Guido Cavalcanti

Anche se questo è un sito che raccoglie i fatti di tutti gli uomini e le donne della famiglia Cavalcanti, ho scelto di creare questa pagina perché, analizzando le richieste che portano a visitarlo, mi sono accorto che in molti cercano come parola chiave "Guido Cavalcanti". Voglio quindi soddisfare questa ricerca con una piccola antologia di rime di Guido, scritta e recitata, ricavata principalmente dalla trasmissione Mosaico del prof. Guido Davico Bonino, trasmessa da RAI Cultura nel 1999, e integrata da altre letture trovate su altri siti.
Recitano: Giancarlo Dettori, Arnoldo Foà, Luigi Gàggero, Marco Feroci, Marianna Albanese, Salvatore Venuto, Carlo Carlacchiani.
Ascoltare la poesia da una buona lettura la fa amare.

Ringrazio tutti gli artisti delle letture e sono disponibile a inserire approfondimenti sugli stessi o cancellare subito se qualcuno non volesse più comparire nella raccolta.

In coda una raccolta di numerose immagini di Guido.


Guido



Il prof. Guido Davico Bonino introduce Guido Cavalcanti
Da RAI Cultura - Mosaico 1999



 



Giancarlo Dettori recita
Veder poteste, quando v'inscontrai
Sonetto - Salvato dalla morte da uno sguardo gratificante.




Giovanna
        

Veder poteste, quando v’inscontrai,
   quel pauroso spirito d’amore
   lo qual sòl apparir quand’ om si more,
   e ’n altra guisa non si vede mai.

Elli mi fu sì presso, ch’i’ pensai
   ch’ell’ uccidesse lo dolente core:
   allor si mise nel morto colore
   l’anima trista per voler trar guai;

ma po’ sostenne, quando vide uscire
   degli occhi vostri un lume di merzede,
   che porse dentr’ al cor nova dolcezza;

e quel sottile spirito che vede
   soccorse gli altri, che credean morire,
   gravati d’angosciosa debolezza.






Giancarlo Dettori recita

Fresca rosa novella
Ballata - Dedicata a Giovanna-Primavera.



Fresca rosa novella,
    piacente Primavera,
    per prata e per rivera
    gaiamente cantando,
    vostro fin presio mando — a la verdura.

Lo vostro presio fino
    in gio’ si rinovelli
    da grandi e da zitelli
    per ciascuno cammino:
    e cantine gli augelli
    ciascuno in suo latino
    da sera e da mattino
    su li verdi arbuscelli.
    Tutto lo mondo canti,
    poi che lo tempo vene,
    sì come si convene,
    vostr’altezza presiata,
    chè siete angelicata — cr
ïatura.

Angelica sembrianza
    in voi, Donna, riposa;
    [Dio] quanto avventurosa
    fu la mia disianza!
    Vostra cera gioiosa,
    poi che passa e avanza
    natura e costumanza,
    ben è mirabil cosa.
    Fra lor le donne dea
    vi chiaman come siete!
    Tanto adorna parete
    ch’io non saccio contare:
    e chi poría pensare — oltr’a natura?

Oltra natura umana
    vostra fina piacenza
    fece Dio per essenza,
    che voi foste sovrana:
    perchè vostra parvenza
    ver me non sia lontana,
    or non mi sia villana
    la dolce provedenza.
    E se vi pare oltraggio
    ch’ad amarvi sia dato,
    non sia da voi blasmato:
    che solo Amor mi sforza,
    contra cui non val forza — nè misura.





Giovanna



Giancarlo Dettori recita
Avete 'n vo' li fior' e la verdura
Sonetto - La bellezza paragonata alla natura.




        

Avete ’n vo’ li fior’ e la verdura
   e ciò che luce od è bello a vedere;
   risplende più che sol vostra figura:
   chi vo’ non vede, ma’ non pò valere.

In questo mondo non ha creatura
   s’ piena di bieltà né di piacere;
   e chi d’amor si teme, lu’ assicura
   vostro bel vis’ a tanto ’n sé volere.

