Etica e conoscenza

1) Caso o finalità?

Nel gennaio del 1996 fu pubblicato su LE SCIENZE n.329 un articolo di Richard Dawkins, intitolato: La natura: un universo di indifferenza, con questo sommario: "L'uomo si è sempre chiesto quale sia il significato della vita; secondo l'autore, il suo unico scopo è quello di perpetuare la sopravvivenza del DNA". Nel riassunto che l'editore fa della tesi dell'autore si legge: "Dawkins sostiene che la complessità della vita può essere spiegata dall'imponente gara per la sopravvivenza tra i geni e non da qualche finalità superiore dell'universo".

In sintesi, Dawkins è antifinalista per quanto riguarda la ricerca di eventuali "scopi" della natura e del fenomeno della vita. Il bene e il male, intesi rispettivamente come l'interesse degli esseri viventi a continuare a vivere e - dal lato opposto - una morte inflitta loro come fine violenta, sono perfettamente equivalenti e controbilanciati in natura: da questa deve escludersi ogni intenzionalità "benefica" nei confronti degli organismi viventi, manifestando essa solo un meccanismo automatico di difesa conservativa della riproducibilità del DNA. Così, per citare uno dei tanti esempi tratti dal mondo animale, il ghepardo è il meglio che l'evoluzione potesse produrre per ammazzare la gazzella e nutrirsene, esattamente come la gazzella è il prodotto migliore che la natura animale potesse fabbricare per sfuggire al ghepardo e salvarsi.

Se ci si pone, quindi, il problema di una eventuale "funzione di utilità di Dio", Dawkins osserva: "È come se i ghepardi fossero stati progettati da un dio e le gazzelle da un dio rivale". La conclusione ovvia è che i due presunti dèi rivali si elidono a vicenda e sono entrambi inesistenti.

Nei numeri successivi di aprile, agosto e ottobre comparvero molte lettere pro e contro la tesi di Dawkins: più contro che a favore. Il direttore della rivista si schierò apertamente a favore e fu accusato di partigianeria dai contrari.

Una tale polemica, se fosse decisa sulla base di argomenti correttamente conoscitivi, porterebbe alla vittoria di una di due etiche contrapposte, non certo indifferenti per la razza umana.

La tesi di Dawkins, se è vera, non può che dare ragione alla concezione filosofico-politica di Hobbes, che comporta una società fondata su equilibri di opposta violenza, regolati contrattualisticamente da un'autorità centrale assoluta. Qui non c'interessano, ovviamente, i correttivi sociali e politici che si possono ipotizzare in varie direzioni ideologiche. Rileviamo che il Dawkins manifesta la stessa ottica materialistica di Jacques Monod (Il caso e la necessità), del quale si è parlato nella conclusione di "Magnetismo e calore" (sez.V).

La tesi contraria, di tipo finalistico, fa appello a princìpi e valori trascendenti, regolatori dei rapporti umani su un piano etico sovrannaturale. Ma la storia è testimone, anche per questa concezione alternativa, di caratterizzazioni autoritarie nelle soluzioni politiche e sociali.

Dalle lettere di risposta a Dawkins traspare sempre e solo un riferimento a princìpi che, condivisi o no nell'intimo di chi legge, non recano il segno decisivo di una certezza logica. Nella premessa al messaggio di "Fisica Nuova" (sez.X) abbiamo indicato nella mancanza di fondamenti conoscitivi validi la causa basilare degli sconvolgimenti di ogni genere che hanno funestato questo secolo XX forse assai più di tutti gli altri precedenti, nonostante il "progresso" incessantemente vantato dai sostenitori dell'attuale stato della conoscenza.

Ne segue che ci sentiamo in dovere di dare anche la nostra risposta, tra le altre già pervenute, al Dawkins e al direttore dello SCIENTIFIC AMERICAN in veste italiana. Lo facciamo come solo si può e si deve fare: scendendo, cioè, scientificamente sul terreno scelto dal Dawkins, il quale propone, per dimostrare la sua tesi, il metodo della ingegneria inversa:

"L'ingegneria inversa è una tecnica di ragionamento che procede in questo modo: supponiamo che un ingegnere si imbatta in un manufatto che non riesce a comprendere; allora fa l'ipotesi di lavoro che esso sia stato costruito per qualche scopo. Quindi smonta e analizza l'oggetto, tentando di immaginare quale funzione esso potrebbe avere: Se avessi voluto costruire una macchina per fare questa determinata cosa, l'avrei fatta così? Oppure per spiegare l'oggetto è meglio immaginare che esso sia stato costruito per fare quest'altra cosa?".

In questo modo egli perviene agli esempi naturali, come quello del ghepardo e della gazzella, o quello della vespa e del bruco parassitato ed innumerevoli altri, che provano l'assoluta indifferenza della natura di fronte al problema tipicamente umano del bene e del male moralmente intesi. La versione poetica di tale opinione ci è offerta dal Leopardi nel Dialogo della Natura e di un Islandese.

Orbene, se si rimane al livello cognitivo proposto dall'articolo e non si è capaci di andare oltre nell'analisi delle leggi naturali, è vano che i contestatori idealistici si appellino a istanze emotive della coscienza umana per smentire il Dawkins. Così appunto fanno alcuni studenti di ingegneria di Firenze in una lettera sul numero di aprile 1996 della rivista, sostenendo lo scopo per l'uomo "di commuoversi di fronte alla bellezza di un tramonto o di sentire un'ammirazione sconfinata per la donna amata (…), tanto da desiderare che la bellezza che intravede sia per sempre". E continuano: "Non ci venga a dire il professor Dawkins che il desiderio di infinito serve a farci meglio danzare come marionette alla musica del DNA".

Bello, ma inutile. Proporsi di trovare uno scopo alla vita? La cosa fa sorridere il Dawkins: "Oggi solo chi non abbia alcuna cultura scientifica potrebbe nutrire una curiosità del genere". La nuova fisica, tuttavia, si è tolta questa curiosità e può spiegare, essa sola, a quegli studenti fiorentini la ragione per cui ci si commuove leggendo L'Infinito di Leopardi, nonostante il suo doloroso sentimento su "l'infinita vanità del tutto": non come marionette del DNA, ma come destinatari della sua "musica".

L'analisi unigravitazionale, infatti, non si è fermata al livello estremamente superficiale - che al Dawkins sembra definitivo e inoppugnabile - del ghepardo e della gazzella. Chi ci ha seguiti fin qui, sa ormai, sulla base matematica di una equazione universale, che le strutture naturali sono originate, fin dalla particella minima (il fotone), da una propagazione eccentrica, con onde rotanti intorno a un baricentro non centrale. Una tale propagazione è anisotropa, e quindi impossibile sotto un profilo "casualistico": la casualità imporrebbe una assoluta simmetria sferica a partire dalla sorgente, e cioè isotropa, eguale in ogni direzione dello spazio.

Ma quello che chiude definitivamente la questione a sfavore del Dawkins è il fatto che tale eccentricità, probabilisticamente "impossibile" e tuttavia reale e universale in natura, non è pensabile se non in funzione d'un suo evidentissimo scopo: quello di conseguire la coniugazione ondulatoria, ossia la perfetta coincidenza sferica di onde di diverse sorgenti in una sola, composta (sez.III: "L'Equazione Cosmologica", § 3) e generatrice di propagazioni autonome ("propagazioni figlie": da cui, l'origine della vita). Un effetto, questo, che nessuna propagazione isotropa, a onde concentriche, potrebbe in alcun modo ottenere, e tanto inconcepibile, che nessuno finora se n'era accorto, benché fosse da sempre sotto gli occhi di tutti.

In conclusione, proprio l'ingegneria inversa propostaci dal Dawkins ci ha portati in una regione fisica e logica da cui il caso è matematicamente escluso e il fine è matematicamente certo.

L'obiezione è prevedibile: posto che sia dimostrato che in fondo alla natura c'è il fine e non il caso, come spiegare quell'indifferenza dell'universo al livello biologico che il Dawkins ha indubitabilmente dimostrato nelle leggi strenue e spesso atroci della sopravvivenza? Per trovare la prova del contrario si doveva andare oltre il piano della discussione imposto dal Dawkins. Infatti, l'equilibrio statistico tra bene e male intesi naturalisticamente (prevalere e vivere, soccombere e morire) è rotto - come ora mostreremo - nella specie umana, a vantaggio di un altro bene e contro un male diverso.

