GIUOCHI IN RIVA AL MARE

 

1 - A  MAGNÀ

 

Si prepara un mucchio conico di sabbia alto una spanna, vi si infila in cima verticalmente un’asticella. Fatta la conta, a turno, i partecipanti cominciano a scalzare il mucchietto di sabbia. I primi con manate abbondanti riducono il mucchietto senza prestare troppa attenzione, poi, man mano che il mucchietto si riduce, i ragazzi diventano più prudenti fino ad  adoperare uno stecchino per togliere pochi granelli di sabbia intorno all’asticella verticale. Infatti chi fa cadere  l’asticella deve prenderla con la bocca. Spesso va a finire che qualche birbante dia una spintarella al malcapitato mandandolo col muso nella sabbia: rabbia per lui, grande divertimento per gli altri.

 

2 -  LA CAPANNE

 

La capanna non si può più fare, perché manca la materia prima che proveniva dalle dune di Serapo, dove cresceva l’ailanto, la così detta mazze de Sèrbe, una pianta con tronco alto e diritto, che si spezza facilmente a mano, avendo all’interno un midollo tenero, e con rami che si staccano netti dal tronco come una spina dallo stelo di una rosa. Comunque, mi piace ricordare ugualmente la costruzione della  capanna, perché non si dimentichi come una volta ci si divertiva con poco usando e affilando l’intelligenza, l’abilità, lo spirito d’iniziativa e di collaborazione.

I tronchi maggiori si infilano nel terreno per delimitare il perimetro, i minori si legano trasversalmente, i rametti con le foglie vengono intrecciati  per formare il tetto. Non è che si possa costruire chissà che, ma ai ragazzi basta per potersi infilare là sotto e starsene seduti. La costruzione costa ore di lavoro, ma grande è la soddisfazione di aver creato qualcosa con le proprie mani, usando il materiale fornito da una pianta, neppure adatta ad essere bruciata.

 

 

3 -  LA CHIAMATE

 

Nella stagione estiva i ragazzi passano molte ore al mare: tra un tuffo e l’altro si divertono a correre e a rotolarsi sulla sabbia rovente. Quando formano un bel gruppo, fanno la conta per scegliere chi deve tuffarsi per primo. Una volta in acqua, costui chiama un compagno, che corre a tuffarsi e a sua  volta ne chiama un altro e così di seguito finché non sono tutti in acqua.

 

4 -  LA NAVE

 

I ragazzi vedono in rada le navi della Marina Militare, imparano a distinguerle, ne ricordano i nomi (Giulio Cesare, Andrea Doria, Dante Alighieri) e non si stancano di seguirne le manovre per l’ancoraggio. Si comprende come nei sogni e nei desideri di questi ragazzi ci sia quello di possedere una nave per i propri giuochi. Allora cosa sono capaci di fare? In gruppo se ne costruiscono una tutta particolare, una nave che non naviga, non si muove, ma se ne sta ferma e ben ancorata sul litorale a qualche metro dalla battigia. La costruiscono accatastando delle pietre che ricoprono di sabbia, la circondano con un muricciolo a secco, la difendono dal mare con un frangiflutti e completano l’opera con la passerella di accesso (gliu calandrone). Sulla nave alzano un albero con la bandiera, accendono il fuoco e su una lamiera cuociono cozze, arselle, granchi e mazzoni (ghiozzi). C’è sempre qualcuno che fa la sentinella a gliu calandrone, all’erta perché una banda avversaria non dia un assalto a sorpresa e a spintoni butti giù il muro a secco di recinzione. Sulla nave tutto procede secondo le leggi stabilite e nessuno osa ribellarsi.

 

5 -  LA PIRAMIDE

 

Quattro o cinque ragazzi, immersi nell’acqua fino oltre la cintola, intrecciano le braccia; sulle loro spalle salgono altri tre ragazzi e un altro si arrampica in cima alla piramide. Naturalmente l’equilibrio è precario e presto si finisce tutti in acqua con gran divertimento.

Con il medesimo nome il gioco è ricordato da P.B. Fedele (Minturno, Storia e Folklore, C.A.M., Napoli 1958, pag. 219).

 

6 -  LA VARCUCÈLLE

 

Come il figlio del contadino si costruisce l’asinello con una scopa di saracchio, così quello del pescatore ricava la sua barchetta da un pezzo di sughero. Ma la barchetta non è come la scopa, che bisogna tirarsela dietro con il filo di spago; la barchetta naviga da sola poiché il ragazzo si è preoccupato di attrezzare il pezzo di sughero con albero, vela e timone ed ora  si diverte un mondo a vederla veleggiare. Però deve stare attento a che la varcucèlle non prenda il largo e vada irrimediabilmente perduta.

 

7 -  NDÌ NDÌ CAMPANIEGLIE

 

I ragazzi hanno fatto il bagno e stanno a crogiolarsi al sole, distesi sulla sabbia a pancia in giù. Ecco che uno fa la pipì e dice a voce alta:

 
“Ndì ndì

 

Campanieglie” risponde il più pronto (la tempestività è importante in questo giuoco).

 

Il primo prosegue : “Vicino o lontano ?”

 

L’altro risponde, naturalmente, a caso, ma dalla sua risposta dipende quale dei compagni sarà il bersaglio della palla di sabbia impastata con l’orina, palla che nel frattempo il legittimo proprietario palleggia tra le mani. Egli, dunque, lancerà la palla contro il compagno più vicino se la risposta è stata “lontano” e viceversa.

 

8 -  UÓ DÀ NU PO’ DE PIZZE

 

Sono le bambine le protagoniste del gioco. Quando la riva è battuta dalle onde che si spingono sulla battigia, le bimbe formano una catena, tenendosi sottobraccio, e seguono il salire e lo scendere dell’acqua, muovendosi avanti e indietro e cercando di non farsi sorprendere da un’onda più veloce, che potrebbe bagnarle. Contemporaneamente ripetono cantando in coro:

 

“Uó dà nu po’ de pizze agliu marite mije?”

(Vuoi dare un po’ di pizza al marito mio?)

 

9 -  VÓTECHE E CATÈLLE

 

I ragazzi si dividono in due gruppi e si dispongono alle due murate di una barca, che, come tante altre, è attraccata alla banchina. Con spinte sincrone incominciano a farla rollare sin quasi ad imbarcare acqua. Il gioco è assai divertente e neppure pericoloso, a meno che non sopraggiunga il proprietario, esterrefatto nel vedere trattati in quel modo la sua barca e i suoi attrezzi di cui è oltremodo geloso.