1) Il ricorso sempre più diffuso allo strumento
delle concessioni da parte delle amministrazioni per realizzare e finanziare
grandi lavori d'infrastruttura e per offrire taluni servizi, in uno con la
pendenza di procedure d'infrazione intentate dalla Commissione europea in
materia, rende opportuno fornire elementi interpretativi che chiariscano la
normativa comunitaria applicabile in subiecta materia alla luce della
comunicazione interpretativa della Commissione europea sulle concessioni del 12
aprile (G.U.C.E. 121/5 del 29 aprile 2000) e della più recente giurisprudenza
comunitaria (Corte di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98,
Teleaustria c. Post & Telekom Austria).
Nella comunicazione la
Commissione chiarisce che anche quando le concessioni non siano disciplinate da
specifiche direttive sono comunque sottoposte ai principi e alle norme del
trattato.
Con la presente circolare s'intendono allora precisare sia i
principi del trattato CE che si applicano a tutte le forme di concessioni sia le
norme che concernono in particolare le concessioni di lavori pubblici previste
dalla direttiva 93/37/CEE (c.d. "direttiva lavori") sugli appalti di lavori
pubblici.
2) Il trattato CE non contiene una definizione di
concessione.
L'unica definizione rinvenibile nel diritto comunitario derivato
e' quella contenuta nella direttiva 93/37/CEE che la definisce come "un
contratto che presenta le stesse caratteristiche degli appalti pubblici di
lavori, ad eccezione del fatto che la controprestazione dei lavori consiste
unicamente nel diritto di gestire l'opera o in tale diritto accompagnato da un
prezzo" (art. 1, lettera d). Una definizione analoga, mutuata da quella
comunitaria, e' contenuta nella normativa nazionale che identifica le
concessioni di lavori pubblici come quei contratti conclusi in forma scritta fra
un imprenditore ed un'amministrazione aggiudicatrice dove la controprestazione a
favore del concessionario consiste unicamente nel diritto di gestire
funzionalmente e di sfruttare economicamente tutti i lavori realizzati (art.
19, comma 2, legge 11 febbraio 1994, n. 109, come sostituito dall'art. 3,
comma 6, della legge 18 novembre 1998, n. 415).
3) Al fine di delimitare
l'ambito di applicazione della presente circolare occorre in primo luogo
delineare i criteri distintivi delle concessioni di lavori rispetto agli appalti
di lavori pubblici in uno con il discrimen tra concessioni di servizi e appalti
di servizi.
In base alla menzionata comunicazione interpretativa della
Commissione il tratto distintivo delle concessioni di lavori pubblici rispetto
agli appalti di lavori consiste nel conferimento di un diritto di gestione
dell'opera che permette al concessionario di percepire proventi dall'utente a
titolo di controprestazione della costruzione dell'opera (ad esempio, in forma
di pedaggio o di canone) per un determinato periodo di tempo. Il diritto di
gestione implica anche il trasferimento della responsabilità di gestione che
investe gli aspetti tecnici, finanziari e gestionali dell'opera. Da quanto
precede si deduce che in una concessione di lavori l'alea relativa alla gestione
viene trasferita al concessionario che si assume il "rischio economico", nel
senso che la sua remunerazione dipende strettamente dai proventi che può trarre
dalla fruizione dell'opera.
Al contrario si e' in presenza di un appalto
pubblico di lavori quando il costo dell'opera grava sostanzialmente
sull'autorità aggiudicatrice e quando il contraente non si remunera attraverso i
proventi riscossi dagli utenti.
Va peraltro precisato che la distinzione tra
concessione e appalti di lavori pubblici non rileva ai fini della tutela
giurisdizionale poichè l'art.
31-bis, comma 4, della legge n. 109 del 1994 equipara le due figure sotto
tale profilo di tutela. Si deve puntualizzare infine che il ricordato art.
19, comma 2, della legge Merloni contempla anche la possibilità di
fattispecie di carattere misto nelle quali il conferimento del diritto di
gestione e' accompagnato dal riconoscimento di una controprestazione pecuniaria
in favore del costruttore in misura in ogni caso non superiore al 50%
dell'importo totale dei lavori.