La storia, in realtà, con le sue sublimità e con le sue atrocità proporzionalmente bilanciate sembra dare ancora ragione alla tesi dell'equilibrio indifferente delle leggi di natura, al di là di ogni ragionevole valutazione propriamente morale di bene e di male. Perfino l'abnegazione altruistica, come è stato anche sostenuto, potrebbe essere uno stratagemma evoluzionistico del DNA per conservare se stesso e la specie.

Ma c'è, nella coscienza umana, qualcosa di assolutamente irriducibile al "casualismo" egualitario del Dawkins, che ne risulta contraddetto in modo certo. Solo il profondo finalismo insito - come s'è visto - nella radice stessa delle cose (eccentricità, anisotropia, coniugabilità) giustifica l'istanza, anche di una singola coscienza, del rispetto per la VITA come valore assoluto: non solo, quindi, quella di se stesso o della propria specie, ma quella di qualsiasi essere che viva nel cosmo, e anche delle "cose" apparentemente "inerti" che costituiscono il patrimonio universale della natura: la vita, insomma, del Cantico delle Creature di San Francesco. È proprio questo Canto e il suo significato, non più solo emozionale, che fanno pendere definitivamente la bilancia dalla parte di un Bene infinitamente superiore al suo apparente contrario: dalla parte dell'Infinito di Leopardi, della musica di Beethoven, della Commedia dantesca, della pittura di Giotto e di Michelangelo… e della bellezza del tramonto o della donna amata per gli studenti fiorentini.

Questo qualcosa è un sentimento assolutamente disinteressato e perfino "folle", che può indurre a innaffiare una pianticina nata tra il terrazzo di casa e la soglia di un balcone, pur nella previsione che una mano "saggia" la strapperà previdentemente per scongiurare danni al solaio.

Ma è lo stesso sentimento che fa soffrire e lottare per la conservazione della grande foresta amazzonica e, in essa, dei villaggi degli indios, che fa odiare gli ammazzamenti degli animali da pelliccia, la caccia per divertimento, l'orrendo rito della corrida spagnola, la vivisezione, l'aborto come metodo anticoncezionale.

È in ciò che il "bene" sconfigge il "male" contro le tesi di Dawkins e Monod, squilibrando irreversibilmente la presunta indifferenza della natura a favore di una visione positiva del reale, in base a una corretta conoscenza delle sue leggi fisiche, che si rivelano a un tempo logico-matematiche e "beneficamente" normative anche per la condotta umana, e quindi etiche.

24 Gennaio 1998

 

2) "Ama il prossimo tuo come te stesso"

Al punto precedente abbiamo visto soccombere l'etica hobbesiana dell'homo homini lupus, supportata da una visione naturalistica alla Dawkins, di fronte a un'etica ottimistica derivante sia da una radice finalistica dell'esistente (propagazione gravitazionale anisotropa e coniugabile, da cui l'origine della vita), sia da un'istanza suprema presente nell'uomo, vertice della scala naturale, di amore incondizionato per la vita stessa e quindi, ovviamente, per il genere umano di cui è parte (homo homini amicus, diremmo noi).

Ora, chi legge il nostro saggio, pubblicato nella sez.V, La gravità e le altre "forze", s'imbatte nella sua seconda parte in una duplice stupefacente constatazione. La prima è che la massima evangelica citata nel titolo è la precisa traduzione etica della legge fisica della gravitazione universale, nella formulazione unigravitazionale.

La gravitazione, infatti, alla stessa stregua con cui presiede alla strutturazione dei singoli corpi, creandone e preservandone al massimo l'individualità, li pone in equilibrio dinamico con tutti gli altri corpi dell'universo, regolandone i reciproci moti orbitali e le transizioni da un sistema all'altro mediante gli altri due meccanismi della "fuga" e della "collisione".

La corrispondenza è resa manifesta dalla considerazione che nella massima di tutti e tre i Vangeli sinottici non si prescrive quello che pure è avvenuto tante volte nella storia degli uomini, e non solo in quella dei cristiani, e cioè che si dia la vita per gli altri col sacrificio della propria: il che non sarebbe conforme alla legge della gravitazione, la quale mette perfettamente alla pari il "sé" di ciascun corpo con l' "altro da sé" del resto del cosmo.

La seconda constatazione che si fa nel nostro saggio è l'esclusione dell'odio dalla morale di Cristo: "Ama il tuo nemico", in preciso parallelismo con l'esclusione della repulsione che la fisica unigravitazionale ha operato tra i fenomeni dell'universo, riconoscendo sola realtà all'attrazione, correlativa nelle leggi di natura all'amore nell'ambito etico.

Il ragionamento avviato al punto precedente si salda, così, in modo ferreo con quello che abbiamo ora fatto, stabilendo su rigorose basi conoscitive l'assoluta preminenza d'una morale d'amore su una di mutua avversione, regolata da egoismi violentemente contrapposti.

Fare oggi della figura di Cristo, soggetto storico dì un'etica tanto sublime e al tempo stesso tanto naturale ed umana, l'argomento di sconcezze e di laide parodie, in nome di un'arte violentata, è il segno più chiaro che questo secolo non vuole lasciarci di sé, passando per sempre, il benché minimo motivo di rimpianto.

18 Marzo 1998

 

3) "Tagliatemi la testa piuttosto che la gamba"

Il grido angoscioso, riportato dai mezzi di comunicazione in questi giorni di marzo del 1999, di un bambino anconetano malato di cancro osseo è espressione di una situazione generale che merita di aver posto in questa nostra rubrica.

La vicenda è nota e la riassumiamo. I genitori di quel bambino vogliono farlo curare per via di farmaci regolarmente registrati, non da uno stregone dell'Africa centrale, ma da un regolare medico (il nome da noi citato in altra sezione qui è ininfluente), fornito di regolare abilitazione all'esercizio della sua professione: abilitazione che nessuno gli contesta né si sogna di farlo. Su intervento dei servizi sociali, il tribunale dei minori sospende la patria potestà di quei genitori, per conferirla a un chirurgo, il quale potrà stabilire motu proprio che la migliore maniera di curare il bambino è di tagliargli la gamba.

Mentre i fatti separati dalle opinioni sono chiarissimi e renderebbero inutili commenti esplicativi e discussioni, l'establishment medico nazionale cerca a questo punto di imbrogliare le carte, mettendo in campo una sua sperimentazione che dimostrerebbe l'inefficacia della cura di quel regolarissimo medico ai fini della guarigione del bambino.

Tutto ciò nel contesto arcirisaputo della totale ignoranza dei clinici circa le vere cause del cancro (v. sez.V b), Magnetismo e calore) e delle loro abitudini terapeutiche soltanto demolitive di arti e tessuti.

Consigliamo ora ai lettori di procurarsi un romanzo straordinario: L'uomo che voleva essere colpevole del danese Henrik Stangerup (ed. Iperborea). Il protagonista ha ucciso la moglie durante una lite, reagendo alla cappa di conformismo imposta da una società omogeneizzata che, in nome di una "scienza" delegata alla decisione coercitiva dei problemi morali, si occupa totalitariamente del "bene comune dalla culla alla tomba" e si trasforma in un "regno del consenso e dell'eufemismo, in cui tutto è pianificato e obbligatorio, compresa la felicità". Stiamo citando dalla presentazione dell'editore, che prosegue: "Poiché l'omicidio non è che insufficiente adattamento sociale, Torben, l'assassino, viene sottoposto a cure psichiatriche e rimesso in libertà. Ma, contro le regole di un sistema che nega la responsabilità individuale, Torben si ostina a voler essere giudicato e punito per quel che ha fatto". Alla fine, lo psichiatra, braccio tecnico di quella organizzazione sociale, lo fa rinchiudere in manicomio, facendo del "successo" ottenuto nel caso di Torben una fonte di finanziamenti pubblici per quella struttura: la quale si chiama "Parco della Felicità".

 

4) "La vivisezione è doverosa"

(CIVILTA' CATTOLICA, organo dei Gesuiti)

Da "I Fioretti di Santo Francesco":

Come uno giovane donò tortore a santo Francesco; e mai non si partirono del luogo in sin che non ebbono la licenzia da lui.

