8.3. LA PITTURA TRA IL XV E IL XVIII SECOLO - PARTE II

Questa nuova drammatizzazione espressiva di soluzione polidoresca sono riscontrabili nella pala di S. Girolamo, oggi a Monaco, nella Madonna con Bambino e Santi della chiesa di S. Giorgio a Salerno e nella Pietà presso il Duomo di Salerno. L’accoglimento del messaggio polidoresco sarebbe perdurato nel polittico di Fisciano con S. Benedetto tra Santi e Dottori, nei Santi Mauro e Placido, nelle Sante Giustina e Scolastica, oggi presso il museo benedettino di Cava dei Tirreni, nei Santi Giacomo, Sebastiano e S. Antonio da Padova, presso la Pinacoteca Provinciale, di Severo Ierace.
Le tavole raffiguranti i Santi Giovanni Evangelista e Monica, presso la Pinacoteca Provinciale, rappresentano una significativa testimonianza della diffusa attività del celebre pittore vicentino Giovanni De Mio al Sud, e dell’influenza da lui esercitata sulla formazione di Francesco Curia il cui padre Michele era noto in ambito salernitano per la tavola con la Madonna del Rosario di Pellezzano, ora al museo Diocesano.
Un timido accenno di rinnovamento è rappresentato dall’Ecce Homo di Giovanni Bernardo Lama, oggi al museo Diocesano, ove l’artista aderisce alle soluzioni dirette alla rivalutazione dei dati naturali lasciati emergere nella loro lucidità e trasparenza, suggerite dagli artisti fiamminghi presenti in Campania.

Figura 8. 8. Severo Ierace: San Sebastiano

Figura 8. 9. Severo Ierace: San Giacomo

Una strada analoga percorre il greco Belisario Corenzio, che nel 1603 riceve, da parte di Domenico Fontana, l’incarico di decorare la volta della cripta del Duomo di Salerno, che faceva seguito ai precedenti impegni per S. Andrea delle Dame, per la cappella del Monte di Pietà e per la Certosa di S. Martino a Napoli.
Si trattò di un’opera di grandi dimensioni i cui affreschi, caratterizzati per i soffusi passaggi di tono dei colori e per la grande capacità di divulgazione del messaggio religioso, resero l’artista un protagonista assoluto della pittura napoletana. Accanto ai rilievi tardo-manieristi individuati nelle scene di vita di Cristo e della Vergine, dell’Annunciazione, della Vocazione e della Cena, nei 36 spazi sagomati della volta si intravedono i segni di un notevole aggiornamento dell’artista per l’adesione alle sollecitazioni che gli pervenivano dall’ambito bolognese.
Nonostante l’opposizione del Corenzio alla penetrazione in ambito napoletano degli artisti romani e bolognesi, le tracce lasciate da costoro furono così intense da costituire le premesse di una pluralità di linguaggi moderni, tali da confinare ai margini dell’incomprensibilità il linguaggio dello stesso Corenzio.
Prove di caravaggismo autentico non toccarono Salerno se non per iniziativa di collezionisti privati, nonché attraverso le opere di Massimo Stanzione, Andrea Vaccaro e Pacecco De Rosa, con il S. Bruno, già in collezione Ruggi d’Aragona e oggi al museo Diocesano, la Maddalena, le Nozze di Cana e l’Adultera, conservate al museo Diocesano, e la Madonna con Bambino che compare su uno degli altari della cripta del Duomo.

Figura 8. 10. Giovanni De Mio: S. Giovanni e Santa Monica

Pur legato ad una formazione iniziale di stampo tardomanierista di estrazione paterna, una convinta adozione del linguaggio dello Stanzione e delle componenti classicistiche di stampo bolognese da questo introdotte, fu quella di Francesco Guarino, con il Cristo curato dagli Angeli sul soffitto della Collegiata di Solofra; la Madonna del Suffragio della chiesa della Madonna di Gravina; i cicli pittorici di Sant’Agata Irpina e di S. Andrea del Serino; le tele di S. Antonio a Campobasso e il Sacrificio di Isacco presso la Pinacoteca Provinciale.
In questo contesto di reazioni anti-naturalistiche, si spiega la presenza nella chiesa di S. Giorgio, della Sacra Famiglia del convento di S. Lorenzo attribuita a Francesco Di Maria.
Nel frattempo nel napoletano andava facendosi strada la pennellata rapida e sconvolgente di Luca Giordano, ricca di inventiva e di autentiche qualità artistiche nella festosa decorazione di segno squisitamente barocco, che provocò, per diverso tempo, nella pittura salernitana una spiccata dipendenza da quella napoletana.
A segnare la fine di questa sudditanza e alla fase di importazione di opere pittoriche da Napoli verso Salerno, intervenne la vasta impresa decorativa di Angelo Solimena. Essa rappresentò una profonda inversione di tendenza in quanto dava credito ad una produzione maturata in provincia, in risposta ad un tipo di produzione centralizzata.

