1° LEZIONE
 


Finalmente ... una

BUONA NOTIZIA!

. . . . . . la Grazia !
«Beati coloro le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l'uomo a cui il Signore non imputerà il peccato » (Romani 4: 7-8)

LA GRAZIA DI DIO E' GRATUITA

Una volta tanto il telecronista conclude la sua trasmissione alla televisione dicendo: « Ed ora un po' di buone notizie!» Normalmente quando accendiamo la televisione per ascoltare il telegiornale ci sentiamo depressi ascoltando le cattive notizie della cronaca nera: incidenti mortali, rapine, corruzione, tangenti, arresti, mafia, scioperi, attentati terroristici, ecc.. Quasi, quasi ci vergogniamo di appartenere al genere umano. Ora però non crediamo alle nostre orecchie. Ha detto veramente che ci sono delle buone notizie? Possiamo tirare un sospiro di sollievo! Abbiamo ancora qualche speranza! Non tutto è perduto! C'è ancora qualche cosa di buono nel mondo!

Allo stesso modo, l'apostolo Paolo, scrivendo agli antichi romani, prospetta loro una lunga cronaca nera nella quale descrive la degradante situazione morale e la rovina spirituale in cui era precipitata l'umanità dei suoi tempi:

Per l'apostolo Paolo il mondo è come un palcoscenico ed ogni uomo, Giudeo e Greco, è un attore. Lo sfondo del teatro è scuro all'inizio. Per quasi tre capitoli ci sono soltanto brutte notizie per l'umanità che sembra inesorabilmente destinata alla condanna. Poi, al centro del palcoscenico, proprio al centro della storia umana, appare un raggio di luce che dà al cuore dell'uomo una speranza luminosa. Paolo aveva vergogna della condotta del mondo romano, ma non si vergognava del Vangelo, perché « esso è la potenza di Dio per la salvezza dell'uomo » (Romani 1: 16).

Finalmente l'umanità può stare tranquilla e tirare un sospiro di sollievo perché la salvezza è a portata di mano: « Beati coloro le cui iniquità sono perdonate e i cui peccati sono coperti. Beato l'uomo a cui il Signore non imputerà il peccato » (Romani 4: 7-8) « La Grazia e la verità sono venute per mezzo di Cristo » (Giovanni 1: 17).

Alcune parole greche possono essere tradotte in italiano in vari modi e con diversi significati. Ad esempio la parola "peccato" si può tradurre con disubbidienza, ribellione, omicidio, menzogna, ecc (Romani 1: 18-32). La parola greca corrispondente a "grazia ", CARIS (dalla quale deriva carisma), può invece essere tradotta soltanto in una maniera e cioè come "un favore senza merito ". La parola "grazia ", pertanto, è la parola più bella e più gradita del vocabolario umano, specialmente per un uomo che è stato condannato a morte. La parola "grazia " per lui significa perdono, libertà, salvezza; non è più colpevole, non è più condannato, non è più destinato a morire. La parola " grazia " appare più di 160 volte nel Nuovo Testamento ed ha sempre il significato di " favore senza merito" da parte di Dio all'uomo condannato a morte.

Nonostante che " grazia" sia una parola neotestamentaria (si trova raramente nell'Antico Testamento), non si trova spesso nei quattro evangeli, ma si trova sopratutto nelle lettere degli apostoli indirizzate ai cristiani dopo la risurrezione di Cristo. Questa parola infatti acquista un vero significano per il peccatore soltanto dopo la morte e la risurrezione di Cristo. La salvezza per grazia non proviene da alcun essere umano. Essa è un opera esclusivamente divina. Soltanto Dio può dare la grazia mediante la fede in Cristo.

Nell'Antico Testamento non si parla di Grazia ma piuttosto di misericordia. La parola " grazia " nell'Antico Testamento è riferita piuttosto alla "misericordia " di Dio e viene usata con un significato limitato al popolo ebraico. Bisogna quindi stare attenti a non darle un significato neotestamentario. La parola ebraica "CHEN" viene usata quando Dio assiste il popolo ebraico nelle sue prove e nelle sue tribolazioni. Per esempio in Esodo. 3: 21 Dio disse: « E concederà a questo popolo favore agli occhi degli Egiziani ». E' anche usata quando Dio dà una benedizione speciale (Geremia. 31: 2; Zaccaria 12: 10; Esodo. 33: 19; Salmo 111, 5; ecc.). Possiamo anche dire che il perdono dei peccati nell'A.T. è sempre stato subordinato da Dio all'ubbidienza da parte di Israele ai suoi comandamenti e all'interruzione dal peccato (Numeri 14: 19; Daniele 9: 4; Salmo 51, 1-13).

Invece la grazia di Dio per mezzo di Cristo è stata donata al peccatore mentre egli era ancora ribelle verso Dio (Romani 5: 6). Gli Ebrei credevano che Dio fosse buono: «L'Eterno, l'Eterno Dio, misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in benignità e fedeltà » (Esodo 34: 6; Numeri 14: 18; Neemia 9: 17; Salmo 103, 8; ecc.). Davide però, pur condividendo questa idea (Salmo 86, 15), non è completamente sicuro che Dio sia così buono. Egli reclama più prove della benignità e della misericordia di Dio. Tanto è vero che dopo aver proclamato la bontà divina, chiede a Dio al v. 17 dello stesso Salmo 86: « Mostrami un segno del tuo favore ». In altre parole a Davide non bastava credere nella misericordia di Dio, ma voleva anche un segno.

E' singolare che anche i farisei abbiano chiesto a Gesù un segno della Sua divinità. Ma Gesù ha risposto: « Questa malvagia e adultera generazione chiede un segno, ma nessun segno le sarà dato, se non il segno del profeta Giona. Infatti, come Giona fu tre giorni e tre notti nel ventre del grosso pesce, così sarà il Figlio dell'uomo tre giorni e tre notti nel cuore della terra » (Matteo 12: 39-40). Il segno sicuro della "grazia di Dio" che può perdonare il peccato dell'uomo è quindi la risurrezione di Gesù dalla morte. Infatti è proprio questa risurrezione che gli apostoli proclamano al mondo dopo l'ascensione di Cristo in cielo. Né Davide, né il popolo ebraico avevano ancora questo segno della grazia di Dio.

LA GRAZIA NEL NUOVO TESTAMENTO

Giovanni mette in risalto il contrasto fra l'Antico ed il Nuovo Testamento dicendo: « La legge è stata data per mezzo di Mosè, ma la grazia e la verità sono venute per mezzo di Cristo » (Giovanni 1, 17). Questo passo della Scrittura è molto importante per l'uomo. La prima parte, cioè l'A.T., la legge di Mosè, condannava inesorabilmente l'uomo peccatore. Con la disubbidienza di Adamo una condanna di morte si è estesa a tutta l'umanità (Romani 5, 12). Infatti la legge di Mosè affermava che « L'anima che pecca morirà » (Ezechiele 18: 20).

L'opera di redenzione attuata mediante la crocifissione di Gesù Cristo per l'uomo peccatore è così importante che i quattro evangelisti dedicano gran parte della loro narrazione agli ultimi tre giorni della vita di Gesù su questa terra. Un terzo di Matteo, un quarto di Marco, un quarto di Luca e metà di Giovanni raccontano i fatti accaduti alla morte, alla sepoltura e alla risurrezione di Gesù. Questo ci fa comprendere che la parte essenziale della Sua esistenza non si concentra solo negli insegnamenti e nella vita terrena, ma molta più importanza assume la sua missione redentrice compiuta con la Sua morte e la Sua risurrezione. Questa missione è stata lo scopo principale della Sua venuta su questa Terra, per dimostrare l'amore che Dio ha per l'uomo nonostante il suo peccato.

LA GRAZIA SPIEGATA DA GESU' NELLE PARABOLE

E' probabile che Gesù abbia parlato poco della "grazia di Dio" durante il suo ministerio terreno perché né il popolo, né gli apostoli stessi avrebbero potuto comprendere ed accettare il concetto di un amore Iincondizionato. Essi erano abituati a pensare ad un Dio che ama l'uomo giusto e non il peccatore. Cristo infatti era molto criticato dalla gente perché frequentava spesso i "peccatori". Dio, nella sua divina saggezza, ha tenuto presente questa mentalità del popolo e quindi Gesù ha spie-gato la "grazia di Dio" non in maniera aperta e diretta, ma ha nascosto questo concetto di amore incondizionato nelle parabole in modo che la gente potesse rifletterci sopra a lungo, anche dopo i suoi discorsi.

In quel momento nessuno comprese i principi della grazia finchè la sua morte e la sua risurrezione la resero palese a tutti coloro che l'avrebbero accolta per fede. Neppure gli apostoli compresero questi concetti (Giovanni 16: 12-13,25) fino al giorno in cui le loro menti furono particolarmente illuminate dallo Spirito Santo nel giorno della Pentecoste.

Gesù è stato il primo a chiarire il concetto di grazia spiegando che essa è un "immeritato favore" da parte di Dio verso gli empi ed i ribelli, senza alcuna condizione. E' famoso il detto di Gesù a coloro che l'accusavano di frequentare i peccatori: « Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati » (Matteo 9: 12; Marco 2: 17; Luca 5: 31). Era molto difficile per Gesù insegnare questo tipo di amore: amore "incredibile", amore "meraviglioso", amore "abbondante", amore "che sopravanza ogni conoscenza", amore "perfetto", amore "esuberante", come viene descritto dagli apostoli dopo il giorno della Pentecoste.

Così Gesù ha dovuto raccontare delle storie per illustrare questo concetto di amore in modo che la gente potesse rifletterci sopra e potesse pensare profondamente a lungo anche molto tempo dopo questi suoi discorsi. Oltre a questi insegnamenti con parabole egli ha dimostrato concreta-mente questo amore perdonando apertamente ed in pubblico alcuni peccatori senza alcun merito da parte loro. Questo naturalmente non ha mancato di creargli parecchie difficoltà da parte dei farisei, degli scribi e dei sadducei che gli contestavano il diritto di perdonare i peccati.

ALCUNE PARABOLE :

Matteo 18: 23-35 : La storia del servitore spietato insegna che l'unica condizione per ricevere la grazia di Dio dipende dal cuore dell'uomo. Uno deve credere che Dio lo ama e lo può salvare. La grazia quindi può essere ricevuta per fede.

Matteo 13: 44-45: Qui abbiamo uno che ha trovato un grande tesoro senza alcun merito personale da parte sua. Il tesoro naturalmente è la vita eterna.

Luca 17, 5-10: Dopo che un servo ha lavorato tutto il giorno per il suo padrone ed ha fatto tutti i preparativi per il suo letto, egli non ha alcun merito. Con questa storia Gesù ha voluto dimostrare che le opere non hanno alcun valore per ottenere il favore del padrone. Dio è come il padrone e l'uomo come il servo.

Luca 15: 11-32: La più famosa storia di Cristo - una storia universale che succede in ogni popolo della terra: un giovane che vuole la libertà. Lascia la famiglia, la casa e la patria. Dopo tanto tempo si trova senza risorse. Affamato! stanco! torna a casa! E' disposto ad essere come un servo nella casa di suo padre. Il padre invece lo perdona completamente e lo ripristina nella sua posizione di prima come "figlio", nonostante non abbia alcun merito. L'unica condizione del ritorno è l'amore nel cuore del padre. Il padre rappresenta Dio el il figliuol prodigo ciascun uomo.

Luca 14: 16-24: La parabola del gran convitto offerto da un uomo ricco è una storia che rispecchia la vita dell'uomo. Gli invitati sono molti uomini che non hanno tempo per il "cibo spirituale" e pensano addirittura di non averne bisogno. Non accolgono l'invito e non vengono alla cena. L'uomo ricco allora pensa che « i mendicanti, i mutilati, gli zoppi e i ciechi » sarebbero venuti perché ne hanno bisogno e lo sanno. Solo coloro che si riconoscono spiritualmente "difettosi" entrano nel Regno di Dio. Quelli che invece "si ritengono" giusti non possono ricevere la grazia.

Luca 7: 36-40: Una peccatrice è stata perdonata dei suoi peccati davanti a tutti in casa di Simone, perché lei amava tanto Gesù. Gesù ha voluto insegnare con questa parabola che uno come il fariseo Simone che pensa di non aver peccato ed ama poco Gesù fino al punto di non essersi messo al suo servizio quando Gesù è entrato in casa sua, non sarà perdonato da Dio. La donna invece che ha riconosciuto di essere una peccatrice ed ha amato Gesù fino al punto di lavargli i piedi riceverà da Dio il perdono dei peccati.

LA GRAZIA E LA VITA ETERNA

L'apostolo Paolo usa la parola "grazia" in modo intercambiabile con altre espressioni, come, "perdono dei peccati", "redenzione", "amore di Dio", "giustizia di Dio", "giustificazione", "riconciliazione", "salvezza", ecc. Per Paolo tutte queste espressioni, per il loro effetto finale, significano "vita eterna". Dio vuole che i suoi figli su questa Terra siano salvati, e che vengano alla conoscenza della verità (1° Timoteo 2: 4). Questa conoscenza della verità ha come risultato finale la vita eterna (Romani 6: 22; Cfr anche 1° Pietro 1: 9).

Dio vuole questo perché è nostro Creatore e Padre. Un padre non ha bisogno di una ragione per amare i propri figli. Un padre ama i propri figli indipendentemente dal fatto che siano imperfetti e non siano i più intelligenti di questo mondo. Dio non solo ama i suoi figli, gli uomini, ma vuole che essi ottengano la vita eterna come Lui stesso ha. Egli è l'unico che possiede la potenza di realizzare questo desiderio.

Certamente l'uomo non è capace di vivere per sempre, perché è stato creato ed è mortale. In altre parole l'uomo ha avuto un principio e sicuramente avrà una fine. Solo « Dio è immortale e invisibile e vive in una luce inaccessibile » (1° Timoteo 6: 16). Egli solo può dare all'uomo l'immortalità, cioè la vita eterna. Dio vuol dare la vita eterna ai suoi figli: « Il dono di Dio è vita eterna in Cristo Gesù » (Romani 6: 23). « Come il peccato ha regnato nella morte, così anche la grazia regni per la giustizia a vita eterna per mezzo di Gesù Cristo, nostro Signore » (Romani 5: 21). Dicendo "per mezzo di Gesù Cristo", l'apostolo Paolo vuol dire per merito soltanto della redenzione di Cristo, escludendo qualsiasi altro merito dell'uomo. Dio dà la vita eterna a titolo di favore gratuitamente per grazia (Romani 4: 16). « Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio, ma sono gratuitamente giustificati per la sua grazia, mediante la redenzione che è in Cristo Gesù » (Romani 3: 24).

Noi abbiamo accesso a questa grazia soltanto per mezzo di Gesù Cristo.

Per poter capire e dimostrare l'impossibilità per l'uomo di meritare la vita eterna si racconta la seguente storia immaginaria che ci dà un'idea di quanto siano "lunghe" l'eternità e l'immortalità:

E' dunque impossibile per l'uomo nella sua breve vita terrena meritare, guadagnare o comprare la vita eterna. Veramente è una grande superbia, da parte umana, pensare che noi possiamo comprare l'amore di Dio o meritare la vita eterna, con la nostra breve vita sulla terra, o guadagnare il perdono. con la nostra bontà morale ed etica. Nessuno ha mai vissuto una vita perfetta, abbastanza buona e moralmente retta da poter meritare il dono di Dio. Il merito quindi non può che andare a Gesù soltanto:

« Egli è l'espiazione per i nostri peccati; e non solo per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo » (1° Giovanni 2: 2).