10.5.13. IL TIRO AL PROSCIUTTO E AL CACIOCAVALLO A CAMPORA E A GIFFONI VALLE PIANA

Ogni anno, il martedì in Albis, gli abitanti di Campora e di Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno, celebrano rispettivamente la festa della Madonna di Pasqua e della Madonna di Carbonara. Ascoltano la messa, sciolgono i voti e poi, riscaldati dal sole primaverile, consumano un buon pranzo all’aria aperta.
Contemporaneamente alle funzioni religiose si svolgono le gare del tiro col fucile al prosciutto e al caciocavallo, due tradizioni le cui origini si perdono nella notte dei tempi e che contraddistinguono Campora e Giffoni da tutti gli altri paesi vicini. Esse si ricollegano, in un certo senso, all’usanza comune a molte popolazioni europee, dell’albero della cuccagna, che innalzato al centro del paese, viene saccheggiato da coloro che riescono a raggiungere la cuspide carica di premi.
A Campora, in località Scalone, su una sponda del fiume Torno, ben mimetizzato tra le rocce rossastre, viene posto come bersaglio l’appetitoso prosciutto, mentre a distanza sull’altra sponda si cimentano nell’ardua prova i più bravi ed esperti tiratori dell’intero Cilento.
La prova del tiro è resa particolarmente difficoltosa per le irregolari correnti d’aria determinate dal vuoto del precipizio in prossimità del quale è posto il campo di gara.
Nel codice di regolamentazione della festa, chi riesce a centrare il bersaglio viene dichiarato vincitore e a lui spettano in premio il prosciutto e la coppa, oltre al rispetto e alla considerazione generali. E’ usanza per il vincitore invitare, dopo aver mostrato con fierezza l’ambito trofeo alla folla che lo applaude, gli amici e gli altri concorrenti a consumarlo a casa propria, festeggiando e bevendo fino a tarda sera.
Attualmente la manifestazione è organizzata dalla Pro loco che, a gara conclusa, offre un assaggio di prodotti tipici locali.
A Giffoni Valle Piana, su di una sponda del torrente Rio Secco fanno bella mostra di sé, appesi ad una struttura in fili di ferro, distanti circa un metro l’uno dall’altro, i caciocavalli di produzione artigianale locale. Sulla sponda opposta, ai cacciatori viene offerta, dietro pagamento di un obolo che va a beneficio del Santuario, la possibilità di sparare contro il bersaglio costituito dai caciocavalli che, se centrati, diverranno appannaggio del cacciatore, il quale li userà prima come trofeo e successivamente come companatico. Viene dichiarato vincitore del torneo di tiro chi riesce ad impadronirsi del trofeo più grosso, posto nel luogo più difficile da raggiungere.
Sembra che l’usanza del tiro al bersaglio sia una tradizione antichissima nella valle del monte Leggio, ove è situato il Santuario. Si racconta, infatti, che nel Medioevo, in tale luogo venissero selezionati gli arcieri per le crociate, dopo una prova di destrezza con l’arco. Ovviamente anche questa tradizione è resa affascinante da un alone di leggenda, cui il popolo crede e vuole credere. Si pensa che il caciocavallo usato come bersaglio, originariamente prodotto dai pastori locali, fosse una sorta di amuleto contro il nefasto influsso delle streghe che praticavano incantesimi sul latte e, questo motivo spiegherebbe la collocazione del rito nel periodo immediatamente successivo la Pasqua, propizio, presso molti popoli, per gli esorcismi contro il male.
Il momento del tiro al prosciutto e al caciocavallo potrebbe anche rappresentare il principio della vittoria del bene sul male, della vita sulla morte e dell’estate sull’inverno: non a caso il periodo della festa viene a collocarsi proprio in primavera. Si avanza, infine, un’ulteriore interpretazione:il prosciutto e i caciocavalli potrebbero anche essere assurti come capro espiatorio dei peccati commessi durante l’anno trascorso e la loro fucilazione-esecuzione, altro non sarebbe che l’espulsione delle influenze malefiche accumulatesi sul popolo durante l’inverno.