Palazzo Stoclet

 

Il Palazzo Stoclet è il genere castello, non abitazione, dunque, ma spazio strettamente connesso all’idea di Potere, di ricchezza.

Per la costruzione del suo palazzo, Adolphe Stoclet, che aveva avuto modo nel 1902 di conoscere e apprezzare Hoffmann a Vienna, non badò a spese: non fu usato materiale che non fosse raro o prezioso, né disegnato ambiente che non fosse originale e perfettamente compiuto, né oggetto che non fosse raffinatissimo e inimitabile.

La sua ridotta decorazione classica rendeva un omaggio velato all’estetica simbolistica della Belle Epoque. Il palazzo di Stoclet è essenzialmente atettonico: il sottile rivestimento in marmo bianco, dalle giunture metalliche, possiede, a una scala maggiore tutta la ricercata eleganza artigianale di un oggetto della Wiener Werkstatte.

Caratteristico è il trattamento levitante delle superfici. Lo spessore materico, che Wagner aveva combattuto, viene ora completamente annullato. Hoffmann non ammette che i raccordi murari denuncino la consistenza statica delle masse: in ogni spigolo, in ogni snodo volumetrico, in ogni passaggio tra un rettangolo e l’altro, marca un cordolo bronzeo su cui scivola la vista.

L’atrio costituisce il nucleo centrale dell’organizzazione sia planimetrica che altimetrica di tutta la casa. Lo spazio dell’atrio, è a doppia altezza; al secondo livello un ballatoio-galleria ne contorna il perimetro e ne dilata lo spazio.

È individuabile un asse ortogonale , con la continuità bow window-atrio-terrazzo coperto-giardino, trasversale rispetto a quello lungo il quale si svolgono planimetricamente gli ambienti della casa.

Il senso di freddezza comunicato dalla superficie litoide è addolcito dal dispositivo di illuminazione naturale dell’ambiente, ottenuto grazie ad un bow-window di due piani, coperto a cupola, sul lato prospiciente la strada, e ad ampie aperture verso il terrazzo coperto che guarda sul giardino interno, senza contare la luce che filtra dall’alto.

Bisogna fare altre due osservazioni riguardo l’esterno di palazzo Stoclet, in particolare il modo con cui è risolto il giunto tra copertura e superfici verticali e, infine, il trattamento delle cortine.

Per quel che concerne il primo tema, Hoffmann sembra negare alla copertura la funzione di coronamento dell’edificio, di pesante coperchio, secondo una soluzione che l’aveva già attratto nel caso del Sanatorio, dove però era prevista una copertura piana. E per negare una funzione simbolica o comunque un assetto tradizionale al tetto, Hoffmann non conclude il volume con un cornicione aggettante che inibisca dal basso la vista della copertura; le superfici verticali nel palazzo Stoclet tendono a negare quello che è il loro margine costitutivo, ovverosia l’inizio del tetto.

Il terzo elemento da citare è costituito dai pannelli, di marmo grigio del Belgio, che sono contornati da eleganti cornici di bronzo modellato e che rivestono tutta la facciata. Si possono individuare in questi elementi i cosiddetti Tafelflaschen, letteralmente “pannelli-tavola” o superfici tabulari. Con i Tafelflaschen viene esclusa la funzione portante del muro verticale e, anche figurativamente, si assiste ad un alleggerimento della parete che non presenta più conci in filari sovrapposti o modanature di stucco. Il muro esterno degli edifici diviene semplice tompagnatura e le lastre di facciata divengono puro rivestimento, come nella Postparkasse.

Scrive Seckler: “Un elemento fortemente lineare è introdotto da queste articolate bande metalliche…Rimane la sensazione che i muri non siano stati costruiti in pesante muratura, ma consistano di grandi fogli di materiale sottile, uniti agli angoli da bande metalliche per proteggere gli spigoli.

Queste bande, che scendono dalla sommità della torre delle scale, su cui quattro figure maschili sorreggono una cupola di alloro in stile Secessione, ricordano vagamente le stilizzate modanature di Wagner, e servono, scendendo a cascata sugli angoli, a dare unità all’edificio mediante la continuità delle giunture.