 

Figura 8. 11. G. B. Lama: Ecce Homo

Figura 8. 12. B. Corenzio: La Crocifissione

Figura 8. 13. A. Vaccaro: Le nozze di Cana

Figura 8. 14. Francesco Guarino: Sacrificio di Isacco

Figura 8. 15. Luca Giordano: L'Adorazione dei Magi

Il pittore si era formato nell’ambito solofrano-serinese alla scuola del Guarini, di cui sperimentò integralmente la validità del messaggio naturalistico con una componente religiosa di base. Tra le sue opere: la Sacra Famiglia ora al museo Diocesano; Putti e Angeli musicanti nei sottarchi delle cappelle e sugli archi maggiori della chiesa di S. Giorgio e le due tele poste nel transetto raffiguranti S. Benedetto e la Crocifissione; gli affreschi per la cappella del SS. Sacramento, la Caduta della Manna e la Comunione degli Apostoli nel Duomo di Salerno; il Paradiso per la chiesa di S. Francesco a Nocera Inferiore; la Visione di S. Cirillo d’Alessandria per la chiesa di S. Domenico a Solofra; l’intera decorazione ad affresco della chiesa di S. Giorgio con scene di vita di S. Benedetto sulla volta, del Paradiso sulla cupola, della Passione di Cristo sul coro e l’illustrazione dei momenti di vita dei diversi Santi cui erano dedicate le cappelle.
Al rigore austero e classico della narrazione storica degli affreschi del padre, si contrappone il linguaggio barocco, esuberante ed originale, del figlio Francesco, che lo rende il più significativo esponente della scuola napoletana dei primi anni del Settecento, per opere che si caratterizzano per le intense soluzioni luministiche, la monumentalità della composizione e lo schietto decorativismo.

Figura 8. 16. A. Solimena: La Sacra Famiglia

 

Figura 8. 17. F. Solimena: Le Sante Archelaide, Tecla e Susanna

Figura 8. 22. Seguaci di F. Solimena: Cena in Casa di Simone

Figura 8. 18. Francesco Solimena: Sacrificio di Isacco

Figura 8. 19. F. Solimena: Giuditta e Oloferne

Figura 8. 20. L. de Majo: S. Paolo

Figura 8. 21. L. De Majo: S. Pietro

Tra le esse, meritano di essere menzionate: la Natività presso la chiesa dell’Annunziata ad Aversa; il Massacro dei Giustiniani a Scio, a Capodimonte; il Ritratto di Donna presso la National Gallery a Londra; l’altare di S. Gennaro nel Duomo di Napoli; la Giuditta con la testa di Oloferne, il Saul Agitato, il Sacrificio di Isacco e il Loth con le figliole conservati presso l’arcivescovato di Salerno; il Martirio di un Santo Vescovo presso il museo Diocesano; il S. Michele Arcangelo e le scene del martirio delle Sante Tecla, Archelaa e Susanna nella chiesa di S. Giorgio a Salerno e i dipinti della cappella di S. Nicola di Bari nella chiesa di Santa Maria Maddalena in Armillis a S. Egidio di Montalbino.
Tra i seguaci della lezione solimeniana, rivisitata alla luce delle più moderne correnti pittoriche che presero sviluppo nella seconda metà del secolo, sono da ricordare: Ludovico de Majo con i dipinti raffiguranti S. Pietro e S. Paolo, Francesco Narici con la Visione di S. Francesco Borgia, Pietro Bardellino con Cristo e la Samaritana e gli ignoti autori della Cena in Casa di Simone e del S. Nicola de Tolentino che intercede per le anime del Purgatorio, oggi tutte presso la Pinacoteca Provinciale.