesa, i pellegrini
prendevano la via del ritorno.
La festa profana si svolgeva nel piazzale antistante la chiesa,
dove decine e decine di bancarelle, vendevano,oltre ai soliti
oggetti religiosi, cibi di ogni specie: melanzane e peperoni cotti
in diverse maniere, soffritti, lumache, fritture di pesci e milza.
La tradizione per eccellenza era quella della “palatela”, con le
melanzane sotto aceto e alici salate” estesa a tutto l’Agro
Nocerino.
Nella notte, molti pellegrini vinti dal sonno si buttavano a terra
dove potevano e dormivano saporitamente fino all’alba. Per
tradizione i giovani si divertivano alla maniera di Piedigrotta,
suonando grosse trombe nelle orecchie del prossimo, senza che
alcuno potesse dispiacersi; al suono dei grossi tamburi, sia
durante la notte che durante le ore del giorno all’ombra delle
querce della piazza, iscenavano lunghi balli al ritmo di
tarantella.
Dalle montagne di Bracigliano, giungevano grossi carichi di neve
appositamente per rinfrescare l’acqua e il vino. Molti venditori
di neve, con la grattaghiaccio, preparavano sorbetti con sciroppi
e succhi di frutta. |