L'avventura di Jigoro
Kano
L'origine delle arti
marziali si perde nella notte dei tempi ma il loro sensazionale sviluppo
in Asia si ebbe grazie alla fusione con i principi del buddismo indiano
e del taoismo cinese. La tradizione ci rimanda a BODHIDHARMA (Ta-Mo
in cinese, Daruma in giapponese), monaco indiano che nel 520 d.c.
andò in Cina per diffondere il buddismo.
Soggiornò molti anni nel monastero di SHAOLIN (Shorinji in
giapponese), il cui nome significava "giovane foresta", ai
piedi dei monti Sung-Shan, nella provincia di Honan. Qui
fondò una scuola impostata sulla meditazione: Dhyana in
sanscrito, Chan in cinese, Zen in giapponese. Viste le non
buone condizioni fisiche dei monaci, insegnò loro degli esercizi di
respirazione e di ginnastica e, secondo la leggenda, anche delle
tecniche di combattimento a mani nude, che col tempo furono arricchite e
perfezionate sotto la generica denominazione di WUSHU, ossia
"arti marziali" (bujitsu in giapponese).
I tantissimi stili di wushu si sono sviluppati lungo due direttrici.
La prima prende il nome di WEI-CHIA e comprende gli stili
"esteriori" o "duri" di lotta, che si fondano
sull'uso della forza in linea retta.
La seconda direttrice è la NEI-CHIA e comprende gli stili
"interiori" o "morbidi", che sviluppano il concetto
di WU-WEI, solitamente tradotto con "non azione", ma
sarebbe meglio dire "non ingerenza": rappresenta la capacità
di dominare le circostanze senza opporvisi, arrivando a sconfiggere un
avversario cedendo apparentemente al suo assalto per neutralizzarlo con
movimenti circolari e rivolgere contro di lui la sua stessa forza.
Gli stili duri, che facevano capo al tempio buddista di Shaolin,
a Okinawa generarono il KARATE,
diffuso in Giappone da GICHIN FUNAKOSHI (1868-1957).
Gli stili morbidi, che facevano capo al tempio taoista di wutang,
in Giappone generarono il JU-JUTSU,
da cui sono derivati il JUDO di JIGORO
KANO (1860-1938) e l'
AIKIDO di MORIHEI UESHIBA 1883-1969).
Il NIHON SHOKI o NIHONJI (cronaca del Giappone, compilata
nel 720 d.c.) riferisce che già nel 230 a.c. ebbero luogo
pubbliche competizioni di forza, che servivano anche a selezionare gli
uomini più vigorosi, destinati alla guardia imperiale o alla formazione
di corpi speciali.
Il più famoso incontro di lotta che si ricordi fu quello combattuto
davanti all'imperatore Suinin (29 a.c.-70 d.c.) da Taima-no-Kuyehaya
e Nomi-no-Sukune, che uccise l'avversario spezzandogli la
schiena. Il vincitore ricevette onori e ricchezze, nonchè l'incarico di
regolamentare il suo efficacissimo metodo di lotta per renderlo meno
pericoloso.
Nomi-no-Sukune selezionò allora 48 colpi (12 riguardavano la
testa, 12 il tronco, 12 le mani e 12 le gambe) e chiamò SUMO il
nuovo stile.
Da una forma di combattimento primitivo e cruento (chikara-kurabe),
il sumo progredì verso una forma di addestramento militare, fino
a divenire un vero e proprio rito durante le raffinate epoche Nara
ed Heian, imbevute di cultura cinese: l'imperatore Shomu (724-740),
infatti, lo incluse tra i giochi della Festa di Ringraziamento per il
raccolto.
L'importanza del sumo fu veramente grande, visto che nell'858 Korehito
e Koretaka, figli dell'imperatore Montoku, arrivarono a
disputarsi il trono con un incontro di lotta tra i loro campioni Yoshiro
e Natora.
I primi lottatori professionisti si esibirono a Edo nel 1623.
Nonostante qualche dimostrazione all'estero, il sumo ha sempre avuto un
carattere esclusivamente nazionale ed ancora oggi gli incontri si
svolgono secondo l'antico cerimoniale, compreso il propiziatorio lancio
di sale sulla pedana.