Le donne che vi fanno compagnia
   assa’ mi piaccion per lo vostro amore;
   ed i’ le prego per lor cortesia

che qual più può più vi faccia onore
   ed aggia cara vostra segnoria,
   perché di tutte siete la migliore.





Giancarlo Dettori recita
In un boschetto trova' pasturella
Ballata in endecasillabi - Divertimento poetico con tema caro alla poesia provenzale.



In un boschetto trova’ pasturella
   più che la stella – bella, al mi’ parere.

Cavelli avea biondetti e ricciutelli,
   e gli occhi pien’ d’amor, cera rosata;
   con sua verghetta pasturav’ agnelli;
   [di]scalza, di rugiada era bagnata;
   cantava come fosse ’namorata:
   er’ adornata – di tutto piacere.

D’amor la saluta’ imantenente
   e domandai s’avesse compagnia;
   ed ella mi rispose dolzemente
   che sola sola per lo bosco gia,
   e disse: «Sacci, quando l’augel pia,
   allor disïa – ’l me’ cor drudo avere».

Po’ che mi disse di sua condizione
   e per lo bosco augelli audìo cantare,
   fra me stesso diss’ i’: «Or è stagione
   di questa pasturella gio’ pigliare».
   Merzé le chiesi sol che di basciare
   ed abracciar, – se le fosse ’n volere.

Per man mi prese, d’amorosa voglia,
   e disse che donato m’avea ’l core;
   menòmmi sott’ una freschetta foglia,
   là dov’i’ vidi fior’ d’ogni colore;
   e tanto vi sentìo gioia e dolzore,
   che ’l die d’amore – mi parea vedere.





Pastorella


Giancarlo Dettori recita
Una giovane donna di Tolosa
Sonetto - Colpito in un incontro con una giovane.


  

Tolosa2
        

Una giovane donna di Tolosa,
   bell’ e gentil, d’onestà leggiadra,
   tanto è diritta e simigliante cosa,
   ne’ suoi dolci occhi, de la donna mia,

ch’è fatta dentro al cor desiderosa
   l’anima in guisa, che da lui si svia
   e vanne a lei; ma tant’è paurosa,
   che non le dice di qual donna sia.

Quella la mira nel su’ dolce sguardo,
   ne lo qual face rallegrar amore,
   perchè v’è dentro la sua donna dritta,

poi torna piena di sospir nel core,
   ferita a morte d’un tagliente dardo
   che questa donna nel partir li gitta.


 Giancarlo Dettori è attore di prosa, televisione e cinema, oltre ad avere avuto svariate esperienze di conduttore radiofonico ed anche protagonista di diverse commedie e radiodrammi Rai.


Arnoldo Foà recita
Perch'i' no spero di tornar giammai
Ballata - Melanconia per la lontananza da Firenze.



Perch’i’ no spero di tornar giammai,
   ballatetta, in Toscana,
   va’ tu, leggera e piana,
   dritt’a la donna mia,
   che per sua cortesia
   ti farà molto onore.

Tu porterai novelle di sospiri
   piene di dogli’ e di molta paura;
   ma guarda che persona non ti miri
   che sia nemica di gentil natura:
   ché certo per la mia disaventura
   tu saresti contesa,
   tanto da lei ripresa
   che mi sarebbe angoscia;
   dopo la morte, poscia,
   pianto e novel dolore.

Tu senti, ballatetta, che la morte
   mi stringe sì, che vita m’abbandona;
   e senti come ’l cor si sbatte forte
   per quel che ciascun spirito ragiona.
   Tanto è distrutta già la mia persona,
   ch’i’ non posso soffrire:
   se tu mi vuoi servire,
   mena l’anima teco
   (molto di ciò ti preco)
   quando uscirà del core.

Deh, ballatetta, a la tu’ amistate
   quest’anima che trema raccomando:
   menala teco, nella sua pietate,
   a quella bella donna a cu’ ti mando.
   Deh, ballatetta, dille sospirando,
   quando le se’ presente:
   «Questa vostra servente
   vien per istar con vui,
   partita da colui
   che fu servo d’Amore».

