Andrea Fabbri
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Racconti a pedali
La mia salita

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Queste righe non raccontano di una salita particolare, di un Gavia o di un Mortirolo, nè tantomeno delle imprese di grandi scalatori, ma narrano semplicemente le sensazioni provate da noi cicloamatori quando affrontiamo la "nostra" salita, quella salita al limite delle nostre possibilità, quella che ogni volta ci intimidisce e ci esalta allo stesso tempo, quella che mentre saliamo ci fa giurare "mai più" ma che poi inevitabilmente sfideremo ancora.

Il percorso è conosciuto, mi apettano 37 km di falsopiano e poi la salita, 9.4 km di tornanti che si arrampicano sul fianco della montagna fino su al passo.
Parto di buon ora, bicicletta perfetta, temperatura ideale. Macino i chilometri di falsopiano di buon passo, arrivo al bivio ed ecco la salita.
E' lì, davanti a me, una stretta striscia di asfalto grigio chiaro che si impenna decisa. E' lì esattamente dove me la aspettavo. Controllo il contachilometri 36,8 km.
Perfetto! Sono grande! Sono una macchina perfetta! Oggi farò grandi cose!
La bicicletta inizia a salire, accenno un veloce ed elegante fuorisella poi lo spirito di autoconservazione mi riporta sul sellino. Scalo una manciata di rapporti stac-stac-stac-trac-trac-click.
I pedali girano a vuoto poi la velocità scende ed ecco che la catena torna a tendersi. Qualche pedalata ancora e giù ancora un rapporto stac...click. So che non devo dare troppo all'inizio, la salita è lunga, devo andare su costante senza strafare.
Ancora un po' e trovo la cadenza giusta, la velocità si stabilizza. Occhiata rapida al tachimetro 10.8 km/h. Bene. Ci sono ancora poco meno di 9 km, non so come, ma calcolo a mente che con quel passo sarò su in 50 minuti!
Grandioso!
Forse sto forzando un po' troppo, i pedali iniziano ad indurirsi, giu' un altro rapporto stac...click
La velocità cala di conseguenza ma è ancora buona, si vado ancora bene.
Il primo tornante ancora non si vede... non lo ricordavo così lontano... e questa mattina non mi pareva facesse così caldo.
Cerco qualche punto di riferimento che mi faccia capire quanto manca poi quasi all'improvviso dopo una semicurva, ecco il primo tornante. Occhiata al contachilometri 40,5 km. Ok.
Sono stanco ma un terzo di salita è già alle spalle, ora i tornanti sono più ravvicinati, ora è più facile...
All'improvviso si materializza un rumore alle mie spalle, sembra un jet, è veloce, do una occhiata dietro. E' un mega-suv, nero, enorme, 8000 di cilindrata, cambio automatico, condizionatore a palla, turbina rovente. Mi è addosso in un attimo poi mentre mi affianca rallenta.
All'interno un adulto alla guida e un bambino che mi guarda attraverso il vetro posteriore semioscurato.
Il bambino non saluta, non commenta, mi guarda inebetito forse senza capire bene cosa stia facendo io lì, il papà sbircia dietro e dice qualcosa al bambino.
Non so cosa. Forse "Guarda Andrea, guarda quel signore che bravo!" oppure un più provabile "Guarda GianGiacomo! guarda quel pirla!".
Non lo saprò mai perchè il papà affonda l'acceleratore e la macchina-astronave quasi decolla bruciando ogni singola molecola di ossigeno nel raggio di 150 metri. Zig-zago in apnea alla disperata ricerca di qualche residuo d'aria ancora respirabile poi lentamente l'effetto tossico si dirada e ricomincio a respirare regolarmente.
I pedali continuano ad indurirsi, la catena è già sul pignone più grande della cassetta, no il rampichino non lo metto, tengo duro diminuisco la cadenza di pedalata ma tengo duro.
Il rampichino non lo metto.
La sudorazione aumenta, la velocità diminuisce, quando ad un tratto mi affianca un'ombra. Ci metto un po' per mettere a fuoco con le lenti degli occhiali foderate di sudore.
E' un ragazzino che sta salendo in fuorisella a velocità doppia della mia, leggero come una libellula. Cerco di articolare un "Ciao" o un "Salve" ma il tizio è già a 10 metri.
L'orgoglio mi esplode in petto, abbasso la testa stringo i denti e aumento la cadenza.
Ora ti riprendo... si si ti riprendo e saliamo in coppia. Rialzo la testa... non c'e' più. Poco dopo un bagliore dal tornante sopra il mio, è lui che continua a svolazzare in fuorisella, come una libellula.
Va bene per questa volta ti lascio andare... ne riparliamo quando avrai 42 anni come il sottoscritto!
Occhiata al contachilometri 42,7. Non ce la faccio più, con un po' di riluttanza innesto il rampichino stac...sclack.
Cerco di calcolare quanto manca alla cima ma anche il cervello deve avere innestato il rampichino e si perde tra sottrazioni e riporti.
Non importa, cerco di pensare ad altro. Tra i milioni e milioni di ricordi su cui potrei concentrarmi finisco su una immagine di qualche tempo fa, di due giovani che navigano sottocosta con la loro barca a vela, lui palestratissimo, abbronzatissimo, occhiali da sole e bandana, se ne sta placido sdraiato a poppa con una gamba appena appoggiata sul timone quel tanto da mantenere la rotta, lei, abbronzatissima, biondissima, bonissima, occhiali da sole big-size, sdraiata a prua e con tette very-big-size che straripano da ogni lato del bikini.
Io invece sono qui, solo, sudato da far schifo ad una capra, senza sapere se il cuore reggerà fino allo scollinamento... e non so neanche quanto manca.
Meglio concentrarsi su altro. Guardo il tachimetro ma la velocità è deprimente, allora focalizzo la mia attenzione sul ciglio della strada... erba, erba, cartaccia, erba, pigna, erba, paracarro, erba, erba, ... sembra funzionare!
Il cervello entra in una specie di stato ipnotico mentre le gambe continuano a fare il loro sporco e lento lavoro. Così, senza sapere come, arrivo ad un km dalla cima! No non l'ho calcolato io, il cervello è ancora fuori servizio, ma l'ho letto sull'asfalto.
"Gran Premio della Montagna 1 km". Mitico!
Ritrovo le forze... mi viene voglia di scattare sui pedali ma le ginocchia non sono dello stesso parere e dopo pochi metri ricado pesantemente sul sellino.
Non importa, continuo a salire, lentamente, ormai non mi ferma più nessuno.
A quest'ora provabilmente la barca a vela sarà colata a picco e i due poverini saranno affogati. Anzi no!... lui è affogato sicuramente mentre lei si è salvata e mi sta aspettando in cima al passo... in topless.
Le scritte sull'asfalto si susseguono "GPM 500m". Grande! Mi guardo dietro, sono solo! Ho staccato tutti... "un uomo solo al comando"... "GPM 200m" "GPM 100m" Sento i violini suonare, vedo le ninfe correre nei prati.
"GPM 50m", "GPM". Cavolo sono già arrivato!
Ci sono, sono vivo!
Potrei urlare, ballare, cantare... e basta, sono solo, quindi non è che possa inscenare chissà quali festeggiamenti!
Ma comunque non faccio nulla, si proprio nulla. Tengo tutto dentro.
Rimango fermo qualche minuto per asciugarmi un po' mentre continuo a reidratarmi. E' fatta. Ora posso tornare a casa.


by Andrea Fabbri

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