4) Un analogo criterio vale anche per
distinguere e concessioni di servizi pubblici dagli appalti di servizi in
quanto, salve le differenze di cui si dirà oltre tra concessione di lavoro e di
servizio, anche al concessionario di servizio non viene riconosciuto un prezzo
ma solo il diritto ad ottenere la remunerazione dell'attività svolta attraverso
la possibilità di gestire il servizio per un determinato periodo. La Corte di
giustizia ha pertanto recentemente escluso che le concessioni di servizi
rientrino nella sfera di applicazione della direttiva in materia di appalti, ed
in particolare della direttiva n. 93/38 CE, qualora la controprestazione fornita
dall'amministrazione all'impresa privata consista nell'ottenimento da parte di
quest'ultima del diritto di sfruttare, ai fini della sua remunerazione, la
propria prestazione (Corte di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa
C-324/98, cit., punto n. 58).
In merito, la comunicazione interpretativa ha
chiarito che applicando tale criterio si ha concessione di servizi quando
l'operatore si assume i rischi di gestione del servizio (sua istituzione e
gestione) rifacendosi sull'utente, soprattutto per mezzo della riscossione di
qualsiasi canone. Le modalità di remunerazione dell'operatore e', come nel caso
della concessione di lavori, un elemento che permette di stabilire l'assunzione
del rischio di gestione. Come la concessione di lavori anche la concessione di
servizi e' caratterizzata da un trasferimento della responsabilità di gestione.
Infine, la concessione di servizi riguarda di solito attività che, per la loro
natura, l'oggetto e le norme che le disciplinano, possono rientrare nella sfera
di responsabilità dello Stato ed essere oggetto di diritti esclusivi o speciali
(punto 2.2 della comunicazione).
Si può aggiungere, ai fini del diritto
interno, che mentre negli appalti pubblici di servizi l'appaltatore presta il
servizio in favore della pubblica amministrazione, la quale utilizza tale
prestazione ai fini dell'eventuale erogazione del servizio pubblico a vantaggio
della collettività, nella concessione di pubblico servizio il concessionario
sostituisce la pubblica amministrazione nell'erogazione del servizio, ossia
nello svolgimento dell'attività diretta al soddisfacimento dell'interesse
collettivo.
Allo scopo di tracciare la distinzione tra l'appalto di servizi e
la concessione di servizi pubblici, la dottrina tradizionale ha individuato una
molteplicità di criteri utilizzabili, quali:
a) il carattere surrogatorio
dell'attività svolta dal concessionario di pubblico servizio contrapposta
all'attività di mera rilevanza economica svolta dall'appaltatore nell'interesse
del committente pubblico;
b) la natura unilaterale del titolo concessorio di
affidamento dei servizio pubblico, che si contrappone al carattere negoziale
dell'appalto;
c) il trasferimento di potestà pubbliche in capo al
concessionario, contrapposte alle prerogative proprie di qualsiasi soggetto
economico riconosciute all'appaltatore che non opera quale organo indiretto
dell'amministrazione;
d) l'effetto accrescitivo tipico della concessione. La
questione e' stata sottoposta all'esame del Consiglio di Stato nel giudizio n.
5771/2001 definito con il dispositivo 12 dicembre 2001, n. 670. A parere di
questo Dipartimento, il criterio distintivo più convincente e' quello relativo
all'oggetto dei due contrapposti istituti, che si riflette anche sulla
fisionomia dei rapporti considerati. Si osserva infatti che l'appalto di servizi
concerne prestazioni rese in favore dell'amministrazione, mentre la concessione
di servizi riguarda sempre un articolato rapporto trilaterale, che interessa
l'amministrazione, il concessionario e gli utenti del servizio. Ciò comporta, di
regola, ulteriori conseguenze sull'individuazione dei soggetti tenuti a pagare
il corrispettivo dell'attività svolta. Normalmente, nella concessione di
pubblici servizi il costo del servizio grava sugli utenti, mentre nell'appalto
di servizi spetta all'amministrazione l'onere di compensare l'attività
svolta dal privato. Tale criterio integrativo, peraltro, assume un rilievo
apprezzabile solo quando il servizio pubblico, per le sue caratteristiche
oggettive, e' divisibile tra gli utenti che, in concreto, ne beneficiano
direttamente.