Un giovane avea prese un dì molte tortore, e portavale a vendere. Incontrandosi in lui santo Francesco, il quale sempre avea singulare pietà agli animali mansueti, ragguardando quelle tortore con l'occhio pietoso, sì disse a quel giovane: "O buono giovane, io ti priego che tu mi dia coteste tortore, acciò che uccelli così mansueti e innocenti, a' quali nella santa Scrittura sono assomigliate l'anime caste e umili e fedeli, non vengano alle mani de' crudeli che l'uccidano". Di subito colui, spirato da Dio, tutte le diede a santo Francesco. Ed egli, ricevendole in grembo, cominciò a parlare loro dolcemente: "O sirocchie mie, tortore semplici, innocenti e caste, perché vi lasciate pigliare? Or è ch'io vi voglio scampare dalla morte, e farovvi i nidi, acciò che voi facciate frutto e multiplichiate, secondo il comandamento di Dio, vostro creatore". E va santo Francesco e a tutte fece il nido. Ed elleno usandogli, cominciarono a fare uova e figliare inanzi a' frati; e così dimesticamente si stavano e usavano con santo Francesco e con gli altri frati, come s'elle fussino state galline sempre nutricate da loro. E mai non si partirono, insino che santo Francesco colla sua benedizione diede loro licenzia di partirsi. E al giovane che gliele avea date, disse santo Francesco: "Figliuolo, tu sarai ancora frate in questo Ordine, e servirai graziosamente a Gesù Cristo". E così fu; imperò che lo detto giovane si fece frate, e vivette nell'Ordine con grande santità. A laude di Cristo. Amen.

 

Una lettera a IL MATTINO del 21 febbraio 1999:

Animali, lista degli orrori.

Franco Libero Manco

ROMA

"Una persona sensibile all'altrui sofferenza resta sconvolta dalla violenza causata ogni giorno dall'uomo agli animali. E stupisce che le persone più apparentemente illuminate non denuncino la cultura antropocentrica come ciò che disumanizza l'uomo e lo inclina ad ogni crimine anche nei confronti del suo simile.

L'andazzo generale è talmente improntato sullo sfruttamento degli animali (gli schiavi del Duemila) che nessuno più si accorge della loro infernale condizione lontana dagli sguardi dei consumatori. Senza parlare dei mostruosi orrori della mattazione o dei tormenti inenarrabili della sperimentazione animale, nella più assoluta indifferenza molta gente si reca in chiesa con indosso un manto di pelli di animali uccisi per soddisfare la vanità umana. Animali che forse gridano vendetta al cospetto del Dio dei cattolici che in mille modi si è rivelato patrigno verso le sue stesse creature.

C'è chi si diverte a vedere nei circhi equestri animali inebetiti mentre ripetono innaturali esercizi, pena la frusta, il bastone, la fame, la catena o le scariche elettriche per divertire un pubblico volutamente stupido e superficiale. C'è chi al mercato rionale prova il piacere della carne fresca facendo uccidere sul posto la carne da divorare o l'anguilla che annaspa disperatamente in pochi centimetri d'acqua. C'è chi si delizia il palato mangiando l'aragosta cucinata viva in acqua bollente. E c'è chi paga a peso d'oro il foie gras delle sventurate oche o anatre ingozzate con un tubo infilato nella gola, con un pastone equivalente a 20 kg. di cibo al giorno per una persona, finché il fegato, ingrassato fino a 7-10 volte, non causa la morte dell'animale. E la lista degli orrori potrebbe continuare a lungo.

Io sono profondamente convinto che finché l'umanità continuerà a violentare, sfruttare, uccidere gli animali, legittimando la legge del più forte, della sottomissione del più debole, del disprezzo delle diversità e della vita, subirà, in una sorte di nemesi karmica, gli effetti del suo egoismo. E i fatti mi danno ragione."

 

Lettera a IL MATTINO del 19 marzo 1999:

Esperimenti e fumo negli occhi.

Franco Libero Manco

ROMA

"E' di pochi giorni fa la notizia venuta dagli Stati Uniti dove alcuni ricercatori, sperimentando su topi, avrebbero scoperto la causa dell'obesità (del topo). E' possibile sia l'ennesima notizia che ha lo scopo di convincere la gente dell'utilità della sperimentazione animale, mentre, a mio avviso, serve solo a chiedere sempre nuovi fondi per finanziare ricerche che non approdano mai a nulla e che mai hanno portato alcun beneficio alla salute umana, dal momento che nessun risultato ottenuto sull'animale è trasferibile sull'uomo (questo ormai lo sanno pure le pietre).

Il fumo negli occhi del risultato ottenuto sugli animali è un ritornello che si ripete da decenni. Mai, dico mai, per quanto mi risulta, qualcuno è ritornato poi sullo stesso argomento per dire: "grazie agli esperimenti fatti sugli animali abbiamo ottenuto questo risultato valido per la salute umana". Ma anche se per assurdo ciò dovesse accadere, io dubiterei di certe dichiarazioni. Da una pratica primordiale, disumana e antiscientifica non può venire nulla di buono per la gente ma solo vantaggi economici per gli istituti di ricerca e per le industrie chimico-farmaceutiche."

 

Lettera a IL MATTINO del 20 aprile 1999:

Torturare gli animali? Divertimento irresistibile per gli spagnoli. E per i turisti.

M. Consuelo Polo

MADRID

"Vorrei raccontarvi una di quelle feste che alcuni parroci spagnoli mostrano di apprezzare, in quanto "fanno parte dell'eterna lotta contro il peccato". Trattasi di una ricostruzione storica di un fatto accaduto nel 1500: l'esecuzione di un ebreo al tempo dell'Inquisizione (spagnola); uno show di crudeltà e di morte, con cui ci si diverte, l'ultimo di Carnevale, martedì 16 febbraio.

Accade a Villanueva de la Vera, in Estremadura. Dopo la "riconquista" - con la vittoria sugli Arabi (fine 1400) - Musulmani ed Ebrei erano stati cacciati dalla Spagna: quelli che avevano voluto rimanere avevano compiuto delle conversioni clamorose, ma sospette, sulle quali l'Inquisizione (ripristinata dal Papa, su richiesta dei sovrani di Spagna) aveva il compito di vegliare.

A Villanueva si trovava, in quel tempo appunto, uno di questi Ebrei, il quale doveva avere suscitato invidia per la sua abilità negli affari e con le donne. Ancora oggi, gli abitanti parlano di "un judìe, un ladròn, un putero". Facile doveva essere stato, poi, avere ragione di lui, perché contro questo tipo di denunce la difesa era inesistente. Da quanto risulta dalla drammatizzazione, l'ebreo fu impalato e fatto a pezzi dalla popolazione. Nella stessa rappresentazione, appare una persona che consegna al sindaco un oggetto raffigurante un organo genitale maschile: segno che il disgraziato era stato anche evirato! La ricostruzione storica rivela anche che. nel 1700, più di un secolo dal fatto, l'Inquisizione indagò sugli abitanti di Villanueva, sospettati di commemorare, ogni anno, il medesimo, sacrificando, ogni volta, un infedele. Oggi, ciò non sarebbe più possibile, per cui l'ebreo viene sostituito con un fantoccio che il popolo fa a brani; tuttavia, poiché gli spagnoli non si divertono se non procurano sofferenza, se la prendono con un piccolo asino il quale rappresenta l'animale che, un tempo, portava sulla groppa il banditore che, prima dell'esecuzione, chiamava il popolo al linciaggio.

Fino al 1986 si sceglieva un asinello destinato al macello; lo si teneva, alcun tempo, senza mangiare né bere, per indebolirlo; lo si faceva montare dall'uomo più pesante del paese, dopo aver ubriacato l'animale affinché cadesse. Quando ciò accadeva, lo trascinavano, correndo all'impazzata, con una corda che gli avevano legata al collo: infine, dopo averlo bastonato selvaggiamente e accoltellato, gli montavano sopra anche in cinquanta, per schiacciarlo e soffocarlo. La festa finiva quando finiva l'asino. Dopo dodici anni, con l'aiuto degli altri Europei, specialmente italiani, inglesi, francesi e belgi, siamo riusciti non ad evitare, ma solo ad attenuare un po' la crudeltà. Molti ci chiedono, anche dall'estero: "Non si può fare qualcosa per finirla dal Duemila con questi abusi?". Si può e come! Se veramente c'è volontà e coerenza. Gli stranieri possono molto di più che noi spagnoli. Per cominciare, in Italia, si può telefonare allo 0445/520510 - "Comitato LIDA contro la corrida e simili". Grazie!"

