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MESSAGGIO QUARESIMALE 2006 Compio innanzitutto il soavissimo dovere di rimandarvi, fratelli, al messaggio che Benedetto XVI ha inviato a tutto la Chiesa per la medesima occasione. Esso porta la data del 29 settembre 2005. Il Papa, dopo aver richiamato gli aspetti fondamentali del periodo liturgico, ci invita a fermare l’attenzione sulle enormi sperequazioni e squilibri che affliggono la nostra società e fa appello, in nome dell’amore, a una generale mobilitazione per porre rimedio a una situazione indegna di un mondo civile e, soprattutto, della fede cristiana. Aggiungo, come ho sempre fatto dall’inizio del mio episcopato, anche questo mio piccolo messaggio. Vogliate accoglierlo con fraterna adesione- parlo soprattutto a coloro che intendono restare “fedeli” alla loro professione cristiana-. L’ho previsto e sentito fortemente come un triplice richiamo, espresso in altrettanti fonemi in forma di invito rivolto innanzitutto a me stesso. Seguitemi.
Abbiamo bisogno di far tacere le voci, specialmente quelle negativamente interessate e corruttrici, perché possiamo finalmente ascoltare la Voce. Questa ci dirà la verità su noi stessi, sulle cose, sulle situazioni, su quanto maggiormente dovrebbe starci a cuore. Questa Voce però ha bisogno di silenzio- è quello adombrato dalla metafora del deserto in cui anche Gesù compie la sua quaresima-; ha bisogno di spazi di solitudine, di completa sincerità verso noi stessi, quella che ci mette a nudo davanti ai nostri occhi con i lati positivi- pochissimi- e quelli negativi- moltissimi- della nostra personalità. Per questo scandaglio di noi stessi la Voce ci si offre in molteplici maniere: attraverso la coscienza bene educata, o necessariamente rieducata, attraverso la Parola di Dio ascoltata e meditata, nella contemplazione orante. Tutti impegni, questi, propri del periodo quaresimale.
Ecco che cosa ritroviamo nel nostro intimo, se siamo sinceri: il peccato e i peccati. Il peccato è l’eredità che deriviamo dal Satana e ci rende meno uomini e a Dio sgraditi. E’ ora di dare a certi comportamenti, a certe segrete intenzioni, a certi innominabili moti del cuore il nome che loro spetta: il peccato e, si badi, secondo l’elenco fatto dallo stesso Gesù la gamma delle nostre trasgressioni è molto estesa. Non fermiamoci dunque a deprecare solamente le nostre mancanze gravi ma con umile sincerità deprechiamo tutto ciò che sicuramente spiace a Dio e ci rende indegni del suo amore. Rifiutare il peccato significa subire la tentazione e lottare per vincerla; significa riconoscere le proprie colpe e detestarle; significa pentirsi sinceramente e impegnarsi in una vita nuova, ossia in una sincera conversione. E’ l’imperativo che risuona agli inizi della predicazione di Gesù: “Convertitevi e credete al Vangelo”( Mc 1, 15). Comprendere il peccato significa anche ripararlo con la penitenza, con la mortificazione, con ciò che la liturgia quaresimale chiama “digiuno”. Il peccato va riparato: solo a questa condizione potremo credere nell’amore infinitamente misericordioso di Dio e nel suo abbraccio di Padre.
Senza Dio non c’è legge. Senza Dio non c’è moralità. Senza Dio non c’è vita. Senza Dio non c’è amore. Sa l’uomo d’oggi questa fondamentale verità? Dov’è Dio nella nostra vita e che posto vi occupa? Dov’è Dio nella nostra vita individuale? Dov’è Dio nella nostra vita associata? Dov’è Dio nei luoghi dove si decidono le sorti dell’uomo e della società? Dov’è Dio nelle grandi manifestazioni d’ogni genere che forsennatamente l’uomo d’oggi, che non riesce a nascondere la sua inquietudine esistenziale, appronta e propaganda? Dov’è Dio nella politica ? Dov’è Dio nella cultura, nell’arte, nel quotidiano colloquio interpersonale? “Dio! Dio! Se lo vedessi, se lo sentissi…”- così faceva gridare all’Innominato il nostro Manzoni.. Ancora una volta ci risponderebbe Agostino: questo Dio ce l’hai dentro. Sei tu che sei fuori e perciò fingi di non vederlo e di non sentirlo, devi ritrovarlo ad ogni costo. Chi invece ha la gioia del possesso di Dio, fa continua esperienza della sua amorosa paternità, della sua provvidenziale assistenza, della sua luminosa presenza. Per questo tutta la realtà ne resta trasfigurata. O uomo, invano cercherai la bellezza, la gioia, la verità, la vita, l’amore, perché tutto questo è solamente Dio. L’invito del tempo quaresimale dunque non potrà che essere questo: rimettiamoci in cammino, abbandonando gli idoli e gettandoci nelle braccia del Dio- amore, del Dio-Padre, del Dio-Misericordia. Da questo incontro ne sarà tutto illuminato il nostro essere e allora saremo capaci di scoprire il volto di Dio nel volto del fratello, ciò specialmente da quando il nostro Dio, in Cristo suo figlio, si è identificato in ogni uomo, anche il più piccolo. Schiere innumerevoli di fratelli nel bisogno stendono la mano verso di noi e bussano alla generosità del nostro cuore( non elemosina, ma condivisione!). Ecco allora l’ultimo forte richiamo della Quaresima: Amiamoci ed amiamo sinceramente, concretamente, misericordiosamente, senza attendere altro ricambio che quello di saperci dimoranti nell’amore. Fratelli, buona Quaresima, anticipazione di una felicissima Pasqua di rinnovamento, di luce, di vita, di gioia.
28 Febbraio 2006 Il Vostro Vescovo Andrea |
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