CILENTO IN BICI

LA COSTA DEI MITI

Lungo il tratto di costa tra la foce del Sele e capo Palinuro la tradizione antica localizzava alcuni dei miti greci più noti: Le Sirene, il viaggio di Enea, gli Argonauti, le imprese di Eracle. Non tutte le tradizione mitologiche possono essere ricollegate alle colonie greche Poseidonia-Peastum e Elea-Velia, che furono fondate sulla costa Cilentana. 

Le sirene 

Donne con la coda di pesce che cantavano così dolcemente che i naviganti, attirati contro gli scogli, finivano col naufragare. La tradizione antica, in riferimento alle sirene dell'Odissea, concorda sul numero fissato a tre. Per quanto riguarda i nomi, invece, ne tramanda due gruppi di tre.Il primo gruppo formato da Partenope, Leucosia e Ligea,  risale alla tradizione occidentale. Il Secondo gruppo formato da Molpe, Theilxinoe ed Aglaophone, risale ad una tradizione omerica. 

Leucosia, secondo una ipotesi ormai comunemente ammessa dagli studiosi, è l'equivalente di Leucotea,   divinità marina venerata, secondo Aristotele, anche ad Elea.  Quindi ai Focei di Elea si potrebbe attribuire la diffusione in occidente del mito delle sirene.
Molpe, una delle sirene della tradizione omerica, è stata  messa in relazione con Molpa e quindi localizzata nei pressi di Palinuro.
Indubbiamente è singolare trovare localizzate due sirene, Leucosia e Molpe, nei pressi dei due promontori (punta Licosa e Capo Palinuro) che costituiscono i limiti del golfo e probalbilmente anche i confini del territorio di Elea. Il racconto sulle sirene Leucosia e Molpe va inserito nel contesto  più ampio del mito e del culto delle sirene nel Tirreno. Il loro mito trova molto probabilmente spiegazione nell'ambito di quelle che sono state definite " saghe di naviganti", in quanto i luoghi in cui esso è localizzato erano altrettanti punti particolarmente pericolosi per la navigazione antica, che era una navigazione di piccolo cabotaggio. Infatti come dimostrano i recuperi sottomarini di ancore ed anfore, effettuati a più riprese e in diverse circostanze, le acque di Punta Licosa dovettero essere teatro di numerosi naufragi. allo stesso modo numerosi furono i naufragi presso capo Palinuro: tra gli altri ricordiamo quello, avvenuto nel 253 a.C. durante la seconda guerra punica, di cento cinquanta navi cariche di bottino di ritorno dall'Africa e quello di parte della flotta di Ottaviano nel 36 a.C.
Per quanto riguarda la tradizione orale popolare del luogo, spesso si sentiva raccontare da vecchi pescatori di prodigiose pesche di strane creature metà donne e metà pesce.

LA LEGGENDA DI KAMARATON 

Vi e`una bellissima leggenda in proposito! "Distrutta Troia , gli scampati al pericolo , fuggirono per via mare. La città era ancora in fiamme quando Enea con il padre Anchise sulle spalle ed il figlio Ascanio per mano lasciarono la città semidistrutta e si affidarono alle onde del mare. Il fato aveva loro predetto che presso la foce di un fiume rigoglioso, al volo di dodici avvoltoi avrebbero dovuto fermarsi per edificare una nuova città era questo il volere degli Dei. Essi giunti alla foce del fiume Mingardo, sostarono un po', ma qui volarono solo sei avvoltoi .Intanto il nocchiero della nave Palinuro , s'era invaghito della della bellezza della fanciulla KAMARATON, delle sue bionde chiome e dei suoi scuri occhi. Ma lei non ricambiò mai il suo amore. Era bella ma aveva il cuore duro come la roccia. Palinuro disperato si buttò a mare e morì. La dea Venere , per punizione , trasformò Kamaraton in roccia. Era questa la metamorfosi del letterato Berardino Rota.

LA SAGA DI PALINURO

Il  suggestivo racconto relativo al nocchiero Palinuro è  riportato  da Virgilio nell'Eneide. Dopo che la flotta troiana ha lasciato  la Sicilia,  Venere si rivolge a Nettuno perché conceda ad  Enea  di giungere  alla foce del Tevere. Nettuno acconsente, ma in cambio chiede che muoia uno dell'equipaggio. E così, durante la  notte, Nettuno, fatto addormentare Palinuro, lo fa cadere in mare. Naufrago, cerca di aggrapparsi agli scogli, ma tragicamente fu ucciso dagli Enotri. Virgilio fu ispirato dal fatto che da secoli immemorabili su queste coste vi era una barbara usanza: gli Enotri usavano attendere i naufraghi o le imbarcazioni in difficoltà, a causa del Capo Tempestoso ( Capo Palinuro), per depredarli e ucciderli. 

GLI ARGONAUTI ALLA FOCE DEL SELE

Lungo le coste del Cilento non solo si trovano le tracce dei famosi viaggi di Ulisse e di Enea ma anche di quello intrapreso da Giasone con gli Argonauti per la conquista del vello d'oro.
La tradizione antica, infatti, attribuisce la fondazione del santuario di Era Argiva alla foce del fiume Sele all'eroe greco Giasone. Questo era particolarmente caro ad Era, che si configura come la sua protettrice nel corso del suo viaggio. Qui Era veniva venerata con l'epiteto di Argiva, da Argo, la nave con cui Giasone ed i suoi compagni, chiamati appunto Argonauti, si erano recati dalla Grecia nel Mar Nero. Probabilmente nel corso di questo viaggio di ritorno la tradizione antica collocava la fondazione del santuario di Era Argiva alla foce del Sele.

ERACLE A PAESTUM

La tradizione antica ci riporta l'esistenza nel territorio pestano  di un santuario di Artemide costruito su una rupe nei cui pressi sarebbe  passato Eracle; l'eroe greco sarebbe  passato per questi luoghi, durante la sua  decima fatica.  Si trattava  della  cattura dei  buoi di Gerione, che abitava nell'estremo Occidente,  presso l'Oceano,  che  l'eroe dovette portare al re Euristeo  in  Grecia passando  per l'Italia. Dunque in questa occasione, molto  probabilmente, l'eroe sarebbe passato attraverso il territorio  pestano.  La rupe ("petra") di cui parla Diodoro è stata identificata  col monte di Capaccio o col promontorio di Agropoli: in entrambi i casi sono stati rinvenuti  reperti  archeologici  che avvalorano l'esistenza nel luogo  di  un santuario.
Probabilmente  il ricordo di Eracle nel  territorio  pestano non va disgiunto da Erculam o Herculia, nome con cui negli itinerari stradali romani della tarda antichità viene indicato un centro abitato localizzato a sud di Paestum e che di recente C.  A. Fiammenghi  ha messo in relazione con  l'abitato romano noto presso S. Marco di Castellabate. 

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