Tu, voce sbigottita e deboletta
   ch’esci piangendo de lo cor dolente,
   coll’anima e con questa ballatetta
   va’ ragionando della strutta mente.
   Voi troverete una donna piacente,
   di sì dolce intelletto
   che vi sarà diletto
   davanti starle ognora.
   Anim’, e tu l’adora
   sempre, nel su’ valore.





Giovane


Marco Feroci recita
Chi è questa che vèn ch'ogn'om la mira
Sonetto - Mostra la ineffabilità, l'incapacità del poeta di descrivere la bellezza.

  

Simonetta2
        

Chi è questa che vèn, ch’ogn’om la mira,
   che fa tremar di chiaritate l’âre
   e mena seco Amor, sì che parlare
   null’omo pote, ma ciascun sospira?

O Deo, che sembra quando li occhi gira!
   Dical’ Amor, ch’i’ nol savria contare:
   cotanto d’umiltà donna mi pare,
   ch’ogn’altra ver’ di lei i’ la chiam’ira.

Non si poria contar la sua piagenza,
   ch’a le’ s’inchin’ ogni gentil vertute,
   e la Beltate per sua dea la mostra.

Non fu sì alta già la mente nostra
   e non si pose ‘n noi tanta salute,
   che propiamente n’aviàn canoscenza-




da www.poesiainvoce.it
Recita ...
Voi che per gli occhi mi passaste 'l core
Sonetto - Il cuore devastato da un dardo entrato dalla vista della donna.



Voi che per li occhi mi passaste ’l core
   e destaste la mente che dormia,
   guardate a l’angosciosa vita mia,
   che sospirando la distrugge Amore.

E’ vèn tagliando di sì gran valore,
   che’ deboletti spiriti van via:
   riman figura sol en segnoria
   e voce alquanta, che parla dolore.

Questa vertù d’amor che m’ha disfatto
   da’ vostr’ occhi gentil’ presta si mosse:
   un dardo mi gittò dentro dal fianco.

Sì giunse ritto ’l colpo al primo tratto,
   che l’anima tremando si riscosse
   veggendo morto ’l cor nel lato manco


Simonetta


Da Teatro di Calabria Digitalpoiesis"Amore e disincanto"
Mariarita Albanese recita
I' vegno il giorno a te infinite volte
Sonetto - Guido sferza Dante che dice invilito da gente non degna.

  

Simonetta2
        

I’ vegno il giorno a te infinite volte
   e trovoti pensar troppo vilmente:
   molto mi dol de la gentil tua mente
   e d’assai tue vertù che ti son tolte.

Solevanti spiacer persone molte,
   tuttor fuggivi l’annoiosa gente;
   di me parlavi sì coralmente,
   che tutte le tue rime avie ricolte.

Or non ardisco per la vil tua vita
   far mostramento che tuo dir mi piaccia,
   né in guisa vegno a te che tu mi veggi.

Se ’l presente sonetto spesso leggi,
   lo spirito noioso che t’incaccia
   si partirà da l’anima invilita.




Da Teatro di Calabria Digitalpoiesis"Amore e disincanto"
Salvatore Venuto recita
La forte nova mia disavventura
Ballata - Una disavventura crudele ha distrutto nel mio cuore ogni pensiero d'amore.



La forte nova mia disaventura
   m’ha desfatto nel core
   onni dolce penser, ch’i’ avea, d’Amore.

Disfatta m’ha già tanto de la vita,
   chè la gentil piacevol donna mia
   dall’anima destrutta s’è partita,
   sì ch’i’ non veggio là dov’ella sia.
   Non è rimaso in me tanta balìa,
   ch’io de lo su’ valore
   possa comprender nella mente fiore.

Vèn, che m’uccide, un[o] sottil pensero,
   che par che dica ch’i’ mai no la veggia:
   questo [è] tormento disperato e fero,
   che strugg’ e dole e ’ncende ed amareggia.
   Trovar non posso a cui pietate cheggia,
   mercé di quel signore
   che gira la fortuna del dolore.

Pieno d’angoscia, in loco di paura,
   lo spirito del cor dolente giace
   per la Fortuna che di me non cura,
   c’ha volta Morte dove assai mi spiace,
   e da speranza, ch’è stata fallace,
   nel tempo ch’e’ si more
   m’ha fatto perder dilettevole ore.

