Ogni anno, il martedì in Albis, gli abitanti di Campora e di
Giffoni Valle Piana, in provincia di Salerno, celebrano
rispettivamente la festa della Madonna di Pasqua e della Madonna
di Carbonara. Ascoltano la messa, sciolgono i voti e poi,
riscaldati dal sole primaverile, consumano un buon pranzo all’aria
aperta.
Contemporaneamente alle funzioni religiose si svolgono le gare
del tiro col fucile al prosciutto e al caciocavallo, due
tradizioni le cui origini si perdono nella notte dei tempi e che
contraddistinguono Campora e Giffoni da tutti gli altri paesi
vicini. Esse si ricollegano, in un certo senso, all’usanza comune
a molte popolazioni europee, dell’albero della cuccagna, che
innalzato al centro del paese, viene saccheggiato da coloro che
riescono a raggiungere la cuspide carica di premi.
A Campora, in località Scalone, su una sponda del fiume Torno,
ben mimetizzato tra le rocce rossastre, viene posto come bersaglio
l’appetitoso prosciutto, mentre a distanza sull’altra sponda si
cimentano nell’ardua prova i più bravi ed esperti tiratori
dell’intero Cilento.
La prova del tiro è resa particolarmente difficoltosa per le
irregolari correnti d’aria determinate dal vuoto del precipizio in
prossimità del quale è posto il campo di gara.
Nel codice di regolamentazione della festa, chi riesce a
centrare il bersaglio viene dichiarato vincitore e a lui spettano
in premio il prosciutto e la coppa, oltre al rispetto e alla
considerazione generali. E’ usanza per il vincitore invitare, dopo
aver mostrato con fierezza l’ambito trofeo alla folla che lo
applaude, gli amici e gli altri concorrenti a consumarlo a casa
propria, festeggiando e bevendo fino a tarda sera.
Attualmente la manifestazione è organizzata dalla Pro loco che,
a gara conclusa, offre un assaggio di prodotti tipici locali.
A Giffoni Valle Piana, su di una sponda del torrente Rio Secco
fanno bella mostra di sé, appesi ad una struttura in fili di
ferro, distanti circa un metro l’uno dall’altro, i caciocavalli di
produzione artigianale locale. Sulla sponda opposta, ai cacciatori
viene offerta, dietro pagamento di un obolo che va a beneficio del
Santuario, la possibilità di sparare contro il bersaglio
costituito dai caciocavalli che, se centrati, diverranno
appannaggio del cacciatore, il quale li userà prima come trofeo e
successivamente come companatico. Viene dichiarato vincitore del
torneo di tiro chi riesce ad impadronirsi del trofeo più grosso,
posto nel luogo più difficile da raggiungere.
Sembra che l’usanza del tiro al bersaglio sia una tradizione
antichissima nella valle del monte Leggio, ove è situato il
Santuario. Si racconta, infatti, che nel Medioevo, in tale luogo
venissero selezionati gli arcieri per le crociate, dopo una prova
di destrezza con l’arco. Ovviamente anche questa tradizione è resa
affascinante da un alone di leggenda, cui il popolo crede e vuole
credere. Si pensa che il caciocavallo usato come bersaglio,
originariamente prodotto dai pastori locali, fosse una sorta di
amuleto contro il nefasto influsso delle streghe che praticavano
incantesimi sul latte e, questo motivo spiegherebbe la
collocazione del rito nel periodo immediatamente successivo la
Pasqua, propizio, presso molti popoli, per gli esorcismi contro il
male.
Il momento del tiro al prosciutto e al caciocavallo potrebbe
anche rappresentare il principio della vittoria del bene sul male,
della vita sulla morte e dell’estate sull’inverno: non a caso il
periodo della festa viene a collocarsi proprio in primavera. Si
avanza, infine, un’ulteriore interpretazione:il prosciutto e i
caciocavalli potrebbero anche essere assurti come capro espiatorio
dei peccati commessi durante l’anno trascorso e la loro
fucilazione-esecuzione, altro non sarebbe che l’espulsione delle
influenze malefiche accumulatesi sul popolo durante l’inverno. |