CILENTO IN BICI |
Il
Leone di Caprera
Una barca di cento anni fa, prima affermazione di una vela italiana da
diporto nelle imprese oceaniche, rivivrà in una copia fedelissima che si sta
allestendo a Marina di Camerota, per rifare una celebre traversata oceanica
compiuta da tre uomini di mare italiani di quel tempo.Dopo molti anni di incuria, una
significativa testimonianza dei primi passi degli italiani nel mondo della
navigazione d' altura a vela, fatta per puro spirito d'avventura, per amore per
il mare ed esaltata anche dal pensiero di una Italia lontana, sarà salvata da
un comune della costiera cilentana, Marina di Camerota, dopo la segnalazione
dell'Associazione Marinai d’Italia di Milano alla Marina Militare e la
successiva consulenza tecnica dell’Arsenale Militare Marittimo di La Spezia.
Si tratta del Leone di Caprera, una piccola goletta costruita nel 1879 a
Montevideo rimasta per molti anni in stato di abbandono nell' austero cortile
del Museo della scienza e della Tecnica di Milano.
Una coraggiosa iniziativa
All'inizio del 1879 tre marinai italiani, il capitano Vincenzo
Fondacaro di Bagnara Calabra e i marinai Orlando Grassoni di Ancona e di Pietro
Troccoli di Camerata, si ritrovano a Montevideo. Sono tutti compagni nella
lacerante condizione di emigranti e di marinai che da sempre si imbarcano su navi
di tutti i paesi. Nella grande comunità italiana locale la nostalgia della
patria è grande e la figura di Garibaldi, che aveva vissuto in Uruguay,
costituisce un simbolo di grande significato, per cui alla barca che riescono a
costruire in loco dal cantiere di Luigi Briasco, con l'aiuto di molti
sottoscrittori, viene dato un nome - Il Leone di Caprera - riferito al mito
dell' eroe dei due mondi, figura che negli anni giovanili Fondacaro aveva anche
incontrato. Il ragazzo di Bagnara è emigrato giovane, a 17 anni, in Inghilterra
e inizia lì la sua carriera di marinaio che lo porterà in tutti gli scali del
mondo ( " man mano che io crescevo negli anni, mi sentivo invaso da una
grande passione per visitare il mondo ... " ). Quello che caratterizza il
suo sodalizio col mare è che oltre a navigarvi per professione ( è capitano di
lungo corso dal 1876) dedica anche del tempo a praticare la navigazione per puro
piacere e così nel primo incontro a New York nel 1874 con l'anconetano Orlando
Grassoni nasce il progetto di una piccola barca a vela con la quale attraversare
l'oceano unendo il continente americano all'Italia. Lo stesso Fondacaro progetta
una goletta lunga fuoritutto 9 metri, larga alla massimo 2,3 con una stazza di 3
tonnellate, dotata di due alberi abbattibili lunghi 4.5 metri ciascuno e
l'impresa che ne segue prendere il via da Montevideo dove vengono reperiti i
fondi (20.000 lire ) per costruirla . Le vicende del periodo impiegato nella
costruzione non sono poche e Fondacaro prima di poter partire per il viaggio
rischia più volte di vedere sfumare il suo sogno tutto per colpa dei creditori
ai quali via via ha dovuto aggrapparsi per finire il battello. Finalmente il 3
ottobre 1880 il Leone di Caprera è pronto ad affrontare l'oceano dopo avere
caricato le ultime provviste e messo a punto di strumenti di navigazione (una
bussola, un barometro, un sestante ). Che cosa aveva imbarcato il capitano
Fondacaro per un viaggio della durata presunta di 100 giorni? Galletta, carne in
conserva e uova per un totale di 160 kg; poi alcune galline vive, 40 litri di
vino , qualche bottiglia di liquore e un recipiente per raccogliere 1000 litri
di acqua piovana. Infine una grande quantità d'olio, poiché lo skipper de il
Leone di Caprera lo riteneva il migliore toccasana in caso di burrasca, quando
veniva filato in mare facendolo fuoriuscire da un sacco di canovaccio. Il
liquido usciva lentamente dalla tela e attorno alla barca le acque si calmavano,
in altre parole l'olio impediva il formarsi di frangenti. Un sacco col suo
contenuto poteva durare 24 ore . Il battello imbarcava 100 litri di olio che
venne impiegato varie volte tanto da far dire a Fondacaro che il viaggio si era
potuto realizzare proprio per i risultati che questo metodo di operare sulle
onde aveva dato. Ma naturalmente, pur rispettando le opinioni del protagonista
dell'impresa, il ricorso all'olio, che pur si ritrova nelle antiche esperienze
dei balenieri dell'America meridionale e delle Azzorre, non può assumere
importanza che Fondacaro ha voluto dargli. Ben altre sono le esperienze fatte
dai navigatori moderni in fatto di navigazione in alto mare, e a questo
proposito anche l’ “ancora galleggiante” usata parecchie volte dai nostri
tre navigatori , era già di paternità francese.