Parole mie disfatt’ e paurose,
   là dove piace a voi di gire andate;
   ma sempre sospirando e vergognose
   lo nome de la mia donna chiamate.
   Io pur rimagno in tant’ aversitate
   che, qual mira de fòre,
   vede la Morte sotto al meo colore.


Disavventura


Da Teatro di Calabria Digitalpoiesis"Amore e disincanto"
Mariarita Albanese recita
Biltà di donna e di saccente core
Sonetto - La bellezza, il valore e il coraggio della mia donna supera qualsiasi cosa bella.

  

Simonetta2
        

Biltà di donna e di saccente core
   e cavalieri armati che sien genti;
   cantar d'augilli e ragionar d'amore;
   adorni legni 'n mar forte correnti;

aria serena quand' apar l'albore
   e bianca neve scender senza venti;
   rivera d'acqua e prato d'ogni fiore;
   oro, argento, azzuro 'n ornamenti:

ciò passa la beltate e la valenza
   de la mia donna e 'l su' gentil coraggio,
   s' che rasembra vile a chi ciò guarda;

e tanto più d'ogn' altr' ha canoscenza,
   quanto lo ciel de la terra è maggio.
   A simil di natura ben non tarda.



Luigi Gaggero recita
Una figura della Donna mia
Sonetto indirizzato a Guido Orlandi.
La miracolosa immagine della Donna di Or San Michele suscita l'invidia dei Frati



Una figura della Donna mia
   s’adora, Guido, a San Michele in Orto,
   che di belle sembianze, onesta e pia.
   De’ peccatori è gran refugio e porto,

e qual con devozion Lei s’umilìa,
   che più languisce, più n’ha di conforto;
   l'infermi sana e' demon caccia via,
   e gli occhi orbati fa vedere scorto.

Sana 'n pubblico loco gran languori;
    con reverenza la gente la 'nchina,
    d[i] luminara l’adornan di fòri.

La voce va per lontana camina,
    ma dicon ch’è idolatra i Fra Minori,
    per invidia che non è lor vicina.


Madonna San Michele all'Orto


Luigi Gaggero recita
Era in penser d'Amor quand' i' trovai
Ballata in endecasillabi e settenari.
Due ragazze incontrate aiutano Guido a ricordare la sua Mandetta a Tolosa.

  

Le foresette
        

Era in penser d’amor quand’ i’ trovai
   due foresette nove.
   L’una cantava: «E’ piove
   gioco d’amore in noi».

Era la vista lor tanto soave
   e tanto queta, cortese e umìle,
   ch’i’ dissi lor: «Vo’ portate la chiave
   di ciascuna vertù alta e gentile.
   Deh, foresette, no m’abbiate a vile
   per lo colpo ch’io porto;
   questo cor mi fue morto
   poi che ’n Tolosa fui.»

Elle con gli occhi lor si volser tanto
   che vider come ’l cor era ferito
   e come un spiritel nato di pianto
   era per mezzo de lo colpo uscito.
   Poi che mi vider cos’ sbigottito,
   disse l’una, che rise:
   «Guarda come conquise
   forza d’amor costui!»

L’altra, pietosa, piena di mercede,
   fatta di gioco in figura d’amore,
   disse: «’L tuo colpo, che nel cor si vede,
   fu tratto d’occhi di troppo valore,
   che dentro vi lasciaro uno splendore
   ch’i’ nol posso mirare.
   Dimmi se ricordare
   di quegli occhi ti puoi».

Alla dura questione e paurosa
   la qual mi fece questa foresetta,
   i’ dissi: «E’ mi ricorda che ’n Tolosa
   donna m’apparve, accordellata istretta,
   Amor la qual chiamava la Mandetta;
   giunse sì presta e forte,
   che fin dentro, a la morte,
   mi colpîr gli occhi suoi».

Molto cortesemente mi rispuose
   quella che di me prima avëa riso.
   Disse: «La donna che nel cor ti pose
   co la forza d’amor tutto ’l su’ viso,
   dentro per li occhi ti mirò sì fiso,
   ch’Amor fece apparire.
   Se t’è greve ’l soffrire,
   raccomàndati a lui».