5) In linea di continuità con la giurisprudenza comunitaria si
pone l'indirizzo di recente seguito dalla giurisprudenza amministrativa interna.
Con la decisione n. 253 del 17 gennaio 2002 la IV Sezione del Consiglio di
Stato, pronunciando in ordine all'affidamento di concessione di gestione di rete
autostradale, ha osservato che le concessioni di pubblici servizi, pur se non
regolate da direttive specifiche, soggiacciono ai principi generali dettati in
materia dal trattato costitutivo, come esplicitati dalla più volte rammentata
comunicazione interpretativa del 29 aprile 2000.
Segnatamente il giudice
amministrativo ha evidenziato quanto segue:
"in tema di affidamento, mediante
concessione, di servizi pubblici di rilevanza comunitaria, il rispetto dei
principi fondamentali dell'ordinamento comunitario (ritraibili principalmente
dagli articoli 43 e 49 del trattato C.E.), nonché dei principi generali che
governano la materia dei contratti pubblici (enucleabili dalle direttive in
materie di appalti di lavori, servizi, forniture e settori esclusi), impone
all'amministrazione procedente di operare con modalità che preservino la
pubblicità degli affidamenti e la non discriminazione delle imprese,
merce' l'utilizzo di procedure competitive selettive. A non diverse conclusioni
in ordine alla necessita' dello svolgimento di una procedura selettiva, si
giunge anche volendo considerare l'affidamento in esame come concessione di
costruzione e gestione di opera pubblica. E' stata, invero, riconosciuta la
portata generale della normativa sulle concessioni di opere pubbliche prevista
dalla legge 11 febbraio 1994, n. 109: più specificamente, la disciplina dell'art.
19 e' stata considerata come lo statuto fondamentale dell'istituto della
concessione di lavori, che occorre applicare a prescindere dal metodo utilizzato
per l'affidamento ed anche se la concessione sia disposta con legge (cfr. Cons.
Stato, sez. IV, 28 maggio 1997, n. 584; Corte dei conti, sez. contr. Stato, 8
giugno 2000, n. 55, secondo la quale ai sensi dell'art.
20, comma 2, legge n. 109 del 1994 l'unico sistema per la scelta del
concessionario e' quello della licitazione privata). In evidente adesione alla
tesi esposta, di cui costituisce punto di emersione ricognitivo, la legge 24
novembre 2000, n. 340 (art.
21), stabilisce che "per la costruzione e l'affidamento in gestione delle
infrastrutture autostradali si applicano le disposizioni che recepiscono
nell'ordinamento italiano la normativa comunitaria in materia di lavori o di
servizi".
6) Va inoltre ricordata la recente circolare di questo Dipartimento
(cfr. circolare n. 12727 in tema di affidamento a società miste della gestione
di servizi pubblici locali, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 264 del 13
novembre 2001) che, con riferimento al regime di gestione dei servizi pubblici
locali anteriore alle modifiche apportate all'art.
113 del decreto legislativo del 18 agosto 2000, n. 267 dall'art. 35 della
legge finanziaria per il 2002 (legge 28 dicembre 2001, n. 448), ha precisato la
normativa applicabile in tema di affidamento della gestione di servizi pubblici
locali a società miste (pubblico-privato).
Nell'occasione, si è chiarito che
la normativa europea in tema di appalti pubblici, in particolare di servizi, non
trova applicazione (e pertanto l'affidamento diretto della gestione del servizio
e' consentito anche senza ricorrere alle procedure di evidenza pubblica
prescritte dalle norme comunitarie) solo quando manchi un vero e proprio
rapporto giuridico tra l'ente pubblico e il soggetto gestore, come nel caso,
secondo la terminologia della Corte di giustizia, di delegazione interorganica o
di servizio affidato, in via eccezionale, "in house" (cfr. Corte di giustizia,
sentenza 18 novembre 1999, causa C-107/98, Teckal).
