10.4.2. LA FESTA DI SANTA MARIA ASSUNTA IN MATERDOMINI

La festa di Santa Maria Assunta di Materdomini, una frazione di Nocera Superiore, che si celebra il 15 agosto, richiamava fino a pochi anni fa moltissimi salernitani.
La storia narra che, a seguito di numerose visioni ricevute da una donna di nome Calamari, nell’anno 1060, si rinvenne un’immagine dipinta su tavoletta in noce, raffigurante una Madonna dal volto scuro di arte bizantina. La leggenda popolare dice, invece, che un agnello era penetrato in un tronco cavo di una quercia secolare, e che i proprietari nel recuperarlo trovarono l’immagine.
Su una chiesetta sorta sul posto del ritrovamento, fu eretto poi il santuario che oggi si conosce con il nome di Madonna di Materdomini.
I pellegrini vi giungevano dai più lontani centri del Nolano, del Torrese, del Napoletano, del Salernitano e dell’Avellinese, a piedi nudi o su carretti, carrozze ed altri mezzi di locomozione; gli animali e i veicoli venivano riccamente addobbati con fiori di carta, pennacchi, nastri, fiocchi ed un quadro dell’immagine della Madonna. A Materdomini i pellegrini, che percorrevano la strada scalzi e le donne portanti sul capo ex voto costituito da pesanti ceri poggiati su un drappo, giungevano alle prime ore della sera del 14 agosto e per tutta la notte, cantavano inni sacri popolari e recitavano numerosi rosari. Appena giunti si entrava nel santuario per un saluto a Maria riverente e commosso; non erano poche le donne che dall’ingresso della chiesa, giungevano fino all’altare con la lingua per terra; altre camminavano sulle ginocchia; altre, strisciando distese per terra, invocavano l’intervento di Maria. All’altare, deposti i ceri e un’offerta in danaro, sostavano lungamente in preghiera.
Il mattino dopo, all’albeggiare, cominciavano le messe e verso le ore 12, dopo una breve processione in chiesa, i pellegrini prendevano la via del ritorno.
La festa profana si svolgeva nel piazzale antistante la chiesa, dove decine e decine di bancarelle, vendevano,oltre ai soliti oggetti religiosi, cibi di ogni specie: melanzane e peperoni cotti in diverse maniere, soffritti, lumache, fritture di pesci e milza. La tradizione per eccellenza era quella della “palatela”, con le melanzane sotto aceto e alici salate” estesa a tutto l’Agro Nocerino.
Nella notte, molti pellegrini vinti dal sonno si buttavano a terra dove potevano e dormivano saporitamente fino all’alba. Per tradizione i giovani si divertivano alla maniera di Piedigrotta, suonando grosse trombe nelle orecchie del prossimo, senza che alcuno potesse dispiacersi; al suono dei grossi tamburi, sia durante la notte che durante le ore del giorno all’ombra delle querce della piazza, iscenavano lunghi balli al ritmo di tarantella.
Dalle montagne di Bracigliano, giungevano grossi carichi di neve appositamente per rinfrescare l’acqua e il vino. Molti venditori di neve, con la grattaghiaccio, preparavano sorbetti con sciroppi e succhi di frutta.