Vanne a Tolosa, ballatetta mia,
   ed entra quetamente a la Dorata,
   ed ivi chiama che per cortesia
   d’alcuna bella donna sie menata
   dinanzi a quella di cui t’ho pregata;
   e s’ella ti riceve,
   dille con voce leve:
   «Per merzé vegno a voi».


Luigi Gaggero recita
Donna me prega, per ch'eo voglio dire
Ballata dalla elaboratissima metrica con rime anche all'interno degli endecasillabi.
Manifesto filosofico nel quale l'autore spiega il suo concetto "d'un accidente ch'è chiamato Amore".



Donna me prega, - per ch'eo voglio dire
   d'un accidente, - che sovente - è fero
   ed è si altero - ch'è chiamato Amore:
   sì chi lo nega - possa 'l ver sentire!
   Ed a presente - conoscente - chero,
   perch'io no spero - ch'om di basso core
   a tal ragione porti canoscenza:
   ché senza - natural dimostramento
   non ho talento - di voler provare
   là dove posa, e chi lo fa creare,
   e qual sia sua vertute e sua potenza,
   l'essenza - poi e ciascun suo movimento,
   e 'l piacimento - che 'l fa dire amare,
   e s'omo per veder lo pò mostrare.

In quella parte - dove sta memora
   prende suo stato, - sì formato, - come
   diaffan da lume, - d'una scuritate
   la qual da Marte - vène, e fa demora;
   elli è creato - ed ha sensato - nome,
   d'alma costume - e di cor volontate.
   Vèn da veduta forma che s'intende,
   che prende - nel possibile intelletto,
   come in subietto, - loco e dimoranza.
   In quella parte mai non ha posanza
   perché da qualitate non descende:
   resplende - in sé perpetual effetto;
   non ha diletto - ma consideranza;
   sì che non pote largir simiglianza.

Non è vertute, - ma da quella vène
   ch'è perfezione - (ché si pone - tale),
   non razionale, - ma che sente, dico;
   for di salute - giudicar mantene,
   ch la 'ntenzione - per ragione - vale:
   discerne male - in cui è vizio amico.
   Di sua potenza segue spesso morte,
   se forte - la vertù fosse impedita,
   la quale aita - la contraria via:
   non perché oppost' a naturale sia;
   ma quanto che da buon perfetto tort'è
   per sorte, - non pò dire om ch'aggia vita,
   ché stabilita - non ha segnoria.
   A simil pò valer quand'om l'oblia.
    
L'essere è quando - lo voler è tanto
   ch'oltra misura - di natura - torna,
   poi non s'adorna - di riposo mai.
   Move, cangiando - color, riso in pianto,
   e la figura - co paura - storna;
   poco soggiorna; - ancor di lui vedrai
   che 'n gente di valor lo più si trova.
   La nova- qualità move sospiri,
   e vol ch'om miri - 'n non formato loco,
   destandos' ira la qual manda foco
   (Imaginar nol pote om che nol prova),
   né mova - già però ch'a lui si tiri,
   e non si giri - per trovarvi gioco:
   né cert'ha mente gran saver né poco.

De simil tragge - complessione sguardo
   che fa parere - lo piacere - certo.
   Non pò coverto - star, quand’ è sì giunto.
   Non già selvagge - le bieltà son dardo,
   che tal volere - per temere - è sperto.
   Consiegue merto - spirito ch’è punto!
   E non si pò conoscer per lo viso
   compriso - bianco in tale obietto cade;
   e, chi ben aude, - forma non si vede:
   dunqu’elli meno, che da lei procede.
   For di colore, d’essere diviso,
   assiso - in mezzo scuro, luce rade.
   For d’ogne fraude - dico, degno in fede,
   che solo di costui nasce mercede!

Tu puoi sicuramente gir, canzone,
   là ’ve ti piace, ch’io t’ho sì adornata
   ch’assai laudata - sarà tua ragione
   da le persone - ch’hanno intendimento.
   Di star con l’altre tu non hai talento.