In altri termini, quando
un contratto sia stipulato tra un ente locale ed una persona giuridica distinta,
l'applicazione delle direttive comunitarie può essere esclusa nel caso in cui
l'ente locale eserciti sulla persona di cui trattasi un controllo analogo a
quello esercitato sui propri servizi e questa persona (giuridica) realizzi la
parte più importante della propria attività con l'ente o con gli enti locali che
la controllano. Segnatamente, ad avviso delle istituzioni comunitarie per
controllo analogo s'intende un rapporto equivalente, ai fini degli effetti
pratici, ad una relazione di subordinazione gerarchica; tale situazione si
verifica quando sussiste un controllo gestionale e finanziario stringente
dell'ente pubblico sull'ente societario. In detta evenienza, pertanto,
l'affidamento diretto della gestione del servizio e' consentito senza ricorrere
alla procedure di evidenza pubblica prescritte dalle disposizioni comunitarie
innanzi citate.
Al contrario, ove non ricorra un siffatto controllo
gestionale ed economico dell'ente pubblico sul soggetto gestore ma l'affidamento
riguardi un servizio in cambio della gestione dello stesso come corrispettivo (e
dunque configuri, secondo l'interpretazione della commissione, una concessione
di servizi) l'aggiudicazione del servizio deve in ogni caso avvenire nel
rispetto dei principi comunitari di trasparenza e di parità di trattamento che
impongono la necessita' di seguire procedure di evidenza pubblica.
La
necessita' del rispetto delle prescrizioni comunitarie in materia di evidenza
pubblica e' stata altresì sottolineata ancor più di recente dal decreto 22
novembre 2001 dal Ministero dell'Ambiente e dalla connessa circolare applicativa
17 ottobre 2001, n. GAB/2001/11559/B01, concernenti le modalità di affidamento
in concessione a terzi della gestione del servizio idrico integrato, a norma
dell'art. 20, comma 1, legge 5 gennaio 1994, n. 36.
Va da ultimo ricordato
che l'art. 35 della citata legge finanziaria per l'anno 2002 ha ridisegnato in
profondità il sistema dell'affidamento dei servizi pubblici locali dando la
stura ad un rinnovato quadro normativo nel quale, per un verso, si stabilisce il
principio della separazione tra proprietà delle reti e delle infrastrutture
rispetto al compito di gestione del servizio e, dall'altro, si subordina
l'affidamento della gestione del servizio pubblico di rilevanza industriale
all'espletamento di procedure selettive ispirate ai principi comunitari (cfr.,
in particolare, i commi 5 e 7 dell'art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n.
448).
7) In secondo luogo, occorre richiamare l'ulteriore distinzione tra
concessione di servizi e concessione di lavori, atta a stabilire se sia o meno
applicabile la "direttiva lavori". Tale distinzione si basa su un criterio di
"prevalenza funzionale" e implica che se un contratto di concessione riguarda la
costruzione di un opera quale oggetto principale del contratto si tratterà di
una concessione di lavori e, purché la soglia di applicazione della direttiva
sia stata raggiunta (5.000.000 euro), verrà in rilievo il regime previsto dalla
"direttiva lavori".
Al contrario, se i lavori o la costruzione dell'opera
sono meramente accessori rispetto all'oggetto principale del contratto
rappresentato dalla gestione del servizio pubblico, non si applicherà la
"direttiva lavori" in quanto le concessioni di servizi ricadono sotto
l'applicazione delle norme e dei principi del Trattato (cfr. Comunicazione
interpretativa, cit., punto 2.3 e Corte di giustizia, sentenza 19 aprile 1994,
causa C-331/92 Gestion Hoteliere e sentenza 5 dicembre 1989, causa C-3/88, Data
processing).
8) Questa distinzione viene in rilievo in particolare per le
concessioni autostradali: anche per tali figure occorrerà stabilire se l'oggetto
della concessione riguardi principalmente la costruzione di un'infrastruttura
quale una nuova tratta autostradale, nel qual caso si tratterà di una
concessione di lavori. Ove per converso il contratto dia vita ad un rapporto in
cui l'aspetto gestionale ha rilievo predominante e contempli la realizzazione di
lavori solo a titolo accessorio, si tratterà di una concessione di
servizi.
La qualifica di una concessione autostradale alla stregua di
concessione di servizi comporta, in definitiva, il non assoggettamento, ai fini
dell'attribuzione iniziale della concessione cosi' come nell'ipotesi di proroga,
alle direttive sugli appalti pubblici, ferma restando l'applicazione delle norme
e dei principi del trattato CE, quali in particolare i principi di non
discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza, di mutuo
riconoscimento e di proporzionalità.