 

Risposta di Riccardo Pazzaglia:

"Gentile signora, anche se siamo in grado di pubblicare la sua lettera soltanto quando è già passata la "festa" di quest'anno, speriamo che essa venga tenuta in conto da quei nostri lettori che, per la prossima estate, prevedono un viaggio in Spagna. Perché, specialmente per la corrida, sono proprio i turisti stranieri che, con la loro affluenza, riempiono le tasche degli organizzatori di questo atroce divertimento. Sappiamo che il torero non è quell'eroe che Federico García Lorca faceva morire alle cinque della sera: è solo un divo ben pagato che corre pochissimi rischi, in quanto si batte contro un animale già malridotto dai banderillos e dai picadores, che l'hanno seviziato con le loro lance, e che è semiappassito per il dolore che gli provocano le picche che gli hanno affondato nel collo e che, oscillando quando si muove, lo straziano ancora di più. Particolarmente odioso, per il nome che ha, è quel passaggio detto "la veronica", in cui il matador passa la muleta rossa sul muso dell'animale.

Nella cattolicissima Spagna questa beffa è così chiamata dal nome della pia donna che, sulla salita del Golgota, asciugò con la veste il viso sudato di Gesù. Ci sono ben altri motivi per visitare la Spagna, immenso tesoro d'arte, una lingua che è musica di parole, gentilezza, languore mediterraneo, semplicità marinara e, perché no?, la cucina che, gareggiando con quella italiana, è la più gustosa del mondo. Noi condividiamo i sentimenti delle mucche: forza, toro!"

 

Chiudiamo questa rassegna di documenti sulla "doverosa vivisezione" dei Gesuiti di CIVILTA' CATTOLICA riportando per intero un articolo di Romeo Bassoli uscito su IL MATTINO del 31 agosto 1999:

GLI ESPERTI: RICERCHE INUTILI.

Trapianto di testa, Frankenstein è a caccia di finanziatori.

Prendi una scimmia, tagliale la testa e mettila (la testa) in una sorta di freezer che la raffredda fino a dieci gradi centigradi, mantenendola in una sorta di ibernazione. Poi prendi un'altra scimmia, tagliale la testa e innestale quella tenuta in freezer. Risultato: avrai una scimmia che per qualche giorno muove gli occhi, forse sente qualche rumore ed è completamente paralizzata. Ma solo per qualche giorno, perché poi la morte definitiva arriva e la stronca. Lo chiamano "trapianto di testa".
Questa è la bella idea che il dottor Robert White, di Cleveland, mette in pratica da una ventina d'anni, sacrificando alcune povere scimmie dotate di affettività, memoria, intelligenza. Senza migliorare di un millimetro le loro condizioni di moriture paralizzate. L'ultimissima novità è il freezer che tiene la testa staccata in funzione per un'ora.
Ogni tanto qualcuno gli dà dei soldi per proseguire queste follie.
Periodicamente, però, White si trova senza fondi ma riesce a trovare un quotidiano o un settimanale (non  più negli Usa, però, dove ormai anche l'ultimo giornale di provincia ha mangiato la foglia) disposto a sparare in prima pagina il sempreverde mito di Frankenstein. Lo scopo è quello di suggestionare qualche miliardario (o qualche televisione) disposto a sborsare alcune migliaia di dollari. Così è accaduto domenica con il londinese "Sunday Time" supplemento domenicale del paludato "Time", specializzato nel raccogliere, in campo scientifico, le ipotesi più inverosimili per un lettore del week end che si suppone distratto o abbastanza smaliziato per divertirsi con i suoi titoli. Nell'articolo White sostiene che gli bastano due miliardi e un paio di volontari.
Alcuni quotidiani italiani hanno ripreso la notizia. Forse dimenticando di averne già parlato, esattamente nello stesso modo, con una cadenza triennale, dalla metà degli anni '80 ad oggi.
In ogni caso, come spiega il professore Giuseppe Piccolo, uno dei coordinatori del Nord Italian Transplant (la struttura che coordina i centri di trapianto del Nord Italia), "il trapianto di testa non esiste. La testa contiene il cervello, che è la nostra identità. Casomai si trapianta il tronco. Ma è un trapianto semplicemente inutile".
Il perché è semplice: guardatevi in giro, quante persone vedete ridotte su una carrozzella? Conoscete l'ex corridore di Formula 1 Clay Ragazzoni o l'attore che impersonava Superman, Christopher Reeve, il secondo addirittura paralizzato dalla testa in giù? Tutti hanno lo stesso problema: non esiste, purtroppo nemmeno parzialmente, una tecnologia o una chirurgia capaci di riannodare le centinaia di migliaia di fibre nervose che corrono nel midollo spinale e che vengono tagliate al momento dell'incidente. Non esiste neppure per strutture nervose più semplici, come il nervo ottico, che ha "solo" 100.000 fibre per millimetro quadrato. Il problema del dottor White, il motivo per cui nessuno sviluppa le sue ricerche è tutto lì: non è possibile riannodare le fibre nervose che vanno dal cervello al midollo spinale.
Lo acandalo, quindi, è che il dottor White continui a uccidere sadicamente delle scimmie per mantenere il suo incubo.

Lo scandalo, concludiamo noi, è che una rivista religiosa dia una mano a simili atrocità.

Vero è che da qualche autorità ecclesiastica ci aspetteremmo anche una voce contro la caccia per divertimento (il referendum di alcuni anni or sono fallì anche per tale assenza), contro l'abbandono ad ogni estate di centinaia di migliaia di cani e gatti, contro le scommesse sui combattimenti tra animali, contro la tortura praticata negli allevamenti e nei trasporti di animali da macellazione, contro la mortificazione tormentosa della natura animale negli esercizi da circo. Certo, "l'uomo, al centro di tutto e sopra tutto": ma che non sia questo tutto - invece che l'habitat armonioso di concordi viventi - una oleografica natura d'un cattivo pittore, cui prestare un simulato e poco costoso "rispetto".

Una menzione finale, vogliamo riservarla a quella Amelia Tricarichi che si lasciava morire - sola in casa - di emorragia, per non abbandonare i suoi due cani (da IL MATTINO del 22 agosto 1999). Li ha adottati l'Arma dei Carabinieri, per convincerla a farsi ricoverare in ospedale.

 

5) La guerra e il Giubileo

In questo aprile da macellai viviamo una condizione inimmaginabile fino a pochi mesi fa: una condizione di coscienza rimossa tra una guerra sanguinosa in casa nostra - se l'Europa è tale - e i preannunci di un Anno Santo. E ci domandiamo: quanti "Decenni Esecrandi" dovranno seguire a un "Anno Santo"  prima che si sanino le ferite che si stanno infliggendo incessantemente all'umanità? Di che cosa "giubileremo" all'inizio del Terzo Millennio?

Lo sconvolgimento di ogni razionalità in campo conoscitivo, con le folli dottrine della "scienza" contemporanea, e la barbarie delle guerre sul piano storico-politico sono due specchi paralleli che dall'inizio alla fine di questo secolo dannato riflettono mostruosamente l'uno all'altro la perdita totale del senso della vita e della funzione dell'uomo nell'universo. Di fronte a una situazione tale gli stessi messaggi religiosi suonano come campane in un vuoto pneumatico: nessuno le sente, anche se ne è ben visibile il movimento, e i capi politici continuano a sorridersi negli incontri ufficiali, tra gli scoppi assordanti delle bombe.

La nostra "guerra" è contro l'oscuramento della ragione, che inebetita da un pensiero drogato ad opera di caste tecnocratiche ha trasferito dai suoi incubi in una cruenta realtà i veri "buchi neri" del suo essere: l'oppressione dei deboli e la guerra delle armi.

26 Aprile 1999

NOTA

Il nostro appello contro la guerra e per un risveglio delle coscienze civili è stato come la premonizione di una splendida iniziativa di cui ha dato notizia Paolo Liguori oggi alle 13, attraverso la rete televisiva "Italia 1". Migliaia di persone, tra le quali molti personaggi della cultura e dell'impegno civile e politico attivo, atei e credenti di ogni fede, si sono offerte per elevare una barriera umana tra i belligeranti a Pristina nel Kosovo. Vi ha aderito lo stesso Paolo Liguori, sottolineando con i promotori che si tratta di una iniziativa "pacifica" e non strumentalmente "pacifista" e che una tragedia come quella attuale dei Balcani non può attendere solo parole formali, ma richiede un operare concreto dei veri costruttori di pace: "Beati i pacifici, perché saranno chiamati figli di Dio."

