Le città giardino

 

Le città moderne presentano accentuati ed in alcuni casi disperati, i problemi sorti con l’industrializzazione. La sostituzione di modelli di vita dinamici rispetto a quelli statici validi sino alla fine del settecento, pone in tragico rilievo l’inadeguatezza delle strutture urbane non previste a suo tempo per le attuali necessità di tipo vario, organizzativo e sociale.

L’urbanistica lascia il campo delle utopie romantiche e diventa scienza verso la fine del 1800; solo agli inizi del ‘900, si pongono le basi dell’urbanistica moderna la quale si trova immediatamente a dover rimediare alle situazioni incongruenti determinate dalla nascita e dal tumultuoso sviluppo dell’industrializzazione. Alla grande città, Olbrich e Hoffmann, contrapponevano il rifugio nella casa individuale, nella città giardino che doveva operare la reciproca compenetrazione città-campagna, condizione per evitare alla prima il soffocamento e alla seconda la depressione economica. Ne nasceva un’architettura che coniuga raffinatezza urbana ed elementi popolari rurali.

Gli scritti di Olbrich si sforzano di esprimere totalmente un ideale che la “città”, la “realtà”, difficilmente appannava.

Ad un analogo mondo ideale partecipava negli stessi anni Josef Hoffmann. All’inizio della sua carriera professionale trovava l’occasione più significativa nella realizzazione del quartiere giardino di Hohe Warte, in un distretto periferico di Vienna, dove anche Olbrich costruì una villa: un microcosmo suburbano destinato soprattutto a intellettuali, scrittori e artisti viennesi, nonché occasione per sperimentare liberamente la sottomissione di ogni cosa alle ragioni esclusive dell’arte.