Genovese anomalo, classe 1932
(il 31
dicembre), uscito da una famiglia della borghesia colta (padre siciliano
astronomo, madre veneziana laureata in glottologia, fratello gemello docente di
matematica pura alla Normale di Pisa), Paolo Villaggio esordì in TV con Quelli
della domenica (1968) dopo aver fatto l'impiegato alla Finsider di Genova e
imparato il mestiere nella compagnia goliardica Baistrocchi, nel teatrino
genovese di piazza Marsala, nel cabaret romano 7x8 e alla radio.
Al cinema cominciò con Brancaleone alle crociate (1970) e arrivò al
successo con Fantozzi (1975) di Salce, primo capitolo di una saga che
comprende dieci film, chiusa poco felicemente con Fantozzi 2000 - La
clonazione (1999). Più di Fracchia ("il personaggio che amo di più
perché più mi corrisponde... perché ha spessore psicologico, cioè una
maggiore umanità...") e del prof. Kranz, Fantozzi è il suo cavallo di
battaglia.
Fantozzi - all'inizio era Fantocci - è una
maschera, la più grande dell'Italia moderna e postmoderna. E' una vittima, al
pari di Fracchia, dei mass media, del consumismo, della pubblicità
televisiva, del classismo burocratico, ma anche un vendicatore dell'infelicità.
Fondata sulle figure dell'iperbole surrealistica e della ripetizione meccanica
con prestiti dalla tecnica dei cartoons (il regista Neri Parenti ha fatto
con lui i suoi film migliori), la sua comicità tende al catastrofico e al
mostruoso, non teme la sgradevolezza, l'antipatia, il cattivo gusto e ha spesso
agganci precisi con la società italiana dagli anni '70 in poi e col mondo in
cui viviamo. La sua è una buffoneria che, fingendo di colpire l'eccezione,
vellica e vendica tutti. "Il lessico fantozziano è entrato nella lingua
comune degli italiani con la potenza di sfondamento di certi slogan
pubblicitari" (Sandro Casazza).
Tra le cause del suo successo c'è la sua
funzione di parafulmine: è più sventurato e più cretino dello spettatore
medio. Di se stesso, attore e autore, dice: "Non invento niente.
Enfatizzo". Il che non gli ha impedito, entrato nell'alta età, di
interpretare personaggi di taglio drammatico-grottesco: il paranoico Gonnella di
La voce della luna (1990) di Fellini; il maestro di Io speriamo che me
la cavo (1992) di Wertmüller dove scopre la tenerezza della sua faccia
nascosta; il colonnello in pensione di Il segreto del bosco vecchio
(1993) di Olmi cui dà i modi ieratici di un attore kabuki.
Villaggio sostiene di essere, dopo Guareschi e
Moravia, il terzo scrittore italiano del '900 più venduto nel mondo; Unione
Sovietica compresa dove l'anno paragonato a Gogol. I primi due dei suoi cinque
libri fantozziani hanno venduto un milione di copie. (M.M.)