Dal Giappone si è invece diffuso in tutto il mondo il Ju-jutsu,
o "arte della flessibilità" le cui origini si perdono nelle
leggende. La più nota racconta che intorno alla metà del '500
un medico di Nagasaki, SHIROBEI AKIYAMA, si recò in Cina
per approfondire le sue cognizioni sui metodi di rianimazione, che
presupponevano una perfetta conoscenza dei punti vitali del corpo umano.
Akiyama, uomo di moltiforme ingegno, approfittò del soggiorno
nel continente per studiare anche il taoismo e le arti marziali cinesi.
Tornato in patria, durante un periodo di meditazione notò che i rami più
robusti degli alberi si spezzavano sotto il peso della neve, mentre
quelli di un salice si piegavano flessuosi fino a scrollarsi del peso,
per riprendere poi la posizione senza aver subito danni. Applicando alle
tecniche di lotte apprese in Cina le considerazioni maturate sulla
cedevolezza o "non resistenza", fondò la scuola YOSHIN
(del "cuore di salice").
Non è questa la sede per trattare del taoismo, ma va evidenziato che
alla sua base stanno i due principi complementari e contrapposti YANG
e YIN, l'aspetto positivo e negativo dell'universo: nessuno dei
due può esistere senza l'altro. Nel mondo tutto è in perpetua
mutazione tra questi due poli attraverso combinazioni dinamiche. Lo yang
rappresenta la durezza e l'attacco, lo yin la morbidezza e la
difesa.
Dal TAO-TE-CHING, il testo cinese attribuito a Lao-tzu, mi
preme citare alcune massime di grande importanza per il nostro studio:
-Il più cedevole nel
mondo/Vince il più duro.
-L'uomo nasce debole e delicato/Muore rigido e duro[...]/Così: rigido e
robusto sono i modi della morte/Debole e flessibile sono i modi della
vita.
-La massima del buon combattente è:/Assecondare per mantenere
l'iniziativa [...]/Vince colui che lascia.
Le molte scuole di
ju-jutsu, pur con diverse sfumature, fecero proprio questo fondamentale
concetto, che rivoluzionò la maniera di lottare: la morbidezza può
vincere la forza. Va inoltre sottolineato che "ai livelli più alti
delle arti marziali, il punto più importante di tutte queste strategie
sta nello sviluppare una sensibilità intuitiva verso le leggi
dell'universo. Lo scopo più profondo non è semplicemente sconfiggere
gli avversari, ma giungere al "modo" ("Do" o
"Tao"), che è il modo in cui funziona l'universo"
(Payne). Il ju-jutsu si sviluppò sotto nomi diversi a seconda
del gruppo di tecniche che si preferiva approfondire (proiezioni,
immobilizzazioni, percussioni, ecc.), raggiungendo il massimo splendore
durante il lungo periodo di pace instaurato da Ieyasu Tokugawa
dopo la battaglia di Segikahara (1603) e la conquista del
castello di Osaka (1615).
La fine delle guerre civili che avevano insanguinato il Giappone dal XII
secolo, interrotte soltanto per respingere le invasioni mongole di Kublai
Khan, lasciò disoccupati migliaia di SAMURAI, che divennero
perciò RONIN ("uomini onda", ossia guerrieri senza
padrone).
Molti di loro pensarono quindi di mettere a frutto quanto avevano
appreso sui campi di battaglia, raccogliendo e perfezionando le tecniche
di combattimento senz'armi ereditate dal passato. e mentre in precedenza
esistevano solo scuole private ad uso dei grandi clan, ognuno dei quali
elaborava e tramandava al suo interno colpi di particolare efficacia,
sorsero allora scuole di bujitsu (arti marziali) aperte a tutti.
L'uso strategico del corpo umano raggiunse livelli sbalorditivi di
efficenza. Due secoli e mezzo di pace durante lo shogunato Tokugawa
furono possibili grazie a un rigoroso controllo verticistico che tendeva
al mantenimento dell'ordine. Divennero difficoltosi i contatti
all'interno e furono decisamente vietati quelli con l'esterno, pena la
morte, relegando il paese fuori dalla storia. Intorno alla metà del XIX
secolo, però, alla ricerca di nuovi mercati commerciali, le grandi
potenze decisero di porre fine all'isolamento nipponico. L'8 luglio
1853 il commodoro statunitense Matthew Calbraith Perry giunse
nella baia di Uraga con le sue celebri quattro "navi
nere", chiedendo a nome del presidente Fillmore l'apetrura del
Giappone al mondo occidentale. In seguito ai temporeggiamenti nipponici,
Perry tornò nel febbraio 1854 con otto navi, facendo chiaramente
intendere che non avrebbe tollerato il rifiuto. Al trattato di Kanagawa
con gli USA seguirono ben presto quelli con la Gran Bretagna e Russia,
gettando nello sconforto quanti avrebbero preferito morire combattendo
contro un nemico meglio armato che sottostare a un umiliante cedimento.