Ha inizio la traversata
Così equipaggiato il Leone di Caprera si allontana nell'oceano ed inizia
la lunga traversata che permette subito all'equipaggio di
sperimentare l'efficienza di un'ancora galleggiante progettata dallo stesso
Fondacaro e di utilizzare l’olio per calmare le acque intorno al battello.
Proseguendo il viaggio altre emozioni si hanno nella prima quindicina di
ottobre, quando la barca rischia di capovolgersi; ma dopo essere rimasta breve
periodo con l'albero in acqua, ritorna in assetto e prosegue (e così capiterà
altre volte). I tre a bordo sono soprattutto buoni marinai e anche se la barca
risulta molto lenta nelle andature controvento, realizzano sempre una
navigazione corretta e affrontano le molte traversie di questo viaggio con
grande rassegnazione. Una delle cose che più colpisce nel libro che Fondacaro
scrisse successivamente (" dall’ America all'Europa " Galzerano
editore-Casalvelino Scalo- 84040 Salerno), è la continua successione di
incontri con grandi navi a vela e con qualche raro bastimento a vapore che viene
fatta dal Leone di Caprera. L'abitudine dei comandanti di quell'epoca di
fermarsi spesso in occasione di questi incontri, era il miglior mezzo per far
giungere notizie a terra; e di conseguenza di questa piccola barca ce stava
affrontando l'oceano già se ne parlava in parecchi paesi. La navigazione
avviene inizialmente con venti da sud e successivamente dopo l' equatore da
nord- est e sono a favore anche le correnti del Brasile, l' Equatoriale, della
Guinea e delle Canarie. Il 24 novembre, circa sessanta giorni dalla partenza, la
goletta passa l' equatore tagliandolo all'altezza del 22esimo meridiano ovest.
La nuova situazione dei venti da nord-est si consolida verso natale, una data
che viene ricordata dai tre naviganti perché trascorsa lottando col mare e con
successive burrasche, mentre le coste dell'Africa sono vicine e si intravede già
il golfo del Senegal. Il battello finalmente riesce ad atterrare alle Canarie ed
entrare a Las Palmas per rifornimenti: i navigatori, duramente provati e in
stato di semincoscienza, vengono accolti da una popolazione incuriosita per la
eccezionalità dell'impresa e da autorità locali molto disponibili. La notizia
dell'avvenuta traversata viene rilanciata da alcune agenzie di stampa e compare
anche sui giornali italiani. Il 15 gennaio il Leone di Caprera riparte diretto a
Gibilterra dove il 23 gennaio termina la parte di reale interesse marinaresco
rispetto dell'impresa. Da notare che, proprio durante la traversata dello
stretto, Fondacaro ancora una volta ricorre al sacco d'olio per difendersi dalle
onde che nel suo libro descrivere dettagliatamente questo sistema per uscire
senza danno dalla tempesta.
Il significato di un'impresa
Il viaggio sino a Gibilterra è durato 116 giorni, comprendendovi anche
gli scali. Il Leone di Caprera aveva faticato non poco a risalire , facendo
registrare una media di 4 nodi e mezzo sulle 5.000 miglia compiute in 90 giorni
effettivi. L' interesse per l'impresa del Leone di Caprera sta non tanto nella
data in cui è avvenuta, anche se trova una giusta collocazione cronologica come
primo viaggio atlantico " di piacere " fatto da una imbarcazione a
vela italiana, ma nelle motivazioni per cui essa si è realizzata, non ultima
quella che potesse ricordare l'impresa di Colombo. Era in fondo la scelta
coraggiosa e caparbia di un comandante e di due suoi marinai, lontani dalla
propria terra, di ritornarvi famosi e riconosciuti.