9) Del resto, e' anche possibile che
talune operazioni contemplino sia la realizzazione di un'opera o la
realizzazione di lavori che la prestazione dei servizi. Per cui, a margine di
una concessione di lavori, possono essere concluse delle concessioni di servizi
per attività complementari ma indipendenti dalla gestione della concessione
dell'opera. Ad esempio, i servizi di ristoro di un'autostrada possono essere
oggetto di una concessione di servizi diversa dalla concessione di costruzione o
di gestione dell'autostrada. Secondo la commissione quando gli oggetti dei
contratti sono dissociabili, a ciascun tipo di contratto si applicano le norme
ad esso relative (cfr. comunicazione interpretativa, cit., punto 2.3).
10)
Nel rispetto di tali definizioni, il ricorso all'istituto concessorio da parte
degli Stati non incontra limiti puntuali ma non rende libera la scelta del
soggetto a cui affidare la concessione. A prescindere infatti dall'applicabilità
di specifici regimi, tutte le concessioni ricadono nel campo di applicazione
delle disposizioni degli articoli da 28 a 30 (ex articoli da 30 a 36), da 43 a
55 (ex articoli da 52 a 66) del trattato o dei principi sanciti dalla
giurisprudenza della Corte. Si tratta in particolare dei principi di non
discriminazione, di parità di trattamento, di trasparenza, di mutuo
riconoscimento e proporzionalità cosi' come risultano dalla costante tradizione
giurisprudenziale della Corte europea che si e' posta all'avanguardia nella loro
elaborazione.
11) Il principio di parità di trattamento implica che le
amministrazioni concedenti pur essendo libere di scegliere la procedura di
aggiudicazione più appropriata alle caratteristiche del settore interessato e di
stabilire i requisiti che i candidati devono soddisfare durante le varie fasi
della procedura, debbano poi garantire che la scelta del candidato avvenga in
base a criteri obiettivi e che la procedura si svolga rispettando le regole e i
requisiti inizialmente stabiliti (cfr. Corte di giustizia, sentenza 25 aprile
1996, causa C-87/94 Bus Wallons, punto 54). La commissione individua quali
esempi di pratiche contrarie alla parità di trattamento quelle che permettono
l'accettazione di offerte non conformi al capitolato d'oneri o modificate
successivamente alla loro apertura ovvero la presa in considerazione di
soluzioni alternative qualora la possibilità non sia stata prevista dal progetto
iniziale.
La sottoposizione delle concessioni di servizi al principio di non
discriminazione, in particolare in base alla nazionalità, e' stato recentemente
confermato anche dalla giurisprudenza comunitaria, che ha precisato come
l'obbligo di trasparenza a cui sono tenute le amministrazioni consiste nel
garantire, in favore di ogni potenziale offerente, un adeguato livello di
pubblicità che consenta l'apertura degli appalti dei servizi alla concorrenza
nonché il controllo sull'imparzialità delle procedure di aggiudicazione (Corte
di giustizia, sentenza 7 dicembre 2000, causa C-324/98, cit., considerato n.
62).
12) Il principio di trasparenza e' strettamente legato a quello di non
discriminazione poiché garantisce condizioni di concorrenza non falsate ed esige
che le amministrazioni concedenti rendano pubblica, con appropriati mezzi di
pubblicità, la loro intenzione di ricorrere ad una concessione. Secondo le
indicazioni della Commissione europea (cfr. il punto 3.1.2 della comunicazione
interpretativa) tali forme di pubblicità dovranno contenere le informazioni
necessarie affinché potenziali concessionari siano in grado di valutare il loro
interesse a partecipare alla procedura quali l'indicazione dei criteri di
selezione ed attribuzione, l'oggetto della concessione e delle prestazioni
attese dal concessionario. Spetterà poi in particolare ai giudici nazionali
valutare se tali obblighi siano stati osservati attraverso l'adozione di
appropriate regole o prassi amministrative.