Madonna San Michele all'Orto

Luigi Gàggero è un artista poliedrico; percussionista, direttore d'orchestra e docente accademico italiano che ha lavorato a livello internazionale. È il direttore principale della Kyiv Symphony Orchestra.
Sono disponibili su Youtube molte altre sue letture delle rime di Guido Cavalcanti.


Carlo Carlacchiani recita
Li miei folli occhi, che prima guardaro
Sonetto dedicato a Giovanna, “monna Vanna”, sua musa ispiratrice.
Il cuore raggiunto, attraverso gli occhi, dalla figura della Donna, lo rende schiavo d'Amore.

  

Giovanna
        

Li mie foll’occhi, che prima guardaro
     vostra figura piena di valore,
     fuor quei che di voi, donna, m’acusaro
     nel fero loco, ove ten corte Amore,

e mantinente avanti lui mostraro
     ch’io era fatto vostro servidore;
     per che sospiri e dolor mi pigliaro,
     vedendo che temenza avea lo core.

Menarmi tosto sanza riposanza
     in una parte, là ’v’i’ trovai gente
     che ciascun si doleva d’Amor forte.

Quando mi vider, tutti con pietanza
     dissermi: «fatto se’ di tal servente
     che mai non dei sperare altro che morte».



Carlo Carlacchiani recita
Tu m’hai sì piena di dolor la mente
Sonetto
L'amore ha disfatto il poeta che procede "come colui ch’è fuor di vita".



Tu m’hai sì piena di dolor la mente,
    che l’anima si briga di partire,
    e li sospir’ che manda ‘l cor dolente
    mostrano agli occhi che non può soffrire.

Amor, che lo tuo grande valor sente,
    dice: “E’ mi duol che ti convien morire
    per questa fiera donna, che nïente
    par che piatate di te voglia udire”.

I’ vo come colui ch’è fuor di vita,
    che pare, a chi lo sguarda, ch’omo sia
    fatto di rame o di pietra o di legno,

che si conduca sol per maestria
    e porti ne lo core una ferita
    che sia, com’egli è morto, aperto segno.


Donna Fiorentina 1300

Carlo Carlacchiani è attore e artista poliedrico. Nato a Macerata nel 1959, oltre che attore è anche regista, doppiatore e poeta.
Sono disponibili su Youtube molte altre sue letture di vari poeti.




Raccolta delle principali immagini di Guido


Cristofano dell'Altissimo
anno 1552
Firenze - Galleria degli Uffizi
L'opera fa parte dei 280 ritratti di personaggi famosi della collezione di Paolo Giovio a Como che l'autore copiò per Cosimo I.

Guido Cavalcanti Uffizi



Guido Cavalcanti Ambrosiana
Opera attribuita a Antonio Maria Crespi
anni 1613-1621
Milano - Biblioteca Ambrosiana



 Giovanni Masoni
anno 1761
Serie di ritratti d'uomini illustri toscani

Guido Cavalcanti Ambrosiana



Guido Cavalcanti Ambrosiana
Da "Rime di Guido Cavalcanti
edite e inedite"
di Antonio Cicciaporci
anno 1831




Dal Web
Guido Cavalcanti



Guido Cavalcanti e Dante
Particolare rielaborato tratto
da Giorgio Vasari
"Sei poeti Toscani"
1544



Dal Web
Guido Cavalcanti Poeta italiano



Guido Cavalcanti Poeta italiano
Guido Cavalcanti
Negli albori del Dolce Stil Novo



Particolare da
"Rime di Guido Cavalcanti
edite e inedite"
di Antonio Cicciaporci
anno 1831

Guido Cavalcanti Poeta italiano



Guido Cavalcanti Poeta italiano
Luigi Vannucchi nel ruolo
di Guido Cavalcanti
da "La vita di Dante"
sceneggiato RAI
1965



da Guido Cavalcanti
di Almerico Ribera
1911

Guido Cavalcanti Almeric Ribera



Guido Cavalcanti Almeric Ribera
Giorgio Vasari
"Sei poeti Toscani"
1544



Romano Reggini nel ruolo
di Guido Cavalcanti
da "Dante"
Film di Pupo Avati
2022


Guido Cavalcanti Almeric Ribera
Guido Cavalcanti Almeric Ribera
Medaglia
Guido Cavalcanti
dal Web







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