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Alexander Dugin

IL PARADIGMA DELLA FINE

 

parte 1

L'ultimo grado di generalizzazione

L’analisi delle civiltà, delle loro correlazioni, del loro confronto, del loro sviluppo, della loro interdipendenza, è un problema talmente difficile che, a seconda del metodo impiegato e del livello di approfondimento della ricerca, è possibile ottenere risultati non solo differenti ma assolutamente opposti. Pertanto, persino per ottenere la più approssimativa delle conclusioni, si deve applicare il metodo riduzionista: vale a dire, ridurre la varietà dei criteri ad un unico modello semplificato. Il Marxismo preferisce il semplice approccio economico, che diventa il sostituto ed il comune denominatore di tutte le altre discipline. Lo stesso compie (seppure in modo meno esplicito) il Liberalismo.

La geopolitica, che rispetto alla varietà degli approcci economici è un metodo meno conosciuto e meno popolare, ma non meno efficace ed evidente nello spiegare la storia delle civiltà, suggerisce un metodo di riduzione qualitativamente diverso. Un altra versione del riduzionismo sta nelle diverse forme di approccio etico, che comprende le “teorie razziali” come suo aspetto estremo.

Infine, le religioni suggeriscono il loro proprio modello riduzionista della storia delle civiltà.

Questi quattro modelli sembrano essere i modi più famosi di generalizzazione; sebbene esistano diversi altri modelli, è ben difficile che questi possano reggere il confronto con i primi per popolarità, evidenza e semplicità.

Dato che la nozione di “civiltà” presenta una scala estremamente ampia – forse la maggiore scala che la coscienza storica dell’umanità sia in grado di generare – i metodi riduzionisti dovrebbero essere estremamente approssimativi, lasciando da parte dettagli, fattori intermedi e di minore importanza. Sono civiltà quelle aggregazioni umane che hanno vastissimi confini spaziali, temporali e culturali. In base alla definizione, le civiltà dovrebbero possedere una dimensione significativa – dovrebbero durare a lungo, controllare rilevanti regioni geografiche, generare stili culturali e religiosi (ideologici, a volte) di particolare espressività.

Alla fine del secondo millennio A.C., un qualche rendiconto della storia delle civiltà sembra rendersi di per sé necessario, in quanto la data stessa suggerisce il raggiungimento di una soglia, di un limite. E da qui sorge l’idea di riportare i differenti indirizzi di analisi delle civiltà all’unico, universale paradigma. Certo, il grado di semplificazione, approssimazione e riduzione sarà qui ancora maggiore, rispetto ai quattro modelli riduzionisti sopra menzionati; ma questo non dovrebbe essere considerato un ostacolo insormontabile. Qualsiasi generalizzazione (felice o meno, giustificata o meno) necessariamente avrà la meglio della critica più aspra, provenga questa da “iperspecialisti” che abbiano da tempo dimenticato i princìpi primordiali nel turbine dei dettagli, o dai seguaci (consapevoli o istintivi) di una qualche altra forma di generalizzazione, che si limitino pragmaticamente ad usare le contraddizioni minori per screditare la totalità.

Comunque sia, tematiche quali la “Fine della Storia” (Francis Fukuyama), lo “Scontro delle Civiltà” (Samuel Huntington), il “Nuovo Ordine Mondiale” (George Bush), il “Nuovo Paradigma” (New Age), il “Tempo del Messia”, la “Fine dell’Utopia”, il “Paradiso Artificiale”, la “Cultura dell’Apocalisse” (Adam Parfrey) acquistano popolarità maggiore via via che ci approssimiamo al confine del secolo – al confine del millennio. E queste tematiche si avvalgono tutte, in grado maggiore o minore, di complessi modelli riduzionisti, che sono a loro volta il frutto del far confluire assieme metodi più ristretti – anzitutto i quattro sopra citati. 

continua

 

 
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