8.10. IL CENTRO STORICO NEI DOCUMENTI PITTORICI DI
RAFFAELE VUOLO

Di solito si desidera vedere in un quadro, in una rappresentazione grafica, in una stampa, ciò che si ama in realtà. A tutti piace ammirare in un’opera la bellezza della natura con le sue espressioni ricche di colori, di fascino e talvolta di mistero, la celebrazione della storia o la rappresentazione dell’antico che ci aiuta a ricostruire, nella mente, il passato. Siamo, pertanto, grati a quegli artisti che nelle loro opere l’hanno conservato e tramandato fino a noi.

Figura 8. 64. Palazzo Ruggi d'Aragona Figura  8. 65. Vicolo Guaimario IV

Non si può, però sperare di comprendere un’opera d’arte se non si è in grado di immedesimarsi in quel sentimento di liberazione e di trionfo che l’artista deve aver provato di fronte all’opera compiuta.
E di sentimenti e di poesia sono cariche le tele del pittore salernitano Raffaele Vuolo che del paesaggio campano, soprattutto, è un cantore appassionato e sincero.
La sua pittura si muove in una direzione tesa a conferire alle visioni un che di nuovo, di reinventato che si ispira al vero, attraverso colorazioni che conferiscono ai vari temi qualcosa di bello, di originale e misterioso.

Figura 8. 66. Via Porta Rateprandi Figura 8. 67. Vicolo Pietra del Pesce

Vuolo, che dipinge soprattutto per il suo intimo piacere, coglie gli aspetti della natura e ce li offre con cordialità e dignità. Egli ci fa vedere ciò che solitamente vediamo, in aderenza ad una sua precisa convinzione: la necessità di esprimere non soltanto i sentimenti che hanno motivato la creazione, ma anche i movimenti, le situazioni miste e sentite osservando la natura.
Prima che pittore, Vuolo è un ottimo disegnatore. I suoi disegni pur sempre tormentati e senza false interpretazioni, sia quando esplodono in riuscitissime fonti di luce sia quando si adagiano nei giochi delle ombre, destano sensazioni nuove all’osservatore.
Nella sua raccolta “Salerno nei documenti pittorici”, Vuolo ha saputo non solo rappresentare, ma anche interpretare alcuni aspetti del cento storico, rendendolo vivo attraverso prospettive che hanno il fascino dell’ingodibile e caratterizzandolo con una notevole morbidezza e levità di toni.
L’intera opera, realizzata dall’autore mediante la tecnica della litografia su pietra a quattro colori, è rappresentata da quattro splendide opere che riproducono in tutta la loro bellezza alcuni angoli caratteristici del centro storico della nostra città: “Il portale del palazzo Ruggi d’Aragona”, “Balconcino sul vicolo Guaimario IV”, “Scalinata ed archi in Via Porta Rateprandi” e “Archi e balconcini nel vicolo del pesce”.
La litografia (dal greco lithos e graphes = scrittura su pietra), è una tecnica che accoglie e riporta su carta la manualità e il tocco della personalità dell’artista, ove la profondità spaziale, il vellutato dei suoi colori, la luce che include e rimanda la vitale armonia della sua composizione, sono il risultato dell’accordo con cui vengono sollecitati sia gli strumenti, sia le materie dal “tocco”: l’attimo in cui l’artista desta la forma nella materia.
Essa si basa sulla naturale repulsione tra i corpi grassi e l’acqua. Infatti la pietra, disegnata direttamente con matite e carboncini grassi, viene successivamente inumidita con acqua che penetra nella grana della pietra ma è respinta dalle parti grosse disegnate. Con un rullo si passa l’inchiostro che viene respinto dalle zone precedentemente inumidite e si fissa solo sui segni lasciati dalla matita. Si forma in tal modo la matrice su cui viene collocato e pressato il foglio di carta, che assorbe l’inchiostro trattenuto dalle parti grasse trasferendolo sul foglio. Nella litografia a colori viene usata una matrice per ogni passaggio di colore.