Regia
Christophe Gans Soggetto e sceneggiaturaStéphane Cabel,
Christophe Gans FotografiaDan
Laustsen
MusicaJoseph LoDuca InterpretiSamuel Le Bihan, Mark Dacascos, Vincent Cassel, Emilie Duquenne, Monica Bellucci, Jérémie Rénier Durata122'
Nel triennio 1764-66 una fantomatica bestia fa strage di donne e bambini nella montagnosa regione del Gévaudan (Massiccio Centrale), popolata da lupi. Da Parigi re Luigi XV manda un biologo illuminista, scortato da un atletico pellerossa, per far luce sugli efferati omicidi e sulla vera natura di chi li commette. In bilico sulla leggenda, alimentata dalla superstizione contadina, la
Bête du Gévaudan è una vicenda storica il cui mistero non fu mai risolto.
Lasciatemi dire che è un piccolo
capolavoro. Per la vicenda. L’idea del complotto organizzato
da un’aristocrazia "vandeana" per screditare un re
libertino ed illuminista è assolutamente verosimile e
credibile, e immerge la vicenda nel pieno della Storia.
L’ambientazione. Semplicemente perfetta. Le scene di caccia,
gli abiti, gli interni sono perfetti, che altro dirne? Quando
mai si è visto un postribolo del ‘700 così sensuale e
intrigante? Gli attori. Devo confessarlo: ho un debole per
Vincent Cassel, inquietante e demoniaco (ma l’avete visto I
fiumi di porpora? Un meraviglioso incubo). Me ne sono
"innamorato" vedendo quel capolavoro assoluto che è
La haine (L’odio) – dovete vederlo, questo
viaggio disperato e tragico di tre adolescenti emarginati
nella periferia di Parigi – e non mi è ancora passata.
Sinceramente, continuo a chiedermi come faccia un genio come
lui a stare insieme ad una patata come la Bellucci ("Ciappi",
come la chiama Disegni quando la rappresenta nel fumetto
conclusivo di Ciak: un’autentica delizia!), il cui
unico contributo alla storia del cinema – e forse
all’umanità intera – è un bel culo: un po’ poco, a
dire il vero; si vede che nessuno è perfetto. Posso anche
essere d’accordo con quanti dicono che gli effetti speciali
a volte sono un po’ eccessivi (tutto quello sbelluccichìo
della bestia e della neve nella foresta) e che il personaggio
dell’indiano praticante di arti marziali è un po’ fuori
posto, ma alla fine anche questi trovano una collocazione ed
una giustificazione, tanto è ricco e coinvolgente il "contorno".
Da vedere, assolutamente, ed anche da rivedere.(Corà)