La campagna "Io vado a Pristina" è stata indetta dal settimanale VITA. Segreteria organizzativa: tel.02.57.96.961 - fax 02.55.19.03.97 - numero verde 800.036.036 - e-mail: vitarm@flashnet.it

30 Aprile 1999

 

6) "Frigorifero, mamma, voglio mangiare"

Con queste parole, scritte su un pezzo di carta, Massimo Simeone, un ragazzo diciannovenne di Priverno, svegliandosi dal coma a due anni da un incidente grazie all'amore coraggioso dei suoi genitori, ha sconfitto la corporazione tracotante dei grandi clinici, che hanno fatto approvare recentemente dai politici loro sudditi la legge sugli espianti di organi da esseri umani ancora in vita.

La questione entra di diritto in questa rubrica, intitolata Etica e conoscenza, poiché - in contrasto con una "scienza" negatrice di "conoscenza" - è proprio quest'ultima che risolve il problema in modo certo e detta quindi alla coscienza la legge "etica" da seguire, anche se opposta alla legge "legale".

Il ragionamento che ci accingiamo a fare è di una semplicità estrema e la sua riprova sta appunto nel verificarsi di casi come quello del giovane di Priverno. I clinici di cui sopra vorrebbero farci credere che un elettroencefalogramma "piatto" sia segno di "morte" cerebrale, e quindi di vera morte, anche se il cuore continua a battere. Si tratta di una vera e propria idiozia, perché - come anche un bambino delle elementari capisce, se uno glielo spiega -, il battito del cuore non può che dipendere da una zona del cervello ancora ben "viva", i confini della quale e le sue segrete connessioni con l'universo neuronale del cervello sono assolutamente misteriosi e indecifrabili per le limitate capacità degli stessi clinici e dei loro strumenti. La prova del perdurare della "vita", anche di quella cerebrale, è costituita dal fatto che il corpo non va in putrefazione - e che perciò non è un "cadavere" - e dal risveglio in vari casi avvenuto della persona in coma. La "irreversibilità" del coma è solo un dogma del solito ottuso pensiero accademico.

Stando così le cose, una "morale" basata sulla "conoscenza" non può che escludere in modo assoluto l'espianto di un organo da un corpo a cuore battente, a meno che non si ammetta che si può uccidere un uomo per salvarne un altro: ciò, ovviamente, anche nel caso del tragicamente ridicolo "silenzio-assenso" del primo. Nulla eticamente osta, invece, se l'espianto si fa immediatamente da un corpo nel quale il cuore abbia appena cessato di battere e non sia possibile riattivarlo in alcun modo.

Non avremo - dacché ci troviamo - nessun timore reverenziale per estendere il concetto di "etica e conoscenza" al fenomeno dell'aborto, cui abbiamo accennato alla fine del primo capitolo di questa sezione. Sul piano rigorosamente conoscitivo lo zigote, formatosi con la "coniugazione" dei due gameti - ovulo e spermatozoo -, è già un essere "vivente" in pienezza di diritti: nessun sofisma o legge "legale" (ritorna il gioco di parole) potrà invertire moralmente questo dato di natura. Ciascuno veda poi, nella propria coscienza, se l' "opportunità" valga volta a volta ad avere ragione, grazie alla legge, sulla "moralità" del proprio agire. Una cosa è certa: centinaia di migliaia di aborti all'anno in un solo paese sarà un fatto "legale", ma è anche un costume scandalosamente "immorale".

1° Luglio 1999  

 

7) La "scienza" è neutrale; la scienza è benefica

Chi vi dice che la scienza non è moralmente né buona né cattiva, ma può essere applicata sia in un senso che nell'altro, dipendendo dall'intenzione dello scienziato, e che sotto il segno di una tale "neutralità" va comunque praticata nell'interesse della "conoscenza", o è un mentitore o è un imbecille.

La scienza della quale costui vi parla è quella che abbiamo messa tra virgolette, e il suo vero nome è "tecnica". Il discorso che stiamo sviluppando in questa rubrica ci esime ora dal fare una lunga disquisizione sull'argomento, per dimostrare che il significato etimologico di scienza ci assicura che, fin da Socrate, conoscere si identifica con operare per il bene. Ci limitiamo ad aggiungere qui un consiglio, del quale, tuttavia, siamo certi che non avete bisogno: a un tale personaggio non crederete nemmeno se vi parla di "libertà", "diritti umani", "solidarietà", "giustizia" (specie se "internazionale"), e simili principi ideali. Voi sapete già che se ne infischia.

Con questa ovvia premessa, vi invitiamo a visitare il sito segnalatoci da un nostro lettore, di cui vi diamo appresso l'indirizzo. Vi renderete meglio conto della fine che ha fatto la cosiddetta "neutralità" della scienza circa l'uso del nucleare.

http://STOP-U238.i.am

 

8) Bambino o bambolotto?

Oggi 15 dicembre 1999 il tribunale dei minori deciderà la risposta a questa domanda, a proposito della ragazza tredicenne di Pozzallo, disabile, che dovrebbe abortire per superiore volontà dello Stato, rappresentato in questo caso dal suo tutore, perché l'assistente sociale ha riferito che essa "non distingue un bambino da un bambolotto".

A noi sembra, in verità, che tale incapacità le sia stata comunicata in solido dal tutore stesso (medico) e dal silenzio-assenso della ministra (cattolica) della Sanità, in ciò assicurati e confortati da una legge di quello Stato, che consente che ogni anno siano gettati nella spazzatura centinaia di migliaia di "bambolotti". Solo differenti per età da quello che una ragazza-madre snaturata abbandona nel relativo cassonetto.

A nessuno dei sostenitori progressisti di tale "spartana" (si legga la storia, antica e recente) decisione è venuto in mente che la soluzione migliore sarebbe stata - non so, purtroppo, se si possa ancora dire al presente "sarebbe" - assicurare a quella bambina una premurosa, assidua assistenza fino al parto, portandola a una consapevolezza che oggi sembra non avere, e saziare la "fame" di figli di una delle tante famiglie, sterili o no, spasmodicamente desiderose di adottare quel "bambolotto".

NOTA

La notizia di oggi 16 dicembre è che la ragazzina ha scritto una lettera al giudice tutelare, supplicandolo di non far morire il suo bambino, e ciò in accordo col desiderio del ragazzo che ne è padre. Il tono degli abortisti è diventato violento, come quello di chi teme che la preda possa sfuggirgli. Ai nostri lettori diciamo di tornare all'argomento n.3 di questa rubrica. Vedranno, così, come tutto si tiene. 

Abbiamo appreso, oggi 17 dicembre, che la preda è scappata. Il giudice tutelare Daniela Di Sarno (gridiamone il nome, vivaddio!), sentita la ragazzina, ne ha accolta la richiesta di maternità. Sempre più arrabbiati gli ultras dell'abortismo, che estendono la taccia di psicolabile dalla ragazza al giudice tutelare. Deo gratias!

P.S. Non si confondano con noi gli antiabortisti che, per motivi catechistici, sono anche contro gli anticoncezionali e che, con tale preconcetto, finiscono per favorire concretamente l'aborto come pratica anticoncezionale e concorrono, altrettanto concretamente, all'aumento della fame nel mondo e alla diffusione dell'AIDS negli sventurati paesi del sottosviluppo. Quella conoscenza, cui la presente rubrica vuole collegare i problemi fondamentali dell'etica, esclude che un qualsiasi metodo che impedisca il concepimento - dall'astinenza al profilattico - uccida una vita e sia, quindi, "immorale", esattamente come, dalla parte opposta, si rivela infantile frammettere un momento di separazione temporale tra l' "embrione-cosa" e l' "embrione-persona", per poter fare tranquillamente scempio del primo. Il che è del tutto equivalente alla famosa antica discussione dell'istante preciso nel quale Dio soffierebbe l'anima immortale nel feto.

I giornali riferiscono oggi che la ministra della Sanità si è dichiarata soddisfatta per la decisione favorevole alla maternità della ragazza di Pozzallo. Il suo era dunque un silenzio-dissenso, e non un silenzio-assenso, come da noi ipotizzato, benché indistinguibile dall'altro. Limitiamoci a dire: Meglio tardi che mai.