Un lungo oblio
In Italia Fondacaro e i suoi uomini sono accolti con molto calore; tra
l'altro il re Umberto I e la Regina li ricevono a Monza nella Villa Reale. Il
Leone di Caprera viene trasportato nella capitale lombarda e ormeggiato nel
laghetto compreso all'interno dell'area dove aveva luogo l'esposizione nazionale
industriale, con tanto di gran pavese a riva. Poi, come accade spesso in simili
casi nel nostro paese tutto passa nel dimenticatoio e la goletta, affidata in un
primo tempo all'Arsenale di Venezia, ritorna a Milano nella 1932 come valido
cimelio facente parte del Museo Navale Didattico e lì viene accuratamente
conservato a cura dell'Unione Marinara Italiana (che sarebbe poi diventata ANMI).
Nel 1953 il Leone di Caprera è trasferito al Museo della Scienza e della
Tecnica e da allora viene lasciato in uno stato di assoluto abbandono in un
cortile, mentre i legni e le ferramenta subiscono il degrado di una esposizione
all'aperto e le nebbie lombarde e le non meno rovinose calure estive
contribuiscono a fare il resto. Fondacaro riprende a navigare, scrive il libro
prima citato e scompare in mare nella 1893 mentre a bordo di un piccolo
battello, il Cesare Cantù tenta un'altra impresa oceanica; Grassoni anche lui
ritorna alla vita di bordo mentre Troccoli rientra a Montevideo, dopo essere
stato festeggiato nel suo paese d'origine, Marina di Camerota - che gli offre
una medaglia d' oro coniata per l'occasione - e dopo aver consegnato a Garibaldi
i doni affidatigli, dai connazionali argentini. A Marina di Camerota il ricordo
di questa singolare avventura rimane vivo e si tramanda negli anni da padre in
figlio - non per niente lo stadio comunale si chiama " il Leone di Caprera
" ed una cooperativa di pescatori reca il nome di Pietro Troccoli - ed
induce i suoi abitanti a costituire un Comitato per il restauro in loco della
goletta. L'obiettivo, grazie alla sensibilità del Conservatore del Civico Museo
Navale Didattico di Milano, Salvatore Ferulli, si sta realizzando: il 10agosto
scorso, infatti, lo scafo viene trasportato a Marina di Camerota, accolto dal
suono delle campane delle chiese e dal sibilo delle imbarcazioni presenti nel
porto. Sistemato in una spaziosa grotta (600 mq) in riva al mare in località
Lentiscelle, il 12 settembre è stato il protagonista dell'annuale Festa del
Pescatore, in occasione della quale sono giunti da Montevideo cinque discendenti
del Troccoli , i quali hanno fatto dono al Comune della medaglia d'oro regalata
nel 1881 all'illustre concittadino e da lui gelosamente conservata fino alla sua
morte avvenuta nel 1939 . Ma il comitato è voluto andare ben oltre il restauro;
sotto il controllo di una Commissione costituita dai rappresentanti dei due
Comuni, del Civico Museo Navale Didattico, della Marina Militare, della Lega
Navale e dell' ANMI si propone di realizzare una replica dell'unità,
affidandone la costruzione a una squadra di specialisti provenienti dai cantieri
locali, sotto la guida del maestro d'ascia Aurelio Martuscelli . Si chiamerà il
Leone di Caprera 2 e , condotta dallo skipper Raffaele Gammarano , anch'egli di
Marina di Camerota, effettuerà la traversata alla volta di Montevideo, dove sarà
donata al Museo Navale cittadino. Subito dopo il varo della replica si procederà
al restauro dell'originale. Un doveroso atto di riparazione nei confronti di
una goletta ingiustamente dimenticata, che merita una sua precisa collocazione
nella storia dello yachting italiano.