Per le concessioni di lavori,
oltre alle indicazioni sopra illustrate, la direttiva n. 93/37/CEE (art. 11)
prevede un regime particolare delle regole di pubblicità che si concretizzano
nell'obbligo per le amministrazioni aggiudicatrici di pubblicare nella Gazzetta
Ufficiale delle Comunità europee un bando di concessione secondo il modello
previsto nella stessa direttiva al fine di aprire tale contratto alla
concorrenza a livello europeo. Una volta adempiute tali pubblicità preliminari,
la direttiva lascia libere le amministrazioni concedenti di scegliere la
procedura più appropriata, compresa la possibilità di esperire una procedura
negoziata, mentre la legislazione nazionale (art.
20, comma 2, legge n. 109 del 1994) prescrive, per l'affidamento delle
concessioni di lavori pubblici, la licitazione privata.
13) Anche il
principio di proporzionalità deve trovare applicazione nella disciplina delle
concessioni: ciò significa, in particolare, che le amministrazioni concedenti
devono adottare provvedimenti necessari ed adeguati in relazione all'obiettivo
evitando di fissare requisiti professionali o finanziari sproporzionati rispetto
all'oggetto della concessione. Il principio trova applicazione anche per il
profilo della durata della concessione che non può eccedere il periodo
necessario per ammortizzare gli investimenti e remunerare i capitali, ferma
restando la permanenza del rischio di gestione sul concessionario come già in
precedenza illustrato (cfr. tribunale di primo grado, sentenza 8 luglio 1999,
causa T-266/97, Vlaamse Televisie Maatschappij NV).
14) Il principio del
mutuo riconoscimento implica per le concessioni che lo Stato nel cui territorio
la prestazione e' fornita deve accettare le specifiche tecniche, i controlli, i
titoli e i certificati prescritti in un altro Stato nella misura in cui questi
siano riconosciuti equivalenti a quelli richiesti dallo Stato membro
destinatario della prestazione.
15) Il principio della tutela dei diritti
fondamentali, rientrante nelle tradizioni comuni agli Stati membri, esige che
eventuali provvedimenti di diniego adottati dalle amministrazioni in sede di
rilascio delle concessioni o di gestione delle procedure all'uopo finalizzate
debbano essere motivate e siano oggetto di ricorsi giurisdizionali da parte di
loro destinatari.
Per quanto riguarda in particolare le concessioni di lavori
l'art. 1 della direttiva n. 89/665/CEE prescrive che qualora le decisioni delle
amministrazioni aggiudicatrici abbiano violato il diritto comunitario in materia
di appalti pubblici o le norme nazionali che recepiscono tale diritto, gli Stati
membri prendano i provvedimenti necessari per garantire che tali decisioni
possano essere oggetto di un ricorso efficace e quanto più rapido
possibile.
16) Tali essendo i principi ricavabili dall'ordinamento
comunitario, questo Dipartimento invita le amministrazioni interessate a
conformarsi alle ricordate prescrizioni in sede di rilascio di provvedimenti
concessori, di gestione delle relative procedure selettive e di adozione degli
eventuali conseguenti provvedimenti di proroga o di rinnovo.
Si ricorda in
particolare che, anche nell'eventualità di concessioni non assoggettate alle
prescrizioni dettate da specifiche direttive o norme interne, la scelta del
concessionario deve di regola essere conseguente a una procedura competitiva e
concorrenziale ispirata ai principi dettati dal trattato istitutivo, in modo da
consentire, anche attraverso idonee forme di pubblicità, la possibilità da parte
delle imprese interessate di esplicare le proprie chances partecipative.
Si
rammenta in proposito che nel sistema comunitario il ricorso alla scelta diretta
del concessionario, in deroga ai principi fin qui esposti, costituisce evenienza
eccezionale, giustificabile solo in caso di specifiche ragioni tecniche ed
economiche che rendano impossibile in termini di razionalità l'individuazione di
un soggetto diverso da quello prescelto. Le stesse considerazioni sono
estensibili all'ipotesi di proroga delle concessioni già rese, essendo nota
l'equiparazione sancita dal diritto comunitario tra il rilascio di nuova
concessione e proroga della concessione in scadenza.
Si segnala
conclusivamente che le inosservanze delle regole comunitarie sopra descritte
potrebbero rendere lo Stato italiano destinatario di procedure di infrazione da
parte dell'Unione europea ed imporre l'attivazione di consequenziali
provvedimenti.
Roma, 1 marzo 2002