I contrasti tra "falchi" e "colombe" si acuirono via
via fino a spaccare il paese. Ne conseguì inevitabilmente una
sanguinosa reazione a catena, culminata nel 1868 con la fine del BAKAFU
(shogunato) Tokugawa e con la "restaurazione Meiji":
dopo sette secoli il potere politico dalle mani dello shogun tornava in
quelle dell'imperatore. Il giovane Mutsuhito, 122° esponente
della dinastia, trasferì la capitale da Kyoto (ove risiedeva dal
794) a Edo, che chiamò Tokyo, ossia "capitale
dell'est", inaugurando l'era Meiji, di "governo
illuminato".
Nei primi anni dell'era Meiji (1868-1912), sotto l'infatuazione
per la civiltà e i costumi occidentali, il bujitsu subì una rapida
decadenza (anche per l'enorme diffusione delle armi da fuoco) e non
pochi esperti, rimasti senza allievi, per sopravvivere in una società
profondamente mutata dovettero esibirsi a pagamento in squallidi locali
o finirono nella malavita. I maestri non tramandavano più il loro
sapere, portandosi nella tomba i segreti del RYU (scuola): un
grande patrimonio di nobili tradizioni stava per scomparire.
Cadono le espressioni proprie di un popolo antico. E il
Ju-Jitsu non ha più ragione d'essere; i suoi migliori maestri perdono le
sovvenzioni dei ricchi clan e si riversano a fare concorrenza ai "civili".
Questi ultimi non ce la fanno più a campare e vivono di artifici, di pratiche
mediche, talvolta di malefatte. Il buon nome del Bujitsu ne soffre e le classi
agiate lo guardano male, come una disciplina diseducativa. Da una famiglia di
commercianti, che si sta facendo una posizione economica, nasce a Mikage nel
1860, Jigoro Kano. Inviato a studiare a Tokyo, in una scuola moderna, si vede
mescolato ai figli della ex nobiltà terriera e soffre, debole e mingherlino
com'è, della brutalità della tradizione di altri tempi. Avendo inteso parlare di
una tecnica per cui il piccolo poteva battere il più forte, se ne interessa, ma
trova la forte opposizione degli amici di famiglia che lo ospitano. Non appena
l'età glielo consente si rende autonomo e studia Tenshin Shin yo-ryu con
Hachinosuke Fukuda e Masamoto Iso (a questa scuola il judo moderno deve l'atemi-waza e il
katame-waza). Morti questi due Maestri si lega a Tsunetoshi
Ikubo di Kito-ryu, la cui personalità è affascinante, essendo un generale dello
sconfitto shogun, dapprima esiliato e poi tornato a Tokyo dove ha trovato un
modesto impiego presso il nascente ministero delle poste e delle ferrovie. Non è
quindi un maestro professionista ma una persona di reale esperienza e di grande
cultura. Proprio per apprenderne il sapere Kano affitta un'altra stanzetta nel
tempio di Eisho in cui abitava e la attrezza per praticare su un tatami di 6
metri per 4. Questa è riportata come la nascita del Kodokan (1882). Si tratta in
realtà di un modesto luogo dove Ikubo si reca ad insegnare Kito-ryu a Kano, al
suo fedele maggiordomo Tsunegiro Tomita e, per necessità di cose, a qualcuno
degli studenti a cui Kano dava ripetizioni o ad ospiti occasionali. Il primo
anno la palestra del tempio di Eisho ha 8 iscritti.
Il Judo
Kodokan
Un dipinto su legno che raffigura il primo
Kodokan
A Kano non interessa ormai più
imparare a difendersi. Ikubo gli ha fatto balenare l'idea che il Ju-Jitsu,
modernamente inteso, può divenire una disciplina educativa che il Giappone può
offrire al mondo intero. Lungi dal misurarsi con i forzuti e pericolosi campioni
di altre scuole, Kano le batte con le conferenze, con le amicizie strategiche,
con ideali proponibili al Giappone moderno. In particolare cambia il suffisso
"jitsu" in "do", il vocabolo "tecnica" essendosi tinto dell'ideologia del clan
feudale, mentre la "via" ripropone l'ascesi taoista o buddista, individuale.Un
altro dei punti di forza della sua idea è la codificazione sportiva, con un
regolamento che, pur limitante nei confronti dell'Arte, permette ad ogni
scuola di confrontarsi. E questa è una geniale intuizione sul futuro del paese,
tanto che tutte le altre arti di combattimento che vogliono sopravvivere sono
costrette ad adottare le idee del signor Kano. Da una parte egli è il primo a
capire che nel Giappone moderno occorre unificare la pratica di una disciplina;
così come 300 anni prima i clan si erano riuniti in una nazione, altrettanto
devono fare le scuole di Ju-Jitsu. Questa intuizione farà sì che, organizzandosi
il Comitato Olimpico Mondiale attorno al '900, Kano ne venga eletto
rappresentante del Giappone, carica che terrà fino alla morte (1938). D'altro
canto la parola "Kodokan", aggiunta a "Judo" ribadisce che il dojo deve essere
il "luogo dove si studia la Via" e non la sede di un clan con motivazioni
feudali. L'unificazione del Ju-Jitsu giapponese sotto l'etichetta del Judo
Kodokan è stato un fatto complesso. Superate le decadenti scuole esistenti a
Tokyo, grazie ad un intelligente operazione politica, c'era da fare i conti con
potenti Maestri di altre città e, sempre con l'appoggio delle autorità, Kano
presiedette congressi a cui partecipavano gli esponenti di altre tendenze.
Inizialmente il Judo fu soprattutto un regolamento di gara e la supremazia del
Kodokan di Tokyo risiedeva nel fatto di comprendere meglio e prima degli altri
l'attività sportiva. L'unificazione del ju-jitsu sotto il Judo può considerarsi
compiuta attorno al 1922. Ma già prima il Judo aveva gettato le basi per
un'intelligente conquista del mondo che, interrotta dalla seconda guerra
mondiale, riprendeva successivamente con la F.I.J.(1951) e l'ammissione ai
Giochi Olimpici (1964). L'ideale sportivo non faceva dimenticare a Kano la
tradizione nipponica. Il suo Judo conservava il Kohaku-shiai
(combattimento tra Bianchi e Rossi), pratica che la storia fa risalire, come
confronto tra Est e Ovest, a Minamoto-no-Yoritomo (1185 la sua ascesa al
Bakufun). In omaggio a Ikubo, poi, volle che il Judo conservasse un Kata della
scuola di Kito: Koshiki-no-Kata, la cui prima parte (Omote) mostra il metodo di
studio analitico proprio dei tempi pericolosi del Yoroyukumyuchi (combattimento
con l'armatura) e la seconda (Ura) mostra l'influenza della concezione cinese
del Ju-Jitsu Tokugawa, o metodo globale, che verrà integralmente adottato
dall'Aikido di Ueshiba. La struttura odierna del Judo, fatto di Randori e Kata,
riflette proprio le diverse concezioni su cui si erano battute le scuole di
Ju-Jitsu, del metodo "ju" e "go", con la loro giusta distribuzione nella pratica
secondo "Il miglior impiego dell'energia".
Le tappe del
Kodokan
Jigoro Kano in giovane età
Il primo dojo di Kano, risalente al 1882
e istallato nel tempio di Eisho, contava 12 tatami e oggi potrebbe essere
considerato il più piccolo del mondo. Il dojo successivo di 40 tatami aveva
fatto dire a Yamashita di avere l'impressione di essere un pesce che lascia un
pozzo per trovarsi in un fiume. Quando poi il judo ebbe un dojo di 500 tatami,
Kano osservò : "Ogni volta raddoppiamo, a Shimotomi Zaka avevamo 200 tatami, che
era giusto il doppio del precedente, ora ne abbiamo 500 e presto ce ne
occorreranno 1000". Molti pensarono allora che fosse troppo ambizioso, ma
vent'anni dopo (nel 1958) veniva inaugurato uno stabilimento imponente con
proprio 1000 tatami (e il vecchio venne ceduto a Jichin Funakoshi per farci il
Karate). Ecco le tappe di quell' istituto privato, appartenente alla famiglia
Kano, che tuttavia ha avuto nella storia del Judo un'importanza
unica.
-
Eisho-dojo. Nel Maggio del 1882
cominciò la prima lezione di judo nella biblioteca del tempio di Eisho, a
Kitainaricho, nel quartiere Shitaya. Il dojo si chiamò Kodokan Judo e il fatto
di praticarvi judo si diceva "Nihoden Kodokan Judo", per chiarire che non si
praticava Ju-jitsu generico o di altre scuole. Contando alla giapponese (un
anno alla nascita del bambino), Jigoro Kano, che aveva terminato i suoi studi
all'università di Tokyo, aveva 23 anni. Era ormai professore al Gakusuinin
(scuola dei pari) e gli allievi del primo anno erano Tsunejiro Tomita, Shiro
Saigo, Noritomi Arima, Nariasu Higuchi, Keijiro Kawai, Genjiro Amano e Masao
Yamagata. Asahi Sumpo, il prete che teneva il tempio, diceva allora che Kano
era una brava persona, salvo che faceva Judo. I corsi erano gratuiti, si
prestavano e si lavavano i costumi e spesso si offriva il the con i
pasticcini.
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Minami-Jimbocho-dojo. Nel Febbraio del 1883 si traslocò in una
specie di magazzino a Kanda e c'erano solo 10 tatami. I corsi erano tenuti da
Shiro Saigo che stava tutto il giorno sul tatami per ordine di Kano, onde non
fare attendere i visitatori che fossero arrivati. Anche in pieno inverno se ne
stava lì a leggere libri (anche se la cronaca non lo riporta, notizie
confidenziali riferiscono che giocava a carte e nascondeva sotto il tatami la
bottiglia di sake).
-
Kaminibancho-dojo. Nello stesso Settembre Kano fece delle
trasformazioni in casa sua e ne ricavò un dojo di 20 tatami. Era il tempo in
cui il Fondatore studiava il Judo giorno e notte e quando aveva un'idea nuova,
non si faceva scrupolo di svegliare i fedelissimi che dormivano lì e
l'applicava subito. Quell'anno s'iscrissero: Namma Tsunao, Seyva Iwanami,
Takejiro Yuwasa, Masuhiro Honda e Bunzo Kasaya. Nel 1884 cominciarono le
tradizioni del Kdk come la festa di Capodanno e il Kohaku Shiai e l'esame di
grado. Vennero Itsuro Kanzo, Yoshiaki Yamashita, Kozaburo Tarao e Jiro Nango,
un nipote di Kano che aveva solo 9 anni e doveva divenire il 2° presidente del
Kdk. Nel 1885 gli allievi divennero 55.
-
Fushimicho-dojo. Nel1886 Kano installò il dojo nella sala da
biliardo di un suo amico, Yajiro Shingawa, ambasciatore in Germania. Era di 40
tatami. Vi furono in quell'anno 98 allievi di cui i più famosi furono:
Sakujiro Yokoyama, Tokuji Kawai, Takuzaburo Kano, Eisuke Ojima. Molte scuole
di Ju-jitsu a quel tempo tornavano aggressive e contendevano a Kano
l'insegnamento alla Polizia. Esse invidiavano il Kodokan che acquistava sempre
più importanza e i cui allievi erano per lo più degli studenti universitari,
dicevano che le idee di Kano erano convincenti, ma che il potere effettivo dei
suoi praticanti era quasi nullo. Le sfide per dimostrarlo ebbero diverse
forme: dal dojo-yaburi (letteralmente "distruggere il dojo". Avveniva così: si
presentavano dei jujitsuoka per praticare e, se battevano alcuni allievi,
l'allievo preferito e lo stesso Maestro, se non era troppo vecchio, se ne
andavano strappando l'insegna stessa del dojo, che veniva allora rovinato
commercialmente); a combattimenti che Saigo e Yokoyama accettarono contro
il parere di Jigoro Kano e vinsero; al torneo organizzato dal capo della
polizia metropolitana che oppose il Kodokan alla scuola del M° Totsuka (una
scuola che praticava il ju-jitsu solo sotto forma di kata) e che il primo
vinse per tredici vittorie e due pareggi (tra i combattenti di Kano erano
Saigo, Yamashita (il primo dei 10° Dan), Yokoyama, Honda, Iwanami, Shozo,
Tobari, Tomita (altro judoista che divenne 10° Dan) e Sato. La sfida più
eccitante doveva però avvenire alla fine del secolo, tra Hanzo Nakamura,
campione di ju-jitsu del sud del Giappone e il 2° dan Sakujiro Yokoyama
(terminata in parità). Queste sfide avvenivano sulla base di proiezioni, leve
e strangolamenti; le immobilizzazioni erano ancora assai discusse, perchè si
legavano all'atemi-waza che erano naturalmente esclusi. Dopo la sfida di
Totsuka-ryu il prestigio del Kdk si accrebbe e nel 1887 gli iscritti furono
284.
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Misamachi-dojo. Nel 1889, con l'aiuto di Yajiro Shinagawa, il Kdk ebbe il
dojo nell'interno di una caserma. In Settembre Kano partì per l'Europa per
farvi conferenze e dimostrazioni di Judo. Dal 1886 al 1889 gli allievi del Kdk
aprirono molte palestre e nella sede centrale gli allievi sfioravano i 400.
Alcuni divennero celebri nella società nipponica in vari ruoli (scienziati,
medici, avvocati e letterati).
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Shimotomizaka-dojo. Nel Dicembre 1893 venne costruito un immobile apposito
per ospitare il dojo del Kodokan di 107 tatami. In Gennaio tornò dall'Europa
il M° Kano che divenne preside del liceo di Kumamoto nel Sud del Giappone,
dove cominciò ad insegnare la sua disciplina.
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Shimotomizaka-dojo n°2. Nel Novembre del 1906 veniva traslocato in uno
stabile più ampio, in cui si disponeva di 207 tatami per la pratica. Purtroppo
le necessità erano accresciute a causa della guerra Cina-Giappone, per cui
moltissimi giovani chiedevano di praticare per ragioni militari. Nel 1900 vi
erano 190 yudansha (portatori di dan). Gli shodan avevano un buon livello ed
erano autorizzati all'insegnamento. Il grado più alto era il sesto dan. Dal
1909 Kano delegò la direzione del Kdk ad un consiglio amministrativo.
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Suidobashi-dojo. Il nuovo dojo del Dicembre '33 contava 500 tatami e
comprendeva anche numerosi uffici amministrativi. Le iscrizioni si succedevano
a circa 1000 l'anno.
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Kasugacho-dojo. Il 25 Marzo 1958 celebra lo splendore del Kodokan come
istituto-guida per il mondo del Judo. Il nuovo stabile di 1000 tatami è un
sogno di impianto sportivo che racchiude di fatto la Presidenza della
Federazione Mondiale, Asiatica, Giapponese, degli studenti giapponesi, dei
lavoratori dell'industria, ecc. Decine di inviati del Kodokan insegnano in
altrettanti Paesi del mondo. Purtroppo Jigoro Kano è morto il 5 Maggio 1938,
mentre ritornava per nave dalla riunione del CIO fatta al Cairo e, dopo un
breve intervallo di presidenza affidato al nipote Nango Jiro, questo posto di
prestigio tocca di diritto ad uno dei suoi 6 figli: Risei Kano.
L'attuale Kodokan di Tokyo
Kano aveva proposto al Ju-jitsu una nuova formula di pratica, con ideali
adeguati ai tempi, studi scientifici sulla fisiologia e una libertà di indirizzi
tecnici in parte limitati dalla formula sportiva. In particolare il Kodokan
rappresentava in questo grande piano la scuola leader. Nella sua diffusione il
Judo assorbiva, soprattutto nelle province, l'esperienza del Ju-jitsu e dove vi
erano centri di grande tradizione, Kano cercava di mettervi a capo qualcuno dei
suoi uomini, arrivando così ad una commistione tra la sua idea e le altre
tradizioni. Così, anche se ad un esame superficiale, il Judo appare come
un'unica scuola ispirata allo studio tecnico e filosofico del Kodokan, in realtà
il Butokukai e il Kosen, per citare solo le maggiori, erano di fatto altre
scuole di judo che si differenziavano per le concezioni tecniche, ma anche
per quelle ideali: la scuola di Kyoto essendo legata agli ideali politici della
famiglia imperiale e, quella delle associazioni professionali, strumentalizzata
dal ministero dell'educazione.
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