 

9) "Il bel Danubio bianco"

Oggi 14 febbraio del felice anno giubilare 2000 l'onda di cianuro ha raggiunto Belgrado e il Danubio, che ha così assunto un bel colore bianco, al posto del cupo blu del celebre valzer, e un ottimo odore di mandorle amare. Poco importa che ai guasti terribili di una guerra "umanitaria" (vedi l'argomento n.5 di questa rubrica) si sia aggiunta per altrettanti futuri decenni la devastazione della fauna e della flora che davano ricchezza e bellezza ai paesi rivieraschi. Rimane, per consolarcene, la miniera d'oro in Romania, origine del disastro, dalla quale gli avveduti azionisti potranno attingere ricchezza e bellezza per la gioia delle loro consorti. Del resto, con o senza cianuro, il Danubio era già un fiume reso cieco ai traffici vitali di quei paesi dai missili "intelligenti" che ne avevano fatto sprofondare i ponti.

Per gli oceani, inoltre, non è più - per grazia di Dio - "rara la luce della petroliera", come nella poesia del Montale, ma frequentissima e parimenti devastante che l'onda del cianuro, con i naufragi spensieratamente ricorrenti lungo le coste di tutto il mondo. Perché lamentarsene, se quelle carrette del mare riforniscono il "mercato" dell'unica forma di sporca "energia" che la presunta scienza di oggi è capace di produrre? 

 

10) "... un sozzo bubbone d'un livido paonazzo"

Non siamo nella Milano del Seicento di manzoniana memoria, ma oggi 26 aprile del Duemila, a un anno esatto di distanza dal nostro scritto n.5 di questa rubrica (La guerra e il Giubileo), leggiamo dai giornali che è scoppiata, pensate, la peste bubbonica nel Kosovo: dopo il Danubio al cianuro e gli effetti di lunga durata delle piogge di bombe all'uranio "impoverito", continuano i risultati a tempo indeterminato di quella "guerra etica", mossa da pura "ingerenza umanitaria", coraggiosamente scatenata dalla stratosfera da sedici stati europei contro un piccolo paese balcanico.

"Peste lo colga" - è il caso di dire - chi avesse osato pensare ad altre, più vere ragioni di tante ciniche stragi: che, per esempio, l'ultimatum di Rambouillet aveva di mira proprio e solo la guerra come utile banco di prova dei nuovissimi armamenti della NATO, così come il lancio della bomba atomica su Hiroshima e Nagasaki servì ad avvertire l' "alleata" Russia a non scherzare in futuro con lo zio Sam.

Che una "scienza" degenere sia complice di queste applicazioni dissennate di progressi tecnologici, era il rilievo che facemmo nello scritto citato sopra. Per una divertente coincidenza ciò viene confermato dalla grancassa che i mezzi di informazione cominciano a fare proprio oggi sulla presunta "fotografia del big bang", reclamizzata con grande enfasi da giovani e vecchi bacucchi degli ambienti accademici contemporanei. Torneremo sull'argomento in altra sezione del sito, per riderci un po' sopra, come è nostro costume. Vogliamo qui limitarci a sottolineare quello che andiamo da sempre ribadendo: che, cioè, esiste un perfetto parallelismo tra il vuoto assoluto delle dottrine teoriche sul piano conoscitivo e la loro "neutralità" morale su quello delle realizzazioni pratiche. Avviene, perciò, che queste, proprio per difetto di eticità, sconfinano spesso nel crimine e nello scempio di principi fondanti della natura umana.  

 

  11) Post-scriptum all'argomento precedente

Il valore di questa rubrica, dedicata al rapporto intrinseco che - a nostro avviso - esiste tra etica e conoscenza, sta nel fatto che spesso le nostre prese di posizione possono apparire al momento impopolari e controproducenti, ma, a distanza di poco o molto tempo, finiscono col diventare acquisizioni di una coscienza quasi generale. Riportiamo testualmente, come un chiaro esempio di ciò, dalla pagina "ditelo al Mattino" del giornale napoletano di sabato 20 maggio 2000, una bella lettera di un lettore e l'onesta risposta del giornalista, che sarebbero state imprevedibili in quello che noi chiamammo "aprile da macellai" al capitolo n.5 di questa sezione.

Kosovo, a che cosa è servita la guerra "umanitaria"? E chi sono i vincitori?

"A distanza di un anno dall'inizio della guerra alla Serbia, giornali e tv europei si sono affrettati a ricordare e a riproporre immagini e notizie di quel momento, quasi a voler celebrare una vittoria della "guerra umanitaria". Chissà se in Italia tra i tanti interventisti qualcuno ha oggi il coraggio di dire che nei Balcani la situazione è migliorata rispetto ad un anno prima della guerra. La guerra a cosa è servita e chi sono i vincitori? Dunque, a cosa possa essere servita è sotto gli occhi di tutti, mentre i vincitori sono: i produttori di armi, i trafficanti di armi e droghe, i venditori di bambini, la criminalità organizzata (scafisti, delinquenti dediti allo sfruttamento ella prostituzione, finte organizzazioni umanitarie, ecc.), senza menzionare gli interessi politici internazionali che sostenevano l'intervento, o l'utilizzo a proprio uso e consumo del diritto internazionale, visto che sono stati stravolti tutti i trattati e gli accordi. Chi ha perso? Il popolo, il popolo del mondo, ha perso chi è maggioranza e lascia decidere a pochi il suo destino, il suo lavoro, il suo cibo, la sua vita. Nei Balcani è un po' come in Iraq, le sanzioni internazionali non le paga certo Saddam Hussein con la sua famiglia nel suo palazzo dorato, le paga il popolo che non sa come curarsi o mangiare; nei Balcani ci sono migliaia di persone che non hanno più un lavoro, non hanno più una casa. I livelli di inquinamento da uranio saturo causato dalle tonnellate di missili, oltre a rappresentare un serio pericolo per la popolazione a medio e lungo termine, hanno causato molti danni all'ambiente circostante e non si sa quanto abbiano inciso sull'agricoltura, e quindi sull'allevamento del bestiame, sui fiumi, ecc.. E così mentre in Europa si parla di sanzioni, i vincitori se la ridono, fiutando altri favolosi affari."

Salvatore Leonangeli, Napoli

"Indubbiamente, ad un anno dall'intervento armato in Jugoslavia, quasi nessuno se l'è sentita di tracciare un bilancio positivo. Molti governi di paesi della NATO - dunque che parteciparono attivamente alla guerra - nell'anniversario del conflitto hanno preferito evitare valutazioni approfondite, fatte salve alcune dichiarazioni più o meno di circostanza. Non è un mistero, d'altra parte, che se divisioni ci furono durante la "gestione" della guerra, altrettante si sono manifestate nel difficile e sanguinoso dopoguerra, che ha visto - pur in presenza della forza multinazionale (la Kfor) - l'espulsione dal Kosovo di quasi 300mila serbi e la violenza sistematica da parte dell'Uck (la milizia albanese, poi "risorta" sotto altre sigle), come ha recentemente ricordato anche il sottosegretario agli Esteri Umberto Ranieri. A tracciare un bilancio decisamente negativo e fallimentare della presenza internazionale nei Balcani è stato perfino il relatore dell'Onu, mentre la Nato, tra qualche imbarazzo, non ha potuto nascondere i gravi problemi irrisolti. I giornali (anche il Mattino, con un reportage dal Kosovo un anno dopo) hanno raccontato le contraddizioni di un dopoguerra segnato da instabilità, traffici illeciti, diffusione della criminalità, nuove sofferenze. La guerra è stata dunque ingiusta, tutt'altro che "umanitaria"? Il dibattito e la polemica restano aperti. Non intendiamo qui replicare, gentile lettore, al suo punto di vista. Le sue osservazioni, semmai, ripropongono l'urgenza di questioni più generali che la guerra del Kosovo non ha affatto risolto: chi deve intervenire nelle controversie internazionali? Con quali strumenti? Sulla base di quale diritto? L'offuscamento del ruolo dell'Onu, la mancanza di un diritto internazionale equo e certo, la conseguente scomparsa di "mediatori" autorevoli, sono certamente tra le cause che impedirono che la guerra del Kosovo fosse evitata. C'erano - come suggerisce lei - interessi non dichiarati che premevano per scatenare comunque l'intervento? La risposta a questo quesito non cambia la sostanza del problema, che risiede appunto nella necessità di elaborare istituzioni e processi decisionali che le guerre le sappiano - per quanto possibile - bandire. E' un percorso lungo e difficile, ma qualcosa si muove. E anche l'impegno dell'Italia per la riforma del Consiglio di Sicurezza dell'Onu, non va dimenticato, segue questa direzione." (f. r.)

 

12) Tenochtitlán

26 maggio 2000. Il sommo sacerdote sta per affondare il coltello di ossidiana nel petto di una bambina: il suo "sacrificio" salverà la sorellina, alla quale cesserà di accarezzare i lobi delle orecchie, come ora fa, ignara del proprio destino. Lo vuole Tlaloc, il dio della pioggia salvifica.

 

13) Dei Comitati Bioetici

Li chiameremo Comitati Tanatoetici, da quando, due giorni fa (vedi il capitolo precedente), quello dell'Ospedale Civico di Palermo diede il suo assenso alla morte programmata di Milagros. Riflettiamo bene. C'erano due testoline con due cervelli perfettamente funzionanti, alimentate da un solo cuoricino. Ebbene, dodici santoni su tredici di quel Comitato hanno deciso che una di quelle testoline andava spenta, con la scusa barbarica di salvare l'altra.

Ora cercano di frastornarci sostenendo che sarebbero morte entrambe. Naturalmente di ciò non possono fornire alcuna prova, mentre è assolutamente certo che prestabilire la morte di un essere nella presunzione di salvarne un qualsiasi altro equivale eticamente al "sacrificio" di bambini (da noi ricordato in anticipo con la stessa fortuna di Cassandra) che le popolazioni precolombiane facevano alla divinità, nella presunzione - anche quella era tale - che la pioggia futura sarebbe stata la salvezza per il popolo intero. Non per nulla il termine usato è ancora oggi lo stesso, e cioè, appunto, "sacrificio".

Una menzione particolare va fatta per il cardinale Tonini, il quale, sempre due giorni fa, ebbe a dichiarare: "Nessuno [sic] potrà biasimare il gesto dell'intervento". Quanto a capacità profetica, non c'è male. A proposito, a chi si riferiva l'Osservatore Romano sulla vicenda, con quell'invito perentorio: "Stiano, per favore, un po' tutti zitti"?

 

14) Hannibal

Non ricordiamo se nei romanzi di Thomas Harris il cannibale Hannibal sia arrivato al governo del suo paese. Quel che è certo è che il governo inglese ha dato il via alla clonazione umana, allo scopo di strappare ad incolpevoli embrioni della nostra specie organi e tessuti da destinare a simili già nati di quegli stessi embrioni. Il tutto col nulla osta e timbri autentici della "scienza" dei nostri giorni.

Sono i postumi naturali di un secolo zombi, che non vuole decidersi a trapassare definitivamente. Cari lettori, sappiate tuttavia che non potete chiamarvi fuori col silenzio e l'assuefazione: oggi, 31 luglio dell'anno 2000, la campana suona senza perdono anche per voi. 

 

15) Anestesia per i "morti"

Prima di leggere la raccapricciante notizia che riportiamo testualmente da IL MATTINO di domenica 20 agosto 2000, vogliate rileggere, per favore, l'argomento n.6 di questa sezione, datato 1° luglio 1999, e mettete i due fatti in relazione anche coi precedenti argomenti da 12 a 14, perché sia sempre più chiaro come la "scienza" contemporanea, avulsa ormai del tutto da fondamenti rettamente conoscitivi, rappresenti un continuo attentato alla ragione e alla natura stessa dell'uomo.

"Trapianti a Londra. I medici chiedono: anestetizzate i donatori d'organi.

LONDRA. Prima di procedere all'espianto di organi, i donatori dovrebbero essere anestetizzati perché in qualche caso potrebbe esserci una remota possibilità che avvertono il dolore. La richiesta viene da un editoriale di Anaesthesis, il giornale degli anestesisti britannici. "La morte non è un evento, ma un processo e la nostra limitata comprensione di questo processo dovrebbe imporci cautela prima di decidere che l'anestesia non è necessaria", scrivono Basil Matta e Peter Young dell'ospedale Addenbrooke di Cambridge. I due medici polemizzano con una direttiva delle autorità sanitarie che definisce non necessaria la sedazione dei donatori. "Prima si sgombra il campo dalla suggestione che un paziente cerebralmente morto può avvertire dolore e meglio è", ha commentato John Evans. A mettere a disagio le équipe operatorie e ad angosciare i parenti dei donatori, sono i movimenti riflessi che il corpo del paziente ha quando comincia l'operazione."

Non è, in effetti, il caso di preoccuparsi: quei movimenti riflessi di cerebrolesi non hanno mai dato mal di testa alle autorità sanitarie britanniche.

 

16) “Homo excoriator”: lo scuoiamento di cani e gatti

Premettiamo la citazione dei luoghi del nostro sito, dove ci siamo battuti in modo specifico per la sorte degli esseri umani: ciò allo scopo di rispondere alla ributtante ipocrisia di coloro che dicono : “Tu pensi agli animali e non pensi agli uomini”.

A prescindere dal fatto evidente che il carattere stesso di tutto il nostro discorso è pregiudizialmente humanus, ricordiamo che,  contro le guerre ancora imperversanti tra il secondo e il terzo millennio, abbiamo espresso – momento per momento – una condanna senza condizioni, anche se con tragica voce di Cassandra, nella sezione VII (Etica e conoscenza), nella VIII (Lettere a LE SCIENZE) e – nel riquadro di testa – in CONVENTIO 2001 (Miscellanea di attualità) e in AERE PERENNIUS.

Messi a tacere gl’insopportabili ipocriti di cui sopra, rivolgiamoci a considerare la specie dell’ “uomo scuoiatore di animali vivi”, che apprendiamo esistere in varie regioni dell’Asia da una notizia che ci ha inorriditi oggi, 21 novembre 2006.

Avvertiamo subito che c’è un sentimento ancora più intenso dell’avversione che proviamo per gli “operatori del settore”, come con definizione di mercato si chiamerebbero gli scuoiatori, ed è il vero e proprio ribrezzo che sentiamo nelle viscere per i “civili” elegantoni, specialmente di questo nostro beneamato Occidente religioso e guerriero, che consapevolmente si agghindano con le pellicce degli animali uccisi. E  – si faccia attenzione – comunque uccisi, anche se non con la spaventosa ferocia dello scuoiamento: per esempio, con lo spasso della caccia e della pesca perpetrate per divertimento. Un consiglio ai nostri lettori: neghiamo in modo inespiabile la nostra amicizia all’ “homo excoriator”, anche se ce lo ritroviamo per disgrazia tra qualche nostro conoscente.

 

17) Eluana

Lettera a IL MATTINO di Napoli:

Venerdì 14 novembre 2008. Oggetto: Giustizia

Quanto è pietosa la giustizia americana! Un condannato per delitti efferati muore dopo quindici minuti con un'iniezione di morte assistita.

Per la giustizia italiana un'innocente muore dopo quindici giorni di fame e di sete.
Ma, si sa, l'Italia è uno "stato di diritto"! 
Renato Palmieri

Il quotidiano napoletano non l'ha pubblicata, ma ne ha accolto tre molto migliori. I lettori sono pregati di procurarsele. Sono dei signori Anna Maria Bonuso e Gennaro Bianconcini nel numero del 24 novembre e del signor Bruno Esposito in quello del 28 novembre.

P. S.  22 dicembre 2008: La Corte europea per i diritti dell'uomo ha respinto il ricorso delle associazioni contrarie alla morte per sentenza, perché "non hanno alcun rapporto diretto" con Eluana Englaro. Il che vuol dire che, se "c'è un giudice a Berlino", c'è un Pilato a Strasburgo.

 

18) Sugli abeti di Natale e le altre vittime "animali"

IL MATTINO di Napoli ha pubblicato domenica 4 gennaio 2009 la lettera seguente, dopo quella del lettore appresso citato del 2 gennaio 2009:

Difesa dei viventi non umani

Renato Palmieri - NAPOLI

 

La lettera esemplare del signor Guglielmo Martucci Schisa sul massacro natalizio degli abeti (in primis quello di piazza San Pietro) richiama l'attenzione su un incomprensibile fenomeno: al di là di appelli generici sul rispetto che l'uomo deve alla natura, la Chiesa cattolica rimane nella sostanza indifferente di fronte alla crudeltà manifesta della società tutta e, in particolare, di quella italiana verso il mondo vivente non umano, quasi come se questo fosse solo uno sfondo coreografico alla presenza dell'uomo stesso nel Creato.

Mi pare opportuno sgombrare prima il campo dai prevedibili ed ipocriti clamori di quanti si indignano contro quelli che si battono per gli altri "esseri animali" (comprese le piante, come giustamente sostiene il signor Martucci Schisa), in nome della assoluta prevalenza da attribuire agli interessi e ai guai dell' "animale uomo". Costoro dimenticano che i due sentimenti di amore sono solo due facce inseparabili d'una stessa medaglia, delle quali quella umana è - in tutto e solo essa - dipendente dall'esistenza dell'altra.
Mi soccorre un altro esempio sul tema. Nell'imminenza dell'estate ho scritto due volte, al Pontefice precedente e a quello attuale, pregando che volessero esprimere una condanna esplicita ed ufficiale contro l'abominevole sistematico abbandono di migliaia di cani e gatti perpetrato dai loro padroni vacanzieri lungo le strade della penisola. Purtroppo il mio appello supplichevole non ha avuto ancora ascolto.
Non voglio allargare il discorso ad altri numerosi aspetti dello stesso problema: così, per esempio, il silenzio sulla caccia praticata per "divertimento", che priva milioni di nidi delle cure parentali, allo scopo di muovere le mascelle su minuscole carni e di vantare tra gli amici una mira spesso bugiarda.

 

19) "Buon 2009" a 300 bambini...

...morti sotto le bombe di Gaza; e "felice anno nuovo" alle centinaia di altri come loro, storpiati o rimasti senza genitori e fratelli. Sulle tombe e sui giacigli di ospedale (se ce ne sono), il numero di non so quale risoluzione dell'ONU presa a loro conforto.

Ma, sull'argomento e su un tema più generale e profondo, parla assai meglio di noi una straordinaria riflessione di Rosalia Porcaro, che oggi, 17 gennaio, si può leggere su IL MATTINO di Napoli, in cronaca, e che ci permettiamo di riportare testualmente nella sua bellezza e verità, invitando peraltro i lettori a ritrovare la copia originale del giornale e a conservarla come un'opera d'arte, insieme col bel volto dell'autrice.

Quella smorfia che si chiama senso di colpa

Che cos'è il senso di colpa? Lo sa Freud, lo sa Dio, lo sanno quelli che comprendono le cose; non certo io. Ma, anche senza essere un'esperta, posso spiegare qual è il mio senso di colpa, almeno cosa si prova ad averlo. Il senso di colpa che provo io comincia con una specie di nervosismo che mi fa alzare se sono seduta o sedere se sono in piedi. La mia faccia è tirata e, senza che io me ne accorga, in mezzo alla fronte si forma una ruga e la bocca fa una smorfia che la tende verso il basso, come una grande U capovolta: una faccia da mal di stomaco. La mia testa è confusa, non si dà pace. Cerca un colpevole o una spiegazione ma non ci riesce. Il senso di colpa mi fa accelerare i battiti del cuore, la testa gira a vuoto, le cose non sono al loro posto e io non capisco: ma io sono a posto? E che posto occupo? E perché non faccio nulla? Penso al mio modo di vedere la vita legato a una idea fissa, alla giustizia, a una legge morale. Fatalità a parte, la vita ci premia o ci condanna. Come uno specchio essa ci ridà quello che siamo. Ma il mio senso di colpa mi dà la nausea perché non posso aggrapparmi in alcun modo alla mia confortante visione della vita; non posso crederci più, e non posso credere più nella vita stessa, nemmeno nelle idee, nemmeno nella giustizia, e il ronzio nella mia testa continua... Ciò che vedo non ha logica, non ha etica, non ha un colpevole (perché quando i colpevoli sono tanti si azzerano): si può solo piangere e non servono le parole. Il senso di colpa è la peggior tortura per l'essere umano. Quando guardo in tv i bambini morti per questa maledetta guerra, a parte il senso di colpa non vedo più nulla.

 

20) Ultimo viaggio

Eluana Englaro

 

Avess'io il genio di Masters,
tu giaceresti tra i morti
di Spoon River.
Ma ch'io abbia taciuto,
pur ìmpari,
nessuno dica.
Ti piangerò nel tempo
della tua lunga morte,
cui ti destina la cura
di zelanti necrofori.
 
Renato Palmieri

Torniamo sul caso di Eluana, la condannata che, all'alba di oggi 3 febbraio 2009, è stata trasferita nel braccio della morte per esservi fatta morire di fame e di sete, dopo breve agonia d'una ventina di giorni. Ci siamo ricordati di Edgar Lee Masters, che non avrebbe mancato di inserire la vicenda tra gli epitaffi della sua Antologia di Spoon River.

Aggiungiamo il testo di due lettere inviate al MATTINO di Napoli, l'una a seguito dell'altra e non pubblicate. Si vive ormai in un mondo che non sa una virgola del misterioso poema della vita, ma lo getta via nella spazzatura, come fa con gli embrioni umani e con i feti abortiti. Ci è impossibile allegare testualmente le lettere del signor Ivan Montone, cui si riferisce il nostro commento, ma ne risulta egualmente chiaro il senso complessivo.

 

Egregio Direttore,
la giusta precisazione del signor Montone su IL MATTINO del 29 gennaio 2009 m'induce a riproporre il mio commento, non pubblicato, al medesimo caso: lettera del 22 gennaio scorso, che invio nuovamente, qui di seguito e senza modifiche. I fautori della morte di Eluana devono mettere in conto il fatto che non sarà cosa facile e senza incancellabili conseguenze dare esecuzione a una sentenza, che - in ogni caso - "consente e non comanda" la fine di una vita. Nessuno potrà abolire tre mostruose evidenze: la prima, che viene stirata l'opinione di una fanciulla di sedici anni a "volontà" di una donna incosciente di vent'anni dopo; la seconda, che si destina un vivente in coma a inconoscibili sofferenze di una morte per fame e per sete; la terza, che ne deriverebbe un groviglio di casi e di interessi trattati in modi illegittimamente diversi tra migliaia di persone anch'esse in coma  (situazione cui giustamente ha voluto porre riparo il ministro Sacconi col suo provvedimento ad hoc). Occorre fare appello al più largo senso di responsabilità per evitare un precedente irreparabile.
Distinti saluti.
Renato Palmieri
 
Al di là delle blande proteste delle comunità schierate per la vita di Eluana e delle disposizioni amministrative del ministro Sacconi, la lettera del signor Ivan Montone, pubblicata sul numero di domenica 18 gennaio 2009, contiene fin dal titolo una "notitia criminis". Il titolo dice: "Ma non vi possono essere omicidi per ordine dell'autorità". Ciò significa che il crimen è quello eventualmente commesso dai giudici del caso Englaro, ovvero - nella fattispecie - di istigazione all'omicidio, in violazione delle leggi vigenti e, estendendosi tale violazione alla Suprema Corte di Cassazione, di vero e proprio attentato alla Costituzione. L'assunto è che in nessun punto del nostro ordinamento giuridico e costituzionale si riscontra la liceità di una morte per sentenza, basata per di più sulla "volontà" presunta di una lontana minorenne (se i calcoli non sono sbagliati), arbitrariamente spostata in avanti di diciassette anni ed attribuita a una donna in coma persistente. Stando così le cose, la domanda che s'impone da sola è: a quale istituzione attuale compete la valutazione dei contenuti della lettera, prima che avvenga l'irreparabile, e a quale altra spetterà, per ipotesi, la possibilità di incriminazione degli eventuali responsabili e loro complici, se Eluana fosse condotta a morire?
Renato Palmieri

P. S. Ore venti e dieci di lunedì 9 febbraio 2009: Giustizia è fatta! La condannata è morta di sete, come certificato dall'autopsia, ovvero di "cacotanasia" (cattiva morte). Il termine innovativo è entrato nelle sentenze italiane, al posto dell'antiquato "eutanasia" (buona morte), e sarà presto recepito nella Costituzione della repubblica.

 

21) Natura Nemesi: la "marea nera" e Gaia

Obama mercifica il disastro con la British Petroleum. Ma la Natura memore: Cari Americani, bianchi o neri che siate, voleste il petrolio con guerra e sangue? Ve lo do in libertà, perché vi ci possiate affogare! E non si dimentica di noi: Cari Italiani, bianchi o neri che siate, voleste Eluana morta? La faccio vivere in Gaia, da un'altra Eluana in coma! La pena del cuore non è per l' "umanità" degli Obama, ma per l' "animalità" degli innocenti. Come il pellicano incatramato... (Giugno 2010)

 

 

 

Questa pagina confluisce nella sez.VIII: Lettere a